Gli anni della
violenza
Il 1969 è un anno di
grandi e di gravi avvenimenti. L'uomo va sulla Luna e a Milano
esplode una bomba alla Banca nazionale dell'agricoltura di piazza
Fontana. Dopo aver seguito l'esaltante viaggio di Armstrong e dei suoi
due compagni, gli italiani si ritrovano a piangere i sedici che sono
stati fatti a pezzi dal criminale attentato. E' il 12 dicembre, non
manca molto a Natale, cinque milioni di lavoratori sono in agitazione
per il rinnovo di cinquanta contratti di lavoro. La strage, per
la sua mostruosità, blocca per un attimo il paese. Ci si dimentica delle
feste e della busta-paga per chiedersi angosciosamente: chi sarà stato?
La «strategia della tensione>> colpisce ancora quando, pochi giorni più
tardi, un mite anarchico di nome Giuseppe Pinelli vola da una finestra
della questura. Pietro Valpreda, un altro arrestato del suo gruppo,
viene indicato come il <<mostro>> che ha compiuto la strage: dovrà alla
fine essere liberato, ma dopo tre anni (e dopo il varo di una Legge
speciale che porterà il suo nome).
Sull'Italia viene a
gravare una cappa di ambiguità e di incertezza. Un mese prima, sempre a
Milano, un agente di polizia, Antonio Annarumma, era stato ucciso
durante violenti scontri con manifestanti dell'extrasinistra. I suoi
funerali erano stati strumentalizzati, fino a diventare un aperto
convegno dell'estremismo neofascista. Anche quello che sembra un torbido
episodio di cronaca nera — la sparizione e la morte a Viareggio di un
ragazzo di dodici anni, Ermanno Lavorini — svela alla fine risvolti
inquietanti. L'episodio avviene il 31 gennaio 1970, diventa un caso
nazionale quando il padre dello scomparso rivolge dalla televisione un
patetico appello ai rapitori, che dopo avergli chiesto quindici milioni
non si erano fatti più vivi. La verità sarà conosciuta soltanto anni
dopo, quando diventerà definitiva la sentenza: il <<caso Lavorini>> era
stato soltanto un tentativo per finanziare un <<fronte monarchico>> di
Viareggio. Più tardi il ministro degli interni Restivo comunicherà alla
camera che il 7 dicembre c'è stato un tentativo di colpo di stato. Vi è
implicato anche il principe Valerio Borghese, che durante la repubblica
di Salò aveva comandato i reparti speciali della <<Decima>>.
Un tentativo
maldestro, bisogna dire. In ogni modo, il clima è questo. Reggio
Calabria è scossa da violente agitazioni. Il pretesto è l'assegnazione a
Catanzaro della qualifica di capoluogo di regione (il 7 giugno 1970
finalmente avevano avuto luogo le elezioni previste dall'ordinamento
regionale). Non si tratta di una questione di prestigio, ma di stipendi.
Per mesi la città rimarrà sconvolta da una guerriglia su cui soffiano le
forze di destra. Quattromila agenti dovranno stazionare in permanenza
per controllare la situazione. Quando i sindacati cercheranno di
ristabilire l'iniziativa, indicendo un raduno popolare, i treni che
attraversano la penisola per trasportare i lavoratori mobilitati saranno
fatti segno ad attentati. Il clima è questo. Non fa meraviglia che nel
1971 vengano arrestati nel Veneto il procuratore legale Franco Freda e
l'editore Giovanni Ventura: nè che gli stessi, tre anni più tardi,
vengano incriminati per la strage di piazza Fontana. Freda e Ventura,
infatti, guidavano l'estremismo più oltranzista del neofascismo. Venerdi
24 dicembre 1971 Giovanni Leone diventa il sesto presidente della
repubblica. L'elezione avviene solo al ventitreesimo scrutinio, quando
Leone riesce a raggiungere i 518 voti (quattordici più del necessario).
Pietro Nenni raccoglie 408 suffragi ma non è lui lo sconfitto: le prime
votazioni, infatti, avevano delineato uno scontro Fanfani-De Martino.
L'elezione del
presidente destinato a non terminare il suo settennato al Quirinale cade
in un periodo di estrema confusione politica. I governi si succedono ai
governi senza riuscire a dare un fermo orientamento al paese. La vita
nazionale è immiserita da scandali vergognosi (i <<fondi neri>> ai
partiti, che indurranno a varare una legge di finanziamento statale; le
miti sentenze al termine di un ventennale processo per peculato e
corruzione nell'ambito dell'Ingig; più tardi le «bustarelle» elargite
dalla Lockheed ad altissimi personaggi). Dopo un breve monocolore, Rumor
regge per quattro mesi un effimero governo di centrosinistra, passando
quindi la mano a Emilio Colombo, che resterà in carica per 527 giorni.
