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IL CONTROLLO DEI REGISTRI DI CARICO-SCARICO E DEI FORMULARI DI ACCOMPAGNAMENTO DEI RIFIUTI
A distanza di qualche anno dall'emanazione del Decreto Legislativo n.22, conosciuto come Decreto Ronchi, si può tentare qualche valutazione sull'effettività ed efficacia delle norme che sono state pensate per governare il problema dello smaltimento dei rifiuti in Italia.
Tra i diversi elementi che compongono il puzzle normativo e che in questi anni sono stati così sviscerati, rilevandone sia gli aspetti negativi che positivi, pochi sono stati i commenti dedicati appositamente ai due oggetti descritti nel titolo. Eppure, a ben vedere, si tratta di due strumenti che non sono stati toccati solo marginalmente dalle novità del Ronchi, ma hanno subito una profonda revisione. In particolare ne è stata accentuata il carattere di fedeltà e riproducibilità rispetto alle diverse fasi di gestione che subisce un rifiuto, dalla culla alla tomba. Tutto ciò evidentemente sulla base di una costante che si è presentata in tutti i procedimenti penali aperti per violazione alle norme di smaltimento, la mancanza di notizie certe sulla qualità e quantità dei rifiuti in gioco.
Sia chiaro, in premessa. Anche l'accresciuta incisività dello strumento non impedisce a chiunque di svolgere traffici illeciti di rifiuti o smaltimenti illegali, è sufficiente ignorare del tutto gli obblighi relativi a registrazione e trasporto, o redigere dei falsi. Determinate realtà potranno continuare a nascere e prosperare e solo un intervento di modifica del codice penale vigente, quello per intenderci dell'introduzione dei delitti contro l'ambiente, potrà garantire lo strumentario investigativo (intercettazioni telefoniche e ambientali) e le misure cautelari interdittive e personali che sarebbero certamente giustificate nei casi più gravi.
Tuttavia se solo un anello della catena mostrerà di volersi distinguere nella successione delle omissioni allora, forse, le probabilità di interrompere questi flussi occulti saranno maggiori.
Quello che si vuole discutere invece in questa sede è se, così come sono stati ripensati, registri e formulari sono migliorati come mezzi per il controllo della gestione rifiuti, a latere di fenomeni di illegalità diffusa che, abbiamo detto, devono essere contrastati con misure più incisive.
Relativamente a modi e termini della registrazione molte sono le novità rispetto a un passato normativo che prendeva le mosse dal "vecchio" decreto presidenziale n.915 del 1982.
Prima di tutto le cadenze di registrazione.
"Le annotazioni devono essere effettuate:
per i produttori almeno entro una settimana dalla produzione del rifiuto e dallo scarico del medesimo;
per i soggetti che effettuano la raccolta e il trasporto almeno entro una settimana dalla effettuazione del trasporto;
per i commercianti e gli intermediari almeno entro una settimana dalla effettuazione della transazione relativa;
per i soggetti che effettuano le operazioni di recupero e di smaltimento entro ventiquattro ore dalla presa in carico dei rifiuti."
La novità è rilevante. Anche se differenziato secondo i ruoli diversi rivestiti dalle categorie descritte il solo stabilire un termine per datare quantità e qualità del rifiuto prodotto, trasportato, smaltito o recuperato, costituisce un netto cambiamento rispetto alla situazione antecedente, priva di qualsiasi indicazione a proposito.
La misura è positiva. Incide sia sotto il profilo comportamentale che gestionale. Il primo effetto è infatti quello di indurre il soggetto detentore a razionalizzare i percorsi. Nel caso più semplice, quello del produttore, significherà dover esercitare una sorveglianza sulle modalità di formazione del rifiuto, sulla sua raccolta e quantificazione in itinere.
