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U pappó In via B. Buozzi, "sotta 'a torre dell'acquedotto", c'era un locale, trasformato poi in palestra per l'ex Scuola Media, che il popolo, identificando il luogo con il fine a cui era preposto, chiamava "u pappó". Era un locale attrezzato a cucina con grossi pentoloni posti su fornelli a legna o a carbone. Prima dell'industrializzazione, quando molti Filottranesi vivevano nell'indigenza e, come si diceva a quel tempo, "jé mangàa sempre diciannove sòrdi pe fa' 'na lira", tante famiglie erano iscritte nell' "elenco dei poveri" e usufruivano dell'assistenza del Comune che elargiva loro aiuti, fra cui appunto "u pappó": un pasto caldo costituito da minestra, minestrone, legumi o maccheroni, distribuito specialmente in inverno. Verso mezzogiorno si incontravano uomini, donne, ragazzi con pentole fumanti che spargevano per strada il buon profumo del cibo che contenevano. Questi ricordi possono evocare immagini da Terzo Mondo ma, per la gente di allora, quel pasto caldo era una vera manna e "gi su u pappó" non era una vergogna, ma una cosa che metteva allegria.
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