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Il quadro culturale e scientifico ai tempi di Freud. Scienza sperimentale e studi di psicologia.
di Guido Marenco guernica@playful.com
La psicologia, ovviamente, non comincia con
Freud.
Inizia quando si comincia a credere che l'uomo
possa essere oggetto di un sapere scientifico;
declina quando questa convinzione viene negata
o confutata sul piano filosofico.
Tuttavia l'uomo è psicologo anche quando
la psicologia latita o viene nascosta, e
solo chi sa essere buon psicologo se la può
cavare in molte circostanze avverse.
Nell'antichità la scienza medica egiziana,
come dimostra il papiro Edwin Smith, scritto
tra il 3000 ed il 2500 a.C., era pervenuta
a diverse cognizioni, ad esempio sul rapporto
tra danni cerebrali e spinali e paralisi
degli arti.
Ma prima di Ippocrate, il grande scienziato
greco che codificò il sapere medico e scrisse
anche di psicologia, noi non possiamo dubitare
del fatto che nel senso comune di tutti i
popoli si fossere sedimentate nozioni di
psicologia rudimentale.
Con questo intendiamo dire che la psicologia,
prima ancora di essere una scienza del comportamento umano, fu, non solo nell'antichità,
un modo di congetturare sulle reazioni altrui
di fronte a determinati eventi e di fronte
a nostri comportamenti.
Nella Bibbia quando Abramo andò in Egitto
con la moglie Sara, venne istruito da Dio,
a nascondere la vera identità della moglie
ed a spacciarla come sua sorella onde evitare
di perdere la vita.
Giuseppe acquistò benemerenze in quanto interprete
di sogni.
Molte altre storie bibliche sono storie a
sfondo intensamente psicologico, se non psichiatrico.
Re Saul, ad esempio, fu un classico caso
di neuroastenia maschile che varrebbe la
pena di analizzare.
In generale non possiamo immaginare alcun
abile mercante dell'antichità privo di nozioni
sul modo di suggestionare ed incantare i
suoi potenziali compratori e non possiamo
immaginare alcun abile condottiero privo
di una grande capacità di intuire la "psicologia"
dell'avversario ed allo stesso tempo di conoscere
a fondo la psicologia delle proprie truppe.
Ancora non possiamo immaginare alcun sommo
sacerdote di qualsiasi culto religioso privo
della capacità di comprendere le paure e
le speranze dei fedeli, come pure ci pare
problematico pensare ad un qualsiasi capo
politico privo di conoscenze psicologiche.
La realtà, dunque, è che anche quando non
si parlava esplicitamente di psicologia,
essa costituiva un tratto distintivo delle
abilità umane, una vera e propria abilità
in grado di rendere forte un debole e confondere
od ingannare un forte.
Politica e psicologia sono tuttuno più di
quanto si creda ed anche crimine e psicologia
hanno un rapporto strettissimo, al punto
che io credo non si possa essere buoni criminilogi
senza essere psicologi migliori degli stessi
criminali.
Che se ne parli o meno, pertanto, in termini
espliciti, l'idea che la psicologia sia una
scienza solo quando diviene una disciplina
di studiosi, appartiene ad una delle tante
insulse illusioni della modernità.
Ogni uomo che sappia cavarsela, nel senso
di sapere il fatto suo, è, a suo modo uno
psicologo empirico, che cioè basa la sua
conoscenza sulle esperienze fatte.
Esse, naturalmente, possono anche rivelarsi
parziali od errate in qualche misura, ma
non credo si possano liquidare solo perchè
non compaiono nei trattati o nei manuali
di storia della psicologia.
Sotto questo profilo mi pare importante evidenziare
dunque un punto: una conoscenza puramente
libresca non ci rende psicologi se non abbiamo
noi stessi coltivato un talento particolare.
Intendo il talento dell'osservazione.
Ciò detto appare altresì evidente che lo
studio della psicologia ci rende un pò più
raffinati e profondi, sia nel valutare noi
stessi, comprendere un po' meglio chi siamo,
cosa vogliamo e cosa possiamo; sia per comprendere
un po' meglio gli altri.
Esso è quindi utilissimo oltre che interessante.
Sotto un profilo strettamente disciplinare
la psicologia comincia con medici e filosofi
nell'antica Grecia.
