Home  Su  Primi anni  Adolescenza militare  1951-1953 

                                             Maturità

 

INDICE

1)   Nostalgia

2)   Autunno

3)   Bombardamento notturno

4)   Si può piangere per un gatto ?

5)   Me n’andrò solo

6)   La fatica di vivere

7)   Alla mia donna

8)   Isole Tremiti

9)   Mio padre

10) Non deludermi cuore

11) Il silenzio delle pietre

12) Ormai

13) Tornerà Agosto

14) Il sangue dei vinti

15) L’ombra e le cose

16) La dolcezza della sera

17) Marco Janni

18) Vecchiezza

19) Resterò qui

20) L’addio del kamikaze

21) Vento del sud

22) Alba sul mare

23) Alma tellus

24) Nella storia

25) Fratello

26) L’agonia

27) Giorno di festa

28) Sole d’ottobre

29) La strada fra le stelle

30) 10 febbraio

31) Non siamo poeti

32) Senza amore

33) Gelo

34) Il mare

35) Il bambino e i morti

36) Come ho amato i miei figli  

37) La tradizione dell’albero       

38) ANGOSCIA

39) IL NERO E LE ROSE

40) RICORDO DI UNA BAMBINA BIONDA

41) TACERE

 

                                                 NOSTALGIA

Vicino alla mia casa

Di bambino

Fra le cime dei lecci

e delle querce

il cielo è più vicino

 

Mi abbandonavo

Su un cuscino d’erba

E le nubi

Erano dolci amiche.

 

                                           Camporgiano 11 aprile 1971

 

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                                                           AUTUNNO

 

Di tanta fiamma

Qualche brace appena

È rimasta

 

Ma anche

Solo

Il ricordo

Di quel bagliore

 

Basta

A rischiarare

Le mie lunghe notti

Di vecchio

                                                     Data imprecisata degli  Anni ‘90

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                                                   BOMBARDAMENTO NOTTURNO

 

Dal cielo nero un urlo e una minaccia

Volti attoniti, bianchi di preghiera

Svelati dalla luce abbacinante

 

Quali mani sorreggono i lampioni

 Di questa luminaria di Natale ?

 Luminaria di morte

 

 Han scalfito il diamante dei miei sogni

Queste notti che tremano di fumo.

 

                                                   

                                                     Data imprecisata degli  Anni ‘90

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                                            SI PUO’ PIANGERE PER UN GATTO ?

                                          Dialogo di me con la mia maschera d’uomo

 

Eri un batuffolo lucido e vivo

Non sei più che un mucchietto di pelo insanguinato.

                                    Ma sulle strade del mondo

                                   Muoiono mille uomini al minuto

                                   Non si può piangere per un gatto !

I tuoi grandi occhi gialli

Avevano una luce amica

E si socchiudevano di felicità.

Nella tragica fessura stravolta

Non c’è rimasto che un bianco gelido

                                   Ma una continua minaccia di violenza e di guerra

                                   Incombe sul mondo

                                   Gli uomini sparano e si uccidono.

                                   Non si può piangere per un gatto !

I fasci dei tuoi muscoli felini

Guizzavano sotto la pelle;

nelle sinuosità del tuo corpo

tutto era vita, movimento, armonia.

Ora tutto è immobile, pietrificato,

le zampine come raccolte per un balzo

verso l’ignoto, il nulla…

                                   Ma ci sono i corpi sociali in movimento,

                                   le lotte sociali non hanno tregua,

                                   l’assetto sociale è discusso e va trasformandosi.

                                   Non si può piangere per un gatto !

Si riempiva di una tiepida ciambella palpitante,

si riempiva di te il tuo “puffo” rosa.

Scolorito, freddo, immobile,

dolorosamente vuoto

ora dice di te

che manchi

                                   Ma c’è la fame nel mondo

                                   I cicloni

                                   I senza tetto…

                                   Non si può piangere per un gatto !

Il tuo cuscino vicino alla stufa

Caldo

Era il segno del tuo diritto

A vivere e a restare,

del tuo diritto ad avere affetto e protezione.

