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Il docente di sesso maschile: una specie in via di estinzione?
Le ricadute sulla costruzione del ruolo e dell'immagine maschile
in adolescenza e pre-adolescenza
(di Lucia Tiziana Lo Russo)
Leggiamo da un articolo su "Il
Messaggero" del 5 Giugno 2003 :[...]"Esplode
anche ad Ascoli la protesta verso lordine del giorno
presentato dai deputati Giovanna Bianchi Clerici, Caterina
Lussana e Cesare Ercole (tutti della Lega nord) ed approvato
dalla Camera dei Deputati che «impegna il Governo a
studiare forme di incentivi, costituzionalmente compatibili,
al fine di incoraggiare il reclutamento di insegnanti maschi"
[...]
Non è la prima volta che si parla di "femminilizzazione"
del corpo docente.
Effettivamente, se si guardano le percentuali esigue
degli Insegnanti di sesso maschile nella Scuole Elementare
e Media Inferiore , e il seppur sensibile aumento di numeri
nella Scuola Media Superiore, non si può che dedurre
un fatto preciso: l'Insegnamento è feudo femminile.
Perché?
La scuola ha rappresentato , storicamente, uno dei
pochi lavori nei quali le esigenze di una madre-lavoratrice
potevano incontrare soluzioni: possibilità di gestione
dell'orario di lavoro, periodi di ferie maggiormente lunghi
rispetto ad altre professioni.
E forse, azzardo, di conseguenza, la contrattualità
di categoria aveva trovato talvolta poco appoggio tra
quelle lavoratrici che, inserite in stabili contesti familiari
- mogli di professionisti - si accontentavano di un salario
basso in cambio di una maggiore gestione delle loro esigenze
familiari.
Ora sicuramente , le garanzie non sono più tali:
il lavoro si è "precarizzato" in maniera
sconcertante. E in rapporto all'impegno che si profonde,
specialmente per la particolarità della funzione docente
e della sua complessità, il salario è dichiarartamente
"percepito" come non soddisfacente.
E sicuramente, rispetto al costo della vita e alla preparazione
richiesta, non è certamente consono.
Recenti articoli e inchieste sulla "auto-percezione"
della propria professione da parte del docente hanno sottolineato
la questione della "perdita di prestigio sociale".
La società non sembra più riconoscere all'insegnante
, a meno che non si tratti di docente universitario, quella
aura di "rispettabilità" che gli veniva conferita
un tempo.
E sull'uomo, al quale nell'opinione comune si chiede
che egli si realizzi nella società prioritariamente
attraverso il lavoro (nei termini di prestigio, capacità
di "mantenere una una famiglia"...) tale professione
- allo stato attuale - non sembra più esercitare "appeal".
Inoltre, diversi psicologi, quali Claudio Risé
(anche se non in ambito di ricerche sull'ambiente scolastico)
hanno messo in luce quanto i giovani uomini siano cresciuti
e educati da figure di riferimento in preminenza femminili:
è alle donne che vengono affidati con priorità
i figli a seguito di una separazione, sono loro che in prevalenza
si occupano della loro istruzione - poiché in linea
di massima possono dedicarvi più tempo. Inoltre, come
detto, sono sempre nella più vasta maggioranza le donne
a coprire il ruolo di educatrici.
E questo sbilanciamento non sembra essere ideale nella
formazione dell'identità maschile.
Da qui il quesito: come fare a attuare una inversione
di tendenza?
Forse è su questi temi scottanti che va
interpretato il particolare ODG proposto da alcuni parlamentari
della dalla Lega Nord.
Ammesso che un tale problema possa trovare soluzioni
a partire da provvedimenti specifici, la questione non è
da sottovalutare.
A patto che - paradossalmente - non venga penalizzata un'altra
parte di lavoratori, in questo caso le donne, che correrebbero
il rischio di godere - ad una iniziale lettura dei fatti -
di una retribuzione minore se non di una discriminazione.
Forse su un tema del genere andrebbero raccolte molte più
forze finalizzate alla discussione.
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