TERZO MILLENNIO Verso l'Antropocrazia

Dossier Guerra India - Pakistan: Gandhi, la grande anima

Di Giorgio Bongiovanni

 

 

La sua politica, il suo messaggio. Cause spirituali e umane del conflitto tra India e Pakistan

Prima di introdurmi nell’analisi spirituale della storia indiana desidererei sfatare la credenza, comune a molti testi storici, che la religione indù è una mescolanza di varie fedi e che non possiede un libro sacro a cui fare riferimento. L’India ha una cultura millenaria e le fondamenta della sua spiritualità sono racchiuse nel Bhagavad Gita, negli antichi Veda, nell’Upanishad e nel Mahabarata, il più vasto poema epico indiano e uno dei più estesi della letteratura mondiale. Narra di guerre spirituali che si sono avvicendate nel corso dei secoli, di lontani avvenimenti storici senza una vera unità di azione e talmente vasti da poter essere considerati essi stessi poemi. Come è noto a tutti coloro che sono impegnati in una ricerca interiore ed esoterica l’India è la culla della spiritualità. Essa infatti è posta in un particolare chakra nel quale si sviluppa lo stadio sensibile e spirituale della nostra madre Terra: il chakra spirituale. Ciò dimostra che non solo il mondo occidentale e mediorientale è stato testimone dell’incarnazione di spiriti divini, primo fra tutti Gesù-Cristo o i grandi saggi provenienti da Atlantide, ma anche l’oriente ha conosciuto vari profeti, i cosiddetti Avatar, tra i quali ricordiamo Krishna, Arjuna, suo discepolo nel passato, o grandi maestri spirituali quali Paramahansa Yogananda o altri ancora in vita. Ed è proprio nella spiritualità che va ricercata la causa della drammatica situazione nella quale versano oggi l’India e il Pakistan, due stati impegnati in una lotta fratricida. Fino al 1947, infatti, le due fazioni erano parte di una sola grande nazione e la divisione del paese è avvenuta in seguito alla liberazione dalla dominazione britannica, alla quale si giunse grazie alla rivoluzione pacifica di Gandhi. Nato il 2 ottobre del 1869, in un particolare momento nella storia della spiritualità indiana, il Mahatma (grande anima) lottò per l’indipendenza del proprio paese ma non riuscì a frenare i contrasti con i musulmani che chiesero ed ottennero la costituzione dello stato del Pakistan. La battaglia di Gandhi, assertore del metodo della non violenza, non aveva fini politici ma spirituali o, come lui li definiva, religiosi. Il Mahatma era infatti cosciente dell’importanza spirituale che rivestiva il suo paese. Sapeva che l’India, una volta ottenuta l’indipendenza, avrebbe dovuto trascinare l’umanità orientale, e in seguito quella occidentale, al rinnovamento dello spirito, al risveglio della coscienza spirituale. La sua battaglia in difesa dei diritti umani cominciò alla giovane età di 24 anni, nel 1893, due anni dopo aver ottenuto la nomina ad avvocato della Corona. In quell’anno venne infatti ingaggiato da una ditta musulmana per la consulenza legale e partì per il Sudafrica dove decise di rimanere per combattere i pregiudizi razziali. Il 22 agosto del 1894 fondò il Congresso Indiano del Natal e iniziò a dedicarsi alla causa indiana in Sudafrica. Nel 1901, tornato in India, presentò la risoluzione sul Sudafrica al Congresso gettando le basi per il lavoro che svolse in seguito Nelson Mandela (vedi "Terzomillennio verso l’antropocrazia Anno II n. 2), il quale ebbe rapporti di collaborazione con il figlio dello stesso Gandhi. Ed è proprio nel momento in cui rientrò in India che Gandhi ricevette l’illuminazione, quella che nella tradizione cattolico-cristiana è definita la compenetrazione dello Spirito Santo, ed ebbe inizio la sua missione. Cominciò a divulgare un messaggio universale spiegando che "Se è opportuno e necessario scoprire una sottesa unità fra tutte le religioni, occorre procurarsi un passe-partout, quello della verità e della non-violenza. Se apro lo scrigno di una religione con tale passe-partout, non trovo difficile scoprirne le somiglianze con le altre. Se guardiamo alle religioni come