Sei nella sezione: Struttura e rischi
L’ultima eruzione del Vesuvio si è verificata nel 1944. Da quel momento il vulcano si trova in uno stato di completa quiescenza e non vi sono indicazioni di un suo possibile risveglio. Tuttavia, il Vesuvio è certamente un vulcano ad altissima pericolosità; nel corso della sua lunga storia essa ha, infatti, attraversato lunghi periodi di quescienza, durati in alcuni casi diversi secoli, i quali si sono conclusi con eruzioni esplosive tanto più violente quanto più lungo è stato il periodo di riposo che le aveva precedute.
L’attuale insensata ed anarchica urbanizzazione dell'area vesuviana, in parte connessa alla perdita di memoria storica delle eruzioni da parte della popolazione e delle municipalità, si traduce, quindi, in una situazione di rischio vulcanico elevatissimo. Il rischio vulcanico, secondo la definizione dell'Unesco, risulta costituito dal prodotto di tre parametri:
Il problema è ben noto alla Comunità Scientifica. Dal momento della sua nascita, nel 1983, il Gruppo Nazionale per la Vulcanologia ha promosso ricerche volte a migliorare la conoscenza della struttura geologica del Vesuvio, a ricostruirne la storia eruttiva, a definirne lo stato attuale, a migliorarne il sistema di monitoraggio, a valutarne la pericolosità potenziale.
I risultati delle ricerche finora condotte hanno portato a miglioramenti sostanziali nel grado di conoscenza del vulcano, permettendo di ricostruire le modalitā del suo funzionamento durante le diverse eruzioni del passato e di formulare ipotesi sul suo comportamento futuro. Il Vesuvio sembra essere un vulcano alimentato in modo sostanzialmente stazionario attraverso l’arrivo periodico, grossolanamente regolare, di masse magmatiche profonde ad alta temperatura (1150° - 1200°C).
Il suo variabile comportamento eruttivo sarebbe solo il risultato delle differenti dimensioni di pur probabili camere magmatiche svuotate o della differente entità dello svuotamento e della dinamica dell’innesco dell’eruzione e dell’estrazione del magma.
Il volume del magma entrato nel sistema dopo il 1944 è stimato nell'ordine dei 200 milioni di m³. Tale volume, se totalmente emesso nel corso di una singola eruzione esplosiva, darebbe luogo ad un’eruzione subpliniana di energia simile a quella dell’ultima eruzione di questo tipo, quella del 1631.
Da questi dati e da queste ipotesi scaturisce lo scenario eruttivo dell’evento massimo atteso a medio termine nel caso si verificasse un'eruzione al Vesuvio, sul quale è basata la Pianificazione Nazionale d’Emergenza dell’Area Vesuviana che assume come evento di riferimento l’eruzione del 1631.
Lo scenario dell’Evento massimo atteso a medio termine è il risultato della combinazione di dati di terreno, dati storici e simulazioni numeriche basate su modelli fisici. Combinando insieme la distribuzione areale dei prodotti delle eruzioni storiche di energie comparabili all’eruzione del 1631 con i risultati delle simulazioni effettuate per la ricaduta dei piroclastiti e lo scorrimento di flussi piroclastici connessi č stata identificata un’area pericolosa di 700 km².
All’interno di quest’area sono state distinte zone sulla base del tipo e dell’entità dei fenomeni che potenzialmente le interessano:
Il compito dell'Osservatorio Vesuviano per la mitigazione del rischio vulcanico al Vesuvio e nelle altre aree vulcaniche attive della Campania si esplica sia attraverso la ricerca vulcanologica e geofisica, sia attraverso l'attivazione di reti di sorveglianza geofisica e geochimica.
Con la prima si arriva ad una valutazione della pericolosità del vulcano, ad ipotizzarne il comportamento futuro, basandosi sul fatto che i futuri fenomeni eruttivi potranno interessare le stesse aree, con frequenze e modalitā simili a quanto č avvenuto in passato (previsione a lungo termine).
Attraverso la sorveglianza vulcanica, invece, viene definito lo stato attuale di attività e del suo sistema di alimentazione. Le modificazioni di questo stato vengono rilevate per mezzo di sistemi strumentali, allo scopo di effettuare una ripresa a breve termine della ripresa dell’attività.
L’attività attuale dei vulcani napoletani, e quindi del Vesuvio, è monitorata tramite un capillare sistema di reti sismologiche, geodetiche e geochimiche.
