(da La Nuova Ecologia ) 15000 persone alla Marcia Gravina Altamura, per un Parco di pace
La grande mobilitazione c'è stata davvero. La marcia Gravina-Altamura ha superato ogni aspettativa. Alla fine erano 15.000 le persone che hanno invaso la statale 96 che collega i due comuni murgiani: una grande festa in movimento, un corteo lungo a perdita d'occhio, colorato dalle bandiere delle diverse sigle presenti e animato da canti e balli e slogan urlati a squarciagola. Secondo le intenzioni degli organizzatori, è stata innanzittutto la marcia della gente comune. Centinaia di pullman hanno riversato nell'area fieristica di Gravina migliaia di persone. Giovani venuti in macchina per conto proprio si sono dati appuntamento sabato pomeriggio per marciare insieme. «Non vogliamo diventare la pattumiera nucleare d'Italia - dice Nicola Vigliotti del comitato anti nucleare di Bitonto - Noi siamo qui per dire basta ad ogni forma d'inquinamento sull'Alta Murgia».
«Mi fa piacere vedere che è una manifestazione di cittadini qualunque - afferma Giovanni Moliterni, libraio di Matera, non iscritto a nessun movimento o associazione - Dobbiamo tutti puntare su questa terra». Come lui ce ne sono migliaia che ingrossano il serpentone di ora in ora. In testa i politici: sindaci che sfilano con la fascia, delegazioni delle provincie e delle regioni di Puglia e Basilicata. Chiudono il corteo i trattori e gli agricoltori. In mezzo una sarabanda di bandiere e striscioni variopinti. Non manca nessuno: Legambiente, Wwf, Lipu, le Acli, i sindacati, le associazioni cattoliche. Ci sono soprattutto gli studenti, le scolaresche dell'elementari con cartelloni disegnati che raffigurano i mostri dell'inquinamento.
L'arcobaleno delle bandiere della pace prevale su tutto. In mezzo ad esse sfila attorniato da gente che gli va a stringere la mano Alex Zanotelli. «Partecipare a marce così, fa bene a me prima di tutto - scherza il padre comboniano - Questa marcia potrebbe diventare un'ideale continuazione della marcia della pace Perugia-Assisi, anzi lo sta già diventando. Ma mentre quest'ultima va letta in chiave europea, la marcia di oggi guarda al Mediterraneo, al Nord-Africa, ai paesi del Medioriente. È la marcia del riscatto del Sud, che rivendica la sua identità e il diritto a riappropriarsi del proprio futuro».
La gente lo sente, si può partire da oggi, lo grida a gran voce: l'Alta Murgia può diventare terra di pace e di sviluppo compatibile con l'ambiente. I simboli per affermarlo ci sono tutti. I volontari di Legambiente Matera piantano a bordo strada alcuni giovani ulivi. Il loro presidente Erwan Gueguen traduce questo gesto a parole :« Il Parco dovrà essere uno strumento per uno sviluppo alternativo». Che bisogna propagandare questa visione, lo dice anche Luciano Violante, anche lui sabato nel corteo: «Il significato della marcia di oggi è quello di fare delle vicende dell'Ata Murgia una questione nazionale e del Parco il modello migliore di risoluzione».
All'arrivo a piazza Matteotti ad Altamura il serpentone si sfilaccia e va a riempire ogni angolo della piazza. Gli stand di prodotti tipici sono presi d'assalto. Mestolate colme di ceci e funghi cardoncelli prese da padelle enormi e fumanti riempiono piatti che girano di mano in mano. Giovani, anziani, donne e bambini sui gradini delle case, sui muretti, per terra in cerchio resi indistinti dalla stanchezza riprendono fiato dopo la lunga marcia. La piazza è diventata un grande bivacco colorato: alle sue estremità i titolari degli stand fanno affari d'oro vendendo pane e focaccie, carne, olio, vino e tutto quanto serve a rifocillare la folla affamata.
Intanto, sul palco allestito al centro, sul quale campeggia la scritta "Alta Murgia, Parco di pace", slogan della marcia, si avvicendano gli interventi accompagnati dalle note vellutate di un sassofono. Parla Alex Zanotelli, poi Gianni Fabbris, portavoce di Altragricoltura. Alla fine tocca a Piero Castoro, principale artefice della manifestazione. Nel suo discorso le parole si fondono diventando un unico flusso di fuoco e di emozione. L'attenzione sullo scopo dell'essere qui oggi deve restare alta. La marcia non è un punto d'arrivo, l'apatia e l'indifferenza non devono riprendere il sopravvento.
«Non dobbiamo abbassare la guardia - grida nel microfono Castoro - La marcia è solo una tappa, dobbiamo continuare ad essere uniti». L'invito è rivolto al popolo murgiano, ma anche alla gente venuta dalla Lucania e dalle zone costiere della Puglia «perché i loro problemi, sono i nostri problemi», dice Castoro. L'importante è mantenere viva la speranza, tenersi in contatto, continuare a marciare anche quando ognuno tornerà alle proprie occupazioni quotidiane. Per tornare a incontrarsi «magari tra un mese - propone - dopo l'Immacolata, per vedere quello che nel frattempo è cambiato».
10 novembre 2003
di Francesco Nicoletti (tratto da La Nuova Ecologia )
(Gazzetta del Mezzogiorno)
CORATO Una giornata di studio e di lavoro sui problemi
dell'ambiente murgiano che, nonostante sia da tutti
........
Una giornata di studio e di lavoro sui problemi
dell'ambiente murgiano che, nonostante sia da tutti
considerato un ingente patrimonio storico, culturale,
economico, paesaggistico e naturalistico, di fatto è oggi
gravemente minacciato e in parte compromesso da politiche
sbagliate contrassegnate da una spregiudicata aggressione al
territorio.
