interventi
 

L'AUDIZIONE DEL SEGRETARIO GENERALE DELL'AUTORITA' DI BACINO DEL PO

Mercoledì 19 ottobre la Commissione Ambiente della Camera ha deciso di attivare un'indagine conoscitiva "con le finalità di individuare le possibili misure da porre in essere per fronteggiare i fenomeni alluvionali, tenendo conto dell'attuale ripartizione delle competenze in tale settore, come delineata dalla legge 15 marzo 1997, n. 59, dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300".

E' stata quindi prevista l'audizione di diversi enti e organi tecnici titolati a rispondere sulle domande che i componenti la Commissione presenteranno. Qesti saranno: Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile; Ministro dei lavori pubblici; Ministro dell'ambiente; Presidenti delle regioni Lombardia, Piemonte, Valle d'Aosta e Liguria; Direttore dell'Agenzia per la protezione civile; Segretario Generale dell'Autorità di bacino del Po; Consiglio nazionale dei geologi; Servizi tecnici nazionali; ENEA; Magistrato per il Po; ANCI e UPI con riferimento agli enti interessati; Corpo forestale dello Stato; Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.

La prima audizione, il giorno successivo, ha riguardato il Segretario Generale dell'Autorità di bacino del Po, Prof.Roberto Passino. La relazione del Segretario ha toccato diversi punti che si riassumono di seguito.

Le cause del disastro

Nei giorni susseguenti all'evento c'è stato un certo ricorso all'aggettivo "eccezionale" per descrivere il fenomeno piovoso, la sua persistenza e intensità nei giorni dal 13 al 15 ottobre. In questa eccezionalità si è letto anche, in parte, una giustificazione. Vediamo cosa invece sostiene il Prof.Passino.

"Mi sento di dire che quando eventi di un certo tipo si ripetono all'incirca ogni due anni, usare l'aggettivo eccezionale mi sembra in primo luogo un torto alla lingua italiana. Nel 1994, 1996, 1997 e nel 2000 si è trattato di quattro eventi eccezionali nell'arco di cinque anni, e mi sembra perciò ridicolo di parlare di eventi eccezionali. Certamente quello di quest'anno è stato molto intenso, ma non più di quello del 1994, anzi, fortunatamente non si è verificata una cosa che si verificò all'ora e che fu determinante per l'effetto complessivo.

Il fenomeno nasce da una concentrazione di aria umida, di provenienza da sud, richiamata dalla depressione, e questa umidità atmosferica si traduce in pioggia con l'intensità delle precipitazioni che ci sono state. Nel 1994 questa stessa depressione richiamò nelle ultime ore del fenomeno aria fredda dal nord e questo fronte determinò un'ulteriore intensissima precipitazione concentrata in pochi minuti, che perciò fu chiamata "colpo di grazia". Stavolta questo non c'è stato perché il fenomeno è nato e si esaurito sempre in presenza di una massa d'aria, relativamente calda, carica di umidità.

Credo di dover dire qualcosa anche in merito al discorso dello zero termico atmosferico molto alto in quota, che ha fatto sì che cadesse prevalentemente pioggia senza neve e quindi arrivasse tutta a valle. Questo è stato particolarmente grave in Val D'Aosta per l'orografia della regione, tant'è che essa è stata veramente devastata. Questo fatto dello zero termico, però, è assolutamente normale, perché è ovvio che tutte le volte, che arriva aria africana la temperatura s'innalza: a 2.800 metri si è arrivati tante volte come dimostrano le statistiche dei servizi meteorologici. Naturalmente, se lo zero termico coincide con un potenziale di precipitazione notevole come quello che c'è stato, è ovvio che le due cose si sinergizzano e quindi producono effetti più gravi.

Potrei aggiungere che, in termini di precipitazione, i massimi storici sono stati raggiunti soltanto in alcune aree. La media della precipitazione non è di massimo storico ma si colloca certamente nella fascia dei valori molto elevati. In termini di portata dei corsi d'acqua, quindi di acqua arrivata ai fiumi, i massimi storici sono stati raggiunti soltanto nella zona del Po a Crescentino e nella zona della Dora Riparia a Susa. Per il resto, i tempi di ritorno sono tutti tra i duecento anni in meno, essendo duecento anni il tempo di ritorno della piena di riferimento del piano stralcio sulle fasce fluviali, cioè di quello ritenuto il criterio di protezione per le piene dei corsi d'acqua del bacino del Po. A Crescentino e a Susa è arrivato invece verso i cinquecento e ha rappresentato il massimo storico".....

