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INFORMATIVA URGENTE DEL GOVERNO SULLE ALLUVIONI DEL NORD ITALIA
Diamo ampi stralci della seduta camerale n. 792 del 17/10/2000 dedicata all'informativa urgente del Governo sulle alluvioni nel nord Italia. Tutto il resoconto stenografico, compresi gli interventi dei parlamentari, può essere letto sul sito della Camera. I contenuti della relazione del Sottosegretario dell'Interno, dr.Aniello di Nardo, presentano un rilevante interesse sotto il profilo della descrizione delle cause del disastro e del funzionamento complessivo della macchina dei soccorsi. La seduta inizia alle ore 12.00 con il Presidente della Camera che dà la parola all'On. Di Nardo...
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sulle alluvioni nel nord Italia. Dopo l'intervento del sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Di Nardo, potrà intervenire un deputato per gruppo per cinque minuti, nonché un rappresentante per ciascuna delle componenti del gruppo misto. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'interno.
ANIELLO DI NARDO, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Desidero innanzitutto comunicare che il ministro Bianco non potuto intervenire perché si è dovuto recare ad un incontro con gli altri ministri dell'interno della Comunità: si scusa per la sua assenza, perché voleva venire personalmente a rendere questa informativa.
Di qui in avanti la descrizione dell'eccezionale evento metereologico
L'intenso fenomeno meteorologico che ha causato la situazione di emergenza in atto ancora in queste ore è iniziato nella giornata del 12 ottobre e non si è ancora concluso. Complessivamente, nelle regioni Piemonte e Valle d'Aosta sono caduti, fino alle ore 8 di questa mattina, oltre 400 millimetri nelle 60 ore di pioggia, con punte di intensità che vanno fino a 600 millimetri nelle 60 ore, con massimi orari di 30-40 millimetri a ora. Dal punto di vista meteorologico, le precipitazioni di questi giorni presentano diverse analogie con gli eventi alluvionali che hanno interessato il nord Italia nel recente passato (il 23-25 settembre 1993 e il 4-6 novembre del 1994), anche se l'evoluzione in questi tre casi non è stata identica. Tutti e tre gli eventi sono caratterizzati dall'approssimarsi di un'ampia e profonda saccatura atlantica il cui spostamento verso est è frenato da un'area di alta pressione sui Balcani. L'effetto concomitante di queste misure, unito alle temperature ancora elevate delle superfici del Mediterraneo, determina un afflusso intenso e persistente di aria calda ed umida da sud verso l'Italia settentrionale.
Le correnti di scirocco, oltre a determinare una marcata instabilità atmosferica, provocano anche un rialzo dell'altezza dello zero termico, per cui le precipitazioni assumono carattere di pioggia anche in alta montagna, incrementando gli afflussi nei bacini a valle anche per il concomitante scioglimento di neve e ghiaccio. L'esatta localizzazione e durata dei tre eventi è dipesa dall'evoluzione del campo di pressione al suolo, che è stata alquanto diversa nei tre eventi considerati. A causa della sua maggiore durata e persistenza, tuttavia, l'evento del 2000 ha fatto registrare nei tre giorni più critici sotto questo aspetto - cioè dal 13 al 15 ottobre - maggiori quantità totali di precipitazioni, anche con una distribuzione abbastanza uniforme nell'arco dei tre giorni. Nel 1994, al contrario, i danni maggiori furono provocati da violentissime precipitazioni temporalesche concentrate in poche ore sui rilievi alpini del basso Piemonte e della Liguria.
L'allerta della Protezione Civile
I gravissimi fenomeni alluvionali e i connessi dissesti idrogeologici ancora in corso hanno interessato fin dal 14 ottobre ampie zone del nostro territorio, per le quali il dipartimento della protezione civile aveva già dall'11 ottobre provveduto ad emettere un avviso di avverse condizioni meteo, destinato alle regioni Valle D'Aosta, Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, che erano valevoli per le successive 24-48 ore. L'avviso emesso segnalava livelli di precipitazioni prevedibili sui 200-220 millimetri nell'arco delle successive 24 ore. All'avviso diramato il giorno 11 a partire dalla 11,45 hanno fatto seguito altri avvisi, bollettini ed aggiornamenti diramati quasi senza soluzione di continuità il 13, il 14 ed il 16 ottobre. Gli avvisi attivano le procedure previste dalla direttiva operativa per le emergenze di protezione civile entrata in vigore dal 1996.