Era il segno del posto che avevi conquistato nel nostro cuore.

Ora è scomparso,

e intorno alla stufa tutto è grigio,

anche i pensieri.

                                   Ma a intere specie si nega il diritto alla vita.

                                   Si temono catastrofi ecologiche.

Si paventa la bomba demografica.

Non si può piangere per un gatto !

Era densa di misteriosi fruscii la tua soffitta

E di rumori noti :

rassicuravano le veglie

nel tempo della notte.

Ma il tempo della tua vita è trascorso

E, sugli scatoloni vuoti immersi nelle notti

Troppo quiete e silenti

Restano solo, ormai

I segni delle tue inutili unghiate.

                                   Ma il cielo è pieno di Iddio

                                   E’ lui che protegge e che rassicura

                                   E’ a lui che occorre rivolgersi fiduciosi.

                                   Non si può piangere per un gatto !

Immobile

Sulle ginocchia

Assorbivi i miei pensieri e le mie carezze

Senza consigli

Senza compassione

Senza ricatti….

Ora le mie delusioni sono sole,

i miei rimorsi

i miei rimpianti.

                                   Ma ci sono i doveri

                                   Gli impegni morali

                                   Le responsabilità,

                                   la dignità….

                                   Non si può piangere per un gatto !

Gli abeti dell’orto

Ti erano complici quando li sfioravi

Furtivo, guardingo, silenzioso, inebriato, felice…

Ora

Ombreggiano una triste piantina di rosa

Nata

Su un pugno di terra nera

Da poco smossa.

                                   Ma………….

                                   ……………..

 

NO !

Passano i giorni e ancora gli uomini muoiono

È vero,

e soffrono,

ancora incombono minacce di tragedie…

è vero, è tutto vero…

Ma anche tu hai diritto a una lacrima.

Qualcuno ti piangerà.

                                                                                       Camporgiano 31 marzo 1978

 

 

 

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                                                           ME N’ANDRO’ SOLO

 

Me n’andrò solo

Non avrò bagaglio

Non avrò casa

Non avrò Marisa

Lascerò il cielo, il mare, le montagne

Senza libri né carta né matite

Sarò leggero

Non avrò timore

Ma porterò con me le mie ferite

                                                                                      Camporgiano 13 dicembre 2004

 

 

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                                                                 LA FATICA DI VIVERE

 

E sarà giorno                                                                                                     

E tornerà la vita

La barba nello specchio                                      

Il caffè forte                                                      

il cielo alla finestra

se sorride

……….

Con trepido coraggio rassegnato

aprirò l’uscio

e mi uscirà un sospiro

…………

Sentirò freddo

e non sarò felice

Le mani in tasca e il bavero rialzato

Mi tufferò nel mondo che conosco

………….

E sarà sera.

                                                                                               Camporgiano 26 dicembre 2004

 

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                                                                 ALLA MIA DONNA

Da quanto tempo

Mi riposa il cuore

L’animo tuo

Sereno, dolce, quieto

Da quanto tempo

Mi riscaldi il cuore

Col tuo corpo di donna

Morbido

Tiepido

Tenero

…………

E’ trascorsa una vita

E tu sei sempre

La mia donna che amo

Ancora…..ancora…..

                                                                                             23 febbraio 2005

 

 

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                                                                ISOLE TREMITI

Fra le brume, laggiù

Come sospese

Fra cielo e mare

Siete emerse a un tratto

Come d’incanto

Fantastiche terre

Isole di Diomede

Terra gialla del sud

Dolce terra del sud

…………….

Arrampicate sopra la tua rupe

Monastero fortezza

San Nicola

Le vie, le case, antichi pozzi

E il tempio

Col Cristo misterioso sulla croce

Che è venuto dal mare

………………

Là in fondo

Taciturni cimiteri

“aperti al vento e all’onda”

come canta

il poeta dei liguri sentieri

………………..

Di fronte a noi San Domino distesa

Con le sue grotte

Il verde smeraldino

Dei suoi pini

Che il vento umido nutre.

