Gli anni del
consumismo
II 7 agosto
1964 il presidente della repubblica Antonio Segni era colpito da
collasso cardiocircolatorio mentre era seduto alla sua scrivania in
Quirinale. Non si sarebbe più ripreso. Le funzioni vicarie erano assunte
dal presidente del senato Cesare Merzagora, fintanto che non si
provvedeva a una nuova elezione, che avveniva il 28 dicembre successivo
con la designazione di Giuseppe Saragat. Il dramma che aveva colpito la
massima autoritá dello stato cadeva in un momento di grave
preoccupazione per le sorti della repubblica. Il 2 giugno 1964, nelle
consuete celebrazioni per il diciottesimo anniversario del suo avvento,
era sfilata per la prima volta anche una brigata meccanizzata dei
carabinieri. Qualcuno aveva visto in questa innovazione un monito,
qualcuno una minaccia. Le voci di un tentativo di svolta autoritaria
circolavano con insistenza anche se niente, in realtà, poteva in qualche
maniera avvalorarle: dopo le elezioni dell' aprile del 1963, Aldo Moro
stava conducendo l'esperimento del primo governo di centrosinistra,
con Taviani agli interni, Andreotti alla difesa e, agli esteri,
dapprima Saragat e poi Fanfani, quando il primo verrà eletto presidente
della repubblica. Maggiori preoccupazioni dava invece la situazione
economica. Dopo gli anni dell' esplosivo «decollo», adesso — proprio in
questo 1964 — si era manifestata una congiuntura negativa, che aveva
bruscamente riportato il numero dei disoccupati — un indice estremamente
significativo della salute di una economia — da 312 mila a 470 mila. Ci
troviamo di fronte a un nuovo corso della nostra vicenda nazionale.
La fase precedente
l'abbiamo vista incominciare proprio agli inizi degli anni sessanta. Le
cifre della disoccupazione servono ancora a dimostrare il fenomeno. Nel
1959 i senza lavoro erano ancora un milione 150 mila, ai quali andavano
aggiunti 430 mila giovani alla ricerca del primo impiego. Solo quattro
anni più tardi, nel 1963, nel pieno del «boom» la disoccupazione non
raggiungeva le 230 mila unità (più 200 mila in attesa del noviziato di
lavoro). Il «miracolo economico» aveva manifestato i suoi aspetti più
appariscenti. Mai nella loro storia gli italiani avevano potuto disporre
di un cosi alto reddito e di tanti beni di consumo. Il progresso
tecnologico ha contribuito in modo sostanziale a questo benessere. Le
automobili che circolano in Italia sono adesso due milioni, una cifra
enorme resa possibile dai sempre più standardizzati metodi di
produzione, che hanno consentito di praticare prezzi accessibili a
molti. Sta per essere completata l'autostrada del Sole, la grande
arteria che congiungerà con un ininterrotto nastro d'asfalto il Nord e
il Sud della penisola. L'espandersi della motorizzazione — e
l'incremento del turismo e del commercio - hanno imposto di abbreviare i
percorsi tra l'Italia e i paesi dell'Europa centrale. Si abbatte nel
1962 l'ultimo diaframma della galleria del monte Bianco (11.600 metri,
43 mesi di lavoro, otto caduti) quasi contemporaneamente all'apertura
del traforo del Gran San Bernardo. La contropartita di questo prorompere
dell’automobile è data da un numero sempre crescente di morti e di
feriti in incidenti stradali. L'Italia registra da adesso, ogni anno,
dalle dieci alle dodicimila vittime della strada.