Di questo e di altro, nei giorni scorsi (in
occasione della «Marcia Gravina-Altamura») si è parlato
durante un incontro organizzato dalla popolazione scolastica
dell'Istituto tecnico commerciale «Padre Tannoia» di Corato e
Ruvo Di Puglia, dimostratasi particolarmente sensibile al
problema dell'inquinamento della Murgia.
L'adesione
dell'«Itc» coratino alla «Marcia per la Murgia» è divenuta
così occasione di riflessione critica e di ricerca su un tema
che coinvolge la vita quotidiana delle persone e delle
comunità comprese nel bacino della Murgia nord-occidentale.
Lo hanno messo in evidenza gli interventi di
Corrado De Benedittis per
il «Comitato Alta Murgia» e dei docenti Antonio
Marcone, Claudio
Rocco, Vito
Tarricone che hanno illustrato le
problematiche attuali e storiche del territorio murgiano, reso
in più parti irriconoscibile dalla famigerata pratica dello
spietramento a cui ha fatto seguito, spesso, lo sversamento
illegale di rifiuti tossici su terreni sbriciolati, privi di
identità, di storia e resi di fatto improduttivi.
Gli
studenti, guidati dai rispettivi docenti, si sono anche
soffermati oltre che sugli aspetti ecologici e naturalistici
della Murgia, anche su quelli derivanti dall'auspicabile
promozione economica dell'area prevista con l'istituzione del
Parco Nazionale. «Con la Giornata per la Murgia - ha spiegato
il dirigente scolastico del "Tannoia", Diego
Colonna - abbiamo voluto offrire ai
nostri studenti un'ulteriore opportunità, oltre quella che
l'anno passato ci ha visti protagonisti nell'esperienza per
l'elaborazione di un Piano del traffico cittadino, per mettere
alla prova la loro capacità di progettare e di misurarsi con
il tema della qualità della vita, rappresentato in questo caso
dal problema dell'inquinamento murgiano che richiede non
soltanto analisi approfondite ma anche soluzioni efficaci e
praticabili».
La singolare giornata pro-Murgia si è
conclusa nel pomeriggio con la presentazione delle proposte
elaborate dagli stessi studenti dell'«Itc», riuniti in gruppi
di lavoro, per dare all'idea del Parco sostanza di impegno
civile e concretezza di iniziative.
Gianpaolo
Balsamo
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(Gazzetta del Mezzogiorno, 14.10.2003)
ROMA
Adesso non ci sono più né se, né ma. L’accordo è definitivo e immodificabile.
Il Parco dell’Alta Murgia, secondo parco nazionale
di Puglia, ha ufficialmente il regolamento (le norme di salvaguardia)
eil perimetro definitivo. L’accordo è stato raggiunto in
sede tecnica ieri sera, dopo poco più di tre ore di discussione ed un’interruzione
(tecnica anch’essa), nella sede della Conferenza unificata. Il parco
ora c’è a dieci anni esatti dalla prima conferenza di servizi della
Regione Puglia (14 ottobre 1993). C’è per il Governo, per la Regione
Puglia, per la Provincia di Bari e per 13 Comuni. Si estenderà su una
superficie di quasi 68 mila ettari, sulle terre della Dop Pane di Altamura
e Doc vino Castel del Monte. Doveva essere una riunione tecnica. Invece
alla fine hanno partecipato l’assessore regionale all’Ambiente, Michele
Saccomanno, il presidente della Provincia di Bari, Marcello Vernola,
e poi sindaci e assessori dei comuni di Andria, Corato, Ruvo di Puglia,
Toritto, Grumo appula, Bitonto, Cassano delle Murge, Santeramo in Colle,
Altamura, Gravina di Puglia, Minervino Murge, Spinazzola, e Poggiorsini.
Quanto basta per sancire, vista anche la partecipazione attiva alla
discussione della rappresentanza amministrativa, che l’accordo tecnico
è stato già benedetto in sede politica. La firma, quella della cerimonia
formale richiesta dal protocollo, sarà però apposta sotto il testo dell’accordo
il prossimo 23 ottobre, sempre a Roma. E per quell’occasione ci sarà
anche il presidente della Regione, Raffaele Fitto. Il presidente del
governo regionale, pur non essendo presente, ha condizionato la discussione.
Come anticipato ieri dalla «Gazzetta» è giunta proprio alla fine della
scorsa settimana una lettera a sua firma indirizzata alla Conferenza
unificata e al ministero dell’Ambiente. La lettera conteneva il testo
di due emendamenti alle norme di salvaguardia. Il secondo emendamento,
in particolare, puntava a rendere autorizzabili «le opere di bonifica
e di trasformazione agraria, anche, previa intesa con gli assessorati
all’Agricoltura e all’Ambiente della Regione Puglia, delle aree di pascolo»
I pascoli, però, costituiscono buona parte dell’habitat specifico dell’Alta
Murgia con tanto di vegetazione spontanea sotto forma di steppa. Contro
questa ipotesi, che avrebbe potuto anche aprirela strada ad attività
di trasformazione dei pascoli tramite «dissodamento e scarificatura
del suolo e frantumazione meccanica delle rocce calcaree (il cosiddetto
spietramento, ndr)» tipiche dell’Alta Murgia si sono schierati i sindaci
dei Comuni interessati, alcuni esponenti politici e le associazioni
di protezione ambientale. Posta la questione in Conferenza unificata
e verificata l’esistenza di una forte contrapposizione tra i diversi
schieramenti, è stata disposta una sospensione dei lavori. Si deve all’assessore
regionale Saccomanno e al suo staff la modifica dell’emendamento che,
alla fine, è stato inserito nelle norme di salvaguardia, con l’accordo
di Provincia e Comuni, con questa formulazione: nel territorio del parco
dell’Alta Murgia già interessato da coltivazioni agrarie si possono
autorizzare «le opere di bonifica e di trasformazione agraria, favorendo,
d’intesa con gli assessorati regionali all’Agricoltura e all’Ambiente,
le produzioni agricolee zootecniche del luogo con particolare riguardo
a quelle a denominazione di origine». Dal testo finale, insomma, scompare
la possibilità di trasformare i pascoli. Le trasformazioni (anche di
carattere edilizio) potranno poi essere autorizzate in zone a più alta
valenza paesaggistica (le zone «1» dove sussistono vincoli di tutela
più rigidi), purché si tratti di aree già interessate da coltivazioni
agricole e da almeno cinque anni. Un discorso a parte merita il capitolo
delle centrali eoliche. I sindaci di Minervino e Spinazzola hanno spinto
per un terzo emendamento che li definisse impianti compatibili col parco.