Nella parte che segue il Prof.Passino va ad analizzare le cause riconducibili all'intervento umano. L'analisi è impietosa, come è giusto che sia. Tutto sta a vedere se queste parole verranno ascoltate ad ogni livello, oppure si preferisca mettere la testa sotto la sabbia.

"Per quanto concerne le cause, credo che si debbano sfuggire gli schematismi, perché le cause sono molte e interagenti, spesso sono piccole ma talmente tante che la loro somma produce effetti molto gravi. In modo molto schematico (anche se rischio di contraddirmi rispetto a quanto ho appena detto), devo dire che il Po per larga parte non è più un fiume.

Quando infatti un fiume non ha le fasce fluviali, quando gli si tolgono le anse, quando si modifica la sezione dell'alveo, quando si realizzano opere al suo interno, quando le città hanno uno sviluppo urbanistico che va verso il fiume (parlo di un arco di tempo di molti decenni, non di uno o due anni), quando l'agricoltura, sul modello della legge di bonifica e dello sviluppo agrario degli anni trenta, tende ad avvicinarsi al fiume soffocandolo, quando le norme vigenti non sono rispettate (penso alla norma prevista dal decreto n. 523 del 1905, che impone la fascia di rispetto di nove metri sui fianchi dei fiumi: non c'è regola più inosservata!), quando il sistema di controllo non controlla e non fa osservare le regole, quando il demanio fluviale viene gestito come è stato gestito, cioè in modo totalmente divaricato rispetto alla gestione del fiume (perché in questi decenni il demanio è stato gestito con criteri di carattere patrimoniale o di carattere fiscale, puntando, per esempio, all'aumento delle entrate fiscali da canoni), quando si procede non solo a concessioni ma addirittura a sdemanializzazioni, quando non esiste più una cartografia demaniale che rappresenti la situazione reale del demanio (basti pensare che noi stiamo spendendo soldi per ricostruire la cartografia del demanio, perché il demanio non è in condizione di fornircela!), quando si verifica tutto questo, ci troviamo di fronte ad un insieme di situazioni che sinergicamente influiscono sulle conseguenze delle alluvioni...".

Passino non dimentica di evidenziare i danni prodotti dal perdonismo all'italiana, leggi condoni et similia.

"Quando poi i comportamenti a rischio consistenti nel realizzare opere laddove non dovrebbero essere realizzate sono perdonati a spese della collettività, realizzando opere di difesa a tutela di quegli insediamenti che non sarebbero stati consentiti, si crea chiaramente un incentivo a perpetrare questi comportamenti a rischio. Si spinge la gente a pensare: "Realizzo un fabbricato, metto su uno stabilimento, impianto una coltura agricola, tanto poi chiedo la difesa e questa mi viene concessa". Questo non è un dettaglio, bensì il meccanismo che ha prodotto nei decenni un eccesso di opere di difesa. Esprimo questo giudizio in senso tecnico: nel fiume sono state realizzate troppe opere di difesa! Molte di queste sono corrette, molte non lo sono affatto ed hanno indotto nella fisiologia del fiume effetti di carattere negativo".

L'incertezza delle risorse

Tra le accuse lanciate all'indirizzo del Magistrato del Po (che è altra struttura sempre con sede a Parma) la più grave è quella dell'inefficienza e incapacità gestionale. Posto che, in ogni caso, a tutti è noto che per realizzare opere pubbliche i tempi non sono mai quelli del privato, compresi gli amministratori e i parlamentari che hanno chiesto lo scioglimento dell'Ente, i motivi che possono chiarire i tempi lunghi sono da ricondurre ad altri fattori. Passino, con stile preciso e con rigore tecnico, fornisce inoltre alcune soluzioni.

"Io credo che su tali questioni vi sia un grosso equivoco di fondo che porta poi a manifestare opinioni apparentemente molto diverse, laddove poi la diversità dipende fondamentalmente dal differente metro di giudizio, nel senso che il giudizio cambia a seconda del quadro di riferimento che si decide di assumere.

Dico questo perché gli elementi risolutivi per la strategia ed i metodi di intervento sono la certezza delle risorse e la continuità dell'azione dell'intervento pubblico (mi riferisco all'intervento pubblico in generale, anzi prevalentemente a livello locale), elementi che, viceversa, in questi anni, sono mancati. Ciò vale particolarmente per quanto riguarda la certezza delle risorse finanziarie. Quello delle risorse finanziarie è un aspetto molto singolare, perché anch'esso può essere valutato con criteri di giudizio differenti. Se si esprime un giudizio rispetto ai bisogni, con riferimento cioè ai fondi che occorrerebbero, il divario tra i bisogni e le disponibilità è immenso. Se invece si esprime un giudizio rispetto alla disponibilità e alla capacità di spesa, alla capacità di progettazione, alla capacità di affidamento, alla capacità di controllo dei lavori, alla capacità di collaudo, alla capacità di gestione, questa differenza è molto più piccola e in qualche caso può addirittura diventare negativa, perché la capacità di spesa è modesta. E la modestia della capacità di spesa si collega in larga misura alla fluttuazione delle risorse finanziarie disponibili.