Come dire che ogni
anno registra le perdite di una gigantesca battaglia. Nessuno se ne dà
particolare pena. Sono le vittime del progresso, si dice. Ai primi anni
sessanta risale il <<boom>> degli elettrodomestici. I frigoriferi erano
mezzo milione nel 1958, diventano un milione e seicentomila nel 1963; le
lavabiancheria mostrano un'espansione ancora più clamorosa: dalle 10
mila del 1958 si è passati a quattrocentomila. E' un settore, questo, in
cui l'industria italiana avrà molto da dire. All'estero si imparerà a
conoscere non soltanto le automobili italiane, le macchine da scrivere
italiane, le macchine da cucire italiane, ma anche gli elettrodomestici
<<bianchi>> italiani, prodotti in serie a bassissimo costo. Come avviene
per le vetture, anche questo settore si avvale di iniziative finanziarie
da noi ancora inconsuete. Significativo è che fra i provvedimenti che
verranno applicati per fronteggiare la congiuntura sarà anche lo
scoraggiamento delle vendite rateali, che muovono ormai ingenti quantità
di denaro. Ma il pagamento rateale rimarrà fondamentale per lo smercio
degli elettrodomestici. In milioni di case la condizione della massaia
viene rivoluzionata. Le gravose, assillanti, monotone incombenze
domestiche sono facilitate adesso da macchine sempre perfette. Anche
l'alimentazione subisce in questo periodo delle modificazioni
importanti. Abbiamo visto sorgere, nel 1956, il primo supermercato, La
formula incontrerà un favore progressivo e comunque favorirà la comparsa
sulle mense degli italiani di numerosi prodotti confezionati: dai
surgelati agli omogeneizzati per l'infanzia.
La disponibilità di
un'alimentazione più ricca e più varia non mancherà di farsi sentire:
sulla salute in generale e — forse — su un fenomeno che anche altri
paesi di spartane tradizioni alimentari riscontrano: un aumento della
statura nei giovani. Se ne accorgono gli uffici di leva e se ne
accorgono le grandi industrie di abiti confezionati, un altro settore
che in Italia sta avendo grande sviluppo proprio in questi anni. La
chimica delle macromolecole crea un'inesauribile serie di nuove
sostanze plastiche, che trovano la loro applicazione in campo
industriale ma soprattutto in un'infinità di oggetti di consumo. La
fisica dei semiconduttori apre nuovi orizzonti, che si riflettono anche
nella vita di ogni giorno. Le applicazioni dell'elettronica non si
contano. I computer, che negli anni cinquanta erano appannaggio solo di
poche università, sono adesso alla portata dell'utilizzazione
commerciale e industriale. A livello di pubblico, è il momento delle
radioline. Le radioline a transistor sfruttano un principio che valse ai
suoi scopritori il premio Nobel nel 1956. Diventate ben presto un
fenomeno di massa, rilanciano le trasmissioni radiofoniche in un momento
in cui sembravano messe da parte dall'irrompente diffondersi della
televisione. Si diffondono anche in Italia i juke-box, il disco
incomincia a essere alla portata d'un numero sempre maggiore di borse.
Da tempo il 45 giri aveva preso il sopravvento sul 78 gin (dopo che
nuovi materiali vinilici avevano soppiantato quelli tradizionali a base
di gomma lacca). Adesso è la volta del 33 giri che, inaugurato
timidamente nel 1948, era rimasto ancorato per lo più alla musica
classica ma che adesso passa anche a quella leggera. La rivalità
artistica, vera o inventata, tra Mina e Milva si affianca in disco a
quella fra Tebaldi e Callas. Gli italiani sembrano frastornati in una
girandola di richiami, di suggestioni, di tentazioni. Una pubblicità
fracassona e indiscriminata si vale di tutti i mezzi per rendere
necessario anche il superfluo.