La direzione generale del ministero ha però chiarito che questo sta
già scritto alla lettera b dell’articolo 8 delle norme disalvaguardia
dove si rendono autorizzabili in area parco «gli impianti e le opere
tecnologici». Il sindaco di Spinazzola, Savino Saraceno, ha comunque
voluto che l’emendamento fosse accluso agli atti. Giuseppe Armenise
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Murgia, si sblocca il parco
Ieri mattina la comunicazione ufficiale è arrivata alla Regione.
Il sì del ministro Matteoli ora è nero su bianco
Trasmesso il decreto di istituzione alla Conferenza unificata
Gazzetta del Mezzogiorno 27 settembre 2003
Tanto tuonò che piovve. Il decreto sull'istituzione del parco nazionale
dell'Alta Murgia ha finalmente lasciato le stanze del ministero dell'Ambiente
e della Tutela del territorio per approdare negli uffici dove ha sede
la conferenza unificata Stato-Regione-Provincia-Comuni. La comunicazione
formale è arrivata ieri mattina all'Ufficio parchi e riserve naturali
della Regione, al quale è stato trasmesso dalla presidenza della giunta
regionale. Il decreto del presidente della Repubblica è l'ultimo atto
di un iter avviato ormai oltre quindici anni fa. Negli ultimi due anni,
però, dopo un assordante silenzio, c'è stata una brusca accelerata.
In qualche maniera, a «forzare» la mano hanno contribuito i tredici
sindaci interessati che hanno deciso di elaborare, su imput dello stesso
ministero e con il coordinamento diretto dell'assessore provinciale
alla Pianificazione del territorio, Cesare Veronico, le norme di salvaguardia
del parco, rendendole più rispettose della vocazione agricola dell'area
interessata, caratterizzata peraltro da produzioni agroalimentari di
alta qualità. Con l'assessore regionale all'Ambiente, Michele Saccomanno,
si è arrivati poi all'intesa Stato-Regione. La sigla dell'accordo, a
marzo di quest'anno, ha preso le mosse proprio dal documento elaborato
dai sindaci, pur addivenendo ad un accordo di mediazione sulla perimetrazione,
ridotta dai 90mila ettari originari ai 66mila attuali. Ma la strada,
a questo punto, era segnata. Tanto più che la stessa Provincia, prima
ancora che l'iter fosse terminato dalla Regione all'inizio di questa
settimana, ha svolto un ruolo di mediazione con due amministrazioni
scontente (Toritto e Spinazzola), facendole rientrare a pieno titolo
nel progetto di parco. Adesso, il parco dell'Alta Murgia dovrà attendere
«in coda» il proprio turno alla Conferenza unificata dove sono attualmente
in pole position il parco dello Stelvio e quello della Val d'Agri. Verosimilmente,
dunque, entro la metà di novembre, la ratifica della Conferenza unificata
aprirà ufficialmente le porte alla firma del decreto del presidente
della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi.
Giuseppe Armenise
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Blackout e nucleare, le passioni di Marzano
Il Manifesto 24 agosto 2003
Parata di ministri al meeting di Erice. Dopo Giovanardi, anche il ministro
delle attività produttive si dichiara «favorevole» all'energia atomica
e al transgenico. Ma per il momento bisogna costruire al più presto
«nuove centrali elettriche, altrimenti si rischia la paralisi». Legambiente:
«Piuttosto si impegni sulle fonti rinnovabili e sul risparmio energetico»
SARA MENAFRA Tris anti-ambientalista per Antonio Marzano. Nel suo intervento
al meeting internazionale sulle emergenze planetarie di Erice, il ministro
delle attività produttive ha spiegato chiara e tonda la sua linea. A
favore degli ogm, del nucleare e delle nuove centrali elettriche, già
autorizzate dal suo decreto «sblocca centrali». I primi perché possono
essere «utili a risolvere il problema della fame e dal punto di vista
ecologico riducono la necessità di ricorrere ai pesticidi». Il nucleare
è solo una «preferenza personale», ma intanto nell'ultima settimana
è già la seconda volta che un ministro del governo parla delle sue passioni
atomiche (il primo è stato Giovanardi). E le centrali elettriche vanno
costruite «perché altrimenti l'Italia rischia il blackout». L'edificazione
di nuove centrali nel più breve tempo possibile, per Marzano, è un vero
imperativo categorico. E se i lavori non sono ancora partiti la colpa
è tutta della «pioggia di ricorsi» presentati dalle associazioni territoriali.
Un modo garbato per dire che la legge sblocca centrali dell'aprile 2001
- quello che semplifica le procedure di autorizzazione per i costruttori,
riducendo il potere di veto degli enti locali - in realtà andava nella
giusta direzione e serviva a salvare l'Italia dalla «imminente crisi
energetica». «La costruzione delle 24 centrali previste è già stata
autorizzata - risponde Gianni Silvestrini, direttore di Quale energia?