…………………

Sopra il bastione

Un complice gabbiano

Gradisce bricioline di biscotto

………………….

Ma già la breve sera dell’oriente

Lascia il posto alla notte

E dalle nere

Rupi

Prorompe un coro di lamenti

Lugubre è il pianto delle diomedee

Che piangono la morte dell’eroe.                      

 

 5 maggio 2005

 

 

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                                                                       MIO PADRE      

 

Ronfando il treno dalle ruote nere

Ti ha riportato a casa anche stasera

Sento il tuo passo lungo nella via

E la tua voce

 

Ora ho le tue ginocchia fra le braccia

E sento fra i capelli la tua mano

Poi mi sollevi in alto e mi sorridi

Chiedi i miei baci

 

Adesso si può chiudere la porta

La nonna aggiunge legna nel camino

La casa è luminosa e siamo immersi

Nel suo tepore

……………………….

Ora la casa non è più la stessa

Non vedo più la nonna né il camino

Di quel tepore amico resta solo

La nostalgia

 

Nuovi tempi sconvolgono la vita

Ma la tua voce resta ferma e chiara

Ti odo ricordare il tuo passato

Senza rimpianti

 

Guardo la testa tua canuta e fiera

Le tue mani provate dal lavoro

Mentre mi perdo nelle tue parole

Evocatrici

…………………

Ma venne il tempo oscuro del dolore

Il tuo cuore si arrese e il tuo sorriso

Si fece triste ma accettò il destino

Serenamente

 

Il tuo viso sereno era disteso

Gli occhi chiusi, profondo il tuo respiro

Il tuo cuore provato ormai pulsava

Sempre più piano

 

Stavi morendo lentamente ed io

Ti serravo la mano bianca e scarna

Non potevo più dirti che ti amavo

Eri mio padre                                         

                                                                                          20 aprile 2005

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                                                  NON DELUDERMI CUORE      

 

Sono pesanti

Gli anni

Ma vorrei

Emozionarmi ancora

Per un fiore

Illuminarmi

Per la prima neve

Indignarmi

Per tutte le ingiustizie

Addolorarmi

Del dolore altrui

Rinascere

Nel volto di un bambino

Sentire

I tuoi capelli fra le dita

E amarti

Amarti ancora

Non deludermi

Cuore.

                                                                                 27 aprile 2005

 

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                                                          IL SILENZIO DELLE PIETRE

 

Anche ‘sta volta

La montagna è vinta

Dalla vetta

Si scopre

Azzurro

Il mare

E il cielo è lì

Lo tocchi con un dito

Ma sono solo

………….

Vittorio, Sante

Amici di una vita

Non siete qui con me

Siete lontani

Nascosti nei remoti cimiteri

E sono solo

…………..

Mi raggrinzisco

dentro la mia pena

sento

solo

il silenzio delle pietre.

                                                                 Mario Pellegrinetti 7 giugno 2005

 

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                                                                         ORMAI

Ormai

Sui vecchi aceri del bosco

Pendon le foglie stanche

E basta un soffio

Di vento

Che le stacchi

E in un momento

vanno a morir laggiù

nella brughiera.

 

Ormai

La luce scivola leggera

Verso il mare occidente

E basta un soffio

Di tempo

Perché muoia il vecchio giorno

E la notte nasconda i tuoi timori.

 

Anche gli ardori

I desideri

Il pianto

Si son fatti più quieti

E la speranza

Si fa più breve insieme con il tempo

Della vita che rapido consuma

 

Non importa

Se il prossimo Natale

Anche gli auguri si faranno radi

Mi avviluppo nei taciti pensieri

Socchiudo gli occhi

E non ho più parole.

                                                                     Mario Pellegrinetti 27 ottobre 2005

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                             TORNERA’ AGOSTO

 

Anche l’ombre dei monti

ormai più chiare

sentono maggio

e i tiepidi meriggi.

Anche i  miei gigli

allungano lo stelo

pronti a sbocciare

con l’inebriante

dolce profumo.

Tornerà agosto

con i prati gialli

le quiete sere

e il cantico dei grilli.

Sbocceranno gli amori

e sarà gioia.