E' il consumismo, la
logica di sviluppo che impone di soddisfare sempre nuovi bisogni, magari
solo ipotetici, se l'interesse della produttività lo esige. Si è avviata
una macchina infernale che grida agli italiani: Spendi! Solo spendendo
il sistema può mantenere i suoi ritmi. All'occhio della macchina da
presa non sfugge il fenomeno. Abbiamo cosi, in questo periodo, alcuni
film che — accanto ad altri dichiaratamente più impegnati — colgono il
nuovo fatto di costume nei suoi aspetti più ridanciani. Ma la commedia
all'italiana morde in profondità, soprattutto quando a indirizzarla sono
registi come Dino Risi (I mostri, Il sorpasso) o Pietro Germi
(Divorzio all'italiana) e a interpretarla sono attori come Vittorio
Gassman, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi. Alcuni dati
incominciano a balzare all'occhio. Una relazione del 1962, compilata
dalla Comunità economica europea, rileva per il nostro paese che «i
profitti aziendali si sono considerevolmente accresciuti grazie
all'espansione congiunturale, mentre i salari, almeno nell'industria,
hanno temporaneamente palesato un certo sfasamento cronologico rispetto
a tale evoluzione». E' a causa di questo «sfasamento» che i nostri
prodotti possono disporre di un brillante spunto competitivo sui
mercati. Però fra il 1957 e il 1961, a un rendimento del lavoro fatto
pari a 100 è corrisposto un aumento dei salari pari a 35. Già nel
dicembre 1960 gli elettromeccanici milanesi sono in agitazione. Viene
instaurato il sistema della mezza giornata di sciopero al giorno: il 1°
dicembre centomila operai sono in piazza del Duomo.
Nel 1961 le ore di
sciopero erano 79 milioni, una cifra che pareva già enorme ma che
sarebbe stata superata l'anno successivo. Nel 1962 le agitazioni
sindacali porteranno a raggiungere ben 181 milioni d'ore di astensione
dal lavoro (solo nel 1969, l'anno dell'«autunno caldo», verrà superata
tale cifra). La situazione si fa tesa, il credito subisce delle
restrizioni, le aziende più fragili risentono del doppio contraccolpo.
Anche la borsa incomincia a dar segni di irrequietezza. Il «boom» è agli
sgoccioli. La cronaca, in questi anni, ha seguito il suo corso. Tragica
o gioiosa, patetica o frivola ha sempre fatto palpitare, fremere,
emozionare gli italiani. Un primo episodio è luttuoso. Nel Congo dove è
in corso una brutta guerra per assicurare alle ex potenze coloniali lo
sfruttamento di ricche regioni minerarie, quattordici aviatori italiani
sono massacrati. Erano scesi in volo all'aeroporto di Kindu per portare
un carico di viveri e di medicinali per conto dell'Onu. Sorpresi alla
mensa da un gruppo di soldati congolesi ammutinati, erano stati
disarmati, percossi, finiti a colpi di mitra. A fatica sarà possibile
ricuperare i loro corpi. Nello stesso 1961 a Gerusalemme si conclude un
processo che ha tenuto desta l'attenzione del mondo intero.
Sul banco degli
accusati siede un uomo che deve pagare per quello che ha fatto e per
quello che rappresenta. Si chiama Adolf Eichmann, come colonnello delle
SS si era macchiato di gravi responsabilità nel sistematico sterminio
degli ebrei nella Germania hitleriana. Era stato catturato l'11 maggio
1960 in circostanze romanzesche. Riconosciuto nonostante vivesse sotto
pseudonimo nei pressi di Buenos Aires, un <<commando>> israeliano
l'aveva prelevato e condotto in Israele. Ad Eichmann veniva concesso un
anno per preparare la sua difesa. Il processo si protraeva per 144
sedute e si concludeva con una condanna a morte. Il 1962 è l'anno
tragico del talidomide, l'anno in cui incominciano a rivelarsi le
conseguenze fatali del sedativo somministrato con troppa leggerezza alle
gestanti. Sui giornali compaiono le prime sconvolgenti immagini: piccoli
esseri che una crudele bizzarria della natura sembra avere privato chi
delle braccia, chi delle gambe. Ma la natura in questo scempio non
c'entra. C'entrano gli uomini, che hanno diffuso un medicinale non
sufficientemente sperimentato. In Germania, in Gran Bretagna, nel
Belgio, in Francia, le piccole vittime del talidomide suscitano pietà e
sdegno. In Italia, per fortuna, il farmaco non era ancora diffuso (ma
sulla facilità con cui possono entrare in commercio medicine di
qualsiasi attendibilità verrà sollevato, l'anno successivo, un clamoroso
«caso»). Si apre un nuovo anno ed ecco un'altra sciagura. Anche
questa è tremenda, la maggiore che abbia colpito l'Italia. Sono poco
meno di duemila i morti causati dalla ondata che esce dalla diga del
Vajont. A Roma viene finalmente pronunciata nel 1961 la sentenza di una
vicenda «gialla » che aveva avuto inizio nel 1958 e per tre anni aveva
tenuto banco nelle cronache giudiziarie. Giovanni Fenaroli e Raoul
Ghiani sono riconosciuti colpevoli.
