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L'AUDIZIONE DELLE ASSOCIAZIONI AMBIENTALISTE

Mercoledì 31 ottobre, nell'ambito dell'indagine conoscitiva decisa dai parlamentari della VIII Commissione Ambiente al fine di conoscere le cause degli eventi alluvionali verificatisi nello stesso mese, si è svolta alla Camera l'audizione delle Associazioni Ambientaliste.

Ha esordito il rappresentante del WWF. Tra gli spunti più interessanti merita menzione quanto raccontato a proposito del caso della Dora Baltea nel cui corso a valle, a seguito dell'alluvione,si sono registrati anche dei morti. Dalle foto, scattate nello scorso mese di giugno, dell'alto corso della Dora Baltea, cioè appena a valle di Aosta, tra il tratto di Montjovet e Verres, " ..risulta evidente come gli interventi posti in essere dalla Val d'Aosta siano assolutamente controproducenti: il fiume, che in quel tratto era bellissimo, è stato totalmente canalizzato, in alcuni punti con sponde perpendicolari all'alveo, riducendo la sezione di quest'ultimo e togliendo tutti i massi che, nella situazione originaria e naturale del fiume, servivano a disperdere energia; nelle fasce di esondazione si è addirittura proceduto a costruire: basti pensare che la ditta Bertolini Lievito, realizzata vicinissima al fiume, mi risulta che a seguito dell'alluvione sia finita sott'acqua. Si sono, quindi, aumentate le condizioni per creare rischi a valle".

Il WWF ha poi voluto sottolineare come circa quindici giorni dopo la tragedia di Soverato, cioè il 18 settembre, a Parma vi sia stato un convegno sulla compatibilità tra il sistema idroviario padano-veneto e gli obiettivi di piano: "...Siamo stati noi gli unici a dire che è una vera follia lo studio di fattibilità in base al quale in alcuni punti la sezione dell'alveo si riduce, dai 300 o 400 metri attuali, a 100 metri, per esempio nel tratto tra Cremona e Porto Tolle o nella zona di Piacenza. Comunque, si prospetta una drastica riduzione dell'alveo di magra, oltretutto nelle zone dove siamo stati costretti a sfondare o a cercare spazio. Una simile eventualità va subito bloccata perché assolutamente incompatibile con gli obiettivi di piano e tale da aumentare ulteriormente il rischio per le popolazioni che attualmente già sono a rischio".

Il rappresentante di Legambiente ha invece attirato l'attenzione sulla logica pericolosa, che c'è soprattutto a livello locale, per cui si presume che la soluzione ai problemi dell'esondazione sia nell'accentuare, semmai, l'escavazione: " È vero il contrario e bisogna fare in modo che non passi quella logica, che, ripeto, è molto sedimentata e radicata soprattutto a livello locale, dove, evidentemente, gli interessi dei cavatori sono più forti e riescono a far passare presso la popolazione che abita lungo le sponde del fiume un messaggio che è anche facile far passare. Di conseguenza, molto spesso noi ambientalisti veniamo accusati di essere la causa delle esondazioni, perché saremmo quelli che non fanno scavare il letto del fiume. Ovviamente, non abbiamo questo potere e il divieto di escavazione in alveo è una direttiva vincolante prevista dalle autorità di bacino, delle quali, peraltro, fanno parte anche le regioni. I fiumi non sono mai stati così bassi come in questo periodo e diciamo che, se proprio si deve scavare, si scavi, caso mai, per ripristinare i meandri, per recuperare le lanche, per recuperare le zone umide, per restituire terra al fiume piuttosto che sottrarla".