Già Anassagora, in risposta alla semplicistica
dottrina di Empedocle per il quale "il
simile conosce il simile" formulò una
teoria della conoscenza che è una psicologia.
Ippocrate, evidentemente istruito nella tradizione
ayurvedica, formulò tesi interessanti ancor
oggi usate in ordine ai temperamenti, cioè
ai caratteri e osò ipotizzare il carattere
sessuale dell'isteria parlando di malformazioni
uterine.
Aristotele compose diversi trattati di psicologia,
tra cui il De Anima.
Numerosi filosofi scrissero di psicologia,
nei secoli. Tra questi Locke, per un verso,
Hume, per un altro, lo stesso Kant per un
altro ancora. La pedagogia di Rousseau si
fondò su una particolare forma di psicologia.
Quella di Sant'Agostino, non diversamente,
sia nelle Confessioni che nel De Magistro aveva introdotto nuovi elementi di psicologia
umana, sia muovendo da basi neoplatoniche,
sia da tratti del tutto inediti.
Faremmo infine un torto a Platone se non
ricordassimo che la sua dottrina della reminiscenza dell'anima è anche un abbozzo di psicologia e che la
posizione di Aristotele (l'anima è alla nascita
una tabula rasa priva di ricordi) era alternativa
a quella di Platone.
Con Platone e la reminiscenza potremmo inoltre
dire che sorge in qualche modo la nozione
di inconscio, perchè se è vero che l'anima è in grado
di ricordare, è prima vera che l'anima ha
dimenticato o rimosso.
Lo stesso Comenio dovette per forza di cose
misurarsi con problemi psicologici.
E questo per citare solo i maggiori.
Nell'ottocento dominato dal positivismo incontriamo
tra i filosofi sostanzialmente due posizioni:
quella di Comte che esclude la psicologia
dall'ambito della scienza, e quella di John Stuart Mill, che invece elabora una sua psicologia.
La sua stessa "logica" ha basi
psicologiche più che strettamente logiche.
Vi è poi un filosofo; Franz Brentano, di cui Freud, fu allievo, che con la sua
dottrina dell'autonomia dello psichico, influenzò profondamente sia
lo stesso Freud, sia la fenomenolgia filosofica
di Husserl e Hartmann.
Prima di lui andrebbe ricordato anche Herbart, filosofo e pedagogista, la cui lettura
della pedagogia poggia su una teoria psicologica
del pensiero come rappresentazione che influenzò largamente non solo l'area
culturale germanica.
Ma la vera novità dell'ottocento è che vi
sono psicologi che cominciano ad elaborare studi psicologici
indipendentemente dalla filosofia e cercano
di fondare una scienza su osservazioni di
tipo fisiologico.
Questi nuovi psicologi sono di formazione
filosofica: la psicologia sperimentale è
figlia della filosofia, non tutta ovviamente,
ma di quella filosofia viva che cerca teoreticamente
spiegazioni ai fatti del mondo; la psichiatria
è invece una crescente specializzazione della
medicina.
Nell'ottocento esse sembrano convergere,
ma non si incontrano ancora, se non saltuariamente.
Da un lato va salutata positivamente la decisione
di alcuni filosofi, quelli che credono sia
possibile trovare spiegazione ai tanti perchè
delle cose, di abbandonare il terreno teorico astratto e misurarsi
con i problemi concreti della vita, della
mente e del corpo, studiandoli dal vivo.
Dall'altro è indubbio che gli studi medici,
stimolati dalla rivoluzione darwiniana, uscirono da un tran tran di semplici trasmissioni
di un sapere tradizionale e codificato, per
aprirsi ad un quadro teorico differente e
stimolante. Anche tra i medici, quindi, sono
quelli che credono nella "causalità"
ad uscire dalle ristrettezze teoriche e procedere.
Detto questo, dobbiamo solo aver presenti
i limiti di tale processo per comprendere l'importanza storica di Freud.
I maggiori esponenti della corrente psicologica,
da Wundt a Müller, da Ebbinghaus a Fechner, limitarono il loro spazio teorico ed esclusero
dall'indagine gli elementi patologici, i
rapporti con l'ambiente ed i legami affettivi.
La patologia era campo esclusivo degli psichiatri,
molti dei quali ancora fermi alla classica
ma insufficiente nozione di "follia".
