TERZO MILLENNIO Verso l'Antropocrazia

Dossier Guerra India - Pakistan: la storia

Di Monica Centofante

 

 

La storia del conflitto tra India e Pakistan, se per molti può sembrare una novità, in realtà è antica quanto le due stesse nazioni. Si tratta di una delle tante guerre dimenticate alla quale, da tempo, il mondo politico internazionale non presta particolare attenzione se non in situazioni di estrema gravità. L’anno scorso, e questo tutti lo sappiamo, l’India iniziò con il Pakistan un pericoloso braccio di ferro al nucleare nel corso del quale furono effettuati cinque test atomici indiani e sei pakistani. La causa di tale stato di semibelligeranza ha profonde origini storiche. Quando, al termine del secondo conflitto mondiale, la regione indiana si avviò all’indipendenza le province a maggioranza musulmana chiesero la separazione dall’India. Al termine del processo coloniale britannico si formò quindi la nazione del Pakistan mentre gli indù rimasero fedeli alla confederazione indiana. Nel 1947 violenti scontri tra i due gruppi religiosi costrinsero 10 milioni di induisti a fuggire dal Pakistan e 7 milioni e mezzo di musulmani dall’India. Sorse in seguito il problema del Kashmir, una contrada di alta montagna, uno di quei principati che avevano giurato lealtà alla Gran Bretagna, conservando comunque la propria sovranità. Tali principati furono esclusi dai negoziati e i loro confini mai definiti esattamente. Malgrado la religione fosse a maggioranza islamica al governo del Kashmir vi era un nobile indù. Questi decise l’annessione all’India quando era ormai troppo tardi e le due nazioni si stavano già avviando verso il primo conflitto. Il Pakistan, infatti, riteneva che spettasse al popolo e non al principe decidere del proprio destino. In seguito ad un accordo di pace stipulato grazie alla mediazione delle Nazioni Unite la zona del Kashmir fu suddivisa in due grandi regioni: il Kashmir pakistano e il Kashmir indiano. La divisione non si estese oltre il ghiacciaio Siachen. Da allora, ognuna delle due nazioni denuncia l’altra di occupare illegalmente la parte restante dello stato.

Nel 1948 l’India creò la Commissione per l’Energia atomica e nel ‘56 concordò con il Canada e gli Stati Uniti, che le forniranno in seguito l’acqua pesante, la creazione di un reattore per la ricerca nucleare. La seconda guerra indo-pakistana scoppiò nel 1965 e la terza nel 1971, alla nascita del Bangladesh. Il programma nucleare iniziò ad essere sviluppato in Pakistan nel 1972, nella più assoluta segretezza, mentre solo due anni più tardi l’esplosione di un ordigno nucleare sperimentale segnò la definitiva entrata dell’India nell’era atomica. Negli anni successivi, questa acquistò dall’Unione Sovietica l’acqua pesante mentre Germania e Gran Bretagna le fornirono le apparecchiature necessarie agli impianti nucleari. Nel frattempo l’allora premier del Pakistan, Ali Bhutto dichiarò al mondo: "Mangeremo erba ma avremo la nostra bomba atomica, esattamente come ce l’ha l’India".

La situazione, in seguito ai test nucleari dello scorso anno, non si presentò così apocalittica ma sicuramente allarmante. I festeggiamenti nazionalistici protrattisi per giorni dopo i test nucleari lasciarono il posto ai timori per le conseguenze sulla vita quotidiana. "Soltanto predisponendoci al sacrificio", esortò il premier Sharif, "riusciremo a superare la crisi che ci aspetta. La grandezza e la sicurezza della patria vengono prima delle nostre difficoltà".

In seguito allo scoppio delle bombe nucleari si sono verificati e si verificano quotidiani bombardamenti lungo la frontiera che divide in due il conteso territorio del Kashmir e ancora oggi entrambe le parti sostengono di sparare solo per rappresaglia aggiungendo tasselli ad un infinito mosaico di orrori. I civili morti in seguito agli scontri sono centinaia ogni anno mentre i colloqui di pace non sembrano voler portare ad un reale compromesso. Molti degli stessi abitanti di entrambe le potenze nucleari sostengono ideologicamente il conflitto e si dichiarano pronti a combattere per difendere la propria nazionalità e la propria fede. La religione islamica sostiene addirittura che chi muore durante la guerra santa sarà ricompensato da Allah ed è per questo che nessun soldato preferisce rimanere in vita ma piuttosto morire in nome del proprio Dio.

