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Regia:
Ricky
Tognazzi Sceneggiatura:
Graziano Diana, Simona Izzo, Ricky Tognazzi Fotografia:
Fabio Cianchetti Costumi:
Alfonsina Lettieri Musica:
Ennio Morricone Produttore:
Vittorio Cecchi Gori Personaggi
e interpreti: Jeno
Varga: Hans Mathenson Sophie
Levi: Melanie Thierry David
Blau: Lee Williams Violinista:
Gabriel Byrne Barone
Blau: Ricky Tognazzi Vecchio
barone Blau: Peter Vaughan Wolf:
Adriano Pappalardo Maestro
Hischbaum: Andy Luotto L’amore
per la musica e l’entusiasmo e la ricerca di
se stessi legano le persone di questa affascinante storia , tratta
dall’omonimo libro di Paolo Marensing. Ricky Tognazzi ha scritto la
sceneggiatura, facendola combaciare strutturalmente sia con il romanzo che con
la musica “muta”. Quest’ultima prende voce nel film grazie a Morricone,
che effettivamente ha composto un canone inverso. (“Canone
inverso” è un’antica forma musicale, un “canone” a due voci, con una
particolarità: la partitura suonata dalle due voci è la stessa, ma una la
esegue dalla prima nota all’ultima; l’altra inizia dall’ultima nota e va
ritroso: come se due cantanti cantassero contemporaneamente uno ‘Roma’ e
l’altro ‘Amor’, e tutto, invece di essere cacofonico, componesse una
melodia )[1].
Molti sono i narratori ma i veri
protagonisti sono due: un violino,
con un volto di donna intagliato
nel manico, e una musica, appunto un
canone inverso, che accompagna le scene più emozionanti. Il film è stato
girato in tre luoghi diversi: la magica Praga, a Marienband e nel nord della
Repubblica Ceca. La cornice della storia è ambientata in quella fatidica notte
dell’agosto 1968 con l’arrivo dei carri sovietici, ma in quell’istante la
storia ritorna negli anni ’30, all’instaurarsi del nazismo. Il tempo è
legato alla musica, che trasporta la memoria indietro, ma anche alla storia e
alla vita. “Canone
inverso” è un racconto nel racconto, e si sviluppa grazie a un doppio flash-
back. Due voci che, come un canone inverso si
rincorrono. E’ un viaggio della memoria nel passato in cui si collegano i vari
anelli di storie che s’intrecciano ma che alla fine si dividono. Tutto parte
da una melodia, ricordo di infanzia di Costanza, riascoltato da un violinista
comparso all’improvviso, che dice di chiamarsi Jeno. Egli le racconta della
sua infanzia, dell’amicizia con David Blau
conosciuto nel “Collegium Musicum”, e dell’amore per la pianista
Sophie; e infine del suo ultimo concerto di Praga, dove i loro
destini si dividono a causa del nazismo. Costanza, ripercorrendo i corridoi del
Collegium Musicum, capirà che quella musica non è solo un ricordo, ma il
sigillo e la prova della sua fino ad allora sconosciuta identità. Qui ancora
una volta, le note del canone inverso risuoneranno, e per uno scherzo della
memoria, presente e passato s’avvicinano, due realtà che si riflettono ma che
non potranno mai coincidere…. “Nessuno può
capire quanto può mancarti chi non hai mai conosciuto”, da queste parole si
capisce come, per Costanza, l’esigenza di conoscere le proprie origini e il
proprio passato sia l’unico modo per conoscere il proprio presente. [1]Citazione da una intervista al regista
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