- Quelli che non vogliono costruirle, in realtà, sono gli investitori
economici, che non hanno avuto sufficienti garanzie finanziarie dal
governo e quindi non vogliono correre rischi». Il direttore della rivista
edita da Legambiente spiega anche che il 40% dei 10.000 megawatt che
dovrebbero essere generati dalle nuove centrali si potrebbero ottenere
puntando esclusivamente sull'utilizzo di energia verde e sui risparmi
energetici. Peccato che su questi due punti il governo sia quasi completamente
fermo. La direttiva europea che chiedeva all'Italia di convertire a
fonti rinnovabili 40 miliardi di chilowattora entro il 2010 è stata
recepita in minima parte e per ora si prevede di convertirne solo 13
miliardi. E il decreto del 2001 sull'efficienza delle distribuzioni
energetiche, che dovrebbe farci recuperare altri 7 miliardi di chilowattora
entro il 2006, è stato varato -come ieri sottolineava lo stesso Marzano
- ma mancano ancora i regolamenti attuativi. L'intervento del ministro
è servito anche a riproporre l'idea lanciata due giorni fa da Giovanardi
il quale, sempre al meeting siciliano degli scienziati, aveva proposto
che ogni regione si dotasse di un proprio sito in cui depositare le
scorie radioattive provenienti da ospedali e aziende. Rifiuti che a
livello nazionale arrivano a circa 500 tonnellate all'anno. Incurante
della valanga di «no» che per due giorni si è abbattuta sulla proposta,
considerata antieconomica e rischiosa sia dagli scienziati che dagli
amministratori locali, ieri il ministro ha ribadito che invece è un'ottima
idea, che lo trova «completamente d'accordo». Soluzione pronta anche
per la querelle su quale debba essere il sito nazionale in cui stoccare
i resti delle centrali atomiche dismesse, che saranno letteralmente
ridotte in briciole a partire dal 2016. Dato che nessuna regione ha
voluto accettare le proposte del generale Jean - il commissario al nucleare,
ex consulente militare dell'allora presidente Cossiga - il governo passa
agli «incentivi economici» e alle «compensazioni» destinati a «quanti
consentono di realizzare nel loro territorio centri per stoccare scorie
derivanti da centrali dismesse». «La proposta non mi sconvolge se per
incentivo economico intendiamo il rimborso per l'utilizzo di un determinato
territorio che per almeno trecento anni sarà indisponibile a qualunque
nuovo utilizzo» dice Massimo Scalia, presidente della commissione parlamentare
sul ciclo dei rifiuti nella passata legislatura, la prima ad avviare
uno studio di fattibilità del deposito nazionale delle scorie: «Le attuali
tecnologie consentono di creare un sito che non sia più pericoloso di
un impianto industriale a medio rischio. Ovviamente se si supera questa
soglia non c'è rimborso possibile, bisogna cambiare strategia».
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Gazzetta del Mezzogiorno, 15/08/03
Iniziativa del comitato: «La Puglia deve essere denuclearizzata»
Ipotesi di deposito di scorie radioattive una petizione al presidente
della Regione
CORATO Una petizione inviata al presidente
della Regione Puglia per chiedergli di «intervenire, con solerzia e determinazione,
contro l'ipotesi di collocazione di scorie nucleari nel nostro territorio».
L'invito, presente sul sito internet www.murgianonuclear.tk, è stato diffuso
dai componenti del «Comitato intercomunale di lotta contro la localizzazione
di un deposito di rifiuti nucleari nel territorio pugliese ed in particolare
nell'area dell'istituendo Parco Nazionale dell'Alta Murgia» che ha sede
a Corato presso i locali della Caritas in via S.Benedetto 13. Per aderire
alla petizione, occorre inviare all'indirizzo del Governatore dellaPuglia
(presidentefitto@regione.puglia.it) il testo della richiesta nel quale
si chiede espressamente di sostenere, far discutere ed approvare la proposta
di legge che rende la Puglia regione denuclearizzata. «Faccia tutto quanto
è in suo potere - si legge nella petizione - per opporsi e per fare in
modo che le aree protette istituite o di prossima istituzione (come il
Parco dell'Alta Murgia, ndr) siano escluse dai siti possibili. La nostra
Regione, Presidente, è stata, è e deve continuare a essere un territorio
di grande bellezza artistica ed ambientale, di pace e solidarietà».
Intanto il prossimo incontro del comitato si terrà il 4 settembre (ore
20) a Corato, nella sede della Caritas. Gianpaolo Balsamo
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Gazzetta del Mezzogiorno, 02/08/03
CORATO Costituito comitato. Pronto a scendere in
piazza
I difensori dell'Alta Murgia dicono «no» ai rifiuti nucleari»
CORATO È molto più che un semplice gruppo di strenui difensori
dell'ambiente. Loro, i «paladini» dell'Alta Murgia, oltre che essersi
costituiti in un apposito comitato intercomunale, sono pronti anche a
scendere in piazza pur di difendere il pittoresco territorio murgiano
dal pericolo «nucleare». In realtà quello che è sorto a Corato, di recente,
è un vero e proprio comitato intercomunale (a cui hanno già aderito molteplici
realtà associative dei comuni di Andria, Corato e Ruvo di Puglia) di lotta
contro la localizzazione di un deposito di rifiuti nucleari nel territorio
pugliese ed, in particolare, nell'area dell'istituendo Parco Nazionale
dell'Alta Murgia.
E, proprio a testimonianza dell'impegno assunto dagli iscritti al comitato,
l'altra sera si è svolto un incontro organizzativo al quale hanno partecipato,
dando anche la propria adesione, Nicola Occhiofino,
assessore provinciale alla Solidarietà sociale e alla pace, Francesco
Carelli, assessore provinciale al Patrimonio e locazioni
e l'assessore all'Ambiente del comune di Andria, Ambrogio
Lamesta. Nel corso della riunione, i componenti del comitato
intercomunale hanno affermato la necessità di tenere alta la mobilitazione
della società civile contro l'ipotesi di stoccare in Puglia i rifiuti
nucleari e, più in generale, contro la stessa idea di realizzare un deposito
unico nazionale di scorie nucleari in qualunque regione italiana. «La
mobilitazione - è stato spiegato -, dovrà intensificarsi fino al definitivo
pronunciamento ufficiale di tutti gli organi istituzionali competenti,
che ancora, di fatto, manca».