Bollettini puntuali e precisi sono stati diramati alle prefetture, alle province ed ai comuni dai servizi tecnici della regione Piemonte ed hanno consentito di predisporre misure di prevenzione in tutto il territorio interessato. Nella giornata di sabato 14 ottobre il dipartimento della protezione civile ha anche ripetutamente diffuso, d'intesa con le regioni, inviti ai cittadini a non mettersi in viaggio sulle strade del Piemonte, della Valle D'Aosta e della Liguria. L'invito è stato, per fortuna, largamente accolto e questo ha alleviato in parte i problemi nella fase di emergenza.È stato finora accertato il decesso di tredici persone, delle quali dieci in provincia di Aosta, una in provincia di Torino, una in provincia di Verbano-Cusio-Ossola ed una in provincia di Savona. Risultano attualmente disperse diciotto persone, delle quali dodici in provincia di Aosta e quattro in provincia di Torino, una in provincia di Verbano-Cusio-Ossola ed una in provincia di Savona. Si è reso necessario evacuare 25 mila persone, di cui circa 4.200 nella regione Piemonte, un migliaio nella provincia di Aosta e, a scopo precauzionale, circa 2.000 in provincia di Piacenza, circa 2.500 in provincia di Lodi e circa 10 mila in provincia di Parma.
Danni alle infrastrutture
La situazione della rete elettrica, nonostante i tempestivi interventi, rimane ancora critica soprattutto ad Aosta, Torino e Verbania e risultano ancora interrotte alcune linee di alta tensione. La rete telefonica è interrotta in alcune località della Valle d'Aosta e del Piemonte. In tutte le regioni colpite la viabilità continua ad essere critica. Risultano interrotte numerose strade statali, provinciali e comunali, tanto che il collegamento con la Svizzera è reso possibile esclusivamente attraverso la strada statale 337, mentre la città di Aosta è parzialmente isolata e l'autostrada A5 Torino-Aosta, riaperta ieri, è percorribile solo dai mezzi di soccorso.
Alcune linee ferroviarie risultano ancora interrotte: la Torino-Aosta e la Torino-Milano fino a Chiavasso e nella provincia di Novara alcuni tratti come la Novara-Biella e la Novara-Alessandria. Altre chiusure sono state disposte lungo il Po a titolo precauzionale. Le esondazioni di vari torrenti e di fiumi quali il Po, la Dora Baltea, la Dora Riparia, l'Orco, la Stura Lanzo, il Cenischia, il Pellice, il Sangone, il Chisola, il Sesia, l'Anza, il Ticino, il Belbo, il Maira, il Bormida, il Tanaro, il Sessera, l'Oglio, l'Arlier, il Du Chateaut, il Centa, l'Arroscia e il Merula hanno arrecato notevoli danni alle infrastrutture pubbliche. I livelli delle dighe sono costantemente monitorati, soprattutto in provincia di Torino: le dighe Eugio Valle D'Orco e Melezet Valle Susa e quelle di Codelago in Val Formazza e Ceppo Morelli.
È stata inoltre disposta l'evacuazione, a titolo precauzionale, della frazione di Campriolo, sottostante la diga di Codelago in Val Formazza. Hanno subito danni anche gli acquedotti, tanto che l'approvvigionamento delle scorte potabili si è rilevato insufficiente soprattutto nella provincia di Torino e nella provincia del Monferrato, dove l'acquedotto risulta tuttora inattivo. Ove necessario, si è provveduto ad alleviare i disagi distribuendo acqua con le autobotti.
