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Rimpfischhorn

Via normale, cresta sud-est

3-4 luglio 1999
Mirko, Andrea, Silvano, Michele

Di cresta sud-est in realtà non c'è che l'ultimissimo pezzettino, perché la maggior parte dell'ascensione si svolge lungo un interminabile avvicinamento attraverso l’Allalingletscher, tra il Rimpfischhorn e l'Allalinhorn, il valico dell'Allalinpass, la risalita al Rimpfischsattel, l'ascesa del canale e della cresta dell'anticima SE; poi c'è la cresta SE vera e propria, che come orientamento esatto è solamente il pezzettino, non più di 5 minuti, che collega l'anticima alla cima. Tutto quello che viene prima è la via normale che partendo dalla Britannia Hutte si avvicina e gira intorno per quasi 270 gradi, la 'nostra' cima.
E' la prima ascensione in quota di quest'anno, se si eccettua l'impegnativa spedizione a Cervinia per affrontare Polluce e Breithorn della settimana passata, quando la pioggia incessante ci ha immobilizzato in paese da quando siamo scesi dalla macchina il sabato pomeriggio fino alla domenica mattina tardi, cioè quando ce ne siamo andati, senza montagne ma con un bel po' di torta e birra (soprattutto birra) nello stomaco. Ci siamo noi tre, i soliti, io, Silvano e Galis, niente ragazze impegnate chi a correre chi a dormire; c'è anche Michele, poi, che per la prima volta, finito il corso di arrampicata e alpinismo che ha seguito con il CAI di Como, si unisce a noi per una camminata. Pare non sia mai stato su niente di impegnativo (non che con questo voglia dire che il Rimpfischhorn sia impegnativo), ad eccezione di un paio di arrampicate fatte con il corso, e non è mai stato a 4000 metri. Non sappiamo come ci si troverà ma di sicuro sarà una bella esperienza; ci fa piacere l'entusiasmo che dimostra.

Partenza, al solito, il sabato pomeriggio: Michele è tornato tardi dalla festa di chiusura del corso del CAI e Galis, ovviamente, deve lavorare tutta la mattina. Riusciamo ad accordarci per una partenza alle 12 e un quarto, cioè appena appena al limite accettabile per sperare di arrivare in tempo a Saas Fee, dove l'ultima funivia per il Felskin parte alle "four, four fifteen", come dicono al telefono a Silvano. Per le quattro e un quarto, se anche fosse vero, mi sembra assolutamente irraggiungibile: quattro ore per arrivare a Saas Fee, parcheggiare, cambiarsi e attraversare il paese fino alla funivia mi sembra pura utopia. A tutto ciò si aggiungono alcuni contrattempi; Galis al telefono mi dice che potrà arrivare alle "dodici e un quarto, dodici e venti al massimo"; deve andare anche a prendere Michele e magari 5 minuti di gioco da traffico sono accettabili. Peccato che arriva a un quarto all'una e non possiamo che partire cinque minuti dopo. Meno di tre ore e mezza tra noi e l'ultima funivia sono decisamente scoraggianti; io sono definitivamente sicuro che non ce la faremo mai e appena partiti dichiaro: "perché non ce ne andiamo alla Capanna Mara, che siamo ancora in tempo". Non sapevo ancora quello che ci aspettava strada facendo.
Galis aveva già trovato un passaggio a livello abbassato sulla strada per la casa di Michele ed era arrivato in ritardo per quello, oltre al fatto che il lavoro era andato parecchio per le lunghe. Dichiara fin da subito l'intenzione di correre un po', in macchina, ma il traffico che troviamo in giro non permette di recuperare nemmeno un minuto; senza contare il nuovo passaggio a livello, a Rovello Porro, ovviamente chiuso. Siamo sempre più in ritardo. Io introduco una nuova scala di misurazione del ritardo: PT, poco tardi, AT, abbastanza tardi, T, tardi, TT, molto (tant) tardi, ET, estremamente tardi. Ma ora siamo a livello XT, eccezionalmente tardi, e non ci ritengo sufficientemente tecnicamente preparati per superare un simile difficoltà.
Una volta in autostrada le cose cambiano e i 160 all'ora di media ci fanno guadagnare tempo. Sembra volerci rovinare la media un'auto di carabinieri trovata dalle parti di Domodossola, ma Galis li segue comunque a quasi 150 all'ora, incurante del pericolo. Tutto sommato facciamo molto in fretta e in un'ora e mezza arriviamo al confine, nonostante un semaforo piazzato nell'ultimo tratto di strada, a protezione di un cantiere per lavori, ovviamente deserto. Sono le due e venti e siamo più ottimisti; il livello di guardia è passato a AT; un bel salto. Ora ci tocca la parte peggiore: la strada svizzera che sale al Sempione è irta, per non dire gremita, per non dire pullulante, di semafori per cantieri, sensi unici alternati (non meno di 6) e superare macchine e camion che ci rallentano non è impresa facile. Nondimeno Galis pare cavarsela bene, il percorso non lo infastidisce, il navigatore, Michele, si comporta bene, non dà segni di cedimenti di nervi, i doppiaggi procedono e non abbiamo bisogno di pit-stop dopo quello vicino alla dogana, dove però un camper e numerosi incapaci ci superano e ci rallentano. Sentiamo un disperato bisogno di commissari di percorso con bandiere azzurre in mano.
In discesa dal passo troviamo strade migliori e si riesce a superare più facilmente. Bello quando Galis capisce il funzionamento delle strade a tre corsie: a tratti si trovano posti in cui per il senso di salita (non il nostro) ci sono due corsie ed in corrispondenza, per noi che scendiamo, un ovvio divieto di sorpasso; Galis capisce e dichiara: "ok; cartello di divieto di sorpasso, quindi ci saranno tre corsie, quindi si potrà sorpassare!". Attraversiamo condizioni alterne di T e AT ma una volta a Brig diventa chiaro che è semplicemente PT. Il gran premio continua, però, e a Saas Fee sono appena le tre e un quarto. Ci prepariamo, attraversiamo il paese velocemente e alle tre e mezza siamo già in funivia. Incredibile!