In questa separazione tra psichiatria e psicologia cresce una
sorta di frattura tra studio della devianza
e studio della normalità che allontana dall'unitarietà
dello studio dei fenomeni psichici aventi
per oggetto l'essere umano concreto, nel
quale normalità e devianza spesso convivono,
o sono facce della medesima moneta.
Questo senza esagerare, ovviamente, la liceità
del comportamento anomalo, perchè la devianza
che è potenzialmente presente in ognuno,
non può comunque venire giustificata qualora
si manifesti in modo esasperato e continuativo.
Essa è sintomo di un crollo dell'equilibrio
interiore e di un prevalere delle pulsioni
sull'io, che ha come conseguenza l'annichilimento
del senso di responsabilità verso sé stessi.
Sarà solo con Freud che la psicologia verrà
ad assumere come metodo la riflessione sulle
esperienze, sui vissuti individuali, sulle
differenze specifiche, cessando in un certo
senso, di essere un "lavoro spezzettato",
privo cioè di un quadro unitario di riferimento.
Questo punto sarà particolarmente chiaro
con l'elaborazione della seconda topica, come vedremo, cioè con la costruzione di
un modello teorico di spiegazione per il
quale l'es rappresenta il mondo dei desideri, l'io rappresenta l'organo di governo dell'individuo
ed il super-io rappresenta il censore ed il tutore attivo
come sistema di divieti ( e di protezioni)
fino a quando l'io, maturando, non lo ingloberà
e non lo farà proprio.
Questo modello non spiega tutto, ovviamente, ma certo concorre ad aver chiaro
che la devianza è il risultato del dilagare
dell'es, oppure di una rimozione dei desideri
dovuta al timore delle punizioni del super
io, di una mancata maturazione dell'io e
di un super-io esageratamente censorio, spesso
irrazionale ed incomprensibile, oppure super-tollerante
e permissivo, quindi incapace di tutelare
realmente il soggetto.
I conflitti tra io e super-io saranno dunque
alla base di una dinamica psichica che potrebbe
assumere forme diverse in qualsiasi soggetto.
Da un buon io ad un pessimo super-io (padre
o madre cattivi) ad un pessimo io dominato
dall'es ed in perenne conflitto con qualsiasi
super io, ad un pessimo io in conflitto con
pessimi super io di tipo censorio oppure
di tipo permissivo.
Con ciò non vogliamo dire che la psicoanalisi
saprà essere un modo finalmente unitario
di comprendere i problemi dell'individuo.
Rimarranno infatti scarti e zone d'ombra
che solo diverse teorie psicologiche, dalla
Gestalt al cognitivismo, sapranno colmare, peraltro in modo ancora
parziale.
Ma non disperiamo, la ricerca continua:-)))
Va inoltre considerato che, come spesso accade,
le considerazioni sommarie e riassuntive
rischiano di nascondere processi più complessi.
In realtà non c'è studio e quindi non c'è
corrente teorica che non arrechi qualche
nuovo contributo alla conoscenza della psicologia
umana. Facciamo solo qualche nome, rinviando
eventualmente il lettore interessato ad ulteriori
approfondimenti a futuri files di storia
della psicologia.
Charles Darwin e la sua teoria dell'evoluzione, che è soprattutto
una teoria dei caratteri ereditari forti,
cioè dei caratteri che consentono la sopravvivenza
della specie, e della loro trasmissione,
è indubbiamente un retroterra indispensabile
allo sviluppo delle nuove teorie, nelle quali
prevale, tuttavia, con qualche differenza e qualche eccezione, l'approccio genetico e quindi la spiegazione
della devianza esclusivamente con i caratteri ereditari, senza prestare alcuna attenzione al maturare
di cattive abitudini dovute all'ambiente
o alla storia sociale e culturale.
Tra le eccezioni John Hughlings Jackson (1835 - 1911) che, procedendo nello studio
delle "afasie" (disturbi del linguaggio,
incapacità di parlare), era andato oltre
lo studio anatomico ed aveva cominciato ad
osservare, tramite anamnesi, la storia d'ogni
specifico quadro patologico.