A complicare ulteriormente la già difficile situazione politica vi è poi l’aria di tensione che si respira nello stesso Kashmir, dove si è formato un movimento separatista suddiviso in una corrente favorevole al ricongiungimento con il Pakistan e in una corrente indipendentista. Una decina di anni fa i musulmani ostili che vivevano qui, sotto il governo indiano, diedero inizio ad una lotta armata contro i loro governanti. Da allora sono centinaia di migliaia i soldati indiani coinvolti in scontri contro i guerriglieri del Kashmir che chiedono l’indipendenza o l’annessione al Pakistan e la dura repressione attuata dalle autorità dell’India non ha ridotto l’attività armata dei ribelli. Le truppe indiane sono convinte che i pakistani forniscano le armi ai guerriglieri locali alimentando il conflitto tra le due potenze nucleari. Stando al loro parere il Pakistan metterebbe a disposizione campi di addestramento per la loro rivolta. Nel corso di un’intervista concessa alla CNN un guerrigliero pakistano, che per ovvi motivi non ha rivelato la sua identità, si è così espresso: "Abbiamo iniziato la lotta armata dopo che i nostri diritti essenziali ci sono stati sottratti. Quando furono formate l’India e il Pakistan era stato deciso che alle zone a maggioranza musulmana sarebbe stato chiesto a quale paese volessero aderire. Dopo 50 anni agli abitanti del Kashmir non è ancora stato chiesto se vogliono far parte dell’India o del Pakistan. O essere indipendenti. Non si può credere alle atrocità che ci sono state inflitte. Mia moglie e altri sette membri della mia famiglia sono stati uccisi nel tentativo di farmi arrendere. Grazie a Dio l’India lascerà il Kashmir molto presto e noi saremo vittoriosi".

Stando a quanto sin qui riportato non è azzardato affermare che la situazione in questi paesi è decisamente allarmante. Il fanatismo religioso che caratterizza le parti del conflitto alimenta l’odio per i vicini e vede nella guerra l’occasione giusta per guadagnarsi un posto nel tanto sospirato paradiso promesso. E tutto ciò accade tra il quasi totale silenzio dell’informazione. Il 26 maggio l’emittente britannica "Bbc" rese noto il comunicato del generale indiano J.J.Singh: "Oltre 680 militanti afghani, quasi tutti appoggiati dal Pakistan, si sono nascosti nelle montagne sul versante indiano della linea militare di controllo, e altri 400 stanno aspettando di entrare nei distretti di Kargil, Dras e Batalik". La notizia non ebbe alcuna risonanza nei media di tutto il mondo e nello stesso palazzo dell’ONU finché non iniziarono i raid aerei e le minacce di una guerra atomica. Il recente incontro tra il primo ministro del Pakistan Nawaz Sharif e quello dell’India Atal Behari Vajpayee non ha portato ad accordi di pace mentre prende sempre più corpo la possibilità di un conflitto nucleare. Pochi giorni fa il ministro per gli affari religiosi del governo pakistano, Zafarul Haq ha detto che il Pakistan è pronto ad usare la bomba contro l’India "se la sua sicurezza sarà minacciata… le armi atomiche non sono fatte per essere tenute nei magazzini se la sicurezza della madrepatria è in pericolo". Tale minaccia era stata precedentemente formulata dal ministro per l’informazione pakistano Zushaid Hussein nel corso di un’intervista rilasciata all’emittente "Bbc". Benazhir Bhutto, ex-premier e capo dell’opposizione pakistana si dimostra profondamente preoccupata e teme che il conflitto possa degenerare in una guerra nucleare. Solo ora la diplomazia internazionale si sta adoperando per cercare una soluzione al difficile problema India-Pakistan-Kashmir e sembra che il 6 giugno il premier pakistano Nawaz Sharif abbia accettato la proposta di Clinton di ritirare le truppe dalla parte indiana del Kashmir. Gli integralisti islamici non hanno visto di buon occhio la decisione di Sharif e si dichiarano ora pronti a combattere contro la stessa Islamabad per punire la "debolezza" del Primo Ministro. L’India intanto avverte che non cesserà gli attacchi prima del ritiro dei guerriglieri pakistani e il pericolo di un conflitto nucleare è sempre in agguato.

Ma perché prima di intervenire nella crisi indo - pakistana si è aspettato tanto tempo? E se ormai fosse troppo tardi?

 

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