La sera del giorno di Pasqua, il
primo giorno dopo il Sabato, Gesù Risorto incontra i discepoli chiusi
nel Cenacolo, ancora pieni di paura, e li saluta con il dono della Pace,
lo Shalom che esprime la pienezza dei doni messianici. Questo saluto del
Risorto - ma è molto più di un saluto e un augurio, è
un vero dono - ci richiama il canto degli angeli sulla grotta di Betlemme:
Pace in terra agli uomini che Dio ama, che sono stati fatti oggetto della
sua buona volontà. Il dono della Pace quando Gesù nasce alla
vita terrena, il dono della Pace quando inizia la sua nuova presenza nella
storia come Signore Risorto.
Questo dono della pace pasquale
Gesù lo aveva annunciato ai discepoli nel discorso-testamento
seguito all'Ultima Cena: "vi lascio la Pace, vi do la mia Pace, non come
la dà il mondo io la do a voi" (Gv.14,27). Gesù parla della
"mia Pace": cos'ha di diverso questa sua pace? Una prima caratteristica
importante mi pare quella di essere dono, che l'uomo da solo non avrebbe
mai potuto raggiungere, dono che proviene dal mistero di Dio, dono da chiedere
insistentemente con la preghiera nel momento in cui diciamo "venga il tuo
Regno", perché la Pace è componente essenziale del Regno
di Dio. Un'altra caratteristica che fa della Pace di Cristo una pace diversa
è il passaggio attraverso l'esperienza della Croce prima di giungere
fino a noi. Prima di consegnare la Pace ai discepoli chiusi nel Cenacolo
Gesù deve passare attraverso la Croce: questa è il prezzo
che lui ha pagato per noi, ma Pace e Croce restano inseparabili e la Croce
resta un prezzo che poco o tanto pagheranno tutti coloro che si mettono
a costruire pace.
Nel cap. 2 della Lettera agli Efesini
Paolo dice che Cristo è la "nostra Pace", egli che di due popoli,
Israele popolo di Dio e pagani popolo impuro, ne ha fatto uno solo. Pensando
ai due popoli riunificati in uno, a Cristo nostra Pace perché come
pietra angolare unisce e sostiene i due muri portanti della nuova costruzione
formata dai due popoli, il pensiero corre ai due popoli che oggi vivono
sul suolo della Terrasanta, ma anche ai due popoli che sono, semplificando,
l'Occidente e l'Islam, che molti vorrebbero contrapporre alimentando le
paure reciproche; due popoli troviamo anche in Irlanda del Nord, due popoli
o tribù ritroviamo nel Centro Africa; due popoli contrapposti sono
il Nord e il Sud del mondo, e due popoli sembrano voler contrapporre coloro
che alimentano la "forbice" tra il Nord e il Sud di casa nostra.
La mia pace, la nostra pace: due
aggettivi che si riferiscono a Gesù, che legano la Pace alla sua
persona e alla sua missione, e c'impediscono di fare discorsi astratti
o teorici sulla Pace. Il Risorto ci parla di una pace che si fa progetto
nella storia, una pace incarnata che ci coinvolge in prima persona, uscendo
dai vari "sarebbe bello che…bisognerebbe che tutti… se tutti s'impegnassero…",
ecc.
Augurare una Pasqua di Pace diventa
perciò molto impegnativo, perché significa guardare non verso
una pace che ci fa stare più tranquilli, ma verso una pace che ci
può chiedere anche cambiamenti profondi. E' possibile però
farci un augurio diverso?
+arrigo miglio