Home Su Primi anni Adolescenza militare 1951-1953
Maturità
4) Si può piangere per un gatto ?
36) Come ho
amato i miei figli
40) RICORDO DI UNA BAMBINA BIONDA
Vicino alla mia casa
Di bambino
Fra le cime dei lecci
e delle querce
il cielo è più vicino
Mi abbandonavo
Su un cuscino d’erba
E le nubi
Erano dolci amiche.
Camporgiano 11 aprile 1971
Di tanta fiamma
Qualche brace appena
È rimasta
Ma anche
Solo
Il ricordo
Di quel bagliore
Basta
A rischiarare
Le mie lunghe notti
Di vecchio
Data imprecisata degli Anni ‘90
Dal cielo nero un urlo e una minaccia
Volti attoniti, bianchi di preghiera
Svelati dalla luce abbacinante
Quali mani sorreggono i lampioni
Di questa luminaria di Natale ?
Luminaria di morte
Han scalfito il diamante dei miei sogni
Queste notti che tremano di fumo.
Data imprecisata degli Anni ‘90
SI PUO’ PIANGERE PER UN GATTO ?
Dialogo di me con la mia maschera d’uomo
Eri un batuffolo lucido e vivo
Non sei più che un mucchietto di pelo insanguinato.
Ma sulle strade del mondo
Muoiono mille uomini al minuto
Non si può piangere per un gatto !
I tuoi grandi occhi gialli
Avevano una luce amica
E si socchiudevano di felicità.
Nella tragica fessura stravolta
Non c’è rimasto che un bianco gelido
Ma una continua minaccia di violenza e di guerra
Incombe sul mondo
Gli uomini sparano e si uccidono.
Non si può piangere per un gatto !
I fasci dei tuoi muscoli felini
Guizzavano sotto la pelle;
nelle sinuosità del tuo corpo
tutto era vita, movimento, armonia.
Ora tutto è immobile, pietrificato,
le zampine come raccolte per un balzo
verso l’ignoto, il nulla…
Ma ci sono i corpi sociali in movimento,
le lotte sociali non hanno tregua,
l’assetto sociale è discusso e va trasformandosi.
Non si può piangere per un gatto !
Si riempiva di una tiepida ciambella palpitante,
si riempiva di te il tuo “puffo” rosa.
Scolorito, freddo, immobile,
dolorosamente vuoto
ora dice di te
che manchi
Ma c’è la fame nel mondo
I cicloni
I senza tetto…
Non si può piangere per un gatto !
Il tuo cuscino vicino alla stufa
Caldo
Era il segno del tuo diritto
A vivere e a restare,
del tuo diritto ad avere affetto e protezione.
Era il segno del posto che avevi conquistato nel nostro cuore.
Ora è scomparso,
e intorno alla stufa tutto è grigio,
anche i pensieri.
Ma a intere specie si nega il diritto alla vita.
Si temono catastrofi ecologiche.
Si paventa la bomba demografica.
Non si può piangere per un gatto !
Era densa di misteriosi fruscii la tua soffitta
E di rumori noti :
rassicuravano le veglie
nel tempo della notte.
Ma il tempo della tua vita è trascorso
E, sugli scatoloni vuoti immersi nelle notti
Troppo quiete e silenti
Restano solo, ormai
I segni delle tue inutili unghiate.
Ma il cielo è pieno di Iddio
E’ lui che protegge e che rassicura
E’ a lui che occorre rivolgersi fiduciosi.
Non si può piangere per un gatto !
Immobile
Sulle ginocchia
Assorbivi i miei pensieri e le mie carezze
Senza consigli
Senza compassione
Senza ricatti….
Ora le mie delusioni sono sole,
i miei rimorsi
i miei rimpianti.
Ma ci sono i doveri
Gli impegni morali
Le responsabilità,
la dignità….
Non si può piangere per un gatto !
Gli abeti dell’orto
Ti erano complici quando li sfioravi
Furtivo, guardingo, silenzioso, inebriato, felice…
Ora
Ombreggiano una triste piantina di rosa
Nata
Su un pugno di terra nera
Da poco smossa.
