(APPUNTI - 2010)
La storia del Medio Evo, nelle sue linee
essenziali, mostra i tratti della narrazione medievale in cui i fatti, a
differenza di oggi, non vengono considerati sotto un profilo puramente
cronologico e documentato, ma sono inseriti in un contesto di ordine
simbolico ricco di significati.
L'esattezza dei riscontri e delle prove
documentali, semmai, è la formula scentifica che segue la storigrafia
moderna, preoccupata in primo luogo di dar conto asetticamente degli
avvenimenti e della loro successione temporale.
In realtà, attraverso questa
metodologia, i significati talvolta sfuggono, cpm'è appunto nel caso dei
racconti medievali. Per comprenderli è necessario porsi nell'ottica di mille
anni fa, in una prospettiva in cui più che le date o i riscontri
documentali, hanno valore sostanziale le tradizioni orali ed i significati
simbolici e la perfetta corrispondenza storica dei tempi, dei nomi e dei
luoghi, seppur veritiera, è in realtà un riferimento del tutto relativo e
secondario.
Nel Medio Evo, la società
tradizionale ha sempre posto al proprio apice i rappresentanti dell'Autorità
spirituale, considerando la funzione pontificia da essi svolta, prevalente e
sopra ogni cosa: cioè quella di essere ponte o congiunzione fra Terra e
Cielo.
Ad essa seguiva la funzione
regale rappresentata dall'Imperatore, colui che stava sopra i quattro Re
posti ciascuno a reggere uno dei quattro angoli del mondo. Il Pontefice
legittimava l'Imperatore, che veniva in questo modo a governare il mondo
secondo il volere di Dio.
All'ordine tradizionale il
Potere Regale cominciò a ribellarsi fino alla definitiva usurpazione della
funzione superiore, però non appena ebbe concentrato nelle sue mani il
controllo assoluto della società, allora un'altra forza, la suddetta
Borghesia, dichiarò essere la funzione economica da essa svolta quella
prevalente sopra ogni altra. Usurpò il potere regale e si diede ad eliminare
definitivamente i rimasugli assieme a quel che restava di quell'Autorità
Spirituale che, con la sua ingombrante presenza, avrebbe potuto minacciarne
la legittimità.
Il rovesciamento dell'ordine
sociale non poteva avvenire se non sul presupposto di un altro radicale
rovesciamento del modo di pensare che, a sua volta, per potersi produrre,
non poteva che presentarsi all'opposto di quello che era, e quindi sotto
l'aspetto di un innalzamento dell'uomo.
Così effettivamente avvenne. Nel Medio
Evo il fenomeno culturale in grado di penetrare e mutare la mentalità
tradizionale fu l'Umanesimo.
All'apparenza non si trattava d'altro
che di un condivisibilissimo rinnovamento che mirava a diffondere l'idea, in
sé molto semplice e buona, di porre in risalto l'uomo, il suo ingegno
donatogli da Dio, la sua capacità creativa nelle arti, nelle lettere e nel
pensiero.
Come non essere d'accordo con un simile
approccio e porre finalmente attenzione sull'uomo, capolavoro Divino, e
valorizzare il suo agire e le sue opere?
La storia ci mostra quali in realtà
furono i veri effetti di questo mutato atteggiamento. Anziché Dio e l'ambito
spirituale, al centro di tutto venne posto l'uomo. Anziché ritenere
prevalente l'Autorità Spirituale , fu conseguente ritenere prevalente
l'agire del Potere Temporale. La Chiesa venne attaccata sia all'esterno
dagli Imperatori, sia al proprio interno dai movimenti riformatori,
scismatici ed eretici.
L'Umanesimo, a sua volta, non appena
germinato diventò semente per l'affermarsi di un movimento di ancor più
radicale portata, il Rinascimento, che dolcemente chiamava l'uomo, appena
innalzato dall'Umanesimo, alla riscoperta della bellezza e dell'armonia
attraverso le arti.
Quale più nobile e puro ideale di
questo?
Eppure già il termine rinascenza
poneva qualche interrogativo.
Cos'era morto che doveva rinascere?
La bellezza?
L'armonia?
In effetti, la questione non stava in
questi termini. Ogni periodo produce, per forza di cose, generi artistici
che sono l'espressione di una determinata tendenza di una determinata
tendenza culturale. Il Medio Evo, per esempio, eccelse nelle opere
costruttive di cui le cattedrali ne sono l'esmpio più insigne, la poesia
ebbe i trovatori ed opere immortali come la Divina Commedia, nella filosofia
giganteggia ancora oggi la Summa Teologica di San Tommaso d'Aquino.