Anche per me

che all’ombra di un ontano

rivivrò nel ricordo

i miei vent’anni,

i turbamenti

e gli amori d’agosto.

 

Mario Pellegrinetti 20 maggio 2006

  

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                             IL SANGUE DEI VINTI

 

Votati

ad un’idea

fino alla fine.

 

Poi nel gran circo

irruppero

le belve.

 

Furon pollici versi

e nell’arena

scorse il sangue dei vinti.

 

Dimenticati

poveri ventenni

con silenzio assordante

chiedon solo

una croce.

E il rispetto.

 

27 settembre 2006

 

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L’OMBRA E LE COSE

 

Mi piace questo angolo di casa

Con la luce del sole

Che riflette

Dalla casa di fronte

Gialla

Mi piace quando il sole è tramontato

E le ombre si accumulano

Quiete

Sono ombre diffuse

E le mie cose

Ora sembrano starmi più vicine

Godendo

La carezza del mio sguardo

Poi la penombra penetra leggera

Entro l’animo stanco

Con dolcezza

E m’abbandono in mezzo a queste cose

Che amo

E che circondano la vita.

 

Mario Pellegrinetti 24 dicembre 2006

 

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                            LA  DOLCEZZA DELLA SERA

 

 

Nel dolce struggimento della sera

vedo le prime luci del paese

e la squilla che invita alla preghiera

odo dai campanili delle chiese

 

Il sole che è scomparso dietro i pini

arrossa quella nube verso il mare

si odono le voci dei bambini

ormai sollecitati a rincasare

 

E’ una tenera sera senza vento

quieta, serena, che chiude il mio giorno

un altro giorno della nostra vita

 

Quando questa un bel dì sarà finita

vorrei questa dolcezza tutto intorno

che mi accompagni all’ultimo momento.

 

Pellegrinetti Mario 15 gennaio 2007

 

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                                                               MARCO JANNI  (1)

Marco Janni, Marco Janni

bersagliere ragazzino

hai giocato i tuoi verdi anni

sulla ruota del Destino.

    Ragazzino senza mamma

    la tua Patria era malata

    volontario, con ardore

    hai risposto alla chiamata.

Alla fronte sei andato

senza odio, con amore

hai vestito da soldato

combattendo con il cuore.

    Diciottenne soldatino

    bersagliere in Garfagnana

    è la voce del Destino

   quella forte che ti chiama.

Era il giorno di Pasquetta

primavera era alle porte

ma la data benedetta

fu la data di tua morte

    Ti hanno dato una medaglia

    tu hai donato la tua vita.

    Ma la tua avventura umana

    non ancora era finita.

In un giorno settembrino

fu scavata la tua fossa,

fu una beffa del Destino

che divise le tue ossa

    Una parte fu traslata

    a Livorno, verso il mare

    l’altra parte in Garfagnana

    fu lasciata riposare.

Marco Janni, Marco Janni

hai due tombe, ragazzino

resterai scisso negli anni

questo è stato il tuo Destino.

 

NOTE: (1) Questo giovane bersagliere era un volontario della divisione “Italia” che combatteva in Garfagnana. Morì in combattimento il 2 aprile 1945 quando non aveva ancora compiuto i 19 anni. Per i suo comportamento in battaglia fu proposto per il conferimento della medaglia d’oro. Il suo corpo fu sepolto nel cimitero di guerra di Pontardeto (Pieve Fosciana) e, nel settembre 1965 fu traslato, insieme a tutti gli altri, nel sacrario militare del cimitero Lupi di Livorno ove esiste un loculo col suo nome. Ma alcuni resti del suo corpo, frammisti ai frammenti della lapide che stava sulla sua tomba, furono rinvenuti anni dopo (1994), identificati e sepolti nel cimitero di Pieve Fosciana. Egli, così, è tumulato in due luoghi diversi ed ha due tombe. La lapide diceva

