SCIENZE GEOLOGICHE

 

 

 

MORFOLOGIA CARSICA

Introduzione

Il paesaggio carsico è dato da un insieme di forme «anomale» ri­spetto ai paesaggi «normali» di tipo fluviale. Queste forme sono determi­nate dalla solubilità della roccia calcarea nelle acque naturali. Grazie a questa solubilità le acque tendono a penetrare all'interno delle masse rocciose allargando delle vie di circolazione sotterranea. Ne deriva una scarsità o assenza di idrografia superficiale.
Presupposti fondamentali perché si individuino dei paesaggi carsici sono: a) presenza di rocce solubili; b) abbondanza di precipitazioni meteoriche.
Il fenomeno della soluzione chimica della roccia, che si verifica ove si realizzano queste condizioni, non esclude la concomitanza di altri processi geomorfici quali, ad esempio, i processi fluviali ed i processi periglaciali. È chiaro però che il paesaggio carsico più tipico, caratterizzato dall'assenza dell'idrografia superficiale e da un'abbondanza di cavità sotterranee, si svi­lupperà là dove i processi di soluzione saranno dominanti rispetto agli altri. Forme carsiche «pure» saranno quelle che si spiegano come causate sol­tanto dai fenomeni di soluzione.
Nell'ambito di un rilievo costituito da rocce solubili, i processi carsici interesseranno in un primo momento la superficie esterna e quindi le zone di debolezza della massa rocciosa (quali a piani di fratturazione ed i piani di stratificazione), in cui l'acqua può penetrare. Tenderà così ad individuarsi un insieme di forme distribuite sia in senso orizzontale, sia in senso verticale (fig. 9.13).
Dall'alto verso il basso si potranno individuare: conche chiuse, inghiottitoi, pozzi, gallerie, cavità di sbocco.
Per questo suo «spessore verticale» il paesaggio carsico si differenzia da tutti gli altri. Esso spicca soprattutto per l'eccezionale abbondanza delle cavità sotterranee che lo rendono difficilmente esplorabile in tutta la sua complessità. Proprio alcune di queste cavità, quelle penetrabili dall'uomo, ossia «le grotte», sono diventate il simbolo di questi ambienti ancora misteriosi. La speleologia è la scienza specializzata nello studio delle grotte.

 

Le forme carsiche di superficie

Nella classificazione delle forme carsiche è utile distinguere le forme di superficie o epigee dalle forme profonde o ipogee, anche se, come vedremo meglio più avanti, esistono dei rapporti funzionali strettissimi fra i due gruppi. Anche dal punto di vista morfogenetico molte forme carsiche super­ficiali si spiegano solo se considerate assieme alle forme profonde che ne costituiscono, in un certo senso, il proseguimento verso il basso. Sarebbe perciò più logico considerare dei «complessi funzionali» dati dalla combi­nazione di forme appartenenti ai due gruppi. D'altro canto la classifica­zione di questi complessi risulterebbe notevolmente difficile perché non sembra esistere una correlazione stretta fra i tipi delle forme epigee e quelli delle forme profonde, e soprattutto per la complessità di queste ultime che, tra l'altro, risultano accessibili all'uomo solo in piccola parte. Perciò chi si accosta ad un paesaggio carsico potrà dapprima osservarne il rilievo esterno; successivamente, attraverso qualche punto ben localizzato, accedere ad alcune cavità interne, che però rappresentano soltanto una parte dell'in­tero sistema carsico ipogeo.
Esiste una vasta gamma di forme carsiche di superficie dalle dimensioni molto diverse, comprese fra i pochi centimetri e parecchi chilometri. La prima classificazione di queste forme è stata effettuata sulla base di studi e dati raccolti nel «Carso classico». In seguito le forme osservate in regioni diverse sono state sempre riferite o paragonate a quelle del Carso.

 

Le Doline

Fra le macroforme carsiche la più tipica, che rappresenta un po' il simbolo dei paesaggi carsici, è la dolina. La dolina è una conca chiusa, un bacino che si riempirebbe d'acqua a originare un laghetto se le pareti ed il fondo fossero impermeabili; invece, di solito, l'acqua viene assorbita attraverso vie sotterranee, che però solo di rado si aprono in superficie come cavità ben rilevabili o accessibili all'uomo; spesso il suolo od il detrito mascherano i punti assorbenti.