Ma………….
……………..
NO !
Passano i giorni e ancora gli uomini muoiono
È vero,
e soffrono,
ancora incombono minacce di tragedie…
è vero, è tutto vero…
Ma anche tu hai diritto a una lacrima.
Qualcuno ti piangerà.
Camporgiano 31 marzo 1978
Me n’andrò solo
Non avrò bagaglio
Non avrò casa
Non avrò Marisa
Lascerò il cielo, il mare, le montagne
Senza libri né carta né matite
Sarò leggero
Non avrò timore
Ma porterò con me le mie ferite
Camporgiano 13 dicembre 2004
E sarà giorno
E tornerà la vita
La barba nello specchio
Il caffè forte
il cielo alla finestra
se sorride
……….
Con trepido coraggio rassegnato
aprirò l’uscio
e mi uscirà un sospiro
…………
Sentirò freddo
e non sarò felice
Le mani in tasca e il bavero rialzato
Mi tufferò nel mondo che conosco
………….
E sarà sera.
Camporgiano 26 dicembre 2004
Da quanto tempo
Mi riposa il cuore
L’animo tuo
Sereno, dolce, quieto
Da quanto tempo
Mi riscaldi il cuore
Col tuo corpo di donna
Morbido
Tiepido
Tenero
…………
E’ trascorsa una vita
E tu sei sempre
La mia donna che amo
Ancora…..ancora…..
23 febbraio 2005
Fra le brume, laggiù
Come sospese
Fra cielo e mare
Siete emerse a un tratto
Come d’incanto
Fantastiche terre
Isole di Diomede
Terra gialla del sud
Dolce terra del sud
…………….
Arrampicate sopra la tua rupe
Monastero fortezza
San Nicola
Le vie, le case, antichi pozzi
E il tempio
Col Cristo misterioso sulla croce
Che è venuto dal mare
………………
Là in fondo
Taciturni cimiteri
“aperti al vento e all’onda”
come canta
il poeta dei liguri sentieri
………………..
Di fronte a noi San Domino distesa
Con le sue grotte
Il verde smeraldino
Dei suoi pini
Che il vento umido nutre.
…………………
Sopra il bastione
Un complice gabbiano
Gradisce bricioline di biscotto
………………….
Ma già la breve sera dell’oriente
Lascia il posto alla notte
E dalle nere
Rupi
Prorompe un coro di lamenti
Lugubre è il pianto delle diomedee
Che piangono la morte dell’eroe.
5 maggio 2005
Ronfando il treno dalle ruote nere
Ti ha riportato a casa anche stasera
Sento il tuo passo lungo nella via
E la tua voce
Ora ho le tue ginocchia fra le braccia
E sento fra i capelli la tua mano
Poi mi sollevi in alto e mi sorridi
Chiedi i miei baci
Adesso si può chiudere la porta
La nonna aggiunge legna nel camino
La casa è luminosa e siamo immersi
Nel suo tepore
……………………….
Ora la casa non è più la stessa
Non vedo più la nonna né il camino
Di quel tepore amico resta solo
La nostalgia
Nuovi tempi sconvolgono la vita
Ma la tua voce resta ferma e chiara
Ti odo ricordare il tuo passato
Senza rimpianti
Guardo la testa tua canuta e fiera
Le tue mani provate dal lavoro
Mentre mi perdo nelle tue parole
Evocatrici
…………………
Ma venne il tempo oscuro del dolore
Il tuo cuore si arrese e il tuo sorriso
Si fece triste ma accettò il destino
Serenamente
Il tuo viso sereno era disteso
Gli occhi chiusi, profondo il tuo respiro
Il tuo cuore provato ormai pulsava
Sempre più piano
Stavi morendo lentamente ed io
Ti serravo la mano bianca e scarna
Non potevo più dirti che ti amavo
Eri mio padre
20 aprile 2005
Sono pesanti
Gli anni
Ma vorrei
Emozionarmi ancora
Per un fiore
Illuminarmi
Per la prima neve
Indignarmi
Per tutte le ingiustizie
Addolorarmi
Del dolore altrui
Rinascere
Nel volto di un bambino
Sentire
I tuoi capelli fra le dita
E amarti
Amarti ancora
Non deludermi
Cuore.