La macchina dei soccorsi
Per far fronte alla grave emergenza in atto è impegnato personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine, delle Forze armate e del Corpo forestale dello Stato, nonché numerosissimi appartenenti ad associazioni di volontariato di protezione civile. L'Esercito ha impiegato in tutte le regioni coinvolte circa 300 uomini con 70 mezzi fuoristrada, gommoni e gruppi elettrogeni. Dal 15 ottobre sono in servizio anche 7 elicotteri militari adibiti a soccorso ai quali si sono aggiunti altri 3 velivoli a partire dalla mattina del 16 ottobre. In totale, gli elicotteri impiegati sono complessivamente 21. Il Corpo nazionale dei vigili del fuoco sta intervenendo con circa 3.500 uomini, 700 mezzi tra anfibi, fuoristrada, idrovore e gommoni e 5 elicotteri adibiti al soccorso.
Purtroppo, una delle persone disperse è proprio un sottufficiale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, travolto su un ponte che stava ispezionando. Anche in questo caso, come molte volte nel passato, è il Corpo nazionale dei vigili del fuoco a pagare, tra le forze di soccorso, il prezzo più alto. Segno ulteriore, semmai ve ne fosse bisogno, che esso è la struttura che più di ogni altra opera sempre in prima linea sul fronte dell'emergenza. Questo gravissimo lutto, che colpisce tutto il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, deve esserci di monito per un impegno sempre più forte per il potenziamento delle capacità e delle dotazioni professionali dei vigili del fuoco, con l'obiettivo di una sempre migliore prontezza operativa, ma anche soprattutto di una maggiore sicurezza per i lavoratori che ne fanno parte. Il Corpo forestale dello Stato è presente sul territorio con circa 150 uomini, 50 mezzi fuoristrada e 6 elicotteri adibiti al soccorso.
Le organizzazioni di volontariato di protezione civile hanno mostrato, anche in questa occasione, di essere una struttura operativa fondamentale e insostituibile, mobilitando fino ad ora oltre 2.600 uomini e donne. Le strutture locali sono, ovviamente, interamente mobilitate ma sono state convogliate in zone anche le colonne mobili attrezzate dalle organizzazioni nazionali più importanti. Citarli tutti sarebbe quasi impossibile, ma se non altro in termini di uomini e mezzi un cenno speciale meritano la Federazione dei vigili del fuoco volontari della provincia di Trento, la Confederazione nazionale delle Misericordie d'Italia, l'Associazione nazionale delle pubbliche assistenze, l'Associazione nazionale alpini. Rinforzi stanno affluendo non solo dalle regioni limitrofe ma anche da zone più lontane dagli eventi, come dal Lazio dove è in partenza una colonna della forza di pronto intervento del volontariato. Si tratta, anche se è superfluo specificarlo ancora una volta, non certo di volontari "generici" ma di personale qualificato, addestrato e in grado di svolgere tutte le mansioni connesse con la gestione di una grande emergenza di massa in condizioni di autonomia operativa. Consistente anche il concorso della Croce rossa italiana, nelle sue varie componenti.
Complessivamente risultano impegnate, al momento attuale, oltre 7.300 persone, con l'ausilio di 1.220 automezzi e mezzi speciali. Per quanto riguarda l'impiego di personale per il ripristino dei servizi essenziali sono intervenuti: per il ripristino dell'energia elettrica, principalmente di competenza dell'ENEL, circa 3.200 uomini, con 800 mezzi attrezzati. Per ciò che riguarda la viabilità, la società di gestione autostradale e l'ENAS, circa 550 tecnici con 120 mezzi attrezzati. Per i servizi telefonici, sia di telefonia fissa che mobile, sono intervenuti circa 150 uomini e 50 mezzi attrezzati. Inoltre sono stati mobilitati tecnici regionali, provinciali e comunali anche per una prima stima dei danni e per opere di guardiania e di pulizia idraulica. In particolare è mobilitato tutto il personale delle varie sedi operative del Magistrato per il Po, lungo l'intero asse fluviale. Complessivamente sono quindi oltre 11 mila gli operatori attivi in queste ore. Si tratta di un mosaico composto da molte tessere diverse tra loro, ma questo è uno degli elementi di maggiore forza del nostro sistema di protezione civile.
