La ritirata diviene una rotta.
L’armata napoletana era in disordine, e si andava sbandando da tutte le parti.
La sua confusione, e il suo pericolo li accrebbe maggiormente allorchè vi fu
certezza che la brigata Caraffa avea trascurato di difendere la strada della Carrareccia,
ed era partita da Montolmo per altra strada verso il Tronto all’avvicinarsi di un battaglione
del reggimento Hiller, e di altro battaglione di truppe Estensi che colà si erano dirette, ed
allorchè si vide che dei corpi di cavalleria e fanteria austriaca con varj pezzi d’artiglieria
s’incaminavano con rapidità per quella strada ad oggetto d’impedire il passaggio, e la
ritirata per la parte di Pîediripa verso la marina.
Il parco d’artiglieria avea di qualche ora anticipata la sua marcia.
Intanto vitture, frugoni, ospedali militari, e bagagli d’ogni sorta si vedevano partire
colla massima confusione, e celerità, e col dubbio pur’anche di non aver tempo per
evitare l’incontro e la sorpresa degli Austriaci che inseguivano senza triegua.
L’altura di S. Croce, e tutta la strada che circondando Macerata dalla parte di
mezzogiorno si estende fino ai Cappuccini era ripiena di truppe napoletane, che
mancavano di ordini per le operazioni da doversi eseguire.
Il fuoco che si era incominciato fra gli avamposti per la strada di Tolentino ognor più
si accresceva, e i Napoletani, che si venivano ritirando, erano incalzati con maggior
vigore.
I cacciatori Austriaci dai campi, e dalle siepi molestavano incessantemente, ed era
continuo lo sparo dei fucili.
Un corpo di cavalleria ungarese che proveniva dalla strada verso Tolentino, ed altro
che sboccò improvisamente da quella di Monte Milone fecero risolvere i Napoletani ad
abbandonare la posizione di S. Croce, e a ritirarsi combattendo alle tre Porte.
Distaccamenti di cavalleria austriaca scendevano ad ora ad ora verso questa parte,
facevano delle scariche di fucili, e quindi retrocedevano.
Nel retrocedere erano inseguiti dai Napoletani.
Succedevano nuove scariche, nuove scaramucce, e quindi vicendevoli ritirate.
Staccatosi finalmente un più forte corpo di Dragoni, e di Ungaresi dall’altura di S.
Croce, dirigendosi impetuosamente verso Macerata, la fanteria napoletana incominciò a
porsi in piena fuga per la strada delle tre Porte, e per quella sotto le mura della città
verso i Domenicani*.
Di lì a poco lasciò il suo posto anche la cavalleria, e colla precipitosa sua fuga,
coll’urto dei cavalli, e col disordine con cui fuggiva, caricava ed offendeva notabilmente
la propria fanteria affollata per la strada medesima, e multiplicava in essa il danno, e la
confusione.
Qualche Soldato di fanteria che nel tumulto ebbe la disgrazia di cadere in terra,
restò schiacciato sotto i piedi dei cavalli in rotta.
Qualce Lanciere cadde ucciso a colpi di sciabla ed un Ufficiale fu ferito gravemente.
Cinquanta uomini circa di cavalleria austriaca vedevano precipitosamente fuggire
innanzi di loro più migliaja di Napoletani spaventati, avviliti, disorganizzati.
Nel tempo stesso altro corpo degli Austriaci medesimi circa le 10 , e mezza del
mattino fece con la massima tranquillità il suo ingresso in Macerata fra le festose
acclamazioni degli Abitanti, che allora si videro con certezza al coperto da ogni pericolo,
e conobbero già fissato il loro destino.
Il Podestà del Comune, ed altri distinti soggetti appositamente destinati si trovarono
alla Porta per ricevere i vincitori.
Il Re trovavasi in vicinanza della Chiesa delle Vergini allorchè le truppe inseguite
dalla parte di Macerata fuggivano in piena rotta, ed allorchè potè conoscere da se
medesimo che la strada della Carrareccia non era stata difesa, che la ritirata non aveva
più protezione, e che parte dell’armata imperiale era già colà penetrata.
La circostanza era critica estremamente; più non era tempo d’indugio, ed ognuno
dovea provedere alla propria salvezza nel miglior modo possibile.
Il Re deponendo all’istante il suo particolar vestiario da cui poteva esser distinto, ed
altro indossatone da semplice colonnello, in compagnia del Generale Livron e di 18 in 20
ufficiali di diversi gradi a cavallo, divergendo dalla strada principale, si diresse per vie
poco note verso Morrovalle per quindi condursi a Civitanova, ove sperava di riunirsi col
Tenente Generale Carrascosa, che col resto della sua divisione era passato per la
strada della marina proveniente da Ancona.
Le truppe di Macerata in fuga, sulla cognizione anch’esse del non più libero
passaggio per la strada di Piediripa, in balìa di loro medesime, senza capo, senza
comando, senza direzione, incalzate dalla cavalleria, tormentate dal fuoco dei cacciatori
nemici, avvilite dal timore, e dalla fame indebolite si sparsero quà e là per le campagne
in cerca soltanto di scampo, e senza volontà di esporsi a nuovi pericoli, e di cimentarsi a
nuovi impegni.
Dopo che gli Austriaci ebbero inseguito per tre miglia circa di distanza da Macerata
i fuggitivi Napoletani, e dopo aver raggiunti, e sorpresi in varj luoghi diversi frugoni, molti
bagagli di varia specie, sette carrozze appartenenti in parte ai Generali d’Ambrosio,
Medici, e D’Aquino, ed in parte allo stesso Re, e qualche pezzo d’artiglieria con più
casse di munizioni, se ne tornarono in Macerata, ove dopo poco intervallo giunse il
Generale in Capo Barone Bianchi preceduto dalla vittoria, e accompagnato dalle più vive
acclamazioni d’un Popolo riconoscente, che dal suo genio, dai suoi militari talenti, dalle
operazioni da lui dirette, e mirabilmente secondate da tutti i Generali, ed Ufficiali che
aveano militato sotto i suoi ordini, la propria salvezza ripeteva, e la propria tranquillità.
L’armata napoletana quantunque disorganizzata affatto, e in mille bande dispersa,
avrebbe nonostante avuto comodo, e maniera di riunirsi per la strada che traversava il
dipartimento del Tronto verso la marina, e di riavvicinarsi alle bandiere del suo Re.
La maggior parte però delle truppe instrutta dal passato, e poco persuasa d’un
felice avvenire, credette miglior partito l’allontanarsi dallo strepito guerriero, e di
tornarsene per quella via, che la circostanza poteva ad esse far credere meno
pericolosa, nei loro focolari.
Quei corpi però ai quali sembrò viltà la diserzione, e che non vollero profittare
dell’occorsa catastrofe per esimersi dal militare servizio, procurarono di riconcentrasi
presso il loro condottiere, onde continuare nel miglior modo che gli avvenuti casi
avessero potuto permettere, la loro ritirata nel Regno.
* ora edificio del Convitto Nazionale. |