Per milioni di anni, cioè da quando fece la sua comparsa sulla terra, l'uomo aveva lavorato prevalentemente con le sue mani, aiutato talvolta da attrezzi e utensili di varia funzionalità certamente, ma prevalentemente con le sue mani. Tra il 1780 e il 1830, però, nelle principali nazioni Europee (Inghilterra, Francia, Belgio, Germania e gli stati del nord dell'Italia) questa antica situazione mutò e cominciò un nuovo processo; fecero la comparsa sulla terra le cosiddette nuove macchine, destinate, a rivoluzionare il modo di vivere e di produrre dell’uomo stesso e per questo ideate. La nazione guida di questo moto di industrializzazione fu proprio l'Inghilterra, definita da molti l'officina del mondo.; e fu una delle prime nazioni a migliorare il sistema di comunicazione con il resto del mondo, costruendo lunghe ed efficienti ferrovie ed i primissimi battelli a vapore. L'avvento della rivoluzione industriale rappresentò un cambiamento anche per gli strati sociali più poveri, quelli dediti all'agricoltura di sussistenza che spesso abbandonarono le campagne per raggiungere le città e lavorare all'interno delle fabbriche che abbisognavano appunto di mano d’opera. Anche i piccoli commercianti ebbero modo di trarre un certo beneficio dalla situazione; i più intraprendenti ebbero modo di espandere i propri interessi oltre i confini territoriali spostandosi addirittura di nazione in nazione, e partecipando ad un generale processo di amplificazione e miglioramento dell’economia in tutta l’Europa e non solo e facendo nascere una nuova ed affermata classe sociale: la borghesia. Tra costoro, almeno per quanto riguarda le cose scacchistiche, vi fu uno in particolare che seppe non solo arricchirsi con il proprio commercio, ma anche con la sua brillante dedizione verso il gioco degli scacchi. Daniel Harrwitz nacque a Breslavia, in Germania il 24 Aprile 1823. Il suo mestiere di commerciante, lo portò a viaggiare per mezza Europa, e fin da giovanissimo si stabilì in Inghilterra, dove oltre a curare i propri interessi si distinse come ottimo giocatore di scacchi. Il suo ingresso al Saint George Chess Club avvenne nel 1846 a soli ventitré anni, dove gioco per molti anni a venire con piccole poste in palio, essendo uno dei giocatori più accreditati del club. Il suo stile di gioco era realmente incomparabile, e spesso e volentieri Harrwitz era solito giocare in disparità, ovverosia offriva un vantaggio al suo oppositore che poteva essere un pedone, un tempo oppure addirittura un pezzo, senza distinzione di che fosse l'avversario in questione. Questo modo di agire derivava quasi sicuramente non solo dalla convinzione verso i propri mezzi ma anche dal fascino e dall'ebbrezza che provava quando doveva affrontare una partita con handicap. Generalmente, infatti, i vantaggi che il giovane scacchista tedesco concedeva, erano maggiori di quelli che concedevano gli altri giocatori. La rapidità con cui egli pensava ed effettuava le mosse era a dir poco straordinaria, anche con i giocatori più forti. Il suo stato d'animo durante le partite era molto particolare; non era esatto definirlo un giocatore nervoso ma sicuramente bastava pochissimo per suscitare la sua collera.
