Il culmine dell'Umanità
di George Musser - Libera riduzione ed adattamento
Ci aspettavamo macchine volanti, colonie spaziali e settimane lavorative di
15 ore. I robot si sarebbero occupati alle faccende domestiche, i nostri figli
avrebbero sentito parlare delle malattie solo dai libri di storia e avremmo
comprato reattori nucleari portatili al supermercato. Persino le visioni più
pessimiste del futuro prevedevano progressi tecnologici e sociali che avrebbero
fatto impallidire gli anni passati. Ma anche senza tutti questi effetti speciali il
nuovo secolo si sta presentando come uno dei periodi più straordinari della storia dell'umanità. Tre grandi transizioni innescate dalla Rivoluzione Industriale
stanno arrivando al culmine. Dopo secoli di incremento vertiginoso, la
popolazione mondiale si sta stabilizzando. A giudicare dalle tendenze, verso la
metà del secolo si fermerà a circa nove miliardi di persone. Nel frattempo, la
povertà estrema si sta riducendo sia in percentuale sulla popolazione sia in
termini assoluti. Se Cina e India continueranno a seguire il processo di sviluppo economico di Giappone e Corea del Sud, entro il 2050
il cinese medio sarà
ricco quanto lo svizzero medio di oggi, e l'indiano medio quanto l'israeliano
medio.
Mentre l'umanità cresce di numero e in benessere, però, aumenta la sua pressione
sul pianeta. Già ora emettiamo anidride carbonica tre volte più velocemente di
quanto gli oceani e la Terra siano in grado di assorbirla; i climatologi
ritengono che il riscaldamento globale inizierà a farsi sentire sul serio
intorno a metà del secolo. Al ritmo attuale, le foreste e le riserve di pesca
si esauriranno anche prima.
Queste tre dinamiche correlate, demografica, economica, ambientale sono ciò
che gli storici del futuro ricorderanno quando guarderanno alla nostra epoca.
Stanno trasformando ogni cosa, dalla geopolitica alla struttura familiare, e
pongono questioni a una scala di cui l'uomo ha scarsa esperienza. In altre
parole, stiamo per passare
attraverso il "collo di bottiglia", un periodo di massimo stress per le risorse
e per l'ingegnosità umana.
Le tendenze sono evidenti nella vita di ogni giorno. Le aree urbane si sono così
ingrandite che a molti è capitato di perdersi nella propria città. Ma la
loro crescita sta rallentando con il ridursi dei nuclei familiari: sempre più
bambini crescono non solo senza fratelli o sorelle, ma anche senza zii o cugini.
(Alcuni pensano che sia un po' triste, ma il solo altro modo per avere una
popolazione stabile è l'aumento dei tassi di mortalità.) Le merci cinesi
affollano gli scaffali dei nostri negozi, le chiamate dei servizi clienti a New
York sono gestite a Delhi e, in compenso, sempre più asiatici acquistano
prodotti occidentali. La primavera arriva una settimana prima
di cinquant'anni fa a causa del riscaldamento globale e i ristoranti servono
tipi di pesce diversi da quelli di un tempo, perché specie che erano comuni sono
scomparse a causa della pesca incontrollata.
Guardare alla nostra epoca in una prospettiva storica ci aiuta a mettere a fuoco
i problemi mondiali, molti dei quali scaturiscono, direttamente o
indirettamente, dalla crescita. Riducendo la crescita, l'umanità avrà una
possibilità di chiudere i conti con i propri problemi. Passare attraverso il collo
della bottiglia può essere difficile, ma quando lo si è superato il peggio è
alle spalle.
I mutamenti che stiamo vivendo definiscono la portata delle sfide da affrontare.
Gli scienziati possono fare una stima di quante persone abiteranno la Terra, di
ciò di cui avranno bisogno e di che cosa desidereranno, di quali risorse sono
disponibili e di quando accadranno certi eventi. Per la seconda metà del secolo,
l'umanità potrebbe giungere a un equilibrio in cui la crescita economica, oggi
guidata dalla combinazione di più produttività, più persone e più risorse,
dipenderà solo dalla produttività; il che dovrebbe mitigare i conflitti tra
economia e ambiente. I vecchi problemi lasceranno il posto a nuove sfide, un
processo già evidente in alcuni paesi. E' dibattito sulla previdenza sociale
negli Stati Uniti, così come i timori sulle pensioni in Europa e in Giappone,
sono la voce di una società che sta pianificando la vita dopo la crescita.
Agli occhi del grande pubblico, i demografi godono di una dubbia reputazione.