alle mille foglie di un albero, ci sembrano tutte differenti, ma riconducono tutte allo stesso tronco. Finché non riusciremo a intuire tale unità di fondo, non sapremo mai far cessare le guerre condotte in nome della religione, che non riguardano solo gli Induisti e i Musulmani. Le pagine della storia del mondo sono tutte lordate dai sanguinosi racconti delle guerre di religione. Solo con la purezza e le buone azioni dei seguaci si può difendere la religione, mai con la contrapposizione a chi professa altre fedi". Pur riconoscendosi induista Gandhi sosteneva quindi che ognuno doveva essere libero di scegliere la religione che più lo appagava ma senza mai dimenticare che ogni credo scaturisce da un’unica fonte divina e che l’integrazione di tutti le religioni, di tutti i messaggi spirituali porta direttamente a Dio. Gandhi rifiutò quindi ogni forma di fanatismo, compreso quello proprio dell’ortodossia cristiana, ma sposò totalmente il messaggio di Cristo e definì Gesù uno dei più grandi Maestri che l’umanità abbia mai conosciuto. Lo colpì, in particolar modo, il Sermone della Montagna nel quale scorgeva l’insegnamento della non-ritorsione o della non-resistenza al male. "…non occhio per occhio, dente per dente - disse - ma il prepararsi a ricevere due colpi quando se ne è ricevuto uno, e a fare due miglia quando ne è stato richiesto uno". Attraverso il Satyagraha ("forza della verità", tradotto dagli inglesi con la locuzione "resistenza passiva") lui stesso si fece testimone vivente del messaggio cristico e mise in pratica la dottrina dell’ahimsa (non uccidere), l’amore e il rispetto per tutte le creature viventi. Per diffondere il messaggio della non-violenza intraprese un programma politico - spirituale dimostrando che la resistenza passiva è l’arma più potente di cui disponga l’uomo. Egli riteneva che rifiutandosi di collaborare con l’Inghilterra il popolo sarebbe riuscito a far crollare la sua dominazione e, nonostante fu arrestato più volte, rimase sempre fedele a questa idea e conseguì la vittoria. Appoggiò il boicottaggio dei prodotti inglesi, uno fra tanti il sale sul quale l’Inghilterra impose una tassa che gli indiani non potevano permettersi di pagare. Indusse più di cinquantamila persone a farsi arrestare violando simbolicamente la legge sul monopolio di quel prodotto. Insegnò poi agli indiani la tecnica per estrarre tale elemento dall’acqua marina e, nonostante la forte repressione inglese, nessuno acquistò più sale e il mercato fallì. Alla campagna di boicottaggio dei beni inglesi seguì l’invito a usare solo vestiti prodotti in India. L’iniziativa ebbe subito un vasto seguito popolare e la figura del Mahatma divenne a poco a poco una delle più amate dell’India fino ad essere identificata con quella del più grande profeta degli ultimi secoli. Gli induisti lo definivano "l’ultimo Avatar nella storia della religione indiana" mentre gli islamici vedevano in lui un figlio spirituale del profeta Maometto. Gandhi era amato anche dai laici e il suo grande ascendente costituiva un pericolo per l’economia inglese che sfruttava le grandi risorse del paese indiano. Inoltre, nel corso della seconda guerra mondiale, Gandhi convinse il popolo a rifiutarsi di imbracciare le armi e nonostante le forti pressioni dei principi indiani, che si dimostravano favorevoli ad appoggiare il governo inglese, l’India non entrò in guerra. Nell’esile figura di quell’uomo apparentemente fragile ed indifeso vi era quindi, oltre che una guida spirituale, un grande politico capace di combattere l’ingiustizia sociale e di promuovere l’emancipazione morale della classe rurale. Come scrisse il sociologo americano Barrington Moore, "la funzione sociale della non violenza gandhiana nella storia dell’India fu quella di consentire agli indiani di fare una rivoluzione politica (l’indipendenza formale) senza fare una rivoluzione sociale. La direzione del movimento da parte di Gandhi non mirava solo all’indipendenza dalla Gran Bretagna, ma anche a pacificare la rivoluzione indiana".