Il comitato intercomunale ha anche messo a punto, a tal fine, un ordine
del giorno da proporre all'attenzione delle amministrazioni dei Comuni
della provincia di Bari per ottenere la preclusione del territorio al
passaggio e allo stoccaggio di scorie nucleari e, soprattutto, per diffondere
la cultura della salvaguardia del territorio dalle radiazioni ionizzanti.
Non solo. Oltre che ribadire la necessità di sancire la definitiva e immediata
nascita del Parco dell'Alta Murgia senza ulteriori modifiche alla perimetrazione,
i partecipanti all'incontro coratino hanno dichiarato di voler partecipare
con propri rappresentanti al passaggio della «Carovana» previsto per il
prossimo 2 agosto a Bitonto.La «Carovana», si è appreso, è promossa dal
Coordinamento intercomunale contro la discarica nucleare di Laterza che
unisce comuni della Murgia tarantina, barese e materana.
Nei prossimi giorni (il 6 agosto), infine, il comitato intercomunale sorto
a Corato tornerà a riunirsi presso la locale sede «Caritas» (in via S.Benedetto,
13) per impostare la stesura di un manifesto di sensibilizzazione e porre
le basi per la creazione di un sito internet che metta in comunicazione
le diverse realtà pugliesi e permetta l'espressione dell'opinione dei
cittadini contro l'ipotesi di stoccaggio di materiale nucleare sul nostro
territorio.
Gianpaolo Balsamo
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Gazzetta del Mezzogiorno, 30/07/03
BITONTO La crociata anti-nucleare
Un comitato di lotta dalla Murgia «dei missili»
Si è costituito a Mariotto, frazione di Bitonto, il «Comitato
antinucleare pugliese» la cui finalità è quella di opporsi alla realizzazione
di una discarica di scorie radioattive nel territorio e precisamente nella
zona della Murgia cosiddetta «dei missili».
Così come si legge nel comunicato, «il Comitato intende coinvolgere i
cittadini di Mariotto e dei paesi limitrofi, le amministrazioni comunali,
la Provincia e la Regione, nonché i parlamentari pugliesi in tutte le
iniziative d'informazione, sensibilizzazione e, se necessario, di lotta
e disobbedienza al fine di contrastare con la massima efficacia la eventuale
realizzazione della discarica, non solo nel territorio di Mariotto ma,
più in generale, in quello pugliese».
Promotori della costituzione del comitato sono stati i tre neoconsiglieri
comunali, indipendentemente dal partito di elezione, dal delegato sindaco
Gaetano De Palma (La Margherita), a Francesco De Palma
(Ds) e Damiano Somma (Fi) che hanno
raccolto l'adesione della totalità della popolazione. E' questo un segnale
forte della volontà popolare che dev'essere recepito dalle istituzioni
a qualsiasi livello. Difatti il Comitato antinucleare di Mariotto «impegna
il governo nazionale e la Regione ad accelerare i tempi per la realizzazione
del Parco dell'Alta Murgia e preliminarmente l'amministrazione comunale
di Bitonto e la Provincia a bonificare la zona "dei missili" e a rivalutarla
dal punto di vista ambientale e agrituristico. S'impegna infine a porre
in essere iniziative anche di carattere giudiziario per tutelare gli interessi
della comunità locale nonché salvaguardare la salute dei cittadini considerata
bene supremo e irrinunciabile».
Anche l'istituenda «Associazione Murgia verde» con il responsabile dott.
Vincenzo Fiore, ha posto «con forza
all'attenzione delle forze sociali, economiche, agricole e politiche l'imperativo
categorico di chiudere il prima possibile, senza ulteriori ritardi e tatticismi
di qualche Comune, vedi Corato ed Altamura e di alcune associazioni, come
quella dei cacciatori, la partita della perimetrazione del Parco Nazionale
dell'Alta Murgia, istituito il 2 dicembre 1998 con l'approvazione della
legge n.426». La ferma presa di posizione dell'assessore regionale pugliese
all'ambiente Michele Saccomanno,
con la chiara opposizione della Puglia all'eventuale individuazione nella
regione del sito di deposito delle scorie radioattive, così come ha anche
deliberato la Conferenza delle Regioni, tranquillizza ma non garantisce
la definitiva esclusione della Puglia dal novero delle regioni che possono
ospitare siti nucleari.
E' urgente che tutti i parlamentari pugliesi, europei e nazionali, facciano
sentire all'unisono, con fermezza e convinzione, non solo la loro voce,
ma, azioni concrete. Si rende indispensabile che anche i big dello spettacolo,
ambasciatori Puglia, come Albano, Arbore, Banfi, Mirabella,
Oxa ed altri ancora, in questo momento di «emergenza»
si avvalgano della loro notorietà per dare una valida mano per respingere
questo pericolo dalla nostra terra? Chi comprerà più il «nostro olio di
Bitonto» nel cui territorio vi è la zona «dei missili» con il cimitero
delle scorie radioattive? Chi comprerà più le nostre mandorle o il nostro
vino? O l'uva di Mariotto della nostra zona murgiana denominata «le rene»
attigua a qualle dei missili? Che senso avranno più i «Doc» che dopo tante
lotte abbiamo conquistato? Che cosa potranno più garantire?
Franco Amendolagine |
da Unione Sarda, 25/07/03
Regioni unite contro le scorie nucleari
La Sardegna guida la rivolta: respinto il progetto di Jean
Dal nostro inviato Marco Mostallino
Roma
Le Regioni non vogliono le scorie nucleari e non si fidano né del Governo
né del commissario incaricato di risolvere il problema dei rifiuti radioattivi.