Quando infatti nella finanziaria di un determinato anno si mettono a disposizione, per esempio, 2 mila miliardi e gli enti competenti fanno un programma di spesa, investendo i soggetti interessati del compito di progettare e invitandoli a predisporsi all'attuazione, e poi la finanziaria successiva sottrae risorse alla previsione della finanziaria precedente, si deve tornare da quei signori e dire: "Abbiamo scherzato, vi abbiamo detto che i soldi c'erano e invece non ci sono; quindi i progetti non servono più: ne riparleremo quando i soldi ci saranno". Attraverso questa continua programmazione e "sprogrammazione", questo finanziamento e "sfinanziamento" di opere si finisce per prolungare i tempi in modo inaccettabile, anche perché la gente - consentitemi l'espressione - si scoccia, non ha più fiducia, non si impegna più adeguatamente come è invece necessario per fare le cose in modo serio. Mi rincresce dover dire (l'ho già detto ed è stato riportato anche sulla stampa) che mentre da una parte si è approvato il decreto-legge su Soverato stanziando 200 miliardi di risorse straordinarie, nella finanziaria 2001-2003 vengono sottratti 500 miliardi. Se da una parte diamo 200 miliardi e dall'altra ne leviamo 500, il sistema non può che risentirne, anche perché tutto ciò demotiva la gente e la induce alla sfiducia...".

Oggi, come ieri, e forse, prurtroppo, come domani, c'è un poblema di responsabilità.

". fino a quando si continua a lavorare a partire dal giorno dopo le alluvioni, il sistema non è credibile. Per fare cose serie occorrono tempi da misurare nell'ordine degli anni e, come dicevo, la prima certezza è quella delle risorse finanziarie. L'altro aspetto fondamentale, sempre in termini di metodo, è che il territorio non si guida a distanza: la sua gestione deve essere affidata a chi vi ha i piedi sopra, a chi ci cammina, agli amministratori locali, la cui opinione deve essere sempre tenuta presente e rispettata e ai quali, però, bisogna affidare responsabilità che oggi non hanno....".

"Penso che un piano di bacino possa costituire l'elemento di coesione attorno al quale realizzare il consolidamento del sistema di governo del territorio, a condizione che si verifichi una situazione di diffusione della responsabilità, arrivando alla responsabilizzazione anche degli amministratori locali, cioè dei sindaci, delle giunte, dei consigli comunali. Questa responsabilizzazione oggi non c'è, perché quando accadono eventi come quello di questi giorni i sindaci cavalcano la protesta contro i governi centrali, regionali o statali che siano..".

" Il piano prevede gli interventi, individua i dissesti, prevede un costo attorno ai 20 mila miliardi. Non mi sento di dire che sia questo il costo degli interventi o della richiesta finanziaria da fare. Se ci fossero garantiti 1000 miliardi l'anno certi per dieci anni faremmo cose incredibili. Il fatto è che ne abbiamo 300, che poi diventano 250, e così via. Ma con 1000 miliardi l'anno certi per dieci anni, senza singhiozzi e senza sussulti, si possono fare cose immense.

Bisogna però entrare nell'ordine di idee di stanziare fondi da dare ai privati per lo spostamento degli insediamenti incompatibili (si è cominciato a farlo con la legge n. 677, dopo i fatti del Tanaro, ma ha funzionato poco). Come lezione di questa ultima vicenda, per esempio, la grande preoccupazione alla decisione di abbattimento degli argini golenali consisteva nel fatto che le golene sono densamente abitate e insediate, quindi si danneggiano beni, si toccano i cittadini nella cosa più intima che hanno, cioè la casa, le loro cose..".

La gestione della piena non è cosa da lasciar decidere a chi può avere interessi da difendere, del tutto comprensibili, ma difficilmente sostenibili a fronte di una calamità così grande. Eppure, c'è chi ne ha fatto una questione di principio, mettendo a repentaglio l'interesse generale.