Un altro elemento di riflessione ha riguardato i numerosi episodi di malagestione del fiume. Nel tratto che va da Cremona a Guastalla (si tratta di una trentina di chilometri) l'80 per cento delle aree golenali, che un tempo erano demanio pubblico, negli ultimi cinquant'anni sono state privatizzate per coltivarci pioppi oppure per installarvi insediamenti produttivi (leggi porcilaie e quant'altro): " Il meccanismo di questa privatizzazione è abbastanza noto: se per alcuni anni l'acqua non bagnava un territorio, l'Intendenza di finanza provvedeva a metterlo in vendita, anzi a metterlo in svendita, perché veniva sostanzialmente alienato dallo Stato e svenduto attraverso un meccanismo di aste spesso convocate in maniera quasi carbonara (ve ne sono state alcune convocate il 24 dicembre o il 31 dicembre), quasi ad hoc per chi era previsto dovesse acquistare. I terreni, dunque, venivano acquisiti a prezzi ridicoli, spianati dall'originaria vegetazione fluviale e riempiti di detriti per coltivarci sopra pioppi; a quel punto, si potevano erigere opere a difesa delle nuove coltivazioni e i nuovi proprietari, giustamente, potevano pretendere anche di essere difesi a spese dello Stato, con opere di contenimento, nei confronti di rischi di esondazione del fiume....Oppure, ancora peggio, si acquistava per poche lire per rivendere direttamente ai cavatori: si acquistava a 2 milioni ad ettaro per rivendere a 10, 20, fino a 30 volte il valore dell'acquisto. Questo era, in estrema sintesi, il meccanismo che ha caratterizzato la gestione delle aree golenali lungo molta parte del Po; meccanismo che, ripeto, ha prodotto in una tratta di 30 chilometri la privatizzazione del 80 per cento delle aree".

L'argomento controlli è stato ripreso da tutti i convenuti. Legambiente ha verificato che sul Po, di fatto, c'è completa assenza di controlli e ognuno fa ciò che vuole; ci sono, ad esempio, draghe che dragano l'alveo e nessuno sa se siano autorizzate o meno: " Chiediamo, dunque, che si spendano soldi per la polizia fluviale, si spendano soldi per potenziare il Corpo forestale e, soprattutto, si sottragga alle pastoie burocratiche e alle osservazioni dei comuni, che spesso tendono ad evitare il vincolo idrogeologico, il piano di riassetto idrogeologico del Po, che è ancora lì in attesa di osservazioni, come dicevo, e sotto la spada di Damocle dei comuni e delle regioni. Non è possibile che comuni definiti a rischio blocchino l'approvazione di tale piano".

Gli Amici della Terra, non volendo ribadire i concetti già espressi negli interventi precedenti, hanno voluto invece ricordare che l'effetto serra non può soltanto essere invocato ritualmente all'indomani dei disastri idrogeologici, ma va invece affrontato come problema in sede sia nazionale e internazionale e, da questo punto di vista, lo Stato Italiano, pare essere il grande assente: "..Non dimentichiamo che fra pochissimi giorni si terrà a L'Aja una conferenza decisiva per capire quale destino avrà il protocollo di Kyoto. Il rischio di un fallimento è molto forte e il nostro paese sembra non avere alcun ruolo nel negoziato internazionale; non mi risulta che ci sia stata una discussione in Parlamento o in questa Commissione, né che sia stato espresso un indirizzo sulla trattativa e sulla politica che il Governo intenderà porre in essere. È vero che l'Unione europea sta mantenendo una buona posizione, ma si sa che gli Stati nazionali avranno un proprio ruolo e che, riguardo alla trattativa ed ai meccanismi di flessibilità che potranno essere adottati, il rischio è molto forte. In una situazione del genere evocare l'effetto serra come un problema che prescinde dalla possibilità di intervento della classe politica è un approccio sbagliatissimo. La difesa del territorio deve essere affrontata - non lo dicono solo gli ambientalisti, come sostiene il Presidente Amato, ma anche l'IPCC o il presidente dell'UNEP - con politiche più stringenti di attuazione del protocollo di Kyoto e rivedendo le modalità degli interventi di assetto del territorio. Sappiamo infatti che i fenomeni naturali vanno a modificarsi e l'effetto serra può essere un motivo in più per correggere comportamenti sbagliati, partendo dal ripensamento generale delle troppe competenze sovrapposte".

Italia Nostra ha deciso di dedicare molte attività dell'anno prossimo ad una discussione sui nessi tra federalismo, difesa del suolo, governo del territorio e tutela dei beni culturali. Anche nel loro intervento torna forte la preoccupazione legata all'attuazione della legge sul federalismo, laddove questo federalismo sembra tutto improntato a cercare di strappare allo Stato sempre più competenze rispetto all'articolo 117 della Costituzione: "..Non credo ad uno Stato centrale in grado di difendere tutto in maniera perfettamente funzionale, penso però che il decentramento delle responsabilità alle regioni, alle province ed ai comuni debba essere fatto in un certo modo, anche offrendo loro un certo tipo di cultura".