Alla luce dei tempi obbligati della registrazione diventa infatti indispensabile una strategia. Quando il rifiuto si forma, come lo si raccoglie, quando lo si trasborda, come lo si deposita e conferisce. E' necessario un sistema di pesatura o si può ovviare mediante l’utilizzo di contenitori a volume noto. Per es., in caso di rifiuti liquidi raccolti in cisterna, sopra o sottoterra, per poter ricavare il dato relativo al volume riempito converrà disporre di un’asta graduata o, ancor meglio, installare un indicatore di riempimento.
E' certo che nelle imprese dove non si sono fatti passi avanti verso un "govermo" dei rifiuti prodotti, razionalizzando modi e termini per garantire le cadenze di registrazione, la novità introdotta dall'art.12 del Ronchi troverà scarsa attuazione. Nessuno può ragionevolmente sostenere che la misurazione settimanale effettuata mediante stima volumetrica sia una valida alternativa alla pesatura del rifiuto, tuttavia la mancata annotazione non può mai giustificarsi, anche se la legge non prevede espressamente la dotazione di tali strumenti di precisione.
E' peraltro vero che il formulario di trasporto prevede la possibilità del "peso da verificare a destino", proprio in ragione delle difficoltà dette, tuttavia è una eventualità rara che i conferimenti siano a cadenza settimanale. Non fa quindi al caso. Si può comunque ancora sottolineare come lo stesso formulario preveda l'indicazione della quantità di rifiuto trasportato anche in unità di volume: di qui, per analogia, un suggerimento all'adozione della stima volumetrica per le annotazioni di "carico" sul registro.
Se queste modalità alternative possono essere giustificate in una realtà aziendale di modeste dimensioni, diverso è il caso di cicli produttivi in cui ingente sia il quantitativo giornalmente prodotto. In specie nelle imprese che effettuano la gestione di rifiuti prodotti da terzi, particolarmente quando si tratti delle operazioni intermedie di deposito preliminare o messa in riserva, l'installazione di un sistema di misurazione del peso dovrebbe essere scelta irrinunciabile dell'amministrazione competente, ai fini del rilascio dell'atto di assenso.
Secondo punto a favore, l'integrazione di registri e formulari: i registri devono essere necessariamente integrati con i formulari relativi al trasporto dei rifiuti. L'accertamento deve cioè poter essere svolto incrociando i dati e quindi avendo la disponibilità di tutti i formulari riferiti a quel registro, magari agganciati in apposito raccoglitore.
Terzo, il modello uniforme: la trascrizione deve avvenire su modello uniforme di registro di carico e scarico. Cioè a dire le informazioni devono essere quelle previste negli spazi appositi, né una di più né una di meno.
Per quanto riguarda il terzo punto, le specifiche sono dettate l'anno seguente, al momento dell'emanazione del decreto ministeriale n.148, aprile 1998. La lista delle informazioni richieste è così completata:
Vi sono tuttavia alcune critiche da sollevare.
La prima è relativa alla voce "luogo di produzione e attività di provenienza del rifiuto". La sua compilazione è obbligatoria solo per i soggetti che effettuano attivita' di manutenzione a reti diffuse sul territorio e tengono i registri presso unita' centralizzate o di coordinamento ai sensi dell'articolo 12, comma 13 bis del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
E' un dato che verrà a mancare da ora in poi, quando per anni, grazie alla diffusione dei modelli in commercio, era stato indicato. L'accertamento della provenienza del rifiuto deve quindi essere svolta formulario per formulario, con le comprensibili ricadute in termini di dispendio di tempo e risorse per gli organi di controllo.
Tuttavia si può osservare anche come, a volte, sia lo stesso compilatore del registro a volere continuare nella "tradizione", intenzionato ad avere sempre un quadro completo delle informazioni relative ai diversi passaggi. Questo comportamento è un significativo indicatore circa l'attenzione posta alle novità introdotte con l'art.12.
Una seconda critica ha a che fare con i riferimenti alle operazioni di carico e alle modalità di deposito. Viene richiesto di incrociare un quantitativo noto di rifiuti conferiti a imprese terze, estratto dal corrispondente formulario, con le operazioni di carico ad essi riferibili. Si vorrebbe cioè rendere deducibile, con le quantità descritte in un formulario di scarico, l'equivalente valore in peso ottenuto dalla somma aritmetica di uno o più carichi, quelli identificati nel registro dal n° delle operazioni corrispondenti.