"Già ieri abbiamo avuto difficoltà ad abbattere i margini golenali nella zona di San Benedetto, che pure è una golena con un volume di invaso di 34 milioni di metri cubi, perché abbiamo incontrato forti resistenze delle stesse forze della protezione civile (nella golena abitano 500 persone). Lo dico con rammarico, ma ritengo doveroso dirlo, perché considero grave che, di fronte al fatto che l'ente dello Stato che gestisce il servizio di piena dice che l'argine deve essere abbattuto, questo dovrebbe essere fatto. Abbiamo invece incontrato resistenze per oltre 16 ore e alla fine l'argine è stato abbattuto perché è intervenuto il sottosegretario per l'Interno che si trovava sul posto".

Una giusta osservazione da parte di un commissario.

FRANCESCO FORMENTI Il vero dramma di tutto questo settore è costituito dai tempi lunghi di attuazione, che non coincidono con i tempi della politica, che sono molto più brevi: un politico ama l'immediatezza delle cose per cui, dopo che l'evento si è verificato, chiede le sovvenzioni e le agevolazioni, ma non ha la mentalità per vedere più in là del proprio naso e per fare dei programmi a lunga scadenza.

L'escavazione in alveo

Questo è il tema principale, il leit motiv che si ripete immancabilmente ad ogni episodio di piena, e che vede scontrarsi due ideologie. Non a caso l'audizione si aperta con un lungo battibecco tra il Presidente della Commissione, Sauro Turroni (Verdi) e un esponente del Polo delle Libertà, Roberto Radice, già Ministro dell'Ambiente nel 1994 e padre della legge di condono bis. Passino chiede di mettere al bando le ideologe e di valutare l'argomento con cognizione tecnica, senza emotività.

"E' doveroso che io tratti il problema degli inerti, perché si tratta di un problema importante. Io ho spinto la struttura (e me ne assumo la responsabilità in piena coscienza) ad occuparsi molto di questo che - ripeto - è un problema molto grave, fermo restando, ovviamente, che i materiali inerti si devono prelevare perché servono e sono indispensabili per realizzare le cose per cui vengono utilizzati. Anche al riguardo - torno ai discorsi di carattere generale - bisognerebbe a mio avviso riconoscere, con equilibrio, che quando ci si trova di fronte ad una situazione fortemente degradata, che è il risultato di inadempienze di decenni, la soluzione non può essere trovata a colpi di bacchetta magica.

Occorre impostare una pianificazione caratterizzata innanzitutto dalla gradualità ma anche dalla tolleranza, nel senso che si deve prendere atto della situazione di fatto e degli interessi che essa sottende, dal momento che con i vincoli, con le gride e così via non si ottiene niente. Tornerò poi su questo punto con riferimento ai problemi del governo locale. Spero sia evidente (chi non avesse chiaro questo concetto se ne può accertare) che il lavoro da noi svolto è professionale e competente, totalmente privo di motivazioni di carattere ideologico (ci mancherebbe!). Le convinzioni alla base delle proposte che noi avanziamo sono le risultanti di analisi tecnico-economiche.

Come forse sapete, sulla questione della regolamentazione del prelievo degli inerti abbiamo adottato anche dei provvedimenti. Abbiamo promosso una maggiore attenzione e abbiamo frenato la faciloneria con cui venivano rilasciate le concessioni. Con riferimento a queste ultime devo però sottolineare un aspetto molto grave. Rispetto alla quantità di materiale prelevato nel bacino, quello prelevato sulla base di autorizzazione non raggiunge il 10 per cento: il 90 per cento è abusivo! Purtroppo è così. Il prelievo di inerti dal bacino compatibile con l'equilibrio del bacino stesso (e sono valutazioni caute) è intorno ai 5-6 milioni di metri cubi di inerti all'anno.

Devo dire che le azioni che abbiamo svolto - non da soli - un po' di freno lo hanno posto, per cui le misure che abbiamo adottato in termini di erosione e di abbassamento d'alveo - abbiamo una statistica multidecennale - indicano che, da circa tre anni a questa parte, vi sono una specie di stop all'ulteriore abbassamento e qualche debole segnale di inversione (parlo in termini medi, non in termini locali, evidentemente)".

Sbarramenti, disalvei e sovralluvionamenti

"Un altro grosso problema che influisce negativamente è la presenza di alcuni sbarramenti lungo il corso d'acqua, che naturalmente costituiscono delle barriere alla propagazione del trasporto solido. Però, scendendo nel campo dell'analisi puntuale di questi problemi, la polemica si gioca sull'uso di due parole: sovralluvionamento, disalveo.