                 AL DISOPRA DEGLI ODI E DELLE VENDETTE

                    STRAZIANTI IL CORPO DELLA PATRIA

                               MARCO JANNI

                              MEDAGLIA D'ORO

                  FIAMMA ARDENTE D'AMORE E GIOVINEZZA

                 SI SPENSE SULL'ARA DELLA PATRIA IN ARMI

                  IL SUO PIUMETTO RIMANE SUL BALUARDO

                  DELL'ULTIMA BATTAGLIA E DICE AI VIVI

                        LA PATRIA NON MUORE MAI

          Alassio (Genova) 1926 - Val di Serchio- Ca’ de Matteo 2.4.1945

 

Mario Pellegrinetti 11 marzo 2007

 

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                                                                                     VECCHIEZZA

 

Fantasmi pallidi di amori assenti

Dolore per le cose mai avute

Fiori non colti, baci trattenuti

Cose non dette, amicizie perdute

 

        Indecente pietà di chi ti guarda

        Adesso voglio viverla da solo

        questa grande stanchezza che mi fiacca

        e che mi fa piegare verso il suolo

 

Forse nessuno mai vorrà sapere

che cosa gli nasconde la sua sorte

Ove si troverà mai a giacere

      

         all’apertura delle grandi porte

         Ma io sono curioso di vedere

         il colore degli occhi della morte

 

maggio 2007

 

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                                                                                             RESTERO’ QUI

 

 

Forse rimarrò qui

quando il mio corpo

sarà portato altrove.

Non lascerò

questo gradito luogo

i miei libri

i miei quadri

le mie foto

questo schermo discreto

che mi guarda

e mi collega al mondo

che mi parla.

Aleggerò leggero

e forse un giorno

verrà qualcuno

e, con animo puro,

saprà chi sono

e mi sarà

fratello

 

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                                                                                L’ADDIO DEL KAMIKAZE

 

Sulle dolci colline di Okinawa

hanno un brivido i fiori di ciliegio

per la nera tempesta che si avventa

 

O dolce patria ormai percossa e vinta

che posso offrirti ormai se non la vita ?

La dolce vita, i miei dolci vent’anni

 

L’hachimaki già cinge la mia fronte

Col sakè ho brindato alla mia morte

-Tu sei già Dio- ripete il comandante

 

Dunque addio

 

Sulle fragili ali di metallo

mi librerò nel cielo degli eroi

ebbro di cielo di gloria e di morte

 

Ecco: il mio volo non avrà ritorno

Lascerò il cielo e punterò sul mare

Con un sibilo atroce. Poi lo schianto

 

a Yasukuni brillerà il mio nome

fra quelli degli eroi del Sol Levante

e tu dolce fanciulla porterai

fiori di pesco al Tempio degli Eroi

 

E tu madre adorata avrai l’orgoglio

D’un figlio cui fu dato il privilegio

Di dar la vita per l’Imperatore

 

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                                                 VENTO DEL SUD

 

Vento del sud

sulle scogliere sparse

porti aromi lontani

ansie e speranze

spesso naufraghe

sempre provvisorie.

 

Vento del sud

vento del deserto

spingi al nord

cadaveri

e illusioni

che il mare inghiotte.

 

Vento del sud

vento del deserto

vento arido

come i nostri cuori.

Crescerà l’erba nel deserto ?

Sopravviverà la speranza ?

 

Mario Pellegrinetti 12 aprile 2008

 

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ALBA SUL MARE

 

Nell’immenso chiarore del mattino

Nel deserto silenzio del mio cuore

Sorge un pensiero futile, bizzarro

E adesso vado via da questi luoghi

Non voglio più restare dove il sole

Muore schiacciato fra le oscure vette

Voglio vedere il mare  immenso e chiaro

Partorito dal cielo e a lui congiunto

Dove il sole non muore: si addormenta

Fra le azzurre lenzuola impreziosite

Da mille e mille lucciole splendenti

Dove l’alba vezzosa sa strappare

Con le sue lunghe mani di turchese

Un nuovo giorno dalla notte oscura

E canta:

Un giorno ancora !

 

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           ALMA TELLUS

 

Con le mani affondate

nel tuo corpo aspro e greve

con le narici ricolme

del tuo afrore

con la fronte che stilla

il mio sudore

con le membra

che pesano di fatica

io sacrifico a te

madre terra

alma tellus.