Il rinascimento, dunque, non poteva
rappresentare il risorgere, per così dire, di arti che in realtà non erano
morte affatto. La rinascita, o forse sarebbe meglio definirla semplicemente
nascita, si riferiva piuttosto al sorgere di uno spirito del tutto nuovo che
veniva a soppiantare quello tradizionale che l'aveva preceduto.
La natura di questo spirito nuovo
palpita, per così dire, negli esiti di quel che fu, la riforma protestante e
lo scientismo Galileano fino a porre le basi di quel che sarebbe stato il
traguardo successivo, rappresentato dal Razionalismo cartesiano.
Attraverso quest'ultimo, l'uomo, prima
riscoperto e poi rinato, afferma prepotentemente sé stesso e la sua
supremazia o, per dirla in altri termini, riduce ogni cosa alla propria
misura, rinchiudendola entro il ristretto limite della propria comprensione.
Col razionalismo il dubbio sovrasta
tutto ciò che la ragione non riesce ad afferrare, in primo luogo – e non
potrebbe essere altrimenti – il divino e lo spirito trascendente dell'uomo.
Non li vede, non li tocca e quindi ne dubita fino a negarli decisamente nel
nome di una improvvisata scienza, che pretende di sapere tutto e quindi di
poter quindi spazzar via quel che giudica le tenebre di una millenaria
ignoranza.
Con simili presupposti non poteva non
affermarsi uno spirito nuovo, destinato a pervadere il mondo autodefinitosi
moderno e che, per ciò che realmente esso rappresenta, ben potrebbe
definirsi spirito di negazione, visto che la sua principale
caratteristica consisteva nella violenza con cui negava validità a tutto ciò
che era stato posto a fondamento delle società precedenti.
Arditamente, quasi in una
sorta di parodia, lo spirito di negazione definiva se stesso
Illuminismo e la sua epoca Secolo dei Lumi,
intendendo che i lumi fossero quelli che lui stesso forniva attraverso la
ragione che, dal suo punto di vista, nessuno aveva in precedenza utilizzato.
Poiché si tratta di spirito di
negazione, l'Illuminismo combatte lo spirito tradizionale e
specialmente l'Autorità Spirituale, verso la quale dimostra infatti un odio
violento e sistematico che sarebbe ben difficile da spiegare se si
pretendesse di considerare l'Illuminismo niente di più che un semplice
movimento di cultura.
In barba agli stessi principi di libertà
e razionalismo da esso tanto sbandierati, l'Illuminismo si preoccupa
infatti, prima di qualsiasi altra cosa di eliminare il sentimento religioso
popolare. I sovrani cosiddetti
Illuminati
applicano restrizioni al culto, all'effettuazione di cerimonie
religiose e poi, via via, colpiscono direttamente la Chiesa Cattolica con
espropri, spoliazioni, limitazioni al numero dei religiosi e chiusura di
chiese e monasteri.
Campione di sovrano illuminato e nemico
della religione è l'Imperatore Giuseppe II° d'Asburgo.
Pur avendo numerosi e gravi problemi da
affrontare questo imperatore, tra i plausi e le lodi degli intellettuali
dell'epoca, si occupa in modo forsennato di questioni attinenti al culto,
verso cui mostra uno zelo difficilmente spiegabile alla luce di un presunto
razionalismo che avrebbe dovuto semmai illuminarlo.
Statuisce limiti all'orario delle
preghiere degli ecclesiastici, introduce l'abolizione delle cerimonie
funebri, sopprime gli ordini religiosi contemplativi, emana un catechismo di
Stato, sottopone gli atti del Papa all'approvazione dello Stato.
Giuseppe II° non è però, come si
potrebbe pensare, una scheggia impazzita. È uno dei più importanti sovrani
d'Europa dell'epoca verso cui guardano, con manifesta ammirazione, anche i
suoi emuli nostrani che lottano per stravolgere la società e portarla agli
stessi illuminati traguardi. Lottano nel senso letterale del termine perché
il popolo, non del tutto illuminato, o per meglio dire, non ancora del tutto
contaminato dallo spirito di negazione, mal digerisce
l'imposizione di limiti alla propria fede né, tanto meno, accetta la
spoliazione di chiese e conventi.
Scoppiano tumulti a più riprese tanto
che l'Imperatore Leopoldo II°, è obbligato a revocare una trentina delle più
odiose norme anti-religiose sancite dal predecessore.
Ma la malapianta intanto aveva germinato
e, verso la seconda metà del '700, aveva tovato un rigoglioso sviluppo
nell'ormai decadente Repubblica Veneta, affamata di quattrini, di novità, e
pervasa da spiriti di uomini illuminati.
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