Veniamo alla prima: i sovralluvionamenti ci sono, però vi sono situazioni in cui sono benèfici, altre in cui sono malèfici. In quest'ultimo caso vanno tolti, mentre nel primo vanno lasciati come sono. Malèfici sono quando possono determinare modificazioni della propagazione della piena che investono situazioni circostanti il corso d'acqua. In quei casi vanno rimossi. Nel bacino del Tanaro, dopo l'alluvione del 1994 abbiamo autorizzato la rimozione di 10 milioni di metri cubi di inerti - dico 10 milioni -, cioè due volte il budget annuale di tutto il bacino. Devo ammettere che sarebbero dovuti essere un po' meno e che nell'arrivare a 10 si è stati in qualche modo influenzati dalla grande offensiva di opinione che in quel momento si era determinata.

Disalveo: il disalveo squilibra il fiume perché ne aumenta la capacità di invaso; quindi, la maggior portata sull'asta del fiume di questo evento è in parte - sottolineo "in parte" - ascrivibile ai disalvei effettuati, perché la minor quantità di acqua uscita sui terreni circostanti si è tutta riversata sul fiume.

La spiegazione tecnica trae le sue fondamenta dallo studio e approfondimento, non dalle spinte ideologiche.Così continua il Prof.Passino.

Schematizzando e semplificando, il problema qual è? Un materasso alluvionale, chiamato impropriamente sovralluvionamento, è una sorta di magazzino di materiale inerte che alimenta il trasporto solido a valle. Se a valle esiste un manufatto, come un ponte o un argine, comunque una struttura che poggia su fondazioni, fintanto che queste ultime restano protette da un materasso di inerti reggono; quando si elimina l'alimentazione di inerte a monte, l'acqua a valle erode, scopre le fondazioni, che vengono scalzate, e, quando arriva l'onda di piena successiva, l'opera crolla. Qui non è questione di verde, di giallo, di rosso o di bruno. Questa è una questione tecnica, di visura. Se verrete a Parma vi faremo vedere una documentazione fotografica impressionante di scalzamenti di fondazioni. In questa vicenda di alluvione sono crollati ponti di cui avevamo fotografato lo scalzamento delle fondazioni 15 giorni fa! Dunque, o è così o non è così. Se non è così, siamo degli imbecilli da mandare a casa perché facciamo danno. Se è così, va riconosciuto da tutti, perché è una cosa priva di motivazioni di carattere ideologico.

Siccome gestire e regolamentare queste cose è molto complicato e difficile perché i rapporti con la pubblica opinione sono complicati, a noi serve il supporto di tutti. E francamente ci dispiace e ci indebolisce quando, viceversa, da sedi istituzionali - chiamiamole così - abbiamo opinioni esattamente contrarie. Anche amministrazioni locali, per esempio. Dopo di che, quando poi si va a guardare, si vede che uno ha un'impresa per il prelievo di inerti, che un'altra c'è l'ha il cognato, un'altra ancora il figlio (lo giuro, non dico balle, quello che so lo dico tutto); oppure si scopre, e posso farvi vedere l'esercizio, che le zone di sovralluvionamento - ma guarda un po'! - sono sempre entro due o tre chilometri dai frantoi dei cavatori di inerti, il che la dice ovviamente lunga sull'affidabilità del sistema di gestione, perché quando, viceversa, esso è affidabile, è più facile dire sì, mentre quando uno si sente scoperto sul versante del sistema di gestione, è indotto a cautelarsi maggiormente e, quindi, ad usare un metro di giudizio più severo.

FRANCESCO FORMENTI... Relativamente a quanto diceva da un punto di vista strettamente tecnico il professor Passino, a proposito della massa d'acqua che ha una velocità inferiore al normale, prima avevamo fatto una piccola discussione sull'escavazione del fiume e sulla sua sezione per operare un confronto con la portata e la velocità. La mancanza di velocità è facilmente spiegabile: in alcune zone l'erosione e l'escavazione hanno aumentato la portata della sezione del fiume, ma in altre, non essendo avvenuto questo fenomeno il deposito dei detriti ha svolto la funzione di diga subacquea ed ha bloccato la velocità.

ROBERTO PASSINO, So che lei è un tecnico: venga a trovarci e le faremo vedere tutto!

