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Stili di guida
 

Un amico veterano, che mi seguiva molto gentilmente, mi disse: < Esistono tre stili di guida: il tranviere, l’autista ed infine il pilota. > Effettivamente, per quanto possano essere professionali le tre specialità, sono tutte nettamente distinte e sicuramente le prime due non vanno d’accordo con l’ultima. Il tranviere guida automezzi molto ingombranti e inoltre deve garantire il comfort ai passeggeri, per cui imposta traiettorie gigantesche, preoccupandosi di tutto lasciando per ultimo il tempo impiegato per compiere il suo tragitto. L’autista spesso è pigro nell’usare il cambio e non può permettersi di sottoporre il veicolo a sollecitazioni estreme.

Riccardo Bonazzi

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Il pilota deve sfruttare al massimo il mezzo mettendolo a dura prova sotto tutti gli aspetti, per sfruttare il centimetro di pista e per arrivare  sulla distanza nel minor tempo possibile viaggiando in perfetta armonia con la macchina. La distinzione dei tre concetti mi ha aiutato inizialmente a capire quanto è importante lo “stile di guida”, abbinato alla destrezza, per riuscire ad ottenere qualcosa di buono dal cronometro e per arrivare al traguardo. Inizialmente, chiunque parte da zero tende ad adottare una guida stradale, ben diversa da quella che poi si manterrà correndo. E' proprio per questo che essere assistiti da un "osservatore" esperto del mestiere risulterà di basilare aiuto per affinare particolari essenziali ad evitare perdite di frazioni di secondo

Molti esperti sostengono che piloti si nasce e non vi si diventa. Non hanno torto perché, come in qualsiasi argomento c’è l’individuo che azzecca subito e quello che non vi entra nemmeno a spinte. Spesso però accade che, forse per timidezza, si ha paura di se stessi e non ci si esprime. Se la vocazione è sentita e le circostanze lo consentono meglio tentare.

Sul kart il buon risultato è da attribuire per un buon 80% alle qualità del mezzo e per il rimanente 20% alle doti del pilota. Ma quest’ultimo 20% si dimezza se il pilota è veloce ma non è in grado di diagnosticare e di correggere le carenze tecniche del proprio mezzo. Il migliore manutentore sulla piazza non sa dove mettere le mani se il pilota non gli sa rivelare i difetti che ha riscontrato durante le prove. E’ differente rivelare al manutentore < Questo kart non va come dico io ! > da < Il kart ha troppo sottosterzo ! >. Anche < Il motore non tira ! > da < Il motore è magro a bassi regimi ! >. Pilota significa “precisione”. Precisione significa “esperienza” ed esperienza significa “correre”. Invece l’80% che spetta alla meccanica del mezzo dipende in buona parte dalla qualità dei componenti e per il resto dalla capacità del pilota nell’indovinare le opportune regolazioni. Lo stile di guida è dunque importante per determinare i decimi di secondo necessari per stare davanti.

Guidare un monomarcia è molto impegnativo. Le categorie cadette sono tutte di questo tipo. Potrebbe sembrare una tecnica incompleta, in quanto poi nelle categorie automobilistiche superiori (ed eventuali) il sistema di trasmissione è a marce, ma non è vero. La scuola inizia proprio dal monomarcia, tanto è vero che le categorie baby non hanno marce, proprio per consentire ai giovanissimi aspiranti di capire soprattutto l’impostazione di guida, controllando spinta del motore, frenata e sterzo. Non avendo un cambio, il monomarcia prevede una tecnica di impostazione delle traiettorie che consente di sfruttare il motore sempre nel range di coppia massima del regime. Ogni qualvolta il motore si “siede” si perde tempo prezioso e il cronometro lo contesta amaramente.

Il motore a marce, montato nella classe 125 cc, richiede un impostazione di guida più composta e un’altrettanto grande sensibilità del pilota nei confronti del motore. Per il kart a marce occorre intuito per inserire la marcia adatta in una certa circostanza e anche per la scelta dell’assetto giusto in funzione del tipo di percorso. Qui il range di coppia massima viene sfruttato usando la marcia esatta istante per istante.

Il principiante che scende in pista le prime volte non deve comportarsi da kamikaze. Al contrario, inizierà a girare tranquillamente come se fosse su strada pubblica con un veicolo stradale. Quello a marce deve scandire le cambiate ad un’andatura regolare. L’obiettivo è sempre non compiere errori. Scomporsi, sbagliare le marce, anticipare troppo le frenate (ma anche ritardarle), sono tutti fattori negativi che vengono “guariti” andando inizialmente adagio. Adagio non significa imballare il motore, ma assumere un’andatura alla quale il motore gira elasticamente, non allo spasimo, ma allegramente. La concentrazione deve essere sulla pista e sul veicolo. Tutto il resto non esiste: un tizio che ti osserva a bordo pista deve avere l’importanza di una pianta. Non stai facendo “passerella” o il “figo”, ma stai “studiando”. Inoltre se ti distrai rischi di accusare stanchezza fisica.

Controllare la potenza sui monomarcia  relativamente semplice. Su quelli a marce invece, specialmente se montano un’aspirazione di tipo “lamellare”, praticamente non hanno “tiro” a bassi regimi e accelerando, non appena ci si avvicina al regime di coppia arriva una mazzata e il kart parte come un razzo. Qui è il piede destro (acceleratore) che deve essere amministrato per modulare la spinta sul pedale.

E’ bene specializzarsi inizialmente sulla medesima pista per capire come gestire il mezzo. Le condizioni di base sottintendono che il kart sia sempre a punto: motore regolato bene, assetto giusto, freni a punto, gomme in buono stato anche se non nuovissime.

Mentre si stanno macinando i primi giri con l’andamento suddetto, si acquisisce giro per giro una sorta di “ritmo”. Non si può determinare il numero esatto di giri da effettuare, in quanto è una caratteristica soggettiva. Tenendo quel ritmo e scoprendo di non fare errori si può puntare ad aumentare l’andatura. Se gli errori si ripresentano è necessario regredire nuovamente e riprovare ad un’andatura meno veloce fino a quando fila tutto liscio senza sbagli.

Controlli tecnici ai box

Aumentare il ritmo non significa tanto mirare alla velocità di punta, ma alla qualità delle impostazioni in curva. Lungo il tracciato è bene fissare dei riferimenti: paletti, segni sull’asfalto, cordoli, ecc. Mentre si sopraggiunge in curva, se prima si staccava in corrispondenza del paletto ci si specializzerà per staccare qualche centimetro più avanti. Cercare di azzardare centimetri su centimetri in modo da ottenere una velocità “media” sempre più elevata. Infatti il parametro che conta per determinare il tempo sul giro è proprio la “velocità media”. A nulla serve avere una velocità supersonica in un rettilineo se poi nel misto si combinano pasticci.

Le curve devono essere impostate senza che il kart si scomponga oltre il voluto ad una velocità sempre più elevata, fino ad accusare il limite di aderenza. Si incapperà sicuramente in qualche testa-coda, ma niente paura: via di nuovo !

 

Uno stile di guida è corretto e pulito quando ad ogni giro i tempi si discostano uno dall'altro al massimo di 2-3 decimi di secondo, traffico permettendo.