Il Mahatma riuscì a fare del Congresso un partito capace di mediare i rapporti tra gruppi diversi e convinse il popolo a non rispettare le caste, scagliandosi in particolar modo contro l’intoccabilità (gli intoccabili erano i più poveri e quindi fuori da ogni casta). Nonostante i grandi successi conseguiti, però, Gandhi non entrò mai in politica poiché il suo vero scopo era quello di portare il singolo e le masse ad una più alta elevazione spirituale e morale, a quello che secondo lui era il vero scopo dell’esistenza. Esaltò il lavoro manuale, identificando in esso la chiave dell’espiazione di ogni karma e quindi dell’evoluzione dello spirito e della materia e insegnò la dottrina della reincarnazione. Fece dell’India un popolo unito e forte, al punto che al termine del secondo conflitto mondiale l’Inghilterra dovette piegarsi di fronte al potere del grande spirito indiano e concedere l’indipendenza. Purtroppo però, Gandhi non riuscì a cancellare totalmente l’antico astio tra induisti e musulmani e di questo si fece forza il dragone biblico (l’Inghilterra, vedi "Terzomillennio verso l’antropocrazia n.4) che, aiutato dagli Stati Uniti, escogitò un piano di divisione territoriale fedele al detto "dividi et impera". I negoziati furono affidati a lord Mountbatten, il nuovo viceré indiano, che giunse a Delhi il 30 gennaio del 1947. Il 2 giugno Mountbatten rese pubblico il Piano di Divisione e il Mahatma tentò con ogni mezzo di evitare "la vivisezione dell’India". Presentì l’avvicinarsi di una tragedia ma, purtroppo, ogni suo tentativo di evitarla fallì e il 15 agosto i ministri Nehru e Jinnah firmarono l’accordo in presenza del lord. Gandhi non partecipò ai festeggiamenti e passò la giornata a Calcutta per dimostrare che la sua opposizione alla creazione del Pakistan non era di natura religiosa. Alla tanto sospirata indipendenza seguirono violenti scontri e terribili massacri delle rispettive minoranze. Circa otto milioni di induisti e musulmani, residenti nelle zone di confine tra India e Pakistan, fuggirono dalle loro abitazioni. Persero la vita centinaia di migliaia di persone mentre alla fine del 1947 i profughi erano circa seimilionisettecentocinquantamila. Gandhi iniziò un lungo digiuno e minacciando di lasciarsi morire di fame riuscì a fermare gli scontri a Calcutta. Fece lo stesso anche a Delhi e fino a che Gandhi non si fu ripreso cessò la guerriglia. Per il timore che l’uomo potesse con il suo carisma riprendere nelle mani la situazione catastrofica del paese, il 30 gennaio del 1948 (lo stesso giorno in cui aveva deciso di andare in Pakistan), mentre si recava in preghiera, un fanatico militante in un’organizzazione indù estremista, Nathuram Godse, lo assassinò a colpi di pistola. Gandhi fece ancora tre passi, poi si accasciò a terra e prima di morire mormorò: "Oh, Dio". Dal momento in cui lo spirito del Mahatma lasciò il corpo l’India si caricò di karma e, ancora una volta, la storia fu testimone della vittoria dell’Anticristo. Il mondo occidentale vinse la battaglia contro un uomo che avrebbe potuto cambiare il destino dell’intera umanità, un profeta tradito dal suo stesso popolo. Nonostante i ripetuti colloqui con Gandhi, Muhammad Ali Jinnah, il leader della Lega musulmana e futuro Primo Ministro del Pakistan, decise infatti di accettare l’accordo con i servizi segreti inglesi e americani che minacciarono di concedere l’indipendenza solo nel caso fosse avvenuta la divisione. Iniziò così una nuova vita politica per i due paesi. Javaharlal Nehru, il Primo Ministro indiano, in politica estera fu un convinto neutralista. Non accettò di allinearsi con nessuna delle due superpotenze (USA e URSS), nonostante entrambe mirassero a condizionare lo sviluppo sociale ed economico del suo paese. Nehru realizzò importanti riforme ma si trovò ben presto a confrontarsi con il grave problema del sottosviluppo e con il pauroso incremento della popolazione. A rendere ancora più tragica la situazione c’erano le continue tensioni con i musulmani del Pakistan che nel 1948, nel 1965 e nel 1971 sfociarono in vere e proprie guerre. Tra gli anni ‘60 e ‘70 iniziò per entrambi gli stati la corsa agli armamenti nucleari e nel 1974 l’India fece esplodere un ordigno atomico. Stando a quanto previsto dagli emendamenti di Symington e di Glenn, che stabilivano rispettivamente l’immediata cessazione dell’assistenza economica a tutti i paesi che importavano tecnologia relativa al processo di arricchimento dell’uranio e per chiunque importasse reprocessing technology, nel 1979 furono sospesi i sovvenzionamenti al Pakistan. Gli Stati Uniti ricominciarono però ad appoggiare lo stato musulmano già nel 1981, in cambio di un suo intervento armato in Afghanistan per fermare l’avanzata sovietica. Come tutti sanno, infatti, il contingente russo dovette ritirarsi di fronte all’indomabile guerriglia condotta dall’Allenza islamica sostenuta dagli Stati Uniti d’America, e quindi dalla Cia. Da quel momento Pakistan e Stati Uniti rimasero alleate e ancora oggi lo sono.

