Gli Americani l'hanno chiamato "mobbing". E' quella situazione di intenso stress determinata da un ambiente lavorativo (e non solo) particolarmente ostile. Come difendersi?

Si manifesta in ufficio ma anche in fabbrica e consiste nel colpire un collega con violenze verbali e con boicottaggi astuti.

Vediamo di cosa si tratta.

Si chiama "mobbing" e, soltanto in Italia ha già colpito più di un milione di persone. Il fenomeno è in parte ancora sommerso, ma continua a crescere. Non si tratta di un semplice diverbio tra colleghi, di una critica fuori luogo o della sfuriata del capo, ma di un conflitto sistematico che procede per gradi.
Così, da una sensazione di disagio si passa a una vera e propria sindrome che:
1) provoca la comparsa di disturbi psicosomatici,
2) induce addirittura il lavoratore a dare le dimissioni, nei casi più seri.

Il mobbing può costringere a un'improduttività totale. Così, chi ne è vittima, una volta disoccupato, finisce con il dover dipendere dalla società. E' questa la ragione per cui si parla di una "malattia sociale".
Il termine "mobbing" (dal verbo inglese "to mob", che significa assalire, attaccare violentemente) è stato usato per la prima volta da Konrad Lorenz, un etologo tedesco, per definire l'aggressività di un gruppo di animali nei confronti di un intruso.
Soltanto in un secondo momento lo psicologo tedesco Heinz Leymann ha applicato tale termine alla psicologia umana.
E lo ha fatto per indicare una situazione di conflitto e di ostilità sul posto di lavoro, dovuta alla presenza di uno o più "mobber", come per esempio un superiore o un collega, che hanno come bersaglio una vittima designata: il "mobbizzato".

Colite, gastrite, ulcera, stipsi, nausea, vomito, diarrea.