New Age Italy - Terzo MillennioMovimento per l'autoformazione di una nuova Coscienza Incondizionata
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IL MONDO PIENOLa crescita è spesso considerata il toccasana per tutti i
malanni economici del mondo. Il rimedio contro la povertà? Basta far crescere
l'economia (cioè aumentare la produzione di beni e servizi e spronare il
consumatore a spendere) e come per magia il benessere si diffonde in tutta la
società. E non si pensi nemmeno per idea a ridistribuire i redditi dai ricchi ai
poveri, perché questo fa rallentare la crescita. La risposta alla
disoccupazione? Aumentare la domanda di beni e servizi riducendo i tassi
d'interesse e stimolando gli investimenti. La soluzione alla sovrappopolazione?
Incrementare lo sviluppo economico contando sulla conseguente riduzione delle
nascite, come è accaduto nei paesi industrializzati nel XX secolo. La cura per
il
degrado dell'ambiente? Confidare nella curva ambientale di Kuznets, una
correlazione empirica che pretende di dimostrare che, a fronte di una crescita
continua del PIL all'inizio l'inquinamento aumenta, poi raggiunge un massimo e
infine diminuisce. Riconoscere ed evitare la crescita antieconomica non è facile, perché c'è chi
trae profitto da questo tipo di crescita e non è ìncentivato al cambiamento. In
più, i bilanci nazionali non registrano i costi della crescita in modo chiaro
per tutti. La biosfera finitaLa maggior parte degli economisti non ritiene che le
nazioni sviluppate si stiano dirigendo verso una crescita antieconomica. In gran
parte ignorano la questione della sostenibilità e credono che, visto che la
crescita ci ha portato tanto lontano, potremo andare avanti all'infinito. Eppure
il problema della sostenibilità ha una storia antica. A differenza di altrì
economisti classici, John Stuart Mill lo prese in considerazione già nel 1848
nel famoso capitolo "Dello stato stazionario" dei suoi Principi di economia
politica (per "stato stazionario" si intende l'assenza di crescita nella
produzione dei beni e servizi calcolati sul prodotto nazionale). L'approccio
moderno ha origine dal lavoro svolto negli anni sessanta e settanta, ed è
sostenuto dai cosiddetti economisti ecologici e, in parte, anche da quel settore
dell'economia contemporanea nota come economia delle risorse e dell'ambiente. Ma
nel complesso la corrente economica oggi dominante (detta anche neoclassica)
ritiene che la sostenibilità sia una moda passeggera, ed è ossessivamente votata
alla crescita. Che cosa sostenere?Finora ho descritto "l'economia sostenibile" in termini generali, come
un'economia che può essere sostenuta indefinitamente nel rispetto dei limiti
biofisici. Ma per applicarla dobbiamo specificare che cosa va sostenuto di anno
in anno. Gli economisti hanno preso in considerazione cinque possibili
parametri: il prodotto interno lordo (PIL), l'utilità, la produttività, il
capitale naturale e il capitale totale (somma di capitale naturale e capitale
prodotto dall'uomo). Le correzioni necessarieLa transizione verso un sìstema economico sostenibile esigerà aggiustamenti delle politiche economiche, alcuni già evidenti. I sistemi pensionistìci, per esempio, incontrano serie difficoltà via via che la transizione demografica verso la crescita zero porta a una quota sempre più ridotta dì popolazione in età da lavoro e a una sempre più grande di pensionati. Il sistema è in crisi, e per equilibrarlo servono imposte più elevate, l'innalzamento dell'età pensionistica o una riduzione delle pensioni. Longevità dei prodotti.Un'economia sostenibile richiede che i ritmi di produzione devono essere uguali a quelli di deprezzamento. I due valori, però, possono essere uguali a livelli bassi come a livelli alti, e quelli più bassi sono preferibili sia dal punto di vista di una maggiore durata dei prodotti sia per raggiungere una maggiore sostenibilità. Prodotti più longevi e duraturi possono essere sostituiti più lentamente, abbassando il tasso di sfruttamento delle risorse. Questa dinamica è simile a una caratteristica della successione ecologica. Gli ecosistemi giovani e in crescita hanno la tendenza a massimizzare l'efficienza della crescita misurata in base alla produzione per unità della biomassa esistente. Gli ecosistemi maturi, invece, massimizzano l'efficienza della conservazione, misurata in base a quanta biomassa esistente si conserva per ogni unità di nuova biomassa prodotta: il contrario dell'efficienza produttiva. Se si vuole raggiungere la sostenibilità, sia il pensiero economico sia le istituzioni devono procedere a questo aggiustamento. Un passo in questa direzione