FRANCESCO ALGAROTTI
LETTERATO E POLIGRAFO
di
ALDO SCAGLIONE
L'Algarotti è figura rappresentativa del suo tempo perché in lui emergono alcuni caratteri tipici della civiltà letteraria del .Settecento: la tendenza a cogliere, nell'ambito dell'esercizio letterario, seri problemi di costume; l'interesse vivo per le scienze legato non solo alle novità delle scoperte, ma anche alla comprensione dell'enorme portata rivoluzionaria del metodo scientifico. Questa aspirazione a una nuova cultura, che non si esaurisca in uno sterile gioco letterario, anima la sua multiforme attività di poligrafo la quale, mentre testimonia una crisi nella concezione tradizionale dell'uomo di lettere, esprime anche un concreto ampliarsi di orizzonti e di interessi.
Quel che c'importava di più a questo proposito era osservare come l'Algarotti tenda a vedere dei seri problemi di costume sub specie litterarum, il che, se in un senso è una limitazione e un segno della parziale persistenza di quella malattia o forma di daltonismo intellettuale ormai congenita negli Italiani del '700, ci serve però a concentrare l'attenzione del lettore in una direzione quasi costante lungo cui l'Algarotti, peraltro vero «poligrafo» per natura, sviluppa tanta varietà di aspetti e di temi. Alle lettere dovremo aggiungere le belle arti.
Un secondo aspetto della personalità algarottiana, che eventualmente si potrebbe considerare come il più originale e promettente di sviluppi per la cultura italiana, è il suo genuino interesse per le scienze (matematiche, ottica, astronomia), per cui aveva vero talento accompagnato ad una seria preparazione; pareva avesse compreso nella rivoluzione newtoniana l'enorme portata del metodo, destinato a mutare radicalmente l'atteggiamento della mente umana verso il mondo e l'esperienza della natura, e non solo ad aggiungere un certo numero di nuove nozioni, per importanti che fossero. Ma le scienze rimasero per lui, ancor queste, attività marginale da gran dilettante, e il significato più notevole di tale suo interesse rimane per noi il richiamo implicito ad una nuova cultura di cose anziché di mere parole, in una accettazione onesta e fattiva della « verità », non senza la coscienza che l'applicazione pratica di quelle « vere » scoperte doveva diventare la base di un rinnovamento del viver civile, dall'agricoltura al commercio alle istituzioni politiche.
L'«Enciclopedismo» dell'Algarotti consiste dunque essenzialmente nella sua capacità di poligrafo, intesa entro i limiti o lungo la direzione che abbiamo indicato. Il quale poligrafismo, tuttavia, è anch'esso un fenomeno bivalente, positivo e negativo insieme, in quanto se esprime un allargamento vero e concreto dell'orizzonte del letterato settecentesco, è anche segno di una crisi, di un certo «disorientamento»: l'uomo di lettere è insoddisfatto della letteratura pura, e rimane incapace di trovare un centro alla sua personalità e attività. Questo fenomeno spirituale fu parallelo al sorgere dei giornali, e «giornalista» senza giornale fu fondamentalmente il Nostro, brillante e fecondo sempre ma incapace di impegnarsi a fondo in un capolavoro o almeno in un lavoro non contingente, come successe a tanti altri letterati del suo
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