Troppi rischi, anche di inquinamento
La nostalgia del nucleare va combattuta, parola mia
C'è stata una generazione,
oggi di sessanta o settantenni, cresciuta con il mito che l'energia nucleare
avrebbe risolto tutti i problemi umani; è la generazione che fece scrivere
al governi dei primi anni settanta del Novecento un piano energetico che
prevedeva la costruzione di oltre quaranta centrali nucleari da 1000 megawatt
ciascuna; che indusse i governi a investire migliaia di miliardi di lire
del tempo nella costruzione della centrale francese Superphenix, quella
che avrebbe dovuto produrre più energia di quella consumata. Questa generazione
ha assistito all'incidente del reattore americano di Three Mile Island,
alla catastrofe al reattore ucraino di Chernobyl, alle fughe di materiali
radioattivi dei vari impianti nucleari nel mondo, alla fine ingloriosa
del reattore Superphenix e dei tanti soldi, tratti dalle nostre tasse,
dissipati in quella avventura. E' la generazione che ha rincorso il sogno
di ottenere elettricità commerciale dalla fusione dei nuclei di idrogeno,
una reazione che effettivamente libera energia, ma utile solo per le bombe
nucleari.
Questi sogni si sono volatilizzati non per colpa di una pattuglia di ecologisti
ignoranti, di petulanti antinucleari, non per l'esito del referendum del
1989, o per la diminuzione del prezzo del petrolio, ma perché la possibilità
di ottenere elettricità commerciale dalla fissione dei nuclei atomici
si scontra con problemi tecnici ed economici e sociali che non hanno soluzione.
E' vero che le riserve mondiali di petrolio e di gas naturale si impoveriscono
rapidamente e che un numero crescente di pozzi di idrocarburi si sta esaurendo.
Ma in questo quadro la soluzione non può essere cercata - a parere mio
e di molti altri - nel ricorso alla costruzione delle centrali nucleari.
Tali centrali producono elettricità con un complesso ciclo che prevede
l'estrazione di minerali di uranio, con formazione di scorie radioattive
inquinanti, e la trasformazione dell'uranio naturale nell'"uranio arricchito"
che subisce fissione nei reattori nucleari (con formazione di residui
radioattivi di uranio "impoverito" che finora hanno trovato impiego nei
proiettili di cannoni).
L'uranio arricchito viene poi sottoposto a fissione nei reattori con liberazione
di calore e con formazione di atomi radioattivi (stronzio, cesio, iodio
e altri) e di plutonio, tossico e radioattivo. Dopo vari mesi la "carica"
del reattore viene estratta, con tutto il suo carico di elementi radioattivi,
e viene lasciata a sé per mesi o anni, con elevati costi di sorveglianza.
Quando le piscine e i magazzini sono pieni degli elementi di "combustibile
nucleare" esaurito, una parte viene sottoposta a delicate operazioni di
separazione degli elementi radioattivi che devono essere tenuti isolati
dalle acque e da qualsiasi forma di vita per decenni o secoli. C'è, all'insaputa
di tutti, un traffico internazionale di residui radioattivi, alcuni destinati
alla preparazione di armi nucleari, altri esposti a furti o ad azioni
criminali; una parte finisce nei rottami e poi in materiali industriali.
Quando poi la vita utile di un reattore è finita, dopo una trentina di
anni, tutte le parti interne contengono elementi radioattivi e la bonifica
di un reattore, per evitare che le componenti radioattive finiscano nell'ambiente,
comporta costi inimmaginabili perché nessuna soluzione convincente è stata
finora trovata.
Così come non esiste alcuna soluzione per la sepoltura, ripeto per secoli,
di tutti i materiali radioattivi formatisi durante il funzionamento e
alla «morte» del reattore. Alcuni propongono di gettarne gradualmente
una parte negli oceani, altri di sotterrarli in miniere di sale, o in
posti isolati: il problema che le regioni italiane stanno affrontando
adesso che il governo vuole sistemare le scorie radioattive esistenti
in Italia in un sito nazionale, dove? In Puglia ? In Sardegna ?