FRANCESCO FORMENTI. Posso anch'io portarla a vedere qualcosa, sul fiume, però, non negli uffici! Lei ha affermato che sono state fatte molte opere di difesa: è vero e moltissime si sono rivelate dannose proprio per la difesa del fiume. Lei sa che tutti i fiumi, dal più grande al più piccolo, hanno i laminatoi, delle aree dove naturalmente avveniva l'esondazione, e le aree di golena, anche artificiali, dove venivano convogliate le acque per diminuire le piene: oggi siamo di fronte ad un'eliminazione naturale di situazioni che una volta paravano il colpo delle esondazioni e delle piene. L'opera dell'uomo ha fatto sì che molte di queste opere naturali venissero a mancare. È difficile oggi allontanare le attività da alcune zone di fronte al pericolo costante di alluvioni ogni due anni, ma è uno dei tentativi che dovremmo fare.

ROBERTO PASSINO, Ci vogliono vent'anni!

FRANCESCO FORMENTI. Lo so, ma purtroppo la coincidenza dei tempi non corrisponde e molto probabilmente l'azione da lei proposta sarà difficilmente attuabile.

Le strutture di controllo

E veniamo all'ultimo punto, quello dei controlli. Ogni qualvolta si pone un problema, sia di carattere locale che di interesse nazionale, scatta l'interrogativo sulla quantità o qualità dei controlli. Questo, che è anche l'argomento da cui trae le mosse la realizzazione del sito in cui state navigando, è un efficace, quanto ipocrita, espediente per sviare l'attenzione dalle vere responsabilità. La dimostrazione sta nella sistematica dimenticanza con la quale si archiviano le richieste di incremento di organici dei vari soggetti deputati al controllo, genericamente inteso, e questo anche a pochi mesi di distanza dagli eventi luttuosi. Solo in occasione di queste disgrazie veniamo infatti a conoscere che...

"Per quanto riguarda le insufficienze di organico, la più macroscopica è quella del Magistrato del Po, il cui valore e la cui indispensabilità credo siano stati ampiamente dimostrati proprio in occasione di quest'ultimo evento di piena: è al di sotto del 50 per cento, fra l'altro in una situazione critica collegata al passaggio dell'istituzione dallo Stato alle regioni, operazione nel corso della quale bisognerebbe garantire che fosse assicurato l'esercizio delle funzioni che devono essere svolte, che è molto più importante del fatto che un organo rientri nella competenza statale o regionale. Infatti, se un organo è tecnicamente adeguato e svolge bene le funzioni che servono, il problema dell'azionista - se lo vogliamo chiamare così - si stempera in qualche modo.

Alla fine di quest'evento alluvionale, la legge prevede una sorveglianza di 36 ore delle zone colpite, previsione per attuare la quale sarebbero necessarie 110 persone, mentre ve ne sono solo 40, che quindi bisognerebbe far lavorare su turni di 24 ore".

La discussione

Si apre la discussione. Sono riportati solo alcuni brani, parte cioè di quegli interventi che si distinguono come "massa critica" dal resto, quelli che presentano i maggiori elementi di concretezza, o di novità. Per un resoconto completo si rimanda al testo stenografico della seduta parlamentare.

FRANCO GERARDINI ...Mancano i piani regionali delle cave che spesso non si fanno proprio per coprire la gestione poco trasparente della attività di prelievo degli inerti, per tanti anni completamente gratuita e quindi ad elevata rendita economica; in proposito a mio parere c'è una chiara responsabilità delle regioni che non hanno realizzato i piani delle cave e soprattutto delle autorità preposte ai controlli che non li hanno svolti. Non so sino a che punto tali autorità siano state conniventi se non colluse in questa mancanza di controlli: in tante situazioni ci sono state omissioni e quindi prelievi di inerti e di sabbia molto superiori rispetto ai quantitativi autorizzati.

Il decreto legislativo n. 112 attribuisce una serie di competenze alle agenzie per la protezione ambientale al livello nazionale e regionale, un sistema che deve ancora esprimere pienamente tutta la sua efficacia. A questo punto è necessario accelerare le procedure di realizzazione del sistema dei controlli, ma forse sarebbe opportuna anche un'attenzione maggiore da parte della magistratura.

Rimane il grande problema di questo paese, vale a dire la manutenzione del territorio. Abbiamo bisogno di dire con i fatti che la manutenzione del territorio deve essere la prima opera pubblica del paese; troppe volte infatti sono state fatte dichiarazioni poi disattese. Dobbiamo responsabilizzare tutti su questo problema affinché ognuno per la propria parte ( regioni, province, comuni) istituisca un fondo per la manutenzione del territorio; mi farei promotore nei confronti delle associazioni di province e dei comuni e nella Conferenza Stato-regioni dello studio di un meccanismo tecnico-finanziario tale per cui una parte del bilancio di queste istituzioni sia destinato a questo scopo. L'Atto Camera n. 7280 prevede l'istituzione di un fondo pari al 10 per cento delle risorse che vanno ai comuni dalle leggi sulla difesa del suolo, ritengo però che possa essere quadruplicato con un apporto specifico degli altri livelli istituzionali.