27 aprile 2005
Anche ‘sta volta
La montagna è vinta
Dalla vetta
Si scopre
Azzurro
Il mare
E il cielo è lì
Lo tocchi con un dito
Ma sono solo
………….
Vittorio, Sante
Amici di una vita
Non siete qui con me
Siete lontani
Nascosti nei remoti cimiteri
E sono solo
…………..
Mi raggrinzisco
dentro la mia pena
sento
solo
il silenzio delle pietre.
Mario Pellegrinetti 7 giugno 2005
Ormai
Sui vecchi aceri del bosco
Pendon le foglie stanche
E basta un soffio
Di vento
Che le stacchi
E in un momento
vanno a morir laggiù
nella brughiera.
Ormai
La luce scivola leggera
Verso il mare occidente
E basta un soffio
Di tempo
Perché muoia il vecchio giorno
E la notte nasconda i tuoi timori.
Anche gli ardori
I desideri
Il pianto
Si son fatti più quieti
E la speranza
Si fa più breve insieme con il tempo
Della vita che rapido consuma
Non importa
Se il prossimo Natale
Anche gli auguri si faranno radi
Mi avviluppo nei taciti pensieri
Socchiudo gli occhi
E non ho più parole.
Mario Pellegrinetti 27 ottobre 2005
Anche l’ombre dei monti
ormai più chiare
sentono maggio
e i tiepidi meriggi.
Anche i miei gigli
allungano lo stelo
pronti a sbocciare
con l’inebriante
dolce profumo.
Tornerà agosto
con i prati gialli
le quiete sere
e il cantico dei grilli.
Sbocceranno gli amori
e sarà gioia.
Anche per me
che all’ombra di un ontano
rivivrò nel ricordo
i miei vent’anni,
i turbamenti
e gli amori d’agosto.
Mario Pellegrinetti 20 maggio 2006
Votati
ad un’idea
fino alla fine.
Poi nel gran circo
irruppero
le belve.
Furon pollici versi
e nell’arena
scorse il sangue dei vinti.
Dimenticati
poveri ventenni
con silenzio assordante
chiedon solo
una croce.
E il rispetto.
27 settembre 2006
Mi piace questo angolo di casa
Con la luce del sole
Che riflette
Dalla casa di fronte
Gialla
Mi piace quando il sole è tramontato
E le ombre si accumulano
Quiete
Sono ombre diffuse
E le mie cose
Ora sembrano starmi più vicine
Godendo
La carezza del mio sguardo
Poi la penombra penetra leggera
Entro l’animo stanco
Con dolcezza
E m’abbandono in mezzo a queste cose
Che amo
E che circondano la vita.
Mario Pellegrinetti 24 dicembre 2006
Nel dolce struggimento della sera
vedo le prime luci del paese
e la squilla che invita alla preghiera
odo dai campanili delle chiese
Il sole che è scomparso dietro i pini
arrossa quella nube verso il mare
si odono le voci dei bambini
ormai sollecitati a rincasare
E’ una tenera sera senza vento
quieta, serena, che chiude il mio giorno
un altro giorno della nostra vita
Quando questa un bel dì sarà finita
vorrei questa dolcezza tutto intorno
che mi accompagni all’ultimo momento.
Pellegrinetti Mario 15 gennaio 2007
Marco Janni, Marco Janni
bersagliere ragazzino
hai giocato i tuoi verdi anni
sulla ruota del Destino.
Ragazzino senza mamma
la tua Patria era malata
volontario, con ardore
hai risposto alla chiamata.
Alla fronte sei andato
senza odio, con amore
hai vestito da soldato
combattendo con il cuore.
Diciottenne soldatino
bersagliere in Garfagnana
è la voce del Destino
quella forte che ti chiama.
Era il giorno di Pasquetta
primavera era alle porte
ma la data benedetta
fu la data di tua morte
Ti hanno dato una medaglia
tu hai donato la tua vita.
Ma la tua avventura umana
non ancora era finita.