Attraverso queste esperienze Jackson era
giunto a comprendere che l'origine della
malattia mentale era da individuare nella
dissoluzione dei collegamenti che sono necessari
alla vita normale della psiche, collegamenti
che non possono essere attivati se non attraverso
una sorta di "educazione" del sistema
nervoso basato sull'esercizio.
Tali idee furono poi riprese in ambito psicopedagogico
da Maria Montessori in Italia.
Thèodule-Armand Ribot (1839 - 1916) per altro verso, evitava di
aderire in blocco alle tesi psicofisiche
e psicofisiologiche. Per Ribot le funzioni
psichiche non erano indipendenti dall'ambiente
e potevano essere mostrate nella loro effettiva
costituzione solo a condizione di individuare
la loro "base" nel rapporto tra
organismo e ambiente.
In Ribot, fortemente influenzato dalle idee
del filosofo positivista H. Spencer, emerge chiaramente il fattore "coscienza".
Nella selezione della specie essa gioca ormai
un ruolo decisivo e trova nella "memoria"
l'asse portante.
Ribot distingueva inoltre memoria organica
e memoria psicologica e parlava di un "salto
di qualità" nei processi di associazione
tra "elementi nervosi", il loro
trasformarsi da "fatti biologici"
a "fatti psicologici".
Posta dunque sul confine tra fisico e psichico,
considerati come terminali di una concatenazione
causale, la memoria psicologica si costituisce
come "inconscio fisiologico" ma
è base per la vita cosciente.
Tuttavia già Ribot sembra accogliere l'idea
di inconscio considerando gli "automatismi"
dell'organismo e le sue reazioni, in ciò
ricollegandosi alla teoria herbartiana della
"ristrettezza della coscienza".
Con Cesare Lombroso (1836 - 1909), veronese, professore di psichiatria
e medicina legale, abbiamo una forte accentuazione
dei fattori ereditari nell'eziologia delle turbe psichiche.
Lombroso sottovalutò in modo esagerato le
influenze ambientali sul determinarsi delle
devianze psichiche e privilegiò il momento
somatico. Condusse un grandioso lavoro di
ricerca e catalogazione dei dati mostrando
come forme di alienazione e tendenze criminali
fossero determinati in maniera decisiva da
elementi ereditari, fondandosi su un'interpretazione
rigidissima delle tesi darwiniane.
Nell'Uomo delinquente (1876) avanzò esplicitamente questa tesi,
corroborondola di osservazioni anatomiche
e somatiche.
Il delinquente potenziale sarebbe riconoscibile
anche per caratteri esteriori quali la fronte
sfuggente, zigomi e mandibole pronunciati
ecc...
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare,
c'è da dire che da questa teoria Lombroso
traeva coseguenze importanti per il diritto
penale non in senso repressivo [eliminiamoli
prima che possano nuocere:-)))] ma in senso
progressivo. Proponeva infatti di trattare
il delitto non come una colpa, ma come una
malattia, e di considerare la pena non come
una punizione, ma come una difesa della società
da comportamenti pericolosi. (il che è davvero
un'idea luminosa!)
Una controindicazione decisiva, rilevalibile
da chiunque, è che la maggioranza degli autori
di crimini non ha la conformazione fisica suggerita dal Lombroso
e che dunque, anche fosse vera la teoria
di una "bestialità" istintiva ed
antisociale di tipo ereditario, essa spiegherebbe
solo una piccola parte dei crimini commessi
nel mondo.
Lombroso peraltro, svolgendo ragionamenti
simili, arrivò a suggerire in diversi studi
(Genio e follia, L'uomo di genio, Genio e
degenerazione) che anche la cosiddetta genialità è dovuta
ad una particolare costituzione psicofisica,
e che essa spesso, si accompagna sia alla
immoralità che alla follia.
Tra gli esponenti della corrente psichiatrica vanno inoltre ricordati Theodor Meynert (1833 - 1892) che fu anche il primario di
Freud quand'egli faceva tirocinio nella sua
clinica, Carl Wernicke (1848 - 1904) ed Emil Kräpelin (1855 - 1926) .
Meynert, che insegnava a Vienna, formulò
una teoria della malattia mentale basata
sulla funzione inibitrice esercitata dalla
corteccia cerebrale nei confronti delle eccitazioni
nervose che interessano i centri sub-corticali.