Le dimensioni sono comprese per il diametro fra i 10 e i 1000 metri e per la profondità fra i 2 e i 200 metri. La forma in pianta può essere cir­colare, ellittica o irregolare, mentre la sezione verticale mostra sviluppi in altezza molto variabili anche in rapporto al diametro. Le forme tridi­mensionali più comuni che ne risultano sono (fig. 9.5):
troncoconica o a piatto (forma ampia e poco profonda con il fondo piatto; il rapporto diametro medio/profondità è superiore a 5);
emisferica o a ciotola o a scodella (forma relativamente più pro­fonda con i versanti complessivamente concavi; in genere il rapporto dia­metro/profondità è compreso fra 2 e 5);
conica o a imbuto (forma i cui versanti sono uniformemente incli­nati verso un punto centrale; il rapporto diametro/profondità è spesso in­feriore a 2);
— a pozzo (le pareti sono subverticali per cui la forma tende a diventare cilindrica; la profondità può essere considerevolmente superiore al diametro).
Le doline, le cui forme più frequenti sono quella a piatto e a ciotola con diametri di alcune decine di metri e profondità di 5-20 metri, sono abbondanti sulle superfici poco inclinate degli altopiani carsici mentre risul­tano piuttosto rare sui versanti più ripidi. Le densità sono comunque molto variabili; si riscontrano valori compresi fra poche unità e parecchie decine per chilometro quadrato. La disposizione risulta, in genere, irregolare, ma spesso un'attenta lettura della carta permette di riconoscere degli allinea­menti che corrispondono a sistemi di fratture o alla direzione di piccole valli secche.
Dal punto di vista genetico sono stati distinti i seguenti tipi di doline:
doline di soluzione normale: si sarebbero originate per dissolu­zione della roccia da parte dell'acqua di ruscellamento superficiale in movi­mento centripeto verso un punto assorbente che diventa così il centro di una forma chiusa che si approfondisce sempre di più; si tenga presente che si verifica una concentrazione dell'acqua (aumento della quantità che scorre su una certa unità di superficie) dalla periferia verso il centro; in questo senso il centro della dolina diventa veramente un luogo di « corrosione accelerata »;
doline alluvionali: sono delle conche chiuse che si formano in materiali alluvionali in seguito all'originarsi, in rocce solubili sottostanti, di cavità carsiche di soluzione subsuperficiale o di crollo;
doline di collasso o di crollo: sono cavità spesso a pozzo nei calcari o in altre rocce solubili, formatesi per il crollo del soffitto di grotte;
doline di subsidenza in roccia: sono cavità che si formano in rocce coerenti e permeabili ma non solubili (es.: arenarie), che poggiano su rocce solubili; lo scavo di cavità carsiche nelle rocce solubili provoca fenomeni di crollo e subsidenza nelle formazioni rigide sovrastanti.
Le doline di gran lunga più numerose appartengono al primo tipo; più rare le cavità degli altri tipi; quelle a pozzo di crollo presentano talora carat­teri spettacolari e profondità notevoli, offrono inoltre la possibilità di osser­vare dall'alto dei fiumi sotterranei e di accedere a grotte (in tal caso sono dette: finestre di crollo).

 