In un giorno settembrino
fu scavata la tua fossa,
fu una beffa del Destino
che divise le tue ossa
Una parte fu traslata
a Livorno, verso il mare
l’altra parte in Garfagnana
fu lasciata riposare.
Marco Janni, Marco Janni
hai due tombe, ragazzino
resterai scisso negli anni
questo è stato il tuo Destino.
NOTE: (1)
Questo giovane bersagliere era un volontario della divisione “Italia” che
combatteva in Garfagnana. Morì in combattimento il 2 aprile 1945 quando non
aveva ancora compiuto i 19 anni. Per i suo comportamento in battaglia fu
proposto per il conferimento della medaglia d’oro. Il suo corpo fu sepolto nel
cimitero di guerra di Pontardeto (Pieve Fosciana) e, nel settembre 1965 fu
traslato, insieme a tutti gli altri, nel sacrario militare del cimitero Lupi di
Livorno ove esiste un loculo col suo nome. Ma alcuni resti del suo corpo,
frammisti ai frammenti della lapide che stava sulla sua tomba, furono rinvenuti
anni dopo (1994), identificati e sepolti nel cimitero di Pieve Fosciana. Egli,
così, è tumulato in due luoghi diversi ed ha due tombe. La lapide diceva
AL DISOPRA DEGLI ODI E DELLE
VENDETTE
STRAZIANTI IL CORPO DELLA
PATRIA
MARCO JANNI
MEDAGLIA D'ORO
FIAMMA ARDENTE D'AMORE E
GIOVINEZZA
SI SPENSE SULL'ARA DELLA
PATRIA IN ARMI
IL SUO PIUMETTO RIMANE SUL
BALUARDO
DELL'ULTIMA BATTAGLIA E DICE
AI VIVI
LA PATRIA NON MUORE MAI
Alassio (Genova) 1926 - Val di Serchio- Ca’ de Matteo 2.4.1945
Mario Pellegrinetti 11 marzo 2007
Fantasmi pallidi di amori assenti
Dolore per le cose mai avute
Fiori non colti, baci trattenuti
Cose non dette, amicizie perdute
Indecente pietà di chi ti guarda
Adesso voglio viverla da solo
questa grande stanchezza che mi fiacca
e che mi fa piegare verso il suolo
Forse nessuno mai vorrà sapere
che cosa gli nasconde la sua sorte
Ove si troverà mai a giacere
all’apertura delle grandi porte
Ma io sono curioso di vedere
il colore degli occhi della morte
maggio 2007
Forse rimarrò qui
quando il mio corpo
sarà portato altrove.
Non lascerò
questo gradito luogo
i miei libri
i miei quadri
le mie foto
questo schermo discreto
che mi guarda
e mi collega al mondo
che mi parla.
Aleggerò leggero
e forse un giorno
verrà qualcuno
e, con animo puro,
saprà chi sono
e mi sarà
fratello
Sulle dolci colline di Okinawa
hanno un brivido i fiori di ciliegio
per la nera tempesta che si avventa
O dolce patria ormai percossa e vinta
che posso offrirti ormai se non la vita ?
La dolce vita, i miei dolci vent’anni
L’hachimaki già cinge la mia fronte
Col sakè ho brindato alla mia morte
-Tu sei già Dio- ripete il comandante
Dunque addio
Sulle fragili ali di metallo
mi librerò nel cielo degli eroi
ebbro di cielo di gloria e di morte
Ecco: il mio volo non avrà ritorno
Lascerò il cielo e punterò sul mare
Con un sibilo atroce. Poi lo schianto
a Yasukuni brillerà il mio nome
fra quelli degli eroi del Sol Levante
e tu dolce fanciulla porterai
fiori di pesco al Tempio degli Eroi
E tu madre adorata avrai l’orgoglio
D’un figlio cui fu dato il privilegio
Di dar la vita per l’Imperatore
Vento del sud
sulle scogliere sparse
porti aromi lontani
ansie e speranze
spesso naufraghe
sempre provvisorie.
Vento del sud
vento del deserto
spingi al nord
cadaveri
e illusioni
che il mare inghiotte.