Per maggiore chiarezza si proverà a dare un esempio.
carico del n. 1 |
caratteristiche del rifiuto |
quantità kg 250 |
luogo di produzione |
annotazioni |
carico del n. 2 |
caratteristiche del rifiuto |
quantità kg 350 |
luogo di produzione |
annotazioni |
carico del n. 3 |
caratteristiche del rifiuto |
quantità kg 120 |
luogo di produzione |
annotazioni |
carico del n. 4 |
caratteristiche del rifiuto |
quantità kg 160 |
luogo di produzione |
annotazioni |
carico del n. 5 |
caratteristiche del rifiuto |
quantità kg 200 |
luogo di produzione |
annotazioni |
scarico del formulario n. rif.operazioni di carico: 1,2,3,4, 5 |
caratteristiche del rifiuto |
quantità kg 1080 |
luogo di produzione |
annotazioni |
La prima osservazione riprende quanto già detto a proposito dei problemi di misurazione del peso. I valori di carico sono necessariamente approssimativi, salvo rari casi, laddove, come detto, si ritiene imprescindibile l'adozione delle necessarie attrezzature. Così non i valori di scarico, la cui precisione usufruisce del "peso da verificare a destino". I quantitativi conferiti all'esterno potranno pertanto discostarsi dalla somma aritmetica delle operazioni di riferimento, senza che sia possibile eccepire.
Mentre questo scostamento potrà con il tempo ridursi, man mano che la metodologia di misura adottata si affinerà sulla scorta dei riscontri di peso effettivo, permarrà invece un difetto. Poiché i rifiuti mancano di una "carta d'identità", equivalente a quella prevista per le merci (numero di lotto, banda magnetica o simili), il riferimento alle operazioni di carico rimane annotazione del tutto astratta, non ricollegabile a questo o quel contenitore.
L'astrazione dal contesto è ancora più evidente quando si tratta di deposito di rifiuti in cumuli. Chi, in questi casi, può dirsi in grado di contraddistinguere i rifiuti descritti nell'operazione di carico n° 3 da quelli della n° 4? Chi può dimostrare che i rifiuti conferiti sono quelli e non altri? C'è una rilevante sproporzione tra forma e sostanza e il divario non è colmabile se non con un intervento del legislatore. A meno di non considerare questa una preoccupazione eccessiva, come probabilmente è, nella presunzione che tutte ( o quasi ) le imprese tengano al rispetto della legge.
A questo punto, se si concorda con l'inutizzabilità delle annotazioni appena descritte, si può pensare ad una semplificazione, almeno nell'ambito delle imprese che producono rifiuti. Invece dell'annotazione dei carichi si provi a riflettere sulla registrazione delle giacenze: settimanalmente si andrà così a quantificare e annotare il valore complessivo del rifiuto detenuto, cioè la risultante di carichi e scarichi. Si pensi al risparmio di tempo che può significare, sia per chi è incaricato alla registrazione che per chi è deputato al controllo.
Se invece si ritiene tali annotazioni indispensabili, come garanzia a tutela di fenomeni di traffico illecito, allora rimane inevitabile il ricorso ad una forma di "collare di riconoscimento" da adottarsi per tutti i contenitori di rifiuti, i quali non potranno più essere movimentati alla rinfusa.
E' di recente stata presentata l'iniziativa ANPA relativa al brevetto di un nuovo sistema telematico che sarà gestito dalle Camere di Commercio, il CHECKrif, sulla base del quale il mondo delle imprese potrà abbandonare tutti gli obblighi di trascrizione in favore di transazioni informatizzate. Vedremo se questa soluzione si presterà anche ad una maggiore efficienza dei controlli.
Per concludere, ritendola cosa utile, si fornisce un esempio di lista di controllo sulla base della quale svolgere gli accertamenti sulle modalità di tenuta dei registri di carico-scarico.
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