Le cavità sotterranee

L'uomo è penetrato nelle grotte fin dalla preistoria: prima per rifugiar-visi, ed in seguito mosso da curiosità; « grotte » si possono definire tutte le cavità accessibili all'uomo. Queste però costituiscono solo una piccola parte del reticolo di cavità sotterranee presenti all'interno dei rilievi calcarei. Si sogliono distinguere: • cavità suborizzontali (gallerie}; • cavità ad asse di allungamento inclinato; • cavità subverticali (pozzi e abissi}. Tutte queste cavità a loro volta possono essere: • cavità praticamente prive d'acqua; • cavità con acqua abbondante, ma che possono diventare temporaneamente asciutte o anche completamente inondate; • cavità sempre piene d'acqua. La ricerca speleologica ha ormai acquisito molti dati, grazie sia al pro-gresso tecnico ed organizzativo raggiunto dall'esplorazione, sia all'impegno in campo scientifico. In base all'osservazione diretta si è rilevato che normalmente all'interno di un massiccio carsico, dall'alto verso il basso, si passa da cavità piuttosto asciutte verso cavità via via più ricche d'acqua, fino a cavità permanente-mente allagate; risulta inoltre che questa « stratificazione » di vuoti ipogei con caratteri idrologici diversi corrisponde anche ad una sequenza ideale di forme (figura 9.13). In particolare le gallerie più esterne ed asciutte, che risultano più facilmente accessibili, presentano forme irregolari sia in pianta che nelle sezioni verticali. Il fondo è di solito occupato da argille provenienti dalla superficie, o da blocchi crollati dal soffitto, o da concrezioni di calcite. Le pareti ed il soffitto possono mostrare nicchie di distacco di blocchi, o essere ricoperte da uno strato di concrezione calcifica, oppure presentare nicchie ed incavi di corrosione. Spesso all'incrocio di gallerie si trovano le sale: ampi vani di pianta quadrangolare o ellittica, il cui pavimento spesso è costituito da un cono di massi di crollo. I pozzi verticali della zona più esterna possono aver assunto in seguito alla caduta di blocchi una forma svasata a campana, o aver subito fenomeni di riempimento con materiali provenienti dall'esterno. E’ possibile distinguere i depositi delle acque correnti in alloctoni (por¬tati dall'esterno e. talora da territori non carsici) e autoctoni (che hanno cioè subito un trasporto limitato all'interno del reticolo carsico sotterraneo). Chiaramente autoctoni sono i depositi di crollo e di concrezionamento. Un tipo particolare di deposito frequente nelle grotte è costituito da sostanze organiche (ossa di animali, guano di pipistrello). Senza dubbio i depositi di grotta più noti e caratteristici sono le con-crezioni calcaree di abbondano soprattutto nelle grotte delle regioni tem-perate e calde, mentre mancano quasi completamente nelle grotte delle regioni fredde. Le forme concrezionali più comuni sono: — le stalattiti, forme cilindriche o coniche pendenti dal soffitto, spesso sottili e talora lunghe parecchi metri; — le stalagmiti, forme più tozze che si accrescono verso l'alto a par¬tire dal pavimento; certune raggiungono altezze di 30-40 m; — le colonne, che derivano dalla fusione di una stalattite con una stalagmite; — le croste concrezionali, che ricoprono le pareti dei vani, e si pro-lungano sul pavimento di questi con l'aspetto di colate. Una stalattite comincia a formarsi come un sottile tubicino di calcite (stalattite tubolare o spaghetto); l'acqua che fuoriesce da una fessura della volta scorre all'interno del tubicino e cade goccia a goccia dall'estremità. Mentre si forma la goccia la soluzione risente della scarsa pressione parziale del CO2 nell'atmosfera della grotta, e libera questo gas facendo precipitare CaCO3. La calcite si deposita sull'orlo del tubicino come un anellino di tanti piccoli cristalli. Col tempo l'estremità del tubicino si ostruisce e la soluzione, che fuoriesce da fessure situate in prossimità della base, deposita vari strati concentrici attorno al tubicino iniziale che in questo modo si ingrossa e si allunga; di qui la struttura « a tronco d'albero » delle stalattiti (fig. 9.18). Un tipo particolare di stalattiti sono le eccentriche o electiti: si tratta di forme ramificate, con elementi rivolti verso l'alto, risultanti da un accrescimento a da una sovrapposizione di cristalli di calcite; questi si formano all'estremità di microfessure dove la soluzione percola sotto pressione idrostatica. Le stalagmiti, che si formano nei punti dove le gocce d'acqua vanno a cadere sul pavimento, più che una struttura concentrica, tipo stalattite, ne presentano una a « cupole sovrapposte » (fig. 9.18). Poiché le cupole possono prolungarsi ai lati con delle lamine sottili, le forme risultanti sono molto varie e fantasiose: a pila di piatti rovesciati, a grandi foglie, a cavol-fiore ecc. Al passaggio fra il soffitto e la parete possono costituirsi a poco a poco forme laminari sottili dette vele o cortine; ciò accade quando una goccia prima di cadere scorre obliquamente e depone una nervatura di calcite. Concrezioni da splash si formano invece su pareti che ricevono spruzzi o gocce di rimbalzo; gli straterelli di calcite assumono strutture mammellonari caratteristiche. Lo scorrimento di una lama d'acqua sulle pareti e sui pavimenti può dar luogo a imponenti colate concrezionali sulle quali talora si individuano dei complessi di piccole dighe di sbarramento disposte a «festoni», che delimitano tante vaschette di grotta ripiene d'acqua limpida.

 

 

 

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