Con le mani piagate

e il cuore assorto

vado cercando

con amore

le mie antiche radici contadine.

 

12 luglio 2008  Mario Pellegrinetti

 

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NELLA STORIA

 

Non ho guidato eserciti possenti

con guerrieri che gridano il mio nome

non ho sedotto folle di credenti

che aspettavan da me il quando e il come.

            Non ho avuto il governo di un impero

            e un popolo di sudditi gioiosi

            e di poeti che cantando il vero

            celebravan la nostra apoteosi.

Non sarò nelle pagine di storia

il mio nome sarà dimenticato

ad altri si riserverà la gloria

di altri sarà il ricordo del passato.

            Ma ove accadean i fatti della storia

            io c'ero e l'ho vissuti fino in fondo

            ho sofferto, ho gioito e la mia storia

            è tutta dentro alla storia del mondo.

Io e il mio nome resteremo ignoti

altri avranno una fama meritoria

ma i miei anni non sono freddi e vuoti

ma anche la mia vita è vera storia.

 

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                                              FRATELLO

 

Per te

non c’è più alba

né tramonto

ti sei

portato via

la tua vita

verso i lidi incerti

dell’ignoto

lasciando a noi

queste povere spoglie

dignitose e composte

la dignità e la compostezza

della morte.

 

21 gennaio 2009     

 

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                                                            L’AGONIA

 

Nel pallore del vento che percuote

 le corrucciate nubi color fango

 che fuggono nel cielo senza meta

 io vedo proprio l’agonia del mondo

 

           I fiorellini piccoli e discreti

           sopravvissuti nella terra brulla

           non sanno della nordica banchisa

           che lentamente svanisce nel nulla

 

Là su quella panchina arrugginita

un barbone si abbatte stancamente

ma non sa che nei sapidi alveari

muoion le api inesorabilmente

 

            Il bambino che nasce non sa nulla

            dei veleni dei fiumi e dei ruscelli

            dell’aria intossicata che respira

            di effetto serra e di altri rovelli

 

 Ma tu che sai ti affanni per agire

 spegni i led che ti occhieggiano dintorno

 il termostato abbassi evitando

 ogni forma di spreco notte e giorno

 

             Le lampade son a basso consumo

             plastica e vetro si sa dove vanno

             ma la nera agonia continua anche

             se le piccole cose non lo sanno.

 

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                                                       GIORNO DI FESTA

C’è stata la messa

al mattino,

ora ci sono le bancarelle

e tanta gente.

Scopro

un semino di felicità

nel mio cuore

in quell’accavallarsi

di voci

in quell’intrecciarsi

di persone

in quei visi

sudati ma sereni.

C’è voglia

di vivere l’oggi

c’è voglia

di sperare nel domani

ed io

tento di partecipare

a questa voglia.

Ma il peso del ieri

rende secco il mio cuore

e il piccolo seme

inaridisce e muore.

 

domenica 5 luglio 2009    

 

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                                                 SOLE D’OTTOBRE

 

Non ci son più le more sulle siepi,

i nidi sono vuoti in mezzo ai rami,

le foglie gialle spiccano sui fichi

e le ombre già diventano più scure.

            Una lucertolina affaticata

            si affaccia sulla porta a curiosare

            nella mia vecchia casa di campagna,

            ma teme l’ombra e torna indietro, al sole.

Sole d’ottobre. Il tuo dolce tepore

prolunga lo splendore dell’estate

ma non inganna il maestoso tiglio

che lentamente spoglia i verdi rami.

            Così l’ottobre tiepido degli anni

            rende mite il mio autunno, ma l’inverno

            inesorabilmente si fa avanti

            e anch’io mi spoglio delle mie illusioni.

 

10 ottobre 2009

                                                                        Mario Pellegrinetti  

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                                           LA STRADA FRA LE STELLE

 

E quando sull’altare della vita

l’ultima mia candela sarà spenta

ti attenderò sul canto della casa.