Per questi motivi i presidenti, riuniti a Roma in via Parigi 11, hanno
respinto al mittente senza nemmeno esaminarlo lo studio preliminare
all’individuazione di un sito nazionale per lo smaltimento dei materiali
delle centrali spente. È passata dunque in pieno la linea di Mauro Pili,
che già due settimane fa durante una riunione tecnica aveva proposto
- anche con toni aspri - di restituire quasi con sdegno al generale
Carlo Jean il dossier con i criteri per la scelta della pattumiera atomica.
«La Conferenza dei Presidenti - si legge nella lettera che già stamani
sarà nelle mani di Jean - sottolinea come l’argomento richieda necessariamente
una valutazione politica approfondita. La Conferenza dei Presidenti
- prosegue il testo - ha pertanto deciso di restituire al Commissario
la proposta pervenuta richiedendo la riapertura del confronto con il
Commissario stesso». I prossimi passi, indicati durante l’incontro,
dovrebbero essere i seguenti: una sorta di diffida politica al Governo
affinché non compia blitz d’agosto scegliendo in solitudine un sito
per le scorie; poi una nuova Conferenza in settembre, per approfondire
la discussione, quindi un’audizione del generale Jean. Ciò significa
che tramonta l’auspicio, più volte espresso dal commissario, di suggerire
alle Regioni e a Silvio Berlusconi una rosa di siti entro la fine di
luglio.
Il percorso ricomincia da capo, anche perché i governatori, nella lettera
inviata al generale, indicano lo smaltimento all’estero delle scorie
come soluzione preferita per il problema.
È stato proprio Pili - arrivato a Roma insieme all’assessore all’Ambiente
Emilio Pani - a insistere perché la risposta secca al numero uno della
società statale per il nucleare (la Sogin) fosse data immediatamente.
«Jean - ha sostenuto il presidente sardo - ha travalicato il mandato
del premier, che lo ha incaricato di affrontare la questione ma non
di scegliere necessariamente un deposito unico in Italia». Pili propende
per lasciare i rifiuti radioattivi là dove si trovano oggi - nelle centrali
spente e in laboratori - ma soprattutto il Piemonte, che conserva quasi
due terzi delle scorie, non gradisce questa ipotesi. La Conferenza propone
allora al generale e al Governo di trovare una soluzione estera: il
pensiero di tutti corre alla Russia.
Nella sua offensiva, il presidente senza Giunta della Sardegna ha trovato
preziosi alleati nella Sicilia e nella Basilicata. È stato il capo dell’esecutivo
lucano, Filippo Bubbico, a stendere di suo pugno la risposta a Carlo
Jean, mentre l’assessore siciliano Marina Noè - che rappresentava Totò
Cuffaro - ha chiesto esplicitamente che la Conferenza intimi al Governo
di non procedere in assenza di deliberazioni delle Regioni: «Stiamo
attenti - ha detto - perché all’esame del Parlamento c’è la legge delega
su energia e smaltimento delle scorie: dobbiamo vigilare per impedire
che qualche emendamento, dei senatori o del Governo, porti a un iter
che taglia fuori le Regioni».
La Sicilia è amministrata dalla Cdl, ma in questa materia la paura di
trovarsi in casa 53 mila metri cubi di uranio e plutonio è più forte
della disciplina di partito. E anche il Piemonte, che con il forzista
Enzo Ghigo coordina la Conferenza, dopo un timido tentativo di insabbiare
la proposta di Pili, si è allineato: «La vicenda - ha detto l’assessore
all’Ambiente Cavallera - è stata condotta in maniera improvvida, con
dichiarazioni che hanno riscaldato gli animi. E ora la domanda “ci chiedete
di pronunciarci sui criteri, ma non è che avete già scelto il sito?”
appare del tutto legittima, considerata la poco accorta gestione dell’affare».
Incassato anche l’appoggio del Piemonte, Pili ha insistito perché i
colleghi approvassero subito il suo altolà al generale Jean. «Sono d’accordo
con la Sardegna», ha annunciato il lucano Bubbico, che immediatamente
ha preso carta e penna per redigere la lettera.
Ovvia, a fine seduta, la soddisfazione di Mauro Pili: «Credo che con
questa posizione si dia un utile apporto alla soluzione di un problema
che rischiava di diventare ingovernabile perché nessuna Regione è disposta
a prendersi le scorie. Viene inoltre indicata la strada più razionale
e più facilmente perseguibile, anche con maggiori garanzie per quelle
realtà nazionali che già ospitano siti nucleari dismessi. A prescindere
da tutto questo - ha concluso Pili - è comunque fatta salva la Sardegna
in quanto Regione a Statuto speciale con competenza primaria in materia
ambientale».
È stata però proprio la sollevazione della società isolana, prima a
gridare il proprio no ai rifiuti nucleari, a portare la vicenda alla
ribalta nazionale. Dopo la Sardegna è insorto il Friuli, quindi è stata
la volta della Puglia, infine è giunta la reazione di tutti i governatori
a un progetto, ha sostenuto Pili, «che puntava a mettere le Regioni
con le spalle al muro. A questo punto - ha concluso il presidente sardo
- sono sempre più convinto che in Italia non ci sarà mai un deposito
unico dei materiali radioattivi».
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Tratto da “La Repubblica – Bari”
di mercoledì 16 luglio 2003
Vertice a Roma: tutto rinviato ai presidenti delle Regioni. Saccomanno:
abbiamo già troppi luoghi a rischio ambientale
“Le scorie radioattive qui non passeranno”
Puglia e Sardegna bocciano il piano Jean. L'ipotesi di un sito in Kazakhstan
di DAVIDE CARLUCCI
ROMA
— Il criterio di esclusione "socio-sanitario".