La critica alla resurrezione del nucleare
in Italia ha anche altri aspetti: se si fanno correttamente i conti si
vede che le centrali nucleari producono elettricità ad un costo superiore
a quello delle centrali tradizionali, nonostante le volonterose dichiarazioni
del contrario da parte dei sostenitori del nucleare. Le centrali nucleari,
durante il loro funzionamento "normale", sono fonti di un sia pur limitato
ma continuo inquinamento radioattivo e inoltre di un inquinamento termico
dell'aria e delle acque superiore a quello delle altre centrali. Le centrali
nucleari sono esposte a incidenti: quella di Chernobyl fu una catastrofe,
ma altri incidenti sono avvenuti e sono possibili, con pericolo per le
popolazioni, tanto che le norme internazionali impongono che le centrali
siano collocate a distanza di sicurezza da centri abitati, industrie,
installazioni militari.
No: le centrali nucleari non sono economiche, non sono sicure, non sono
pulite e, con i materiali radioattivi che inevitabilmente generano, condannano
decine di generazioni future a far la guardia a pericolosi depositi che
esse si troveranno intorno, senza neanche sapere perché la nostra generazione
ha voluto correre l'avventura nucleare.
GIORGIO NEBBIA su Gazzetta del Mezzogiorno, 25/08/03
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Regole di selezione dei territori da destinarsi a deposito di scorie
radioattive;
in base ad esse è subito evidente che la zona dell'Alta Murgia (in special
modo le aree destinate all'istituendo Parco Naturale dell'Alta Murgia)
non sono consone. Tra le caratteristiche escludenti sotto elencate ne
manca una molto importante: la carsicità del luogo, che, in caso di fuoriuscita
di materiale radioattivo dagli imballi, ne permetterebbe la penetrazione
con facilità nel sottosuolo fino a raggiungere le falde acquifere....
COME SARÀ SCELTO IL DEPOSITO ITALIANO?
Roma, 14 luglio - Ecco come sarà fatta la selezione dei possibili
siti: applicando 5 famiglie di criteri di esclusione e due famiglie
di criteri di preferenza.
Questi i criteri di esclusione proposti:
SICUREZZA - Aree vulcaniche, ad alta attività sismica,
arre di esondazione, ecc.
SALVAGUARDIA AMBIENTALE - Aree protette, aree soggette a vincolo paesaggistico-ambientale
e archeologico, aree di applicazione della legge Galasso, aree di importanza
comunitaria e di protezione speciale.
IMPATTO ANTROPICO - Numero di abitanti, usi del suolo secondo i parametri
considerati nel Centro interregionale delle informazioni territoriali,
densità della popolazione in un raggio di 10 km dal baricentro (escluse
aree con densità superiore a 30 abitanti). Questo criterio è anche uno
di preferenza relativamente alle aree aventi una densità di popolazione
inferiore al limite di esclusione.
DIMENSIONI DELL' AREA DEL DEPOSITO - Per il deposito superficiale: aree
di 100 metri pianeggianti, con strato di argilla a profondità di 30-50
metri. Per il deposito sotterraneo: aree di 50 ettari con formazione di
argilla che inizia al massimo 50 metri sotto il suolo e che abbia uno
spessore adeguato alla costruzione di un deposito o elicoidale o a spina
di pesce.
CRITERI GEOMORFOLOGICI E IDROGEOLOGICI - Indagini con foto aeree ufficiali
(Commissione Via) sovrapponibili alle tavole dell'Igm (Istituto geografico
militare) e completate con opportune verifiche sul campo.
Dopo l'applicazione dei 5 criteri di esclusione, lo studio prevede di
applicare due livelli di preferenza per la classificazione dei siti candidati.
PRIMO CRITERIO PREFERENZA - Classifica dei siti candidati secondo il metodo
della performance assessment relativo all'idoneità dei suoli.
SECONDO CRITERIO DI PREFERENZA - Rischi, difficoltà, tempi e costi dei
trasporti; impatto ambientale; proprietà demaniale del sito, ecc.
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UN PARCO DI PACE: storia della militarizzazione dell'Alta Murgia,
situazione attuale, prospettive ed azioni.
(Torre di Nebbia Centro Studi e Documentazione sulle Aree Interne)
Fino agli anni '70 il Patto di Varsavia ed il conseguente pericolo "comunista"
spingono le Forze Armate italiane e la NATO a guardare al Nord est italiano
come zona ad alto rischio dove accumulare le principali servitù militari.
Con la crisi petrolifera, prima, la fine del Patto di Varsavia poi, e
con il crescere delle tensioni nell'area del Mediterraneo, si assiste
ad uno spostamento dell'attenzione delle Forze Armate e della NATO verso
l'area del Mediterraneo.