E quando giungerai vestita a festa

avrai negli occhi l’ombra di un sorriso

mi chiederai se ho tutto il necessario

e poi vorrai sapere se ho sofferto.

Ti prenderò per mano, e andremo insieme

per quella lunga strada fra le stelle.

………………………………..

Ma non sapremo mai dove conduce.

 

23/01/2010 Mario Pellegrinetti

 

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                                                                 10 febbraio

Io

so

……………..

Basovizza

una pietra

tanti nomi

di morti

………………

Ora

io

so.

 

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                                                                           NON SIAMO POETI

 

Non sono poeta.

Le mie

sono soltanto

parole

che

appena scritte

esistono.

E vogliono solo esistere.

Non altro.

………………..

Bel gioco

dare stelle

per avere stelle.

Ma non occorre

odiare

chi non gioca. (1)

……………………..

Non siamo poeti

Siamo piccoli uomini

 

NOTE:

(1) Nel sito “Club dei poeti” dove questa poesia è stata pubblicata vige l’abitudine di commentare le poesie pubblicate esprimendo i giudizi positivi mediante l’attribuzione di stelline. Ovviamente chi da giudizi positivi si aspetta giudizi positivi. Ma c’è chi non ama dar giudizi e, quindi, “non gioca”.

 

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SENZA AMORE

 

M’è rimasta

soltanto la tristezza

per quella lunga

attesa

di un sorriso

 

Non c’era luce

nella tua pupilla

non c’era gioia

nel tuo freddo cuore.

 

Scavasti a lungo

con accanimento

nei recessi

dell’anima confusa

per trovare alimento

al tuo sentire

 

ma trovasti le fonti

mute e secche

e sterile la terra

e senza frutto.

 

Solo il  corpo

reagiva alle carezze.

 

Ma tristemente in te

non c’era amore.

 

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GELO
L'agave
non
ha
retto
al gelo
.......
La
vita
finisce
.......
Ma era solo un fiore !
Era solo un fiore ?

 

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IL MARE

Com’è grande il mare

quando lo sguardo

si smarrisce

fissando

gli orizzonti lontani.

            Com’è bello il mare

            quando ti riempie gli occhi

            di azzurro

e scaglie d’argento

ti feriscono gli occhi.

Com’è suadente il mare

quando

col leggero fruscio della risacca

ti placa

e ti accompagna fin nel sogno.

            Com’è dolce il mare

            quando sostiene

il tuo corpo

e delicatamente l’accarezza

con una piccolissima

cresta di spuma.

Com’è misterioso il mare

quando ne ascolti il respiro

profondo

da una piccola barca

perduta nel buio

di una notte senza luna.

            Com’è tremendo il mare

            quando

pervaso da un’ira implacabile

scaglia il suo furore

sulle scogliere attonite.

Com’è piccolo l’uomo

che

rabbrividendo

si allontana dalla riva

titubante

per immergersi

nel mare

che lo inghiotte.

 

E non è più nulla.

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                                  Il  bambino e i morti

Giocavo nella strada

quand’ero bambino

c’era solo la macchina

di Massimo

che passava

ogni tanto

ma andava piano

e non avevamo paura

di morire.

Anche Pietrino aveva la macchina

ma aveva il garage

fuori dal paese

e non passava mai

nella mia strada.

D’inverno

facevamo gli scivoloni

sulla strada ghiacciata.

Quand’ero bambino

ci portavano a visitare i morti.

Ho visto Giannon

steso sul suo letto, morto,

ho chiesto a mia madre

perché

lo avevano messo

sull’attenti.

Mia madre ha riso

ma non mi ha risposto.

C’era qualcosa di misterioso

nei morti,

li portavano al cimitero

e li seppellivano.

Ma pare che

non rimanessero lì:

andavano in cielo

o in altri luoghi.

A noi bambini,

però,

la cosa pareva molto dubbia.

Poi è venuta la guerra

e li ho visti i morti.

Non stavano

quasi mai

sull’attenti.

Qualcuno marciva

appeso a un reticolato

e non si muoveva da lì.

