Alessandro Baricco

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NOVECENTO

  <<E infine, al piano... Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento.  

 

Il più grande.  

 

Lo era davvero, il più grande. Noi suonavamo musica, lui era qualcosa di diverso. Lui suonava... Non esisteva quella roba, prima che la suonasse lui, okay?, non c’era da nessuna parte. E quando lui si alzava dal piano, non c’era più... e non c’era più per sempre... Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento. L’ultima volta che l’ho visto era seduto su una bomba.>>.

Un monologo vibrante di vita, una storia geniale, uno stile che solo il grande Baricco può usare.  

Non capita certo tutti i giorni di trovare un bambino abbandonato in una scatola di cartone sul pianoforte della sala da ballo di una nave. E non capita nemmeno che questo bambino passi tutta la sua vita su quella nave dov’è stato trovato. E tanto meno capita che il più grande pianista del mondo sia proprio questo bambino, ormai uomo, che, come un bambino, ha paura di scendere dalla nave e che quando decide di farlo è solo per vedere  

“Il mare”.

“Il mare?”

“Il mare.”

Pensa te. A tutto potevi pensare, ma non a quello. Non volevo crederci, sapeva di presa per il culo bell’e buona. Non volevo crederci. Era la cazzata del secolo.

“Sono trentadue anni che lo vedi, il mare, Novecento.”

“Da qui. Io lo voglio vedere da là. Non è la stessa cosa.”

Sant’Iddio. Mi sembrava di parlare con un bambino.  

Ma Novecento non è un uomo qualunque  

“Potevi pensare che era matto. Ma non era così semplice. Quando uno ti racconta con assoluta esattezza che odore c’è in Bertham Street, d’estate, quando ha appena smesso di piovere, non puoi pensare che è matto per la sola stupida ragione che in Bertham Street, lui, non c’è mai stato. Negli occhi di qualcuno, nelle parole di qualcuno, lui, quell’aria, l’aveva respirata davvero. A modo suo: ma davvero. Il mondo, magari, non l’aveva visto mai. Ma erano ventisette anni che il mondo passava su quella nave: ed erano ventisette anni che lui, su quella nave, lo spiava. E gli rubava l’anima.”  

E mentre suona la sua mente viaggia e lo porta lontano da quella nave, verso posti mai visti e gli fa vivere quel mondo da cui è diviso da una semplice scaletta.  

Mi piace concludere così questa mia piccola critica, che nulla pretende da chi la legge se non un po’ di fiducia:  

“Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla”. Lui l’aveva una... buona storia. Lui era la sua buona storia.  

Mi fermo qui (credo di aver detto anche troppo...) e vi lascio con un unico consiglio: LEGGETELO!!!... e se vi scappa qualche lacrima... beh, non ve ne meravigliate... piuttosto tendete l’orecchio e forse, dentro di voi, riuscirete a sentire la musica di Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento.  

OCEANO MARE

E’ stato un regalo di compleanno. Così ho avuto questo libro tra le mani. E spero di non separarmene mai più. Vale molto di più delle 240 pagine di cui è composto. Baricco, con il suo modo di scrivere vibrante, tagliente, anche allucinato in alcuni passi, mi ha coinvolto dalla prima riga. Con un ventaglio di parole mi ha descritto l’animo umano da punti di vista che non conoscevo, ha intrecciato anche la mia vita nell’ingarbugliata matassa di anime che ruotano attorno alla Locanda Almayer; amori trovati e perduti, pazienti e atroci vendette, paure represse e manifeste, spiritualità... E poi il Mare. Scenario, protagonista, invincibile Dio, padre, amante, tiranno. Ogni protagonista insegue, in un modo o nell’altro, questa infinita distesa; non lo sanno, ma cercando il mare trovano loro stessi. O trovano loro stessi nel mare. O è il mare che li trova. Tante interpretazioni, tutte sbagliate, tutte giuste. E’ difficile parlare di quest’opera, soprattutto dopo averla letta; può sembrare strano, ma il turbinio di emozioni che suscita non riesce a cristallizzarsi, non riesce a prendere vita in altre parole che non siano quelle di Baricco. Potrei usare proprio le sue allora, ma non posso, non voglio. Perchè ognuna di quelle parole, ho capito nella mia profonda ignoranza, non è messa a caso. Estrarre una frase romperebbe l’equilibrio, distruggerebbe l’essenza del comunicato.

Bartleboom, Elisewin, Padre Pluche, Thomas, Ann Deverià, Savigny. E Plasson, il mio preferito. La Locanda Almayer e i suoi bambini. E il Mare. Questi gli attori, tutti in crisi con sè stessi, con il mondo. Chi ha una meta, chi cerca il proprio posto nel mosaico.

Spero queste mie parole rendano omaggio a Baricco. Di mio, in ultimo, aggiungo che questo è uno dei libri che aspettavo di leggere da tutta la vita, come le lettere mancate di Bartleboom. Ma non posso dire di averlo fino in fondo. Penso proprio che le sue pagine saranno ancora, e a lungo, viste dai miei occhi.

 

 

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