Ne discende la necessità di creare e configurare una "task force" capace
di intervenire nei punti caldi del Mediterraneo che ha nel porto di Taranto
e nell'aeroporto di Gioia del Colle i suoi capisaldi offensivi. Vengono
iniziati i lavori per l'ampiamento del porto militare di Taranto per ospitare
la portaerei "Garibaldi", si parla di dotare l'aereonautica militare di
nuovi aerei AMX e di localizzarli a Brindisi. In questo quadro internazionale
mutato, vengono riviste anche le servitù militari presenti sulla Alta
Murgia: l'Esercito ha sempre più bisogno di ritagliarsi uno spazio consistente
di territorio e di averlo a propria completa disposizione, dove poter
fare esercitare le sue brigate motorizzate, i suoi nuovi aerei Tornado,
dove poter fare esercitazioni interforze con altre nazioni.
La presenza complessiva delle servitù militari ( stabilite dalla Legge
24. dicembre 1976, n° 898 e successive modifiche intervenute con Legge
2 maggio 1990) si accresce quindi sempre più in tutta la Puglia e della
conseguente necessità di spazi esercitativi. È degli anni '80 una vasta
mobilitazione di agricoltori e allevatori che protestano contro l'espropriazione
media di 180 giorni all'anno dei loro terreni e di una presenza militare
che rende di fatto impossibile ogni ipotesi di sviluppo aziendale e zootecnico
dell'area. Il crescente interesse militare all'Alta Murgia si concretizza
in una delibera regionale n° 400 del 23 febbraio 1983 che approva la D.
di G. n° 9116 del 20. 9. 1982 con la quale si destina, a poligoni militari
permanenti, un'area complessiva di 14000 ettari. Una elargizione incomprensibile
da parte della Regione Puglia, in quanto le autorità militari chiedevano
ufficialmente, nel loro promemoria (1980): "la disponibilità certa e stabile
di un poligono di 4000 /4500 ettari (pari ad un terzo del poligono originario
di Torree di Nebbia". I poligoni sono quelli di "Parisi Vecchio", di "Madonna
di Buoncammino" e di "Torre di Nebbia", quest'ultimo nei pressi della
polveriera di Poggiorsini, sito quest'ultimo ritenuto "idoneo" da uno
studio di fattibilità dell'ENEA per ospitare le scorie radioattive presenti
sull'intero territorio nazionale.
L'opposizione a detta delibera comincia a concretizzarsi nell'opposizione
di vari Consigli Comunali e della Comunità Montana, nella presa di posizione
di varie autorità religiose, oltre a varie forze politiche e a organizzazioni
sindacali e di categoria .Questa mobilitazione popolare sfocia in una
grande "Marcia della Pace" nel dicembre del 1985 da Gravina ad Altamura
a cui aderiscono i sindaci dei Comuni dell'Alta Murgia, oltre a 26 consiglieri
regionali. È del 1986 la lettera di Don Tonino Bello, "Il sogno di Isaia",
firmata da circa 10000 persone e presentata al Consiglio Regionale del
luglio 1986. La mobilitazione del movimento pacifista pugliese, raccogliendo
l'adesione di un vasto schieramento trasversale formato da associazioni
di base, antimilitaristi, sindacati e forze politiche, continua a chiedere
con forza l'abrogazione della delibera regionale prospettando un futuro
di pace e di lavoro per l'Alta Murgia.
In questa occasione Don Tonino Bello, insieme ad altri vescovi
pugliesi, firma un documento: "Terra di Bari, terra di pace", che trova
uno straordinario consenso. La grande seconda "marcia per la pace"
Gravina-Altamura del 19. 12. 1987, organizzata dal Coordinamento contro
la Militarizzazione e per lo Sviluppo dell'Alta Murgia, registra un coinvolgimento
di massa (più di 5.000 persone vi partecipano). La manifestazione riesce,
tuttavia, solo a congelare l'esproprio ma non ad abrogare la delibera
regionale. Attualmente, in piena guerra contro l'Irak, le esercitazioni
continuano indisturbate in tutti i poligoni della Murgia. Da quel momento
in poi l'impegno dei Comitati territoriali dell'Alta Murgia (CAM) è consistito
principalmente nel cercare di individuare le linee di un progetto di sviluppo
eco-compatibile in grado di rispondere alle esigenze di tutela del territorio
e alla vocazione di pace delle popolazioni che lo abitano.