Vento del sud
vento del deserto
vento arido
come i nostri cuori.
Crescerà l’erba nel deserto ?
Sopravviverà la speranza ?
Mario Pellegrinetti 12 aprile 2008
Nell’immenso chiarore del mattino
Nel deserto silenzio del mio cuore
Sorge un pensiero futile, bizzarro
E adesso vado via da questi luoghi
Non voglio più restare dove il sole
Muore schiacciato fra le oscure vette
Voglio vedere il mare immenso e chiaro
Partorito dal cielo e a lui congiunto
Dove il sole non muore: si addormenta
Fra le azzurre lenzuola impreziosite
Da mille e mille lucciole splendenti
Dove l’alba vezzosa sa strappare
Con le sue lunghe mani di turchese
Un nuovo giorno dalla notte oscura
E canta:
Un giorno ancora !
Con le mani affondate
nel tuo corpo aspro e greve
con le narici ricolme
del tuo afrore
con la fronte che stilla
il mio sudore
con le membra
che pesano di fatica
io sacrifico a te
madre terra
alma tellus.
Con le mani piagate
e il cuore assorto
vado cercando
con amore
le mie antiche radici contadine.
12 luglio 2008 Mario Pellegrinetti
Non ho guidato eserciti possenti
con guerrieri che gridano il mio nome
non ho sedotto folle di credenti
che aspettavan da me il quando e il come.
Non ho avuto il governo di un impero
e un popolo di sudditi gioiosi
e di poeti che cantando il vero
celebravan la nostra apoteosi.
Non sarò nelle pagine di storia
il mio nome sarà dimenticato
ad altri si riserverà la gloria
di altri sarà il ricordo del passato.
Ma ove accadean i fatti della storia
io c'ero e l'ho vissuti fino in fondo
ho sofferto, ho gioito e la mia storia
è tutta dentro alla storia del mondo.
Io e il mio nome resteremo ignoti
altri avranno una fama meritoria
ma i miei anni non sono freddi e vuoti
ma anche la mia vita è vera storia.
Per te
non c’è più alba
né tramonto
ti sei
portato via
la tua vita
verso i lidi incerti
dell’ignoto
lasciando a noi
queste povere spoglie
dignitose e composte
la dignità e la compostezza
della morte.
21 gennaio 2009
Nel pallore del vento che percuote
le corrucciate nubi color fango
che fuggono nel cielo senza meta
io vedo proprio l’agonia del mondo
I fiorellini piccoli e discreti
sopravvissuti nella terra brulla
non sanno della nordica banchisa
che lentamente svanisce nel nulla
Là su quella panchina arrugginita
un barbone si abbatte stancamente
ma non sa che nei sapidi alveari
muoion le api inesorabilmente
Il bambino che nasce non sa nulla
dei veleni dei fiumi e dei ruscelli
dell’aria intossicata che respira
di effetto serra e di altri rovelli
Ma tu che sai ti affanni per agire
spegni i led che ti occhieggiano dintorno
il termostato abbassi evitando
ogni forma di spreco notte e giorno
Le lampade son a basso consumo
plastica e vetro si sa dove vanno
ma la nera agonia continua anche
se le piccole cose non lo sanno.
C’è stata la messa
al mattino,
ora ci sono le bancarelle
e tanta gente.
Scopro
un semino di felicità
nel mio cuore
in quell’accavallarsi
di voci
in quell’intrecciarsi
di persone
in quei visi
sudati ma sereni.
C’è voglia
di vivere l’oggi
c’è voglia
di sperare nel domani
ed io
tento di partecipare
a questa voglia.
Ma il peso del ieri
rende secco il mio cuore
e il piccolo seme
inaridisce e muore.
domenica 5 luglio 2009
Non ci son più le more sulle siepi,
i nidi sono vuoti in mezzo ai rami,
le foglie gialle spiccano sui fichi
e le ombre già diventano più scure.
Una lucertolina affaticata
si affaccia sulla porta a curiosare
nella mia vecchia casa di campagna,
ma teme l’ombra e torna indietro, al sole.