Andreotti forma il suo primo governo monocolore <<per i problemi
urgenti>>, dopo it quale — negatagli la fiducia nel febbraio '72 — si
arriva alle elezioni anticipate del 7 maggio, in cui la Dc raccoglie il
38,8 per cento dei voti, il Pci il 27,2, il Psi il 9,6.
Si apre una nuova
legislatura, che vedrà avvicendarsi cinque governi, uno Andreotti, due
Rumor e due Moro: l'ultimo è un monocolore destinato a dimettersi dopo
le elezioni del 20 giugno 1976. Da una secessione del Pci,
avvenuta nel 1969, si forma la corrente politica del Manifesto, che
prende nome da un foglio diventato quotidiano nel 1971. Si sta
manifestando un movimento extraparlamentare di sinistra, che nelle sue
diverse componenti — Lotta continua, Avanguardia operaia, Potere
operaio, eccetera — caratterizza vivacemente la lotta politica.
Arroccato per lo più nel mondo della scuola, il movimento dispone di
forze vigorose ed entusiaste che sopperiscono con l'attivismo alla
carenza di un'ideologia originale. L'impegno della battaglia politica
non fa notare, inizialmente, l'ambiguo passaggio di piccoli gruppi a un
altro tipo di attività. Nel gennaio 1971 tre autocarri erano dati alle
fiamme sulla pista di Lainate, a Milano. Si trattava di un primo
attentato firmato dalle Brigate rosse. Il 23 marzo 1973 si tiene a
Bologna il primo convegno degli <<Organismi autonomi>>. Il ricorso alla
violenza si andava organizzando. L'anno successivo a Napoli prendevano
consistenza i Nuclei armati proletari: un'altra organizzazione
clandestina scendeva in campo. II 15 marzo 1972 il corpo di un uomo
senza vita è trovato sotto un traliccio dell'alta tensione a Segrate,
presso Milano. Inizialmente non riconosciuto, viene più tardi
identificato come l'editore Giangiacomo Feltrinelli.
La sua morte era
ufficialmente attribuita al prematuro scoppio d'una carica esplosiva che
stava applicando al traliccio, ma erano avanzati anche dubbi di un
assassinio. La violenza è all'ordine del giorno non soltanto negli
scontri di piazza. Sempre a Milano, il 17 maggio viene ucciso da un
killer il commissario Luigi Calabresi, capo dell'ufficio politico della
questura. Un anno dopo, in occasione della cerimonia per lo scoprimento
d'un suo busto, un attentatore lancia una bomba tra la folla: ci sono
tre morti e una cinquantina di feriti. Nonostante questo terribile
ruolino di sangue, gli italiani hanno modo di inorridire ancora nel 1974
(è l'anno del referendum per il divorzio) quando il 28 maggio
scoppia una bomba in piazza della Loggia a Brescia durante una
manifestazione antifascista (otto vittime) e quando il 4 agosto un
vagone del treno Italicus è sventrato da un'esplosione dolosa (dodici
morti). E' la <<strategia della tensione>> che, incominciata con la
strage di piazza Fontana cinque anni prima, prosegue spietatamente. Il
terrorismo non è però una prerogativa italiana anche quando può
svolgersi in casa nostra.
Dopo che nel 1972
alle Olimpiadi di Monaco c'era stato il sequestro degli atleti
israeliani da parte d'un commando palestinese (17 morti all'epilogo), il
17 dicembre 1973 ancora un gruppo di fedain si scatena all'aeroporto di
Fiumicino contro un aereo della Pan Am: i passeggeri, una trentina,
bruciano nel rogo dell'apparecchio. Sono in Asia i punti nevralgici del
mondo. Con Nixon, che nelle elezioni presidenziali del '72 aveva
ottenuto una trionfale nomina, gli Stati Uniti mettono fine alla guerra
nel Vietnam. I lunghi negoziati, qua e là interrotti da violente riprese
delle ostilità, alla fine arrivano in porto. Gli americani abbandonano
un paese che, dal 1961 al 1972, ha conosciuto tutti gli orrori della
guerra. Cinquantamila americani e alleati, centocinquantamila
sudvietnamiti, ottocentomila nordvietnamiti e guerriglieri: questi i
morti del terribile conflitto. Vietnam aveva rappresentato una spina nel
cuore per tutto il mondo civile. La pace finalmente raggiunta era una
vittoria contro l'imperialismo.