L'esito più importante e tuttavia ancora provvisorio di questo articolato
percorso va individuato, come è noto, nell'approvazione della L.S. 426
del dicembre 1998 che sancisce la volontà da parte del Parlamento di istituire
il Parco nazionale dell'Alta Murgia, previa l'intesa tra Ministero dell'Ambiente
e Regione Puglia. Questa intesa è stata raggiunta seppure approvata "con
riserva", forse sperando di restringere ulteriormente il perimetro del
parco all'interno della Conferenza unificata che dovrà ratificare l'intesa.
Il territorio dell'Alta Murgia risulta oggi subire una sorta di ultimo
assalto. Oltre ai Poligoni militari e al pericolo dei depositi di scorie
radioattive, le forme di degrado continuano a compromettere in maniera
irreversibile i suoi delicati ecosistemi: invasi artificiali inutili,
cementificazioni selvagge a 360 gradi, le innumerevoli cave ma, soprattutto,
sta letteralmente scomparendo, nell'indifferenza generale, grazie alla
pratica cosiddetta dello SPIETRAMENTO. Tale pratica costituisce,
senza eufemismi, un vero e proprio disastro ambientale che dovrebbe far
arrossire di vergogna chi continua a praticarla o ad autorizzarla. E invece
ogni giorno, con velocità inaudita, pezzi consistenti di murgia vengono
trasformati in deserti lunari con conseguenze pericolose che nessuno sembra
prevedere.
Tutto questo impone a noi tutti il senso di una profonda responsabilità
a fronte soprattutto delle capacità che dovremmo invece avere nell'affrontare
e risolvere la complessità dei problemi in campo. Dovremmo considerare
quest'area come il campo privilegiato dove sperimentare a pieno tutte
le nostre energie con la consapevolezza delle difficoltà di comporre interessi,
a volte contrapposti, e di difendere la qualità delle differenze. Dovremmo
perciò impegnarci in direzione di un maggiore confronto non dimenticando
che, al di là di inutili e sterili polemiche, il nostro obiettivo principale
è quello di porre un argine al progressivo degrado di una tra le più interessanti
aree di Puglia ma anche d'Italia. Il "Parco rurale", cosi come lo abbiamo
concepito finora, oltre a rappresentare una reale opportunità di salvare
l'Alta Murgia dagli innumerevoli attacchi cui è sottoposta e di valorizzare
quindi il suo enorme e originale patrimonio storico-ambientale, è inteso
come un laboratorio di restauro ambientale e produttivo quale modello
per il rilancio delle aree interne.
Un progetto essenzialmente politico ed ambientale e perciò teso a soddisfare,
in primo luogo, le ataviche esigenze legate all'agricoltura e alla pastorizia
con mezzi e strumenti che non siano solo compatibili con l'ambiente ma
tali da determinarne il miglioramento e la ricostituzione. Ma ancora più
importante è intendere il Parco come sperimentazione di una rinnovata
e pacifica convivenza e solidarietà umana che aiuti le nostre comunità
a superare positivamente le crisi che attraversano. L'obiettivo più immediato
consiste nel pervenire al più presto al Decreto istitutivo del Parco che
il Presidente della Repubblica dovrà emanare e continuare ad attivare
il confronto tra tutti i soggetti ed Enti interessati. Ciò è tanto importante
e urgente in considerazione del fatto che i fenomeni di degrado e di trasformazione
in atto rischiano di trasformare l'Alta Murgia in un "parco della vergogna"
. Il nostro impegno per questo tende a ricongiungersi con quello espresso
negli anni passati del vasto movimento che si mobilitò contro i poligoni
militari sull'Alta Murgia e che si è impegnato con coerenza fino ad oggi,
individuando nel progetto di costituzione del parco uno scopo concreto
da raggiungere al più presto. Oggi come allora ribadiamo la nostra convinzione
che la Terra di Bari vuole continuare ad essere "Terra di Pace" e di onesto
lavoro.
Se diciamo No alla guerra diciamo No alla militarizzazione del territorio,
convinti come lo fu Don Tonino Bello, che bisogna invece pronunciare tre
Si al cerchio della speranza: il primo Si all'istituzione del parco nazionale
dell' Alta Murgia, ad un futuro del nostro territorio nel segno della
pace e di uno sviluppo ecocompatibile; il secondo Si al presente della
nostra Regione che deve impegnarsi a costruire un raccordo tra le molteplici
e le diverse culture e le diverse religioni; Il terzo è un Si al passato,
che ci tramanda l'istintiva attitudine della nostra terra ai moduli della
non violenza.
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