IVREA - Una affollatissima platea
di più di mille persone ha seguito l'incontro-dibattito svoltosi
lo scorso giovedì 10, all'Officina "H", fra Sergio Cofferati e monsignor
Luigi Bettazzi. Un incontro che segna il punto di partenza di una serie
d'iniziative promosse dall’associazione Aprile del Canavese.
Il primo match ball è toccato
al vescovo emerito che ha sfoderato le 'armi' (pacifiche, s'intende) che
tutti gli riconoscono: l'analisi a tutto campo condita di una ricca dotazione
di esempi, l'ironia e la capacità di coinvolgere l'uditorio, cosa
che ha strappato numerosi applausi. Il suo intervento, di carattere etico-sociale
(così ha glissato l'obiezione che lui stesso si è fatta:
"Non sarà mica un incontro politico?") ha preso le mosse dal ricordo
dell'enciclica giovannea "Pacem in terris", un' enciclica - l'ha definita
mons. Bettazzi - "di tono morale, ma con numerosi risvolti operativi. Certo,
anche il Papa ha fatto politica, a suo modo; ma non è tanto il Papa
- di allora e di oggi - a far politica, sono gli altri a farla troppo poco".
Con quell'enciclica, Papa Giovanni XXIII introduceva un nuovo registro
nel magistero pontificio: si rivolgeva a tutti gli uomini di buona volontà.
In tal modo, osserva Bettazzi, "diventava più facile parlare di
pace in senso globale". In un linguaggio comune e a tutti comprensibile.
Fra i "pilastri" su cui poggia la costruzione della pace figurava, a giudizio
di Papa Giovanni, la verità. Della quale occorre assumersi le conseguenze
e le responsabilità che ne derivano. Come non constatare, nell'operato
dell'ONU, il "passaggio dalla difesa dei confini a quella degli interessi?".
Come non rendersi conto che la "destinazione universale dei beni” - per
usare ancora il linguaggio del magistero pontificio - è sistematicamente
violata dalla volontà di ‘accaparramento’, che accentua il divario
fra Nord e Sud del mondo?
Cofferati esordisce raccogliendo
la domanda se sia ancora opportuno mantenere la manifestazione organizzata
per il sabato successivo. "E' vero: la guerra è finita, ma non è
ancora arrivata la pace", osserva il "Cinese", per il quale occorre capitalizzare
la risorsa costituita dal movimento pacifista, emerso prepotentemente come
movimento maggioritario nella società italiana. E' il "sentimento
diffuso della pace", la cui cultura va costruita e sviluppata con pazienza,
giovani ed adulti, attingendo alla memoria storica. La cessazione dei combattimenti
va accompagnata, secondo Cofferati, da atti politici, a cominciare dal
coinvolgimento dell'ONU, che "deve riacquistare il suo valore, ma con procedure
democratiche".
Dalla guerra in Iraq, alle conseguenze
sull'Europa. "La guerra ha colpito un'idea dell'Europa. Due sono le ipotesi
sull'Europa, fra loro alternative: la prima è quella dell'Europa
come 'area di mercato', politicamente subalterna all'America e prima di
autonomia; la seconda contempla un'Europa come 'nazione' in cui confluiscano
i popoli europei; in cui la competizione non disattenda i diritti. Occorre
rilanciare un'idea alta dell'Europa".
Dunque l'Europa dei diritti e non
solo dei mercati e della competizione economica 'sregolata'. C'è
chi considera il tema dei diritti come "desueto", antiquato, superato.
Dopo tutto, c'è altro cui pensare, la crescita economica e la creazione
della ricchezza individuale. C'è una teoria (e non solo teoria,
ma prassi diffusa!) dello sviluppo economico "che vuole far scomparire
ogni regola, considerata restrizione, ostacolo alla crescita, il cui unico
riferimento è rivolto ai costi di produzione. Ma non è la
compressione dei costi - sostiene Cofferati - ad assicurare, di per sé,
la competitività, ma la qualità dei prodotti".
Tema scontato (e atteso), quello
dei movimenti. Davanti alla guerra, il paese ha risposto "rivendicando
il diritto alla pace, nella pratica della non violenza", mentre gli esiti
del G8 di Genova hanno causato, come conseguenza, l'abbandono della partecipazione
o la deriva violenta di alcuni gruppi. Davanti alla 'messe crescente' dei
movimenti, occorre rendersi conto, per Cofferati, che "non sarà
più sufficiente la rappresentanza politica. I movimenti, anche se
di natura ‘magmatica’ e cangiante, saranno un tratto costante della rappresentanza
sociale". La loro varietà non impedisce di individuare, a livello
trasversale, valori comuni. Insomma il tramonto delle ideologie non ha
trascinato con sé il crollo dei valori ideali che vanno assicurati
anche alla politica. Con la necessaria carica di "passione". Su questo
i due relatori si sono rivelati pienamente concordi.
d.p.a.