Il rappresentante dell'Associazione rileva inoltre uno "...scollamento esistente fra i cosiddetti organi superiori della pubblica amministrazione (ministeri, servizi tecnici, università, CNR, autorità di bacino, regioni) che determinano l'emanazione delle norme tecniche, e chi è chiamato ad applicarle, ossia i comuni, i quali dovrebbero adottarle sia attraverso i piani regolatori generali sia attraverso regole di buona gestione del territorio (ossia con un comportamento virtuoso consistente nel vietare o comunque evitare severamente le costruzioni in aree a rischio) e con uso del territorio tale da rispettarne le risorse e che tenga conto appunto dei rischi. Si pensava che questo scollamento fosse più diffuso nelle regioni meridionali, ma abbiamo potuto vedere invece che un cattivo uso del territorio esiste in tutte le regioni. Il collega poco fa ha ricordato che nell'alveo del piccolo torrente di Soverato sono stati trovati lavatrici e materassi, io ricordo che qualche anno fa il torrente Mugnone ha inondato una parte di Firenze perché era diventato una megadiscarica abusiva".

Itaia Nostra ha inoltre insistito perchè sia introdotta nei ruoli delle pubbliche amministrazioni centrali e periferiche la figura del geologo, perché quando avvengono questi fatti tutti interpellano i geologi, ma a prendere le decisioni a livello centrale e locale sono uffici tecnici nei quali sono presenti laureati legge, ingegneri o architetti, mentre i geologi mancano quasi ovunque.

Così come aveva già sottolineato nel suo intervento il Segretario Generale dell'Autorità di Bacino del Po, prof.R.Passino, anche Italia Nostra Uno ritiene che gli enti locali debbano essere più responsabilizzati: "...che poi queste ultime facciano politiche rivolte prevalentemente ai loro interessi è una conseguenza che si deve accettare, bisogna però metterle di fronte alle proprie responsabilità in modo che non possano sempre prendersela con l'autorità di bacino e con Roma se poi si verificano guai che spesso avvengono proprio per causa loro. A mio parere a livello di Governo bisogna tenere presente che nel campo della difesa del suolo gli attori principali sono le autorità di bacino ed i comuni; la prima detta le norme tecniche per l'efficace difesa del suolo e la zonizzazione delle aree a rischio, che però non possono essere attuate se vengono disattese dai comuni. Pertanto le norme devono essere corrette per fare in modo che possano essere applicate da queste autorità".

Movimento azzurro ha ricordato come in questi anni è venuta meno la manutenzione del territorio: nella confusione delle competenze, nel passaggio dei poteri alle regioni, nella costruzione dei nuovi organismi come l'autorità di bacino, alla fine è caduta la manutenzione del territorio: "..Le regioni delegano ai comuni l'esecuzione, lo Stato interviene come può e alla fine questo è il dato di fondo; quello che ci preme sottolineare al Parlamento è che oggi lo Stato di fronte a questi fenomeni deve recuperare piena competenza di indirizzo della gestione del territorio ed esercitare un potere di surroga laddove le amministrazioni regionali e locali siano inadempienti. Se non si riparte da qui non è possibile realizzare un intervento per rendere sicuri i cittadini di fronte a questi fenomeni".

Tutti i rappresentanti delle Associazioni Ambientaliste, nessuna esclusa, hanno voluto difendere l'unitarietà del Corpo Forestale dello Stato per il suo ruolo indispensabile ed essenziale per la manutenzione dei boschi sia l'inverno per le alluvioni sia l'estate per gli incendi boschivi. Tutte considerano "..un errore clamoroso pensare alla sua disintegrazione in venti corpi forestali minori perché ha tali competenze tecniche ed è un punto di riferimento così importante anche per le associazioni di volontariato, della protezione civile per quanti vogliono aiutare lo Stato ad intervenire in queste occasioni, che il suo smantellamento è destinato a provocare gravi danni".

Così Movimento Azzurro ha concluso: ".. Ricordo sempre un richiamo che ripeteva spesso il nostro padre fondatore, onorevole Merli, sulla storia dei servizi tecnici dello Stato: si sono fatte poche leggi ma si sono depressi se non smantellati i servizi tecnici dello Stato. Bisogna recuperare in pieno la loro funzionalità coordinandoli, legandoli al territorio, mettendoli in un rapporto diverso con le strutture regionali e locali, ma i servizi tecnici avevano ed hanno tuttora, per quanto depresso, un patrimonio di conoscenze e di esperienze nella gestione del territorio tale che sarebbe davvero un peccato sciuparlo".

 

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