ROBERTO PASSINO Credo che il primo debba consistere nel rafforzare le strutture pubbliche che hanno competenze e responsabilità nel settore e nel migliorarne la capacità tecnica, soprattutto richiamando all'interno delle strutture pubbliche una capacità progettuale superiore a quella esistente. Per promuovere tale capacità progettuale con le opportune collaborazioni anche esterne penso che gioverebbe istituire, anche con gli stanziamenti della legge n. 183, un fondo di progettazione da poter utilizzare a rotazione, indipendentemente dagli stanziamenti annuali a valere sulla legge citata. È una previsione contenuta nella legge n. 109, che auspicherei fosse estesa alla legge n. 183.

Come ho detto nella mia esposizione iniziale, non giudico negativamente il fatto che vi siano diversi e numerosi livelli di governo del territorio; una buona pianificazione non può passare che attraverso il riconoscimento di interessi contrastanti nel governo del territorio e tali interessi debbono essere rappresentati e compiutamente valutati. Il problema è quello di mediare tra gli interessi in oggetto e di trovare soluzioni di tipo ottimale. Quando vi è certezza di programmazione e di prospettiva, i consensi si ottengono più facilmente e quindi, a mio avviso, la via del consenso passa attraverso la chiarezza delle analisi e la certezza degli obiettivi, perché ciò consente poi di indirizzare i differenti livelli di governo verso i medesimi obiettivi, con il che la collaborazione è maggiormente conseguibile. Rispetto all'obiettivo di coinvolgere le amministrazioni locali nella pianificazione, che considero un risultato di grande importanza, credo che sia opportuno impiegare più tempo rispetto al previsto che non affrettarne il raggiungimento parziale, facendo qualcosa senza avere partecipazione e consenso. In relazione alla valutazione del rischio ed alla conseguente apposizione di eventuali vincoli, possono esserci imperfezioni derivanti dal livello di approssimazione, inevitabile quando un problema è trattato a livello centrale; allora la partecipazione dell'ente locale nella fase di consultazione serve a correggere le imperfezioni.

Per ciò che concerne il tema della manutenzione, mi permetto di richiamare la vostra attenzione su un fatto che l'esperienza di questi anni mi ha indicato come determinante. Rilanciare la manutenzione, più che un problema di stanziamento di fondi è un problema di ricostituzione di quella minuta rete di piccole imprese, spesso a carattere familiare, che un tempo lavorava sul territorio con competenza e capacità. Tale rete di piccole imprese è scomparsa nel periodo in cui si è andati alla concentrazione dei fondi disponibili verso i grandi appalti e le grandi opere. Aggiungo che i fondi destinati alla manutenzione dalle programmazioni finanziarie fatte in questi anni sono rimasti senza impiego proprio per la mancanza degli operatori. Si trattava di Imprese che avevano bilanci annuali di qualche centinaio di milioni, che tuttavia erano fonte di reddito per varie famiglie e fornivano uno strumento operativo efficace per effettuare la manutenzione degli argini, la sfalciatura, il taglio degli arbusti e degli alberi. Qualcuno ha fatto riferimento agli alberi abusivi che, in quanto tali, vanno tagliati e non salvati a tutti i costi solo perché sono alberi: infatti spesso si oppongono alla libera espansione della piena. Anche in questo caso ci sono situazioni in cui la loro presenza può essere negativa e non si può pretendere che tali problemi siano affrontabili con un piano di bacino: sono questioni che devono essere risolte dai gestori locali del corso d'acqua.

Sul discorso dei livelli di Governo e del rapporto fra decentramento ed accentramento, consenso od autoritarismo, ho espresso un'idea personale: un conto è come ci si propone di passare dallo stato attuale a quello auspicato ed un conto è l'obiettivo, per il quale la mia personale opinione è che la gestione debba essere a carattere locale, a condizione che si garantisca quella diffusione di responsabilità che mi sembra essenziale.