Ma, vista la grave crisi economica nella quale versavano India e Pakistan, come riuscirono entrambi i paesi a diventare potenze nucleari?

"Il 5 luglio 1991 scattò in Europa il più grosso blitz contro un istituto di credito, la Banca di credito e commercio internazionale. Vennero chiusi sportelli in numerosi paesi. Lo scandalo era iniziato negli Stati Uniti nel 1989, quando la filiale di Miami si era dichiarata colpevole di aver riciclato denaro sporco proveniente dal traffico di droga. Un tribunale di Tampa (Florida) aveva condannato sette dirigenti dell’istituto per traffico di stupefacenti e aveva indicato nella Bcci la banca personale di Manuel Antonio Noriega. Successivamente, dopo vari tentativi di tenere il caso sotto controllo, cominciarono a emergere implicazioni di servizi segreti - in particolare della Cia -, traffici di armi e di componenti per bombe atomiche per conto di Pakistan, Irak e Argentina. La banca era nata con l’uomo d’affari pachistano Agha Assan Abedi, protetto dall’allora dittatore del Pakistan Zia ul-Haq".

L’Istituto bancario, secondo quanto emerso dalle indagini condotte da giudici americani ed europei, era implicato in riciclaggio di denaro proveniente dal traffico di armi e droga e in connivenze con alcuni dei più temibili terroristi del mondo. Ex- agenti segreti ed ex- terroristi gestivano i contatti con operatori occidentali, in particolar modo con gli Stati Uniti. La Bcci acquistò in seguito quattro banche, la più grande delle quali era la Financial General che prese poi il nome di First American. Zia permise agli associati l’acquisto di buona parte dei pozzi petroliferi pachistani e il 4 ottobre del 1978, nacque a Roma la Italfinanze "che mise insieme intorno a interessi petroliferi operatori pachistani e italiani". Quando sorse il problema dell’Afghanistan la Bcci fu utilizzata come strumento di collegamento tra i servizi segreti. La banca Pakistana "risultò organizzata in cinque ‘grandi bracci’: il primo (la cosiddetta Bcci-E), fondato principalmente per difendere il denaro degli sceicchi del Golfo Persico e impiegato come strumento finanziario per il trasferimento dei fondi scremati; il secondo (la cosiddetta Bcci-H), rappresentato da una miriade di compagnie di investimento nelle Antille olandesi e nei Paesi Bassi, utilizzate come mezzo di penetrazione nel sistema bancario statunitense; il terzo (la cosiddetta Bcci-P, Patrimoni), rappresentato dalla holding principale creata in Lussemburgo (e con compagnie e filiali a New York, Londra e altri centri finanziari europei e del Terzo Mondo), utilizzata come immagine esterna della Banca e come sbocco primario per la diffusione e l’investimento del denaro già riciclato; il quarto (la cosiddetta Bcci-O), operante nelle isole Cayman, costituito da una moltitudine di istituti bancari sparsi soprattutto nel Terzo mondo e in Florida, e specializzati nel trattare denaro ‘sporco’ e in altre operazioni finanziarie ‘particolari’, attento ai rapporti con i servizi di informazione stranieri, inclusa la stessa Cia. Il quinto braccio (la Bcci-P), ovvero la ‘rete nera’ (the Black Network), rappresentava il punto centrale, il cuore del progetto di costruzione dell’impero di Abedi: costituiva il centro di coordinamento con i terroristi, con le compagnie e con i servizi specializzati (come l’impero delle spedizioni dei Gokal, delle industrie belliche cinesi, ecc.), con le compagnie in comproprietà con altri paesi come l’Iran, la Libia, ecc., con fornitori e acquirenti di armi e apparati tecnologici, con fornitori di droga, alcool, con chi controllava la prostituzione. Il tutto allo scopo di favorire i clienti soggetti a eventuali tentativi di estorsione". Quando furono scoperti i suoi traffici, la Bcci era al settimo posto tra le maggiori banche private del mondo. "Nell’agosto 1989, l’Fbi fece un’incursione nella filiale di Atlanta della Bnl italiana e scoprì che la filiale aveva illegalmente prestato miliardi di dollari all’Irak. In seguito si scoprirono i rapporti che erano intercorsi tra la Bnl e la Bcci… L’11 luglio un generale pachistano, Inam ul-Haq, venne arrestato in Germania dopo aver riconosciuto di essersi adoperato per procurare tramite la Bcci materiali per il programma nucleare del suo paese". L’intento di Abedi era quello di armare i paesi del Terzo mondo e per questo motivo la Cia fece in modo che crollasse la Bcci. Operando in tal modo, non incrinò i rapporti con l’Islam ma arginò il pericolo di una corsa agli armamenti nucleari in Medio Oriente. La scelta, da parte degli Usa, di evitare di compromettersi è infatti parte di un preciso programma di diplomazia politica volto a tutelare gli interessi commerciali con i popoli mediorientali. Ricordiamo infatti che gli USA attuano tale politica di appoggio verso i paesi islamici se questa però non compromette gli interessi dei suoi alleati in Medio Oriente e quindi in Israele. Così facendo l’America è apparentemente amica dell’Islam ma sorella di Israele.