Poi la guerra è finita

ma la gente continua a morire:

il babbo

la mamma

mio fratello Guido

e tutti gli amici

Raffaello

Renato

Vincenzo

Giovanni

Vittorio

Sante…..

Intorno a me il cimitero si allarga

e il tempo inghiotte tutto.

Ed io

percorro il mio deserto

e vado centellinando

a piccoli sorsi

quel che resta

della mia stagione.

………..

 

Ma questa non è una poesia

E’ un sospiro.

 

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COME HO AMATO I MIEI FIGLI

 

I compleanni

li ricordo tutti

anche il primo

di Fabio

che non è vissuto.

Era così piccolo

ma aveva già

le sue unghiette

rosa

e gli occhi color cielo

aperti solo per un attimo.

C’è una pagina

che ho scritto allora

a cercare un ponte

fra la vita e la morte

senza trovarlo.

Vi ho visto tutti

nascere

con emozione

per quel miracolo.

Vi sento ancora

teneri e felici

nel letto grande

i giorni di festa.

Vi toccavo

e sentivo

solennemente

che eravate parte di me.

E’ ancora dentro di me

il tepore dei vostri corpicini

e quel sentimento

solenne

di una paternità

intensamente vissuta.

 

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                                    LA TRADIZIONE DELL’ALBERO

 

Anche quest’anno

hanno bruciato l’albero

lì, davanti alla chiesa

di sera, al primo squillo

delle campane.

    Tutto il paese intorno

    i visi accesi

    a mirare

    gli sciami di scintille

    e trarre auspici.

Il vecchio contadino scuote il capo:

E’ scirocco

sarà un’annata scarsa.

Ma nessuno l’ascolta,

intorno è gioia.

    Il fuoco esalta,

    è purificazione,

    c’è movimento intorno,

    quasi una danza,

    domani

    inizierà una nuova vita

    e saremo più buoni.

Ma ora il pasto del fuoco

è consumato.

L’ampio braciere è quieto.

S’è fatta quiete intorno,

a meditare.

   Lentamente si sciama

   e si entra in chiesa

   è iniziata la messa di Natale.

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ANGOSCIA

                                    AL MIO NIPOTE MORTO SUICIDA

 

Forse c’era la voglia di morire

nel tuo sorriso scarso

enigmatico.

Forse c’era la voglia di morire

nel tuo cantare il rap

con la tua voce

disincantata,

nella tua bella tesi su Carlin

e la stand-up comedy

da te scritta e amata,

nel tuo portare

i pantaloni bassi,

nel tuo lento procedere

ondeggiante.

Forse c’era la voglia di morire.

In silenzio

da solo

hai rifiutato

la gran banalità

e sei andato.

A ventotto anni.

Ma non ti allontanare troppo in fretta

resta qui intorno.

Presto il tuo nonno ti raggiungerà

e ce ne andremo insieme.

Per sempre.

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IL NERO E LE ROSE

Devo tenere gli occhi bene aperti

perché nel buio

arrivano i fantasmi

a imbrattare

le rose

e i miei pensieri.

E’ alto

il mio giardino

sulla terra.

Ma basta una ventata

di tristezza

per riempirlo

di nero e di dolore

 

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RICORDO DI UNA BAMBINA BIONDA

Forse non ti ricordi
da bambini
in quella grande stanza luminosa
che giocavamo
allegri e sorridenti
a fare gli sposi
i tuoi capelli biondi appena mossi
sfuggivano al nastrino color fuoco
ed io certo pensavo che eri bella
ma era soltanto un gioco
da bambini
ma poi nonna Mariuccia ci sorprese
donna dell’ottocento
e immaginando quello che non c’era
ne fu turbata
e forse percepimmo il turbamento
anche noi
che sorpresi ci guardammo
e forse
in quel momento
sbocciava in noi la prima adolescenza

 

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                                                   TACERE

Ora

non è più tempo

di partire

prudente

mi trascino

in questo spazio

dove sono

le cose

che ho vissuto

carezzando i ricordi

lasciamo riposare le parole

Ora

è qui

che occorre morire

 

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