|
|
|
|
|
Un
amico veterano, che mi seguiva molto gentilmente, mi disse: <
Esistono tre stili di guida: il tranviere, l’autista ed infine il
pilota. > Effettivamente, per quanto possano essere professionali
le tre specialità, sono tutte nettamente distinte e sicuramente le
prime due non vanno d’accordo con l’ultima. Il tranviere guida
automezzi molto ingombranti e inoltre deve garantire il comfort ai
passeggeri, per cui imposta traiettorie gigantesche, preoccupandosi
di tutto lasciando per ultimo il tempo impiegato per compiere il suo
tragitto. L’autista spesso è pigro nell’usare il cambio e non
può permettersi di sottoporre il veicolo a sollecitazioni estreme.
|
|
|
|
|
.
|
|
|
|
|
|
|
Il
pilota deve sfruttare al massimo il mezzo mettendolo a dura prova
sotto tutti gli aspetti, per sfruttare il centimetro di pista e per
arrivare sulla distanza nel minor tempo possibile viaggiando
in perfetta armonia con la macchina. La distinzione dei tre concetti
mi ha aiutato inizialmente a capire quanto è importante lo “stile
di guida”, abbinato alla destrezza, per riuscire ad ottenere
qualcosa di buono dal cronometro e per arrivare al traguardo.
Inizialmente, chiunque parte da zero tende ad adottare una guida
stradale, ben diversa da quella che poi si manterrà correndo. E'
proprio per questo che essere assistiti da un
"osservatore" esperto del mestiere risulterà di basilare
aiuto per affinare particolari essenziali ad evitare perdite di
frazioni di secondo
|
|
|
|
|
|
|
|
Molti
esperti sostengono che piloti si nasce e non vi si diventa. Non hanno
torto perché, come in qualsiasi argomento c’è l’individuo che
azzecca subito e quello che non vi entra nemmeno a spinte. Spesso però
accade che, forse per timidezza, si ha paura di se stessi e non ci si
esprime. Se la vocazione è sentita e le circostanze lo consentono
meglio tentare.
Sul
kart il buon risultato è da attribuire per un buon 80% alle qualità
del mezzo e per il rimanente 20% alle doti del pilota. Ma
quest’ultimo 20% si dimezza se il pilota è veloce ma non è in
grado di diagnosticare e di correggere le carenze tecniche del proprio
mezzo. Il migliore manutentore sulla piazza non sa dove mettere le
mani se il pilota non gli sa rivelare i difetti che ha riscontrato
durante le prove. E’ differente rivelare al manutentore < Questo
kart non va come dico io ! > da < Il kart ha troppo sottosterzo
! >. Anche < Il motore non tira ! > da < Il motore è
magro a bassi regimi ! >. Pilota significa “precisione”.
Precisione significa “esperienza” ed esperienza significa
“correre”. Invece l’80% che spetta alla meccanica del mezzo
dipende in buona parte dalla qualità dei componenti e per il resto
dalla capacità del pilota nell’indovinare le opportune regolazioni.
Lo stile di guida è dunque importante per determinare i decimi di
secondo necessari per stare davanti.
|
|
|
Guidare
un monomarcia è molto impegnativo. Le categorie cadette sono tutte di
questo tipo. Potrebbe sembrare una tecnica incompleta, in quanto poi
nelle categorie automobilistiche superiori (ed eventuali) il sistema
di trasmissione è a marce, ma non è vero. La scuola inizia proprio
dal monomarcia, tanto è vero che le categorie baby non hanno marce,
proprio per consentire ai giovanissimi aspiranti di capire soprattutto
l’impostazione di guida, controllando spinta del motore, frenata e
sterzo. Non avendo un cambio, il monomarcia prevede una tecnica di
impostazione delle traiettorie che consente di sfruttare il motore
sempre nel range di coppia massima del regime. Ogni qualvolta il
motore si “siede” si perde tempo prezioso e il cronometro lo
contesta amaramente.
Il
motore
a marce, montato nella classe 125 cc, richiede un impostazione di
guida più composta e un’altrettanto grande sensibilità del pilota
nei confronti del motore.
Per il kart a marce occorre
intuito per inserire la marcia adatta in una certa circostanza e anche
per la scelta dell’assetto giusto in funzione del tipo di percorso.
Qui il range di coppia massima viene sfruttato usando la marcia esatta
istante per istante.
|
|
|
|
|
|
|
Il
principiante che scende in pista le prime volte non deve comportarsi
da kamikaze. Al contrario, inizierà a girare tranquillamente come
se fosse su strada pubblica con un veicolo stradale. Quello a marce
deve scandire le cambiate ad un’andatura regolare. L’obiettivo
è sempre non compiere errori. Scomporsi, sbagliare le marce,
anticipare troppo le frenate (ma anche ritardarle), sono tutti
fattori negativi che vengono “guariti” andando inizialmente
adagio. Adagio non significa imballare il motore, ma assumere
un’andatura alla quale il motore gira elasticamente, non allo
spasimo, ma allegramente. La concentrazione deve essere sulla pista
e sul veicolo. Tutto il resto non esiste: un tizio che ti osserva a
bordo pista deve avere l’importanza di una pianta. Non stai
facendo “passerella” o il “figo”, ma stai “studiando”.
Inoltre se ti distrai rischi di accusare stanchezza fisica.
Controllare
la potenza sui monomarcia relativamente
semplice. Su quelli a marce invece, specialmente se montano
un’aspirazione di tipo “lamellare”, praticamente non hanno
“tiro” a bassi regimi e accelerando, non appena ci si avvicina
al regime di coppia arriva una mazzata e il kart parte come un
razzo. Qui è il piede destro (acceleratore) che deve essere
amministrato per modulare la spinta sul pedale. |
|
|
E’
bene specializzarsi inizialmente sulla medesima pista per capire come
gestire il mezzo. Le condizioni di base sottintendono che il kart sia
sempre a punto: motore regolato bene, assetto giusto, freni a punto,
gomme in buono stato anche se non nuovissime.
Mentre
si stanno macinando i primi giri con l’andamento suddetto, si
acquisisce giro per giro una sorta di “ritmo”. Non si può
determinare il numero esatto di giri da effettuare, in quanto è una
caratteristica soggettiva. Tenendo quel ritmo e scoprendo di non fare
errori si può puntare ad aumentare l’andatura. Se gli errori si
ripresentano è necessario regredire nuovamente e riprovare ad
un’andatura meno veloce fino a quando fila tutto liscio senza
sbagli.
|
|
|
|
|
|
|
Aumentare
il ritmo non significa tanto mirare alla velocità di punta, ma alla
qualità delle impostazioni in curva. Lungo il tracciato è bene
fissare dei riferimenti: paletti, segni sull’asfalto, cordoli,
ecc. Mentre si sopraggiunge in curva, se prima si staccava in
corrispondenza del paletto ci si specializzerà per staccare qualche
centimetro più avanti. Cercare di azzardare centimetri su
centimetri in modo da ottenere una velocità “media” sempre più
elevata. Infatti il parametro che conta per determinare il tempo sul
giro è proprio la “velocità media”. A nulla serve avere una
velocità supersonica in un rettilineo se poi nel misto si combinano
pasticci.
Le
curve devono essere impostate senza che il kart si scomponga oltre
il voluto ad una velocità sempre più elevata, fino ad accusare il
limite di aderenza. Si incapperà sicuramente in qualche testa-coda,
ma niente paura: via di nuovo ! |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|