Michele Saccomanno, assessore regionale all'Ambiente, chiama così il
principio che il governo dovrebbe considerare
per tenere
fuori dalla Puglia le scorie nucleari. «Abbiamo
già Manfredonia, Taranto
e Brindisi - ha detto ieri nell'incontro del coordinamento
tecnico delle
Regioni in
materia
di ambiente ed energia, dedicato al sito
per i rifiuti
radioattivi
- Nel nostro
territorio
ci sono
tre centri
già segnalati
dall'Organizzazione
mondiale per
la sanità
per l'incidenza di tumori o di
altre malattie. Non crediamo che esista
una vocazione delle popolazioni pugliese alla sofferenza e alle
patologie tumorali». E per chiarire
meglio la sua posizione, non si
limita all'humour nero. A fine riunione l'assessore brindisino di Alleanza
nazionale propone di mandare
tutto all'aria per ricominciare la discussione da zero. «Chiediamo
di rivedere l'accordo
del '99
dal quale è partito il percorso per la messa in sicurezza delle scorie
nucleari».
E così, è arrivato il primo risultato
politico dell'incontro di ieri: l'analisi del documento presentato
dal generale
Carlo Jean, quello che individua
una serie di criteri per l'individuazione
dei "cimiteri nucleari", è sospeso. Per ricominciare a parlarne, dovranno
tornare a
riunirsi
a Roma i presidenti delle regioni,
alla presenza dello stesso Jean.
L'operato del commissario delegato
alla sicurezza dei materiali e delle installazioni nucleari ha ricevuto,
insomma, un'evidente bocciatura. Grazie, soprattutto, all'inedito
asse Puglia-Sardegna,
due regioni
del centrodestra contro un governo dello stesso colore. Il primo
ad aprire il fuoco contro Jean,
infatti, è stato Mauro Pili, presidente della Regione Sardegna. Unico
governatore in una riunione in prevalenza
di assessori e tecnici, Pili
ha attaccato il commissario, reo di
aver «perseguito in maniera arbitraria
e autonoma» rispetto all'ordinanza di Berlusconi l’idea del deposito
unico. Secondo Pili non va intesa
come un unico luogo fisico bensì come «gestione centralizzata» delle
scorie. Inoltre, non è stata
data alcuna importanza alla «clausola
della cooperazione internazionale». Il riferimento è alla possibilità
di smaltire i rifiuti radioattivi in Russia o Kazakhstan, che potrebbero
averne convenienza visto che utilizzano il nucleare. L'idea,
avanzata dal parlamentare pugliese
Donato Piglionica, dei Ds, e da
Ermete Realacci, della Margherita, sembra prendere consistenza: lo stesso
Jean sarebbe in
questi
giorni in Kazakhstan per valutare questa possibilità.
Saccomanno è d'accordo su tutta
la linea con Pili. Smentisce perfino la frase a lui attribuita dalle agenzie
- «No alle scorie destinate alla
Sardegna» - e ripete che «non c'è alcuna
necessità di rivedere un sito
unico». Respinge anche la tentazione di accettare "contentini" (forme
di compensazione economica, centri di ricerca che creino occupazione,
eccetera): «Il consiglio regionale pugliese ieri ha votato all'unanimità
contro quest'ipotesi. Mi auguro che il governo nazionale si occupi del
risanamento
delle
aree ad alto degrado ambientale senza rimandarlo ad altre occasioni.
Noni cederemo, comunque, al ricatto occupazionale».
Slitta dunque la decisione sui siti
da individuare, prevista per la fine di luglio. Anche se, giurano in
molti,
la Sogin, la società incaricata di individuare i depositi, hanno già una
rosa di nomi da sottoporre al "potere
politico": a breve devono fornire una rosa di proposte, da tre a
otto. Ufficialmente, spiega Saccomanno, nomi
di aree definite non se ne fanno.
L'area tra
Canosa
e Melfi?
«Senza
fondamento». Mariotto? «Prima volta che se
ne parla».
Più fondati,
invece, i timori «per
l'area a cavallo tra la Murgia pugliese e la Basilicata»
e per la Murgia
tarantina, «nei pressi di Laterza».
Sono, del resto, le stesse località
che figuravano nella precedente mappa dell'Enea, quella che aveva
individuato in Puglia una sessantina
di "siti potenzialmente idonei".
Una cartina non del tutto superata,
spiega ancora Saccomanno: «Il documento di Jean ne tiene
conto». Certo, sono indicazioni che vanno aggiornate, alla luce di due
fatti nuovi: il terremoto
nel Molise,
che ha trasformato la Capitanata
in zona sismica, e l'istituzione del parco dell'Alta Murgia, che attende
però la ratifica ministeriale. E le aree - soprattutto quelle
a cavallo tra la Puglia e la Basilicata - che non rientrano
nella perimetrazione del parco?
«Sono in gran
parte zone a protezione speciale
- dice un alto
funzionario della Regione - La presenza di aree protette,
però, è,
nel documento
del commissario
Jean, nella seconda fascia d'esclusione, non nella
prima (che
taglia fuori
le zone
soggette
a esondazioni,
terremoti,
gravi dissesti
idrogeologici). Dobbiamo batterci perché il criterio dei parchi
venga salvaguardato». Per Piglionica,
«è questo
l'argomento che può davvero
far breccia».
A farlo pesare
sul prossimo tavolo di discussione
potrebbe essere
Raffaele
Fitto. E
Berlusconi,
difenderà Jean?
Molti
ritengono di no. «Il premier comprenderà
le nostre ragioni»,
spera
Saccomanno. Intanto, i parlamentari delle regioni del Nord dove
le scorie ci sono già - e in condizioni di insicurezza - fanno pressione.
Perché i tempi per decidere
non siano
infiniti.