Le turbe psichiche potevano essere dovute
ad una insufficiente od eccessiva irrorazione
sanguigna della corteccia che cessava così
di svolgere la propria funzione.
Meynert insisteva dunque sulla possibilità
di "localizzare" la malattia mentale
su basi fisiologiche, opponendosi pertanto
ad intepretazioni di tipo clinico-psicologico.
Gli studi di Meynert vennero ripresi da Wernicke,
che sviluppò osservazioni sull'afasia, distinguendo
tra afasia di tipo sensorio e quella di tipo
motorio.
Convinto, come Meynert, della centralità
della corteccia nel coordinamento delle funzioni
mentali, elaborò una teoria delle "immagini
mnestiche" relative a stimolazioni ed
eccitazioni nervose. Secondo Wernicke la
salute psichica dipende dal modo in cui possediamo
le immagini mnestiche; l'alterazione nella
relazione di tali immagini è alla base della
turba psichica.
La coscienza, qualcosa di concreto che si
avvale dei dati sensoriali e percettivi,
interviene nell'organizzazione delle immagini
e guida l'individuo nei rapporti con il mondo
(livello allopsichico), nella conduzione
di sè e dei propri movimenti (livello somatopsichico)
e nella armonizzazione della personalità
(livello autopsichico).
Kräpelin, dal canto suo, incominciava
un lavoro di organizzazione sistematica delle
patologie, affrontava casi di elevata complessità
e lavorava sulle differenze specifiche tra
i vari quadri patologici ed i singoli soggetti.
Studiava in particolare il fenomeno dell'alcoolismo
e la diffusione della sifilide (con conseguenti
turbe mentali) e finiva col concludere sul
carattere organico di ogni eziologia della
malattia mentale.
Tale approccio portava lo stesso a convergere
con Wernecke sul fatto che alla base della
turba psichica vi fosse un'insufficienza
delle funzioni superiori, di coordinazione
dell'io.
Per molti Kräpelin dette quindi vita
ad una sorta di "sistema" di psichiatria.
In Francia, più o meno contemporaneamente,
vennero alla luce studi che evidenziavano
la diversità tra "turbe psichiche"
prossime alla classica nozione di follia,
ovvero turbe psicotiche, e semplici disturbi, peraltro più diffusi,
di nevrosi.
Fu Jean Martin Charcot (1825 - 1893) a sviluppare studi particolari
sull'isteria, evidenziando che questo tipo
di disturbo doveva trovare spiegazione in
cause di tipo psichico, cioè nelle idee del
paziente, più che in cause di tipo fisiologico.
Difficoltà crescenti incontravano infatti
le vecchie tesi sulla natura fisica dei disturbi
( ad esempio la malformazione uterina nei
casi di isteria).
A merito di Charcot va ascritto soprattutto
il suo impegno per ordinare il caotico manifestarsi
del sintomo isterico (fobie, contrazioni
muscolari, paralisi temporanee, convulsioni,
tremori). Gli mancava ancora, tuttavia, un
modello funzionale cui fare riferimento,
pur intuendo che l'isteria femminile aveva
il sesso come sfondo.
Nel quadro delle terapie assumeva importanza l'ipnosi, che determinava uno stato di sonno artificiale
nel quale il paziente poteva essere suggestionato
e persino condizionato.
In Francia si svilupparono presto due scuole,
quella della Salpêtriere, il grande
ospedale parigino dov'era attivo Charcot,
e quella di Nancy, rappresentata soprattutto
da Hyppolite Bernheim (1840 -1919).
La prima sosteneva che lo stato ipnotico
poteva essere indotto solo in soggetti affetti
da isteria.
La scuola di Nancy tendeva invece ad estendere
lo stato ipnotico a qualsiasi soggetto e
quegli anni sembravano confermare le tesi
di Bernheim.
Fu Pierre Janet (1859 - 1947) a condurre avanti le posizioni
della scuola di Nancy, esplicitando l'unitarietà
della sfera psichica e la sua "dinamicità",
che comportava forme rudimentali di coscienza
anche nei soggetti più primitivi o psichicamente
disturbati.
Lo studio di Janet prendeva quindi come oggetto
una sorta di "automatismo" della vita dell'organismo nel suo insieme,
che poteva essere denominato psicologico in quanto, anche in assenza di una vera
coscienza, cioè in presenza di un solo nucleo
psichico privo di un vero orientamento cosciente,
il corpo, con le sue esigenze, funzionava secondo
un ordine di tipo biologico e quindi orientava
le scelte operative.