Il coordinamento
In un paese come il nostro, esposto sostanzialmente ad ogni tipologia di rischio naturale e a consistenti rischi di natura umana (rischio industriale ed ecologico), il verificarsi di situazioni di emergenza è ricorrente e pressoché inevitabile. Altro tassello fondamentale per assicurare la funzionalità del sistema è una pianificazione di emergenza sempre più "calata" sulla specifica tipologia di rischio, aggiornata e possibilmente sperimentata con periodiche esercitazioni. Anche in questo campo, negli ultimi anni, sono stati fatti considerevoli passi avanti, grazie, in particolare, ad un rinnovato interesse mostrato dagli enti locali.
La capacità di mobilitare consistenti numeri di persone e molti appartenenti a diversi organismi è, pertanto, un elemento positivo e di ricchezza del nostro paese, al quale le organizzazioni di protezione civile degli altri partner europei guardano con apprezzamento e interesse. Per coordinare gli interventi sono stati costituiti vari centri di coordinamento soccorsi , per la regione Piemonte rispettivamente nelle province di Torino, Verbano, Cusio, Ossola, Vercelli e Alessandria e centro operativi misti nei comuni di Ivrea (in provincia di Torino), Domodossola e Verbania, Trino Vercellese, Borgo Sesia, Varallo e Gattinara (in provincia di Vercelli) Alba, Bra, Ceva, Mondovì e Saluzzo (in provincia di Cuneo), Casale Monferrato, Felizzano e Piovera (in provincia di Alessandria). Altri centri di coordinamento soccorsi sono stati attivati nelle province lombarde e emiliane disseminate lungo il percorso del fiume Po e dei principali affluenti.
L'evoluzione del fenomeno
Le maggiori preoccupazioni sono oggi legate, oltre che alla fornitura di assistenza alle popolazioni evacuate, all'evoluzione dell'onda di piena che interessa il bacino del Po. Le ingenti portate dei vari affluenti si sono scaricate e si stanno scaricando nel Po, che ora viene monitorato costantemente. L'onda di piena ha cominciato a transitare tra gli idrometri del ponte della Becca e del ponte della Spessa - a valle di Pavia - dove è stata stimata una portata di 11.200 metri cubi al secondo dovuti massimamente ai notevoli apporti dal Ticino sublacuale che scarica alle acque del lago Maggiore, il cui livello si è notevolmente innalzato anche per gli apporti del versante svizzero.
L'onda di piena interesserà nella tarda mattinata la città di Piacenza dove tutti i ponti sono stati preclusi al traffico in via precauzionale. Alle ore 10 risultava aperto solo il ponte dell'autostrada del Sole. Si registrano diffusi fenomeni di fuoriuscita d'acqua in destra e sinistra orografica, a monte e a valle di Piacenza, che hanno comportato l'evacuazione preventiva di numerosi nuclei familiari in più comuni rivieraschi. La piena al momento attuale è stimata di poco inferiore ai valori registrati nel novembre 1994. Successivamente l'onda di piena interesserà le città poste più a valle dove sono state adottate tutte le misure precauzionali necessarie.
Stato di emergenza
Per fare fronte alla situazione di emergenza è stato convocato un Consiglio dei ministri straordinario nel pomeriggio di ieri, lunedì 16 ottobre, nel corso del quale il ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile, Enzo Bianco, ha proposto la dichiarazione dello stato di emergenza per le regioni della Valle d'Aosta, Piemonte e Liguria. Tali aree potranno essere integrate, d'intesa con le regioni, in conseguenza dell'evoluzione degli eventi. Ciò ha permesso al ministro, in serata, di emanare la prima ordinanza di protezione civile per l'evento in questione, predisposta dal dipartimento della protezione civile.