Sole d’ottobre. Il tuo dolce tepore
prolunga lo splendore dell’estate
ma non inganna il maestoso tiglio
che lentamente spoglia i verdi rami.
Così l’ottobre tiepido degli anni
rende mite il mio autunno, ma l’inverno
inesorabilmente si fa avanti
e anch’io mi spoglio delle mie illusioni.
10 ottobre 2009
Mario Pellegrinetti
E quando sull’altare della vita
l’ultima mia candela sarà spenta
ti attenderò sul canto della casa.
E quando giungerai vestita a festa
avrai negli occhi l’ombra di un sorriso
mi chiederai se ho tutto il necessario
e poi vorrai sapere se ho sofferto.
Ti prenderò per mano, e andremo insieme
per quella lunga strada fra le stelle.
………………………………..
Ma non sapremo mai dove conduce.
23/01/2010 Mario Pellegrinetti
Io
so
……………..
Basovizza
una pietra
tanti nomi
di morti
………………
Ora
io
so.
Non sono poeta.
Le mie
sono soltanto
parole
che
appena scritte
esistono.
E vogliono solo esistere.
Non altro.
………………..
Bel gioco
dare stelle
per avere stelle.
Ma non occorre
odiare
chi non gioca. (1)
……………………..
Non siamo poeti
Siamo piccoli uomini
NOTE:
(1) Nel sito “Club dei poeti” dove questa poesia è stata pubblicata vige l’abitudine di commentare le poesie pubblicate esprimendo i giudizi positivi mediante l’attribuzione di stelline. Ovviamente chi da giudizi positivi si aspetta giudizi positivi. Ma c’è chi non ama dar giudizi e, quindi, “non gioca”.
M’è rimasta
soltanto la tristezza
per quella lunga
attesa
di un sorriso
Non c’era luce
nella tua pupilla
non c’era gioia
nel tuo freddo cuore.
Scavasti a lungo
con accanimento
nei recessi
dell’anima confusa
per trovare alimento
al tuo sentire
ma trovasti le fonti
mute e secche
e sterile la terra
e senza frutto.
Solo il corpo
reagiva alle carezze.
Ma tristemente in te
non c’era amore.
GELO
L'agave
non
ha
retto
al gelo
.......
La
vita
finisce
.......
Ma era solo un fiore !
Era solo un fiore ?
Com’è grande il mare
quando lo sguardo
si smarrisce
fissando
gli orizzonti lontani.
Com’è bello il mare
quando ti riempie gli occhi
di azzurro
e scaglie d’argento
ti feriscono gli occhi.
Com’è suadente il mare
quando
col leggero fruscio della risacca
ti placa
e ti accompagna fin nel sogno.
Com’è dolce il mare
quando sostiene
il tuo corpo
e delicatamente l’accarezza
con una piccolissima
cresta di spuma.
Com’è misterioso il mare
quando ne ascolti il respiro
profondo
da una piccola barca
perduta nel buio
di una notte senza luna.
Com’è tremendo il mare
quando
pervaso da un’ira implacabile
scaglia il suo furore
sulle scogliere attonite.
Com’è piccolo l’uomo
che
rabbrividendo
si allontana dalla riva
titubante
per immergersi
nel mare
che lo inghiotte.
E non è più nulla.
Giocavo nella strada
quand’ero bambino
c’era solo la macchina
di Massimo
che passava
ogni tanto
ma andava piano
e non avevamo paura
di morire.
Anche Pietrino aveva la macchina
ma aveva il garage
fuori dal paese
e non passava mai
nella mia strada.
D’inverno
facevamo gli scivoloni
sulla strada ghiacciata.
Quand’ero bambino
ci portavano a visitare i morti.
Ho visto Giannon
steso sul suo letto, morto,
ho chiesto a mia madre
perché
lo avevano messo
sull’attenti.
Mia madre ha riso
ma non mi ha risposto.
C’era qualcosa di misterioso
nei morti,
li portavano al cimitero
e li seppellivano.
Ma pare che
non rimanessero lì:
andavano in cielo
o in altri luoghi.
A noi bambini,
però,
la cosa pareva molto dubbia.
Poi è venuta la guerra
e li ho visti i morti.