RENZO PENNA ... Rispetto alle disfunzioni di cui lei ha parlato, professor Passino, devo dire che mi ha lasciato stupefatto la problematica degli inerti. I sovralluvionamenti o i disalvei vanno consentiti in una logica globale di gestione del territorio e del bacino, quindi in assoluto non si può dire che siano positivi o negativi, vanno commisurati all'esigenza di assicurare il miglior deflusso delle acque. Su questo non vi è dubbio. Diciamo che i sovralluvionamenti o i disalvei devono avvenire nella misura giusta e dovuta, per cui non è possibile condannarli o assolverli a priori. Ciò che mi lascia stupefatto è che la parte autorizzata sia solo il 10 per cento di quella che viene prelevata. Riesco infatti a immaginare un pescatore abusivo, che nascosto dietro un albero cerca di prendere qualche pesciolino in una zona vietata alla pesca, ma per prelevare il 40 per cento di inerti non autorizzati occorrono attrezzature e macchinari, per cui non penso che ciò possa essere fatto senza essere notati da qualcuno che pur deve vigilare. Questa mancanza di controllo, pertanto, va assolutamente denunciata nel modo più opportuno anche ad altri organi, non solo al Parlamento e al Governo.

ROBERTO PASSINO... Vi porto un esempio tra tanti di una situazione ripetitiva: una cava privata al di fuori dell'area fluviale che presenta una richiesta di costruzione di un canale temporaneo di collegamento della cava stessa con il fiume, per fare il trasporto degli inerti per via mare invece che su gomma (motivazione del tutto condivisibile). Alla cava viene accordata una concessione temporanea di attracchi lungo il fiume per far approdare i mezzi che attraverso il fiume vanno a prelevare gli inerti nella cava privata, li portano al pontile e di qui il resto viene caricato su camion, e quindi viaggia su gomma. La cava privata è esaurita da anni, ma vi è una continuazione della concessione, magari scaduta e non cessata; un natante attrezzato con un meccanismo sul fondo che, durante il viaggio di andata e ritorno, succhia la sabbia dal fiume, la separa dall'acqua lungo il percorso, arriva al pontile e scarica sabbia presuntivamente prelevata dalla cava, in realtà prelevata dal fiume lungo il percorso. È un sistema praticato tutto lungo il Po. Per chiarire questa situazione debbo dire che i cavatori non hanno tutti il medesimo comportamento, ci sono anche quelli che si comportano correttamente e che vengono da noi a dire che facciamo fare loro la figura dei fessi in quanto, comportandosi correttamente, vengono penalizzati.

FRANCESCO FORMENTI. Professor Passino, lei ha detto che (nell'estrazione di inerti) il tollerato sarebbe di 5 o 6 milioni, ma non ha detto quale sarebbe l'effettivo.

ROBERTO PASSINO, Quello compatibile è intorno ai 5 milioni, diversamente distribuito sul territorio. L'autorizzato è di circa 2,5 milioni, mentre il prelevato si aggira sui 25 milioni.

In conclusione, sempre sul fronte dei controlli, serve ricordare un fatto accaduto proprio in questi giorni a Boretto, sulla sponda reggiana del Po. Qui la Guardia costiera ausiliaria (una organizzazione non lucrativa di utilità sociale nata nel marzo del '99 davanti al ministro Tiziano Treu e al sottosegretario Franco Barberi, grazie all'accordo tra Consolato del mare, Società nazionale di salvamento, Assonautica e Fir-Cb alla quale è affidata anche la vigilanza sull'ambiente, oltre a sicurezza della navigazione, salvaguardia della vita umana, soccorso e prevenzione degli incidenti di navigazione, assistenza per tutto quanto riguarda la sicurezza e anche assistenza sanitaria) aveva denunciato alla Guardia di finanza e all'Arpa (agenzia regionale prevenzione e ambiente) una escavazione abusiva di ghiaia sulle rive del Po, tra Boretto e Brescello, e la presenza di una chiazza oleosa nello stesso tratto del fiume. La «ritorsione mafiosa» si è fatta attendere poche ore: la barca della Guardia costiera è stata affondata da ignoti. L'hanno trovata sulla sponda mantovana, all'altezza di Dosolo, con 18 buchi fatti presumibilmente con un palanchino di ferro. «Da anni si dice che occorre un maggior controllo del territorio e una maggiore salvaguardia del Po - dice Renato Pecunia, dirigente dell'associazione - ma evidentemente abbiamo rotto le scatole a qualcuno. Però il fiume non è dei privati. Qualcuno invece pensa che sia di sua proprietà e ci lavora come gli pare». (dalla Gazzetta di Reggio di sabato 21 ottobre).

 

home page
l'autore
mappa del sito
tutti i links

 

nuovi insediamenti
autorizzazione int.
relazione geologica
scarichi idrici
spandimento liquami
rumore
rifiuti
serbatoi industriali
rischi industriali
val.impatto ambient.

 

news
leggi e sentenze
chiarimenti
interventi