L'11 settembre 1958
il cadavere di Maria Martirano era stato trovato senza vita nel suo
appartamento romano. Omicidio. Chi poteva essere il colpevole? Una
sostanziosa polizza assicurativa dava come beneficiario il marito.
Giovanni Fenaroli, appunto. Ma Fenaroli si trovava a Milano. Le indagini
portavano a indiziare un elettrotecnico milanese, il Ghiani. Sarebbe
stato lui l'assassino «per conto terzi». Una spedizione a Roma, il
delitto, il ritorno. Cosi, alla fine stabilivano i giudici d'assise: ed
era l'ergastolo per i due. Gli appassionati della cronaca nera possono
seguire, non molto tempo dopo, un'altra vicenda destinata a dividere in
due l'opinione pubblica. Carlo Nigrisoli, un medico bolognese, è
accusato di avere assassinato la moglie Ombretta Galeffi con l'iniezione
di un preparato al curaro. Il movente? Poter sposare l'impiegata Iris
Azzali. I giudici si convincono della colpevolezza del medico e lo
condannano: 24 anni. Ma per fortuna, non ci sono soltanto omicidi e
stragi. A Venezia polemiche, queste si, ma polemiche artistiche. Le
solleva la trentaduesima biennale, che mette in mostra, davanti ai
visitatori un po' sconcertati, i capolavori della <<pop-art>>:
barattoli, sacchi, collage di reperti pubblicitari. Sconcertati, in
effetti, lo sono anche i critici. «Ma è arte questa, sia pure
"popolare"?», si chiedono molti.
Anche qui
intervengono i giudici a metter fine alle diatribe. Il premio della
presidenza del consiglio dei ministri (due milioni di lire, ma sono due
milioni del 1964) è assegnato a Robert Rauschenberg, considerato il
padre e uno dei più arrabbiati esponenti della pop-art. Il suo
capolavoro si intitola: «Il tempo numero tre». Dall'America giunge anche
notizia dei primi «happening», esibizioni «artistiche» che hanno per
soggetto-oggetto gli uomini (e le donne, naturalmente). Le mode
straniere sono però ribattute prontamente dagli artisti di casa nostra.
Fiorisce in Italia una scuola musicale d'avanguardia. Luciano Berio
(Omaggio a Joyce) e Luigi Nono (Intolleranza 60) sono alcuni
dei nomi più rappresentativi. A risollevare lo spirito degli italiani
c'e anche lo sport. In questi anni, ci sono soddisfazioni un po' per
tutti. Qualche episodio scelto fra i molti. Chi ama il pugilato vede
Sandro Mazzinghi diventare campione del mondo dei pesi medi junior
battendo Ralph Dupas al Vigorelli di Milano. Lo stesso scenario aveva
fatto da cornice ai campionati mondiali di ciclismo su pista del 1962,
rimasti memorabili se non altro perche vedevano il nostro «re dello
sprint», Antonio Maspes, conquistare la sua sesta maglia iridata.
Milano, in questi anni, faceva la parte del leone anche con il calcio,
imponendo le sue squadre nell'arengo internazionale. Nel 1963 i
rossoneri del Milan si laureano nella Coppa dei campioni battendo il
Benfica. Nel '64 e nel '65 è il turno dell'Inter, che si impone su Real
e Benfica. Ma i nerazzurri, negli stessi anni, colgono un'altra
doppietta nella Coppa intercontinentale. Aggiungiamo poi il successo
mondiale della Ferrari con John Surtees. Cosi, in un'atmosfera frenetica
e un po' incosciente, gli italiani si avviano ad affrontare la
<<congiuntura>>.