Non si riuscì comunque a fermare la costruzione della bomba atomica in Pakistan, per la quale lo stato pachistano aveva ricevuto sovvenzionamenti anche dal noto terrorista islamico Ben Laden. Tale personaggio è oggi accusato degli attentati compiuti contro le ambasciate americane in Africa nel giugno del 1998, durante i quali persero la vita 224 persone.

L’India intanto, per concretizzare il sogno nucleare, si "prostituiva" con tutte le potenze, sia orientali che occidentali appoggiando o contrastando questo o quell’altro stato a seconda del valore della posta in gioco. E’ sempre rimasta quindi relativamente indipendente ereditando, ma in senso negativo, il messaggio di Gandhi. Ciò significa che invece di svolgere il ruolo di madre spirituale della terra, potrebbe oggi condurre l’umanità all’assopimento totale della coscienza spirituale, e quindi alla totale distruzione dei valori morali.

A questo ha portato il tradimento di Gandhi, il tradimento di un uomo che come Gesù- Cristo ha lottato, fino all’estremo sacrificio, nel tentativo di restituire all’uomo la libertà dai valori materiali che attanagliano e schiavizzano lo spirito. Lo stesso Gesù, duemila anni fa, si incarnò nel popolo di Israele per liberarlo dall’oppressione romana e in seguito dalle catene della materia, ma non fu compreso e venne martirizzato. Ovviamente, così come Gesù, Gandhi ha redento in India quella qualità spirituale che oggi e domani sarà erede del Nuovo Mondo. 

PAKISTAN: CENNI STORICI

Già parte integrante dell’Impero britannico delle Indie, il paese divenne indipendente nel 1947 quando l’impero fu smembrato in due dominion: Pakistan musulmano e Unione Indiana a maggioranza induista. Tale separazione fu accompagnata da conflitti religiosi e forti esodi di popolazione da una regione all’altra e da contrasti tra i due stati (uno dei più gravi attriti fu quello per il Kashmir, che dal 1949 è diviso tra Pakistan e India). Il nuovo stato che, abolendo lo statuto di dominion, si proclamò repubblica nel 1956, nel 1958 cadde in mano ai militari che, abrogata la costituzione, dichiararono la legge marziale. Originariamente composto di due parti, orientale e occidentale, separate da una larga estensione di territorio indiano, dopo la secessione della regione orientale (oggi Bangladesh) avvenuta nel 1971 al termine di una sanguinosa guerra civile, il territorio pakistano si limita alle sole regioni occidentali. Nello stesso anno si apriva una breve parentesi di governo civile: saliva alla presidenza Z. Ali Butto leader del Partito del popolo pakistano e varava nel 1973 una nuova costituzione. Già nel 1977 un nuovo colpo di stato riportava il paese sotto le forze armate guidate dal generale M. Zia che, restaurata la legge marziale, nel 1979 diveniva presidente. Dopo nuovi radicali emendamenti alla costituzione (1981), nel 1984 un referendum popolare riconfermava alla presidenza il generale Zia, che da un lato incoraggiava un orientamento integralista nella società e nello stato, dall’altro favoriva una relativa liberalizzazione politica e una controllata democratizzazione (sanzionata negli emendamenti costituzionali del 1985), legalizzando i partiti politici e abrogando la legge marziale. Nel 1988, nel tentativo di ristabilire il controllo su una situazione interna resa esplosiva dalla crescente opposizione, da manifestazioni terroristiche ormai endemiche e dalla presenza di più di tre milioni di profughi afghani, il presidente Zia scioglieva il parlamento, ma periva nello stesso anno in un incidente aereo. Ufficialmente non allineato in politica estera, il Pakistan mantiene tuttavia stretti legami con gli USA, da cui riceve aiuti finanziari, e ha sostenuto la guerriglia afghana contro il governo di Kabul e l’occupazione sovietica.