Janet postulava due forme di automatismo,
quelle inferiori e quelle superiori.
A dimostrazione delle seconde richiamava
il fatto che in genere è possibile svolgere
attività anche in presenza di distrazioni.
Con ciò veniva ad avvicinarsi alla stessa
nozione di inconscio, (dacchè l'automatismo non può che essere
inconscio) anche se in un senso decisamente
diverso da quello proposto successivamente
da Freud.
Tra i più feroci avversari di una qualsiasi
psicologia, sia di tipo psicologico - filosofico
che di tipo medico -fisologico erano stati
il filosofo scozzese Hume ed i suoi seguaci. Questi infatti aveva
negata l'esistenza di un "io" stabile
e permanente, la causalità ed in generale l'esistenza di un soggetto
sostanziale, sostenendo apertamente che la
coscienza dell'io è solo fenomenica, cioè
solo una successione di stati di coscienza
che non ha cause. E' facile comprendere che
tra la seconda topica freudiana e la teoria humeana non vi possa essere compatibilità.
Lo stesso Kant, pure mille miglia più in
alto di Hume nel comprendere le realtà delle
cose nella loro connessione, negherà che
la dottrina empirica dell'anima possa considerarsi
una scienza.
Del resto la stessa dottrina kantiana che
implica l'esistenza di "una cosa in
sè" al di là dei fenomeni, non conoscibile,
sembra sbarrare il passo a qualsivoglia tentativo
di conoscere oltre l'apparenza fenomenica.
In questo va però considerato il fatto che
tutta la filosofia kantiana è comunque una
teoria della conoscenza, dunque poggia anche
su elementi psicologici, e che, in particolare
nelle lezioni di pedagogia, egli mosse da acute (per i tempi) osservazioni
di tipo psicologico.
Ernst Heinrich Weber (1795 - 1878) fu un fisiologo tedesco che
studiò in particolar modo le sensazioni,
in particolare quelle tattili, e scoprì che
la diversa intensità tra due sensazioni è
proporzionale all'intensità delle sensazioni
stesse.
Questa scoperta, divenne poi "la legge di Weber" e inaugurò in maniera decisiva l'avvio della
psicologia sperimentale, proseguita soprattutto
da Gustav Theodor Fechner (1801 - 1887) e da Wilhelm Wundt (1832 - 1887).
Fu probabilmente Fechner ad esercitare il
maggior influsso su Freud. Questi elaborò,
in base a ricerche ed esperimenti di tipo
fisiologico molto accurati, una ulteriore
precisazione della "legge di Weber",
secondo a quale "affinchè la le sensazioni
crescano in progressione aritmetica, occorre
che gli stimoli crescano in progressione
geometrica" in quanto le sensazioni
sono proporzionali al logaritmo degli stimoli
che le generano.
Fechner fu una personalità controversa, oscillante
tra diverse posizioni, anche se coerentemente
attratta da un unico vero problema: quello
di trovare un anello di congiunzione tra
la materialità e la spiritualità, tra il
fisico e lo psichico.
In ciò le oscillazioni, dovute probabilmente
alla pretesa di esprimere attraverso una
legge matematica il filo che unisce il mondo
fisico della sensazione a quello spirituale
del pensiero, impresa piuttosto problematica.
Nelle elaborazioni di Fechner ebbe un'importanza
decisiva l'influsso della filosofia della
natura di Schelling.
I suoi studi sul Lustprinzip, il principio del piacere, anticiparono
le teorie freudiane, evidenziando che è esso
stesso il principio motore della vita psichica.
Gli esseri umani cercano spontaneamente ciò
che è piacevole ed evitano tutto ciò che
è doloroso e spiacevole.
Sarà Freud a sviluppare in modo fecondo questo
semplice elemento di comprensione della realtà
psichica comune alla generalità degli individui,
mostrandone anche alcuni elementi di contradditorietà,
quali ad esempio la necessità della privazione.
Se non si conosce la privazione, un piacere
non è un piacere, ma solo la ripetizione
"noiosa" di qualcosa che ormai
ci nausea.
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