L'ordinanza autorizza l'adozione di un piano di interventi straordinari al fine di ripristinare le infrastrutture pubbliche danneggiate e di porle in condizioni di sicurezza, di attivare immediatamente la pulizia e la manutenzione straordinaria degli alvei e dei corsi d'acqua interessati e, inoltre, di promuovere opere di prevenzione dei rischi utilizzando gli enti locali competenti o i titolari delle infrastrutture quali soggetti attuatori dei singoli interventi. Si affida, inoltre, alle regioni, la possibilità di riconoscere per i primi interventi in favore dei soggetti privati proprietari di unità immobiliari soggette a ordinanza sindacale di sgombero, un contributo, finalizzato ai primi interventi urgenti di ripristino, fino ad un massimo di 40 milioni di lire per le abitazioni private e di 60 milioni di lire per le attività produttive, nonché un contributo mensile di 600 mila lire per l'autonoma sistemazione dei nuclei familiari evacuati.
Queste prime misure per i privati saranno integrate attraverso un apposito emendamento che il Governo presenterà al decreto-legge appena emanato a seguito dell'emergenza idrogeologica in Calabria. L'ordinanza stabilisce, altresì, che i prefetti provvedano agli interventi necessari ad assicurare i soccorsi, l'assistenza e la rimozione delle situazioni di pericolo e al pagamento degli oneri connessi con l'impiego del personale e delle strutture (anche ditte specializzate) di soccorso nell'emergenza disposti anche dagli enti locali. Un'autorizzazione speditiva ad operare in questo senso era già stata anticipata dal 15 ottobre dal direttore dell'Agenzia di protezione civile nel corso di una riunione operativa presso la sede della regione Piemonte, a Torino, e ripetuta nel corso della visita al COM di Domodossola e al Centro coordinamento soccorsi di Vercelli.
L'ordinanza prevede, infine, che vengano sospesi dal 13 ottobre al 31 dicembre 2001 i pagamenti dei contributi di previdenza ed assistenza sociali a tutti i soggetti danneggiati che hanno sede operativa nei comuni colpiti. Egualmente è stata disposta l'attivazione della cassa integrazione anche per le piccole imprese che sono escluse dal regime ordinario. Per quanto riguarda i pagamenti e gli adempimenti di natura fiscale sarà il ministro delle finanze a disporre da oggi una breve sospensione generalizzata per le province colpite e, successivamente, le sospensioni verranno prorogate ulteriormente solo per i soggetti gravemente danneggiati. L'ordinanza stanzia 100 miliardi di lire immediatamente spendibili per i primi interventi, a carico del fondo della protezione civile.
Il Governo ha anche deciso di autorizzare l'accensione da parte delle regioni di mutui quindicennali per complessivi circa 1000 miliardi di lire, con ammortamento, per circa 100 miliardi annui, a totale carico dello Stato. Queste ultime risorse consentiranno l'avvio degli interventi più urgenti, soprattutto in campo viario, in attesa di una più precisa quantificazione delle esigenze e dei danni. In particolare, è stato disposto che l'intervento prioritario dovrà riguardare il ripristino urgente della viabilità anche con interventi provvisori per assicurare l'attraversamento in corrispondenza dei ponti distrutti, prima ancora della ricostruzione delle opere definitive.
La pianificazione: cosa si è fatto in questi anni
Appare opportuno soffermarsi brevemente sui passi avanti compiuti dal sistema complessivo della protezione civile negli ultimi anni, prendendo come punto di riferimento la situazione al tempo dell'alluvione del Piemonte del novembre 1994. L'intero servizio nazionale della protezione civile, a quell'epoca, era sostanzialmente "cieco". Non vi era una rete di monitoraggio idropluviometrico in telemisura tale da consentire una verifica puntuale e continua dell'evoluzione delle precipitazioni e della propagazione delle onde di piena sulle principali aste fluviali interessate. Allo stesso tempo, la qualità delle previsioni meteorologiche disponibili era decisamente scarsa e troppo generica.
Gli stessi "avvisi di allarme" che la protezione civile diffondeva con grande frequenza risultavano il più delle volte eccessivamente vaghi e non consentivano di individuare le aree dove si prevedevano le precipitazioni più intense. Da tali "avvisi", peraltro, non derivavano specifiche azioni da parte delle varie strutture operative e tecniche e il messaggio restava, il più delle volte, lettera morta. Il livello della qualità della preparazione all'emergenza a livello provinciale e comunale era sostanzialmente insignificante. Non esistevano piani di emergenza finalizzati alla specificità del rischio idrogeologico, né raccordi funzionali tra le varie strutture amministrative competenti lungo i corsi d'acqua. La conseguenza fu che l'allarme della protezione civile, diramato nel 1994, risultò generico ed era anche l'ultimo di una lunga serie.