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NUCLEARE: PUGLIA; ASSESSORE, NO A SCORIE RADIOATTIVE
(ANSA) - BRINDISI, 10 LUG - La Puglia si opporra' ''con
determinazione ad ogni ipotesi che veda il nostro territorio destinatario
delle scorie radioattive inizialmente destinate alla Sardegna'', afferma
in un comunicato l' assessore regionale all' Ambiente, Michele Saccomanno,
secondo il quale tale posizione ''non potra' essere cambiata neppure in
presenza di promesse per agevolazioni, sia economiche sia di servizio,
destinate al territorio''. ''Tale volonta' - rileva Saccomanno - sara'
ribadita con forza a Roma, il 15 luglio prossimo, in occasione del confronto
che gli assessori regionali all' Ambiente avranno con il Governo. Ritengo
che il nostro territorio abbia gia' pagato notevolmente il suo prezzo
in favore della collettivita' nazionale e che ciascuna realta' provinciale
conosca a sue spese il peso di queste scelte effettuate in passato''.
''Si pensi a Brindisi - prosegue la nota - dove vi sono ben tre megacentrali
elettriche, giusto per fare un esempio di quanto grave sia la situazione
in termini di salvaguardia ambientale. Interferire in questi gia' precari
equilibri con la creazione addirittura di un sito per ospitare le scorie
radioattive sarebbe davvero improponibile, anche nel caso in cui si volesse
collegare tale realizzazione all' istituzione, come pare, di un centro
di ricerche che garantirebbe pure occupazione''. Secondo Saccomanno, ''il
problema occupazionale e' giusto affrontarlo in altro modo, non certo,
quindi, con insediamenti a valenza penalizzante sul piano ambientale-territoriale
e della sicurezza sanitaria della popolazione''. ''La scelta di un sito
per le scorie nucleari - prosegue - puo' essere affrontata solo in sede
europea poiche' puo' ritenersi piu' utile che lo smaltimento avvenga altrove
piuttosto che in Italia e cio' non per ragioni campanilistiche ma in considerazione
del fatto che in altre nazioni europee esistono gia' siti per lo stoccaggio
dei reflui radioattivi''. ''Per l' Italia - conclude il comunicato - puo'
risultare piu' vantaggioso, quindi, usufruire di quei siti piuttosto che
crearne uno nel proprio territorio. Di questo ci faremo interpreti come
Regione Puglia nell' ormai imminente Conferenza Stato-Regioni''. (ANSA).
RED 10/07/2003 18:28
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da La Repubblica del 19 mar. 2003
Solo l´istituzione del parco nazionale potrebbe scongiurare il pericolo.
Ma il provvedimento appare bloccato "Alta Murgia, no al cimitero nucleare"
Andria, la denuncia dell´assessore all´Ambiente: porteranno le scorie
qui Il timore è che esista già un accordo politico per trasformare l´area
in un´enorme discarica
DAVIDE CARLUCCI
No, neanche questa è la volta buona. Il parco dell´Alta murgia sarebbe
dovuto essere, in questi giorni, una realtà, dopo tanti anni di parole.
E invece non solo non sarà presentato, come preannunciato, a Mediterre,
la fiera dei parchi che si svolge a Bari dal 26 al 30. C´è di più: ora
molti temono che tutto questo portarla per le lunghe possa finire per
vanificare l´idea stessa del parco. Per trasformarlo, invece, in luogo
di deposito di scorie nucleari; oppure in area strategica per le ultime
manovre militari. Gli ambientalisti temono anche che gli indugi riescano
a far erodere, alla lobby dei cavatori, ulteriori spazi per realizzare
cave da riempire, una volta esaurite, con discariche di rifiuti. Un sospetto,
del resto, già reso esplicito da un´inchiesta della procura della Repubblica
di Trani, che indaga sul perimetro deciso dalla Regione per il parco:
l´ipotesi da cui si parte è che alcune aree siano state escluse solo per
tutelare gli interessi dei proprietari delle cave. Alcune delle quali
sono state sequestrate. Alla vigilia del convegno organizzato dalla Provincia
per venerdì, nel mare di polemiche per i ritardi, da parte della Regione,
nella ratifica dell´intesa del 19 novembre che istituisce il parco, s´inserisce
la denuncia di un assessore all´Ambiente di Andria. Ambrogio Lamesta,
di Rifondazione, cita una nuova ordinanza di protezione civile, firmata
dal presidente del consiglio, per la messa in sicurezza delle scorie nucleari.
«Sulla base della situazione di crisi internazionale -è scritto - che
accentua i rischi legati alla presenza sul territorio dei rifiuti radioattivi
e delle recenti comunicazioni fornite alle competenti commissioni parlamentari
da parte del commissario dell´Enea, Carlo Rubbia, è stato ritenuto indispensabile
assumere iniziative di carattere straordinario per la messa in sicurezza
degli impianti a rischio in condizioni idonee a salvaguardare la salute
della collettività. Il provvedimento è stato adottato d´intesa con le
Regioni interessate». Dove? Lamesta non ha dubbi: «Circola il nome della
Murgia. Ma il nostro rifiuto sarà categorico. "Casualmente" governo e
Regione non procedono all´istituzione del parco, in attesa dal '90. E
i ricorsi al Tar contro la perimetrazione congelano l´istituzione del
parco nazionale, l´unico ente in grado di evitare la realizzazione di
un deposito di scorie nucleari». Cesare Veronico, assessore all´Ambiente
della Provincia, organizzatore dell´incontro di venerdì, teme un ulteriore
restringimento del perimetro da parte della Regione. «Sarebbe sconcertante.
Per questo propongo: partiamo subito con il parco da 65mila ettari, com´è
stato deciso il 19 novembre. Subito dopo ci batteremo per tutto quel che
è rimasto fuori da quel perimetro. Ma se continuiamo a perdere tempo,
può accadere di tutto». |