Le reti di sorveglianza hanno l'obbligo di rilevare, con la maggiore precisione possibile, variazioni significative dei parametri fisico-chimici in osservazione, imputabili a modificazioni dello stato di equilibrio del sistema, che possono innescare e/o accompagnare processi di migrazione delle masse magmatiche in superficie, con conseguenti possibili eruzioni (fenomeni precursori).
I fenomeni precursori più comunemente studiati sono:
Al Vesuvio sono installati strumenti per il monitoraggio continuo della sismicità, delle deformazioni del suolo e delle emissioni di gas dal suolo e dalle fumarole. Inoltre si effettuano periodiche campagne per la misura di particolari parametri geofisici e geochimici.
I dati prodotti dagli strumenti in continuo e dalle campagne di misura sono analizzati da sistemi automatici e controllati dai ricercatori dei diversi settori.
I risultati delle analisi non evidenziano variazioni significative nello stato di attivitā del vulcano.
Livello di allerta attuale al Vesuvio: LIVELLO VERDE
Il Vesuvio è un vulcano attivo la cui ultima eruzione č avvenuta nel 1944. Attualmente è caratterizzato dalla presenza di un sistema idrotermale che alimenta un campo di fumarole all’interno del cratere ed è sede di una modesta rappresentata da alcune centinaia di piccoli terremoti per anno. Solo i maggiori di questi eventi sono avvertiti dalla popolazione residente nell’area.
Gli eventi sismici risultano nell’area craterica, con profondità ipocentrali comprese nei primi 6 km, ed hanno che raramente risultano maggiori di 3.0 (MD max = 3.6).
Le caratteristiche spettrali degli eventi sismici, i meccanismi focali e la sono tali da far attribuire il meccanismo sorgente a fenomeni di fratturazione delle rocce. Tali eventi si definiscono vulcano-tettonici e non sono direttamente associati al movimento di masse magmatiche.
Prima del 1944 il Vesuvio si trovava in condizioni di condotto aperto e presentava attività intracraterica pressoché permanente, intervallata da frequenti eruzioni. Fonti storiche riportano che durante quel periodo, durato circa tre secoli, anche l’attività sismica è stata intensa e che le maggiori eruzioni sono state precedute da sciami di terremoti distintamente avvertiti dalla popolazione. Purtroppo non si dispone di dati scientifici relativi a questa attività poiché, all'epoca non esisteva un'osservazione strumentale.
I primi sistemi per il strumentale della sismicitā del Vesuvio risalgono alla seconda metà dell’800, quando con l’istituzione dell’Osservatorio Vesuviano, questo vulcano, molto attivo in quel periodo, diventò un laboratorio naturale per la sperimentazione di strumentazione sismometrica. Così, il Vesuvio è stato uno dei primi vulcani al mondo, se non il primo, ad ospitare detta strumentazione, sia pure in forma pionieristica. Tuttavia lo sviluppo di un moderno è iniziato negli anni settanta, con l’installazione delle prime stazioni della rete sismica, ed ha avuto una rapida progressione fino a raggiungere la configurazione attuale.
Le figure seguenti riportano la distribuzione temporale del numero di eventi e dell’energia per i terremoti con magnitudo MD 1.9 avvenuti al Vesuvio dal 1981 fino a Giugno 2001 e registrati alla stazione sismica OVO (Sede storica dell’Osservatorio Vesuviano), che è considerata come stazione di riferimento per tutte le analisi relative alla sismicità. Dalla distribuzione semestrale risulta che il numero medio di terremoti con MD 1.9 dal 1981 al 2000 è circa 25 eventi per semestre. Il secondo istogramma è stato ottenuto calcolando l’energia dei singoli terremoti mediante la relazione di Gutenberg-Richter Log E = 9.9 + 1.9M e sommando tali valori per ogni semestre.
Di seguito viene mostrata la frequenza mensile degli eventi vesuviani con MD 1.9 dal 1999 ad oggi, insieme alla relativa distribuzione dell’energia (il picco di energia che si nota nel secondo grafico è relativo all'evento di MD = 3.6 avvenuto il 9 Ottobre 1999).
In particolare, relativamente al primo semestre del 2001, sono stati registrati 125 terremoti con MD compresa tra −0.2 e 2.8, la cui distribuzione giornaliera è riportata nella figura seguente.