Esso non fece scattare, di fatto, alcuna misura operativa e tutti vennero colti di sorpresa dal degenerare delle condizioni atmosferiche e dalla progressiva esondazione dei corsi d'acqua della parte meridionale della regione. Le città andavano sott'acqua una dopo l'altra senza che le ore necessarie per la propagazione dell'onda di piena venissero impiegate per evacuazioni preventive e rinforzo dei punti critici. Ad oggi la situazione è radicalmente cambiata. La qualità delle previsioni meteorologiche della protezione civile è sostanzialmente migliorata, grazie anche al concorso dei servizi meteo regionali (in particolare Emilia-Romagna, Liguria e Piemonte). Oggi le previsioni contengono indicazioni areali più precise e, cosa che più conta, previsioni quantitative in termini di precipitazioni al suolo che consentono di valutare le misure da adottare. Nel 1995, e ribadite in via definitiva nel 1996, sono state emanate direttive operative che precisano tempi e modalità di reazione a tutti i livelli di responsabilità ai messaggi della protezione civile.
Tali misure sono coordinate a livello di bacino. Le reti di monitoraggio idropluviometrico in telemisura sono state implementate e, soprattutto nella regione Piemonte, consentono una verifica costante e puntuale delle evoluzioni delle piene nei principali bacini. Tali dati sono accessibili, ovviamente, anche alle strutture nazionali di protezione civile, che operano in piena e consolidata collaborazione con le strutture regionali. Non va dimenticato, infine, che il livello di sicurezza delle opere di difesa idraulica realizzate in alcuni bacini (in particolare quelli colpiti nel Piemonte meridionale) è sicuramente maggiore che nel 1994, grazie all'opera di pianificazione compiuta dall'autorità di bacino del fiume Po ed agli interventi realizzati dalle regioni e dal magistrato per il Po. Oggi, il sistema non è più "cieco", ma sa prevedere le situazioni e agire conseguentemente, secondo piani predisposti in "tempo di pace".
Questi progressi sono confermati dai resoconti offerti dai mezzi di informazione in relazione all'evoluzione degli eventi sin dalla giornata di sabato 14 ottobre. Le numerosissime evacuazioni precauzionali e la chiusura preventiva di linee di comunicazione effettuate in previsione dei passaggi delle piene ne sono uno dei segni più concreti. Certamente, molta strada resta ancora da fare. Va rafforzato, soprattutto, l'ultimo anello della "catena", vale a dire la capacità di reazione e mobilitazione dei comuni, soprattutto di quelli di piccole dimensioni. La rete di monitoraggio idropluviometrica deve essere ulteriormente rafforzata e deve coprire anche quelle zone del paese, come il Mezzogiorno, dove oggi essa è quasi inesistente.
Al riguardo, ricordiamo che il recente decreto-legge varato dal Governo dopo i tragici fatti di Soverato ha stanziato ben 50 miliardi di lire per il completamento della copertura del territorio nazionale con radar meteorologici e altri 30 per il potenziamento delle reti in telemisura. Un passo avanti importante sarà compiuto con la costituzione del servizio meteorologico nazionale distribuito, previsto dal decreto legislativo n. 112 del 1998 nell'ambito del trasferimento a regioni ed enti locali dei compiti statali interessati dalla riforma della pubblica amministrazione avviata con la legge n. 59 del 1997 (cosiddetta legge Bassanini). Uno schema di decreto legislativo in materia sarà presto portato all'esame della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Anche le capacità globali di risposta alla fase dell'emergenza, vanno rafforzate e migliorate e la costituzione dell'Agenzia di protezione civile costituirà un passo avanti determinante in questo senso: una struttura agile e tecnicamente qualificata che sarà in grado di operare meglio ed in migliori condizioni di come, fino ad oggi, hanno saputo e potuto lavorare le strutture amministrative che vi confluiranno.
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