Trent'anni fa il problema non era forse la sovrappopolazione? Nel 1968, il libro
di Paul Ehrlich, "La bomba demografica" è stato un best seller. Il film "2022: i
sopravvissuti", delineava un futuro in cui la gente viveva
ammassata come sardine e si nutriva di quadratini. Ultimamente si parla di sottopopolazione, annunciata e diffusa dai
neoconservatori. La loro preoccupazione è il declino fino
alla scomparsa dell'umanità. Che cosa accadrà, insomma: saremo troppi o troppo pochi?
In realtà i demografi non hanno oscillato tra un estremo e l'altro quanto
possono far pensare queste rappresentazioni estreme. Nei paesi in via di
sviluppo le famiglie si sono ridotte più velocemente del previsto, ma le
previsioni hanno superato l'esame del tempo.
Gli scenari di questi film contengono un elemento di verità. L'umanità sta
ancora crescendo enormemente in termini assoluti, e i successi ottenuti in
passato nel tenere alla larga "l'incubo maltusiano" non sono una garanzia per il
futuro. E la riduzione dei tassi di crescita è comunque preoccupante:
storicamente le società con economie stabili o in via di riduzione sono andate
verso il declino.
I sostenitori di uno scenario sottovalutano i problemi dell'altro, esprimendo la
fiducia che possano essere affrontati senza però fare molto perché lo siano
davvero. Una volta spazzate via le nebbie dell'ideologia, si delineano i
contorni di un piano d'azione comprensivo, che certo non è l'unico possibile, ma
può essere un punto di partenza.
Un tema ricorrente è che l'economia non è
necessariamente nemica della natura, o viceversa. Tradizionalmente, economia e
ambiente non sono stati nemmeno descritti in termini simili. I parametri
economici, come il prodotto interno lordo (PIL), non misurano il consumo delle
risorse ma sono misure di flussi di liquidità, o bilanci patrimoniali. Se si rade
al suolo una foresta, il PIL aumenta anche se è stato distrutto un patrimonio
che poteva assicurare una fonte stabile di reddito.
In senso più ampio, i prezzi che paghiamo per beni e servizi raramente includono
i costi ambientali. A pagare il conto, però, saremo sempre noi, sia pure in altra
veste. Secondo una stima, il contribuente americano medio sborsa 2000 dollari
l'anno per sovvenzionare agricoltura, trasporti e altre attività a forte impatto
ambientale. E un mercato distorto dà a consumatori e produttori pochi incentivi
per cambiare. Gli ambientalisti rafforzano involontariamente questa tendenza
quando si concentrano sulle inestimabili attrazioni della natura, che sono
profondamente significative, ma che è difficile prendere in considerazione in
presenza di problemi molto più urgenti. I verdi hanno accusato i taglialegna delle cattive condizioni delle
civette maculate; i taglialegna hanno addossato la responsabilità della
disoccupazione all'egoismo dell'ornitologia. Entrambi sono stati vittime di una
silvicoltura insostenibile.
Negli ultimi anni, economisti e scienziati ambientali hanno collaborato per
poter attribuire ai benefici della natura un'etichetta con il prezzo, una
pratica che rivela quante cose dipendano da essa. Il Millennium Ecosysteni
Assessment, il rapporto sullo stato degli ecosistemi pubblicato all'inizio del
2005 identificava dei servizi, dall'impollinazione alla filtrazione
idrica: a cui gli esseri umani dovrebbero provvedere da soli, se non ci pensasse
la natura. Su 24 categorie di servizi, il rapporto ha scoperto che 15 sono
sfruttate più velocemente di quanto riescano a rigenerarsi.
Quando l'ambiente è inserito correttamente nei bilanci, ciò che è bene per la
natura spesso è bene anche per l'economia e persino per i singoli settori
d'impresa. I pescatori, per esempio, massimizzano i profitti quando sfruttano le
risorse a un livello sostenibile; oltre quel limite, sia la resa sia i profitti
si riducono via via che sempre più persone pescano sempre meno pesce.
Se il quadro predisposto dai responsabili delle scelte politiche sarà quello
giusto, Il futuro dell'umanità sarà garantito da migliaia di decisioni ordinarie:
quanti bambini fare, dove allevare il bestiame, come isolare le case. In genere,
è nelle questioni quotidiane che si fanno i progressi più profondi. Ciò che
rende ricca una comunità non sono i computer e i DVD, ma la rete fognaria, i
letti confortevoli, il senso di sicurezza fisica ed economica. Cercando di
portare questi vantaggi a tutti, la scienza e la tecnologia avranno realizzato
conquiste più spettacolari delle colonie spaziali.