Nella sua indole c'era, infatti, un tocco di cinismo e capitava spesso che potesse offendere qualcuno per una semplice incomprensione. Fisicamente aveva un viso ben sagomato, gli occhi scuri ed una fronte alta e larga accompagnata da una nutrita chioma che gli donavano un'espressione tipica da intellettuale. I suoi primi match gli affrontò nel 1846, rispettivamente con Bernhard Horwitz, nel quale s’impose col risultato di +6 =1 .5, ed Elijah William concluso con successo (+3 =2 .0). Sempre nello stesso anno il famoso match con l'allora ritenuto campione del mondo Howard Staunton ove, sebbene il risultato fosse certamente sfavorevole al giocatore tedesco non lo fu altrettanto il suo gioco che rese la vita estremamente complicata al campione inglese (+0 =0 .7). Nel 1847 tenne una serie di diciotto partite alla cieca con Lionel Kieseritzky che terminarono con il risultato di +5 =2 .11 e tra il 1848 ed il 1952 ben tre match rispettivamente con Adolf Anderssen, tenutosi in Germania, terminato con il risultato di +5 =0 .5, nuovamente con Horwitz (+7 =2 .6) e con Williams (+7 =3 .2). La sua sfida più importante però fu con Johan Jacob Loewenthal tenutasi a Londra nel 1853. Questo match fu importante nella vita di Harrwitz poiché non soltanto migliorò la sua reputazione di giocatore ma lo rese, nella situazione in cui si verificò, un eroe agli occhi di tutti gli ammiratori del gioco basato sullo spirito coraggioso ed indomabile. L'incontro cominciò a favore di Harrwitz con due vittorie ottenute senza troppa fatica, ma purtroppo un bruttissimo raffreddore lo colpì nei giorni successivi senza concedergli tregua e si vide sconfitto in ben sette delle seguenti dieci partite. La prima parte dell'incontro dava quindi il risultato di sette a due a favore del suo avversario ma, incredibilmente, Harrwitz, nella seconda metà della competizione, ribaltò tutti i pronostici ormai certi ed infilando una serie di sei vittorie alternate a qualche patta si portò in vantaggio per otto a sette. Di seguito il suo avversario austriaco riuscì a vincere soltanto una partita perdendo le ultime tre; l'impresa era stata compiuta ed Harrwitz non solo aveva battuto uno dei giocatori più forti del periodo, ma lo aveva anche fatto in precarie condizioni di salute mostrando una forza d'animo notevole. L'unico torneo a cui prese parte fu quello di Manchester del 1857, un torneo composto da sette giocatori: Anderssen, Boden, Hamel, Loewenthal, Mongradien, Pindar ed Harrwitz stesso. Il giovane tedesco vinse tre partite su quattro, perdendo solamente contro Loewenthal, ed andando ad inserirsi nella parte più alta della classifica finale, davanti allo stesso Loewenthal ed al più quotato Anderssen. Nel 1860 si disputò il suo ultimo match di un certo rilievo, con Augustus Mongradien, tenutosi a Londra e terminato con il risultato di +7 =1 .0. Alcuni anni più tardi, a seguito della morte del padre, Harrwitz ottenne in eredità una grossa fortuna e si ritirò nelle montagne del Sud-Tirolo, in Austria, dove alcuni anni più tardi scrisse e diede alle stampe un libro intitolato: Lehrbuch des Schachspiels. (Compendio del Gioco degli Scacchi). Un libro di ottima composizione in verità, ma di scarsa fortuna di contro. Visse gli ultimi anni della sua vita in ottima salute impiegando il tempo in lunghe passeggiate in montagna e profonde letture intellettuali. Morì nella città di Bolzano il 9 Gennaio del 1884, solo e dimenticato da tutti.
Alexander MacDonnell, autore del libro .Knight and Kings of Chess, racconta nella sua opera un piccolo e divertente aneddoto avvenuto durante un incontro tra Daniel Harrwitz e Howard Staunton, utile per descrivere meglio lo spirito di questo brillante giocatore:
In una delle partite giocate contro Harrwitz, Staunton sacrificò un pezzo pensando di aver trovato la combinazione giusta per vincere la partita, ma il tedesco rispose a quel sacrificio con un altro sacrificio e con il risultato di un gioco superiore ed il guadagno di un pedone alla mossa successiva. Piuttosto mortificato, Staunton in quel momento borbottò: - “ ...Povero me, povero me, ho perso un pedone” - con una voce e con un accento che davano l'impressione di provare rabbia verso il suo oppositore per la sua intelligente manovra. Quando lui ripeté le parole: - “Ho perso un pedone…” - Harrwitz disse al cameriere che stava arrivando in quel momento: - “William, sia così gentile da dare un occhiata nel pavimento e cerchi un pedone, il signor Staunton ne ha perso soltanto uno” - .