Gli italiani che
avevano sofferto quel dramma lontano tirano adesso un sospiro di
sollievo. Nixon non finisce di procurare sorprese. Nel febbraio 1972 lo
troviamo così inopinatamente a Pechino, a stringere la mano a Mao (e a
rendere preoccupati i dirigenti del Cremlino). Poi scoppia il «caso
Watergate», un episodio di spionaggio preelettorale che coinvolge anche
il presidente degli Stati Uniti: al punto che il 6 agosto 1974 Nixon,
minacciato di deferimento alla giustizia, dà le dimissioni (gli succede
Gerald Ford, che verrà battuto da Carter nelle successive elezioni ).
Questi importanti avvenimenti mondiali non distolgono gli italiani dal
seguire con trepidazione le cronache di casa loro. Il 12 novembre 1974
entrano in funzione i cosiddetti <<decreti delegati>> che chiamano
genitori, studenti, sindacalisti e amministratori comunali a collaborare
con presidi e insegnanti per quella che si vorrebbe una nuova scuola.
Nel giugno del '75 i diciottenni partecipano per la prima volta alle
elezioni (sono le regionali: avanzano Pci e Psi, regredisce la Dc). Tre
milioni di voti <<freschi>> si inseriscono nel connettivo democratico
del paese.
Scuola e occupazione
tengono in fermento le nuove generazioni affrancate dal bisogno. Si
infittiscono le manifestazioni giovanili che esplodono periodicamente
nelle maggiori città. Sono un fenomeno appariscente ma circoscritto (e
comunque non preoccupante, anche quando il malessere e la contestazione
esplodono in episodi esasperati: occupazioni, vandalismi, «spese
proletarie» eccetera). Preoccupanti, invece, sono altri fenomeni. In
Italia, in questi ultimi anni, la droga non è più di passaggio dai
mercati dell'Oriente ai mercati americani ma si sta diffondendo
capillarmente, sino a diventare una piaga allarmante. La criminalità è
in aumento, soprattutto in aumento sono i sequestri di persona. Partita
in sordina negli anni sessanta — sembrava inizialmente una triste
prerogativa della Sardegna — questa forma di delinquenza esplodeva con
gli anni settanta. I nomi di Paul Getty, il nipote del miliardario,
liberato per due miliardi dopo che gli era stato tagliato un orecchio;
di Rossi di Montelera (tre miliardi), del piccolo Daniele Alemagna (tre
miliardi); di Cristina Mazzotti, l'infelice ragazza uccisa dopo che era
già stato pagato più di un miliardo; di Vittorio Gancia, liberato dopo
un conflitto in cui era uccisa Mara Cagol e Renato Curcio fuggiva,
emergono dalle cronache ormai quotidiane.
Sapremo più tardi che
non pochi di questi sequestri sono state azioni di «autofinanziamento»
da parte dei gruppi eversivi. Le Brigate rosse firmano a Genova
l'assassinio del procuratore capo della repubblica Francesco Coco;
estremisti di destra fulminano poco dopo a Roma un altro alto
magistrato, il sostituto procuratore Vittorio Occorsio. Siamo ormai nel
1976, le elezioni anticipate cadono tra i due crimini. La repubblica, a
trent'anni dalla sua fondazione, si trova in una via senza uscita:
recessione, disordini, criminalità, scandali, disastri ecologici (Seveso
è sotto l'incubo della diossina) minano la vita della nazione. E' in
questo periodo che entrano nei discorsi della gente i termini
«compromesso storico» ed «eurocomunismo». Il primo, politicamente
giustificato dal «golpe» di cui era rimasto vittima nel Cile il governo
di Salvador Allende (11 settembre 1973), era stato definito dal
segretario comunista Berlinguer, nel congresso del marzo '75, come
«l'unica adeguata prospettiva per arrivare alla trasformazione
democratica del paese».
L'altro era stato
ripreso dallo stesso Berlinguer in un discorso tenuto nel '76 alla Porte
Pantin di Parigi. In entrambi era chiaramente espressa la volontà dei
comunisti di accedere a responsabilità di governo a fianco delle forze
anche cattoliche, II 20 giugno 1976 gli italiani andavano alle urne, Una
maggioranza di voti era polarizzata dalla Dc e dal Pci che registrava un
eccezionale balzo in avanti. Si apriva la strada per un governo <<della
non sfiducia>>. Lo formerà. Giulio Andreotti.