sono i contratti di servizio per il noleggio di merci: il venditore possiede e ripara il prodotto, e poi lo recupera e lo ricicla alla fine della sua vita produttiva. Crescita del PIL.Molti ritengono che, grazie ai miglioramenti qualitativi e all'aumento dell'efficienza, il PIL potrebbe continuare a crescere anche con una produttività costante. Questa forma di "crescita", (o di sviluppo, come lo abbiamo definito in precedenza) dovrebbe essere spinta fin dove è possibile, ma ha diverse limitazioni. Analizzando con attenzione settori dell'economia ritenuti soprattutto qualitativi, come le tecnologie informatiche, si scopre che hanno una base fisica importante. Inoltre, per andare a vantaggio dei poveri, l'espansione deve riguardare beni di cui i poveri hanno bisogno: cibo, abiti, alloggio, e non 10.000 ricette via Internet. E anche i ricchi spendono il loro denaro in automobili, case e viaggi, anziché in beni intangibili. Il settore finanziario.In un'economia sostenibile, è probabile che la mancanza di crescita provochi un crollo dei tassi d'interesse. Probabilmente il settore finanziario si contrarrebbe, perché interessi e tassi di crescita bassi non possono sostenere l'enorme sovrastruttura delle transazioni finanziarie ampiamente basata sul debito e sulle aspettative di crescita economica che ora sovrasta l'economia fisica. In un'economia sostenibile, gli investimenti servirebbero soprattutto alla sostituzione e allo sviluppo qualitativo, invece che alla speculazione sull'espansione quantitativa, e sarebbero meno frequenti. Gli scambi.In un mondo in cui coesistono economia sostenibile e non sostenibile, la libertà di mercato non è praticabile, perché l'economia sostenibile dovrebbe tener conto dei costi legati all'ambiente e al futuro che l'economia di crescita ignora. Quest'ultima potrebbe quindi imporre prezzi più bassi dell'economia sostenibile, non perché è più efficiente, ma perché non paga i costi della sostenibilità Potrebbero quindi esservi scambi regolamentati in modo da compensare le differenze, oppure libertà di scambio tra paesi ugualmente impegnati nella sostenibilità Molti considerano onerose le restrizioni agli scambi ma, nei fatti, il commercio è già pesantemente regolamentato in modi che sono dannosi per l'ambiente. Il fisco.Quale è il sistema fiscale più adatto a un'economia sostenibile? Un
governo attento all'uso efficiente delle risorse naturali sostituirebbe i beni
da tassare. Invece di tassare i redditi di lavoratori e aziende (il valore
aggiunto), tasserebbe il flusso della produzione (ciò a cui viene aggiunto
valore), nel momento in cui le risorse sono prelevate dalla biosfera. Molti
paesi hanno imposte simili, che inducono a un uso più efficace delle risorse sia
nella produzione sia nei consumi, e sono relativamente facili da controllare e
riscuotere. Tassare ciò che vogliamo far diminuire (lo spreco), e non tassare
ciò che vogliamo far aumentare (il reddito) sembra ragionevole. Occupazione.Un'economia sostenibile può garantire la piena occupazione? Una
domanda difficile, la cui risposta è probabilmente negativa. Ma bisogna anche
chiedersi se la piena occupazione è raggiungibile in un'economia di sviluppo
guidata dal libero scambio, dalla delocalizzazione (il trasferimento all'estero
dei posti di lavoro), dall'immigrazione facile di manodopera a basso costo e
dall'adozione di tecnologie a bassa intensità di manodopera. In un'economia
sostenibile, manutenzione e riparazione diventano più importanti. Questi servizi
hanno un'intensità di manodopera più alta della produzione di nuovi beni e sono
meno esposti alla delocalizzazione, quindi potrebbero procurare maggiore
occupazione. Felicità.Una delle forze motrici della crescita non sostenibile è stato
l'assioma dell'insaziabilità, la gente sarà sempre più felice consumando di più,
smentito dalle ricerche di economisti e psicologi. Sono sempre più le prove,
come gli studi effettuati a metà degli anni novanta, che indicano che non sempre la crescita
aumenta la felicità. La correlazione tra reddito e felicità si spinge fino a un
certo punto di "quantità sufficiente", al di là del quale solo la posizione
relativa influenza l'autovalutazione della propria felicità. La crescita non può
far aumentare il reddito relativo di tutti. Il numero di persone il cui reddito
relativo aumenta per effetto dell'ulteriore crescita economica sarebbe
controbilanciato da quello delle persone per cui è diminuito. E se il reddito di
tutti cresce proporzionalmente, non aumenta il reddito relativo di nessuno, e
nessuno è più felice di prima. |
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