Non stavano
quasi mai
sull’attenti.
Qualcuno marciva
appeso a un reticolato
e non si muoveva da lì.
Poi la guerra è finita
ma la gente continua a morire:
il babbo
la mamma
mio fratello Guido
e tutti gli amici
Raffaello
Renato
Vincenzo
Giovanni
Vittorio
Sante…..
Intorno a me il cimitero si allarga
e il tempo inghiotte tutto.
Ed io
percorro il mio deserto
e vado centellinando
a piccoli sorsi
quel che resta
della mia stagione.
………..
Ma questa non è una poesia
E’ un sospiro.
I
compleanni
li ricordo
tutti
anche il
primo
di
Fabio
che non è
vissuto.
Era così piccolo
ma aveva
già
le sue
unghiette
rosa
e gli
occhi color cielo
aperti
solo per un attimo.
C’è una
pagina
che ho
scritto allora
a cercare
un ponte
fra la
vita e la morte
senza
trovarlo.
Vi ho
visto tutti
nascere
con
emozione
per quel
miracolo.
Vi sento ancora
teneri e
felici
nel letto
grande
i giorni
di festa.
Vi toccavo
e sentivo
solennemente
che
eravate parte di me.
E’ ancora
dentro di me
il tepore
dei vostri corpicini
e quel
sentimento
solenne
di una
paternità
intensamente
vissuta.
Anche
quest’anno
hanno
bruciato l’albero
lì,
davanti alla chiesa
di sera,
al primo squillo
delle
campane.
Tutto il paese intorno
i visi accesi
a mirare
gli sciami di scintille
e trarre auspici.
Il vecchio
contadino scuote il capo:
E’
scirocco
sarà
un’annata scarsa.
Ma nessuno
l’ascolta,
intorno è
gioia.
Il fuoco esalta,
è purificazione,
c’è movimento intorno,
quasi una danza,
domani
inizierà una nuova vita
e saremo più buoni.
Ma ora il
pasto del fuoco
è
consumato.
L’ampio
braciere è quieto.
S’è fatta
quiete intorno,
a
meditare.
Lentamente si sciama
e si entra in chiesa
è iniziata la messa di Natale.
AL MIO
NIPOTE MORTO SUICIDA
Forse
c’era la voglia di morire
nel tuo
sorriso scarso
enigmatico.
Forse
c’era la voglia di morire
nel tuo
cantare il rap
con la tua
voce
disincantata,
nella tua
bella tesi su Carlin
e la stand-up
comedy
da te
scritta e amata,
nel tuo
portare
i
pantaloni bassi,
nel tuo
lento procedere
ondeggiante.
Forse
c’era la voglia di morire.
In
silenzio
da solo
hai
rifiutato
la gran banalità
e sei
andato.
A ventotto
anni.
Ma
non ti allontanare troppo in fretta
resta qui
intorno.
Presto il
tuo nonno ti raggiungerà
e ce ne
andremo insieme.
Per
sempre.
Devo
tenere gli occhi bene aperti
perché nel
buio
arrivano i
fantasmi
a
imbrattare
le rose
e i miei
pensieri.
E’ alto
il mio
giardino
sulla
terra.
Ma basta
una ventata
di
tristezza
per
riempirlo
di nero e
di dolore
RICORDO DI UNA
BAMBINA BIONDA
Forse non ti ricordi
da bambini
in quella grande stanza luminosa
che giocavamo
allegri e sorridenti
a fare gli sposi
i tuoi capelli biondi appena mossi
sfuggivano al nastrino color fuoco
ed io certo pensavo che eri bella
ma era soltanto un gioco
da bambini
ma poi nonna Mariuccia ci sorprese
donna dell’ottocento
e immaginando quello che non c’era
ne fu turbata
e forse percepimmo il turbamento
anche noi
che sorpresi ci guardammo
e forse
in quel momento
sbocciava in noi la prima adolescenza
Ora
non è più tempo
di partire
prudente
mi trascino
in questo spazio
dove sono
le cose
che ho vissuto
carezzando i ricordi
lasciamo riposare le parole
Ora
è qui
che occorre morire