 

ASSETTO ISTITUZIONALE

In base alla costituzione provvisoria del 1973 emendata nell’81 e nell’85, il Pakistan è una repubblica islamica in cui il potere legislativo è affidato a un parlamento bicamerale di 207 membri eletti a suffragio universale per cinque anni. Il potere esecutivo è esercitato dal presidente (che deve essere musulmano) il quale nomina il primo ministro come capo del governo.

INDIA: CENNI STORICI 

Orientali prese il dominio del subcontinente indiano storicamente suddiviso in una moltitudine di principati, stati, regni, città autonome e oggetto di diverse penetrazioni coloniali. Soppressa la Compagnia nel 1858, i suoi beni furono incamerati dalla corona britannica, e il governatore generale assunse il titolo di viceré. Il governo della Gran Bretagna, unico ed efficiente, accolse tra i suoi membri molti indiani, gli stessi che poco tempo dopo formarono un movimento nazionalista che trovò i suoi più autorevoli esponenti in Gandhi e Nehru. Nel 1947, grazie alla rivoluzione pacifica di Gandhi, l’India conquistò l’indipendenza ma fu suddivisa in Pakistan musulmano e Unione Indiana, a maggioranza indù. Il destino di alcuni principati, quello del Kashmir per esempio, rimase incerto e fu presto causa di conflitti interni. A questi avvenimenti si accompagnarono sanguinose guerre di religione e manifestazioni di intolleranza, in una delle quali perse la vita lo stesso Gandhi, nel 1948. Dal 1947 al 1964 il Primo Ministro dell’Unione Indiana fu Javaharlal Nehru che, sostenuto dal partito del Congresso, realizzò importanti riforme tra le quali l’eliminazione delle caste, l’abolizione delle discriminazioni della donna in materia di proprietà, l’approvazione di piani di sviluppo quinquennali, la divisione dell’economia in un settore pubblico e uno privato. Si preoccupò inoltre di potenziare l’agricoltura e si dimostrò contrario all’allineamento con gli Stati Uniti o con l’Unione Sovietica. Mentre già nel paese si sviluppavano forze ostili alle scelte di Nehru, i problemi con il Pakistan e la sconfitta nel conflitto con la Cina acutizzarono le divergenze all’interno del Partito del Congresso. La crisi scoppiò sotto il governo di Indira Gandhi, la figlia di Nehru, divenuta Primo Ministro nel 1966. Nacquero così due fazioni: il Congresso-O (Opposizione) e il Congresso-I (Indira). Il Congresso-I rimase al governo e tra la fine degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta nazionalizzò le maggiori banche, si aprì verso l’Unione Sovietica e intensificò il programma di ammodernamento economico dell’agricoltura. Nel 1971 nacque il Bangladesh e solo due anni dopo l’India risentì di una forte crisi economica internazionale ed esplosero una serie di scioperi. Mentre i numerosi partiti di opposizione si coalizzavano in un fronte unico (partito Janata), Indira Gandhi venne accusata di brogli elettorali. Il Primo Ministro fece arrestare gli esponenti dell’opposizione.

Poco dopo, il governo si impegnò in una riduzione forzata del tasso di natalità e si giunse ben presto ad un collasso politico. Il Partito del Congresso venne sostituito con il PartitoJanata e Indira Gandhi, accusata di corruzione e violazione della costituzione, fu messa agli arresti per breve tempo. Ritornò sulla scena politica nel 1980 vista l’incapacità del nuovo governo di fronteggiare la situazione, e nel 1984 venne assassinata da un sikh. Fu quindi eletto a Primo Ministro il figlio Rajiv Gandhi che tentò di allentare la politica centralista e autoritaria della madre. Ancora oggi i contrasti politico-religiosi mantengono vive le tensioni del paese. Per quanto riguarda la politica estera l’India ha proseguito l’indirizzo del non allineamento anche in anni recenti.

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