Siamo abbastanza carichi,

Andrea, Silvano e Michele alla Britanniahutte

anche se non molto, grazie soprattutto all'acqua supplementare che ci portiamo dietro per non doverla pagare al rifugio: la carissima acqua svizzera ha prezzi proibitivi per i nostri poveri portafogli italiani e preferiamo un paio di chili in più sulle spalle. Dopotutto non abbiamo che da camminare per tre quarti d'ora dal Felskin alla Britannia Hutte, su una semplice stradona grosso modo pianeggiante, ben ricoperta di neve schifosamente inzuppata d'acqua. Arriviamo al rifugio con tutta calma, scattando fotografie e facendo progetti per il giorno dopo. Michele si spaventa un po' a sentire parlare di una sveglia all'una e mezza. Il tempo è decente, per domani dovrebbe essere meglio, è previsto tempo perfetto fino a pomeriggio inoltrato, e noi con il massimo ottimismo abbiamo messo in programma una doppia salita: vogliamo salire al Rimpfischhorn, ridiscendere all'Allalinpass, salire all'Allalinhorn e scendere dalla parte opposta, dalla normale, verso il Metrò Alpin. Un giro di ripiego consisterebbe nell'andata e ritorno al solo Rimpfischhorn, in caso di brutto tempo o di stanchezza preponderante. Per ora rimandiamo le decisioni a domani.
Arrivati al rifugio ci sistemiamo ad uno dei tavolini all'aperto. Scarichiamo tutta la nostra roba, facciamo una veloce merenda, quindi Silvano e Michele vanno a prendere i posti all'interno, mentre io e Galis andiamo su quell'ignota puntina proprio dietro alla 'Brianza Hutte', dalla quale si gode di una splendida vista sulla via che dovremmo seguire domani. Scattiamo un paio di foto e quindi ci riuniamo al rifugio.
A cena mangiamo all'interno del rifugio, su un tavolino proprio al centro del salone da pranzo, su cui riusciamo appena a trovare posto noi quattro. Mi fa piacere non dovere stare gomito a gomito con altri su uno dei soliti enormi tavoloni. Prendiamo solo una minestra, che ci viene servita per ultima: ovviamente la precedenza agli svizzeri. Per il resto ci arrangiamo con la nostra roba. Subito dopo cena andiamo a sdraiarci nella stanzetta che ci è stata assegnata: abbiamo quattro materassi in uno stanzone da una quindicina di posti. Io sono al piano superiore vicino al muro della finestra: il posto che preferisco in ogni rifugio. La sveglia è per l'una e diciannove minuti.

Ci alziamo facendo tutto il rumore possibile. No, non è vero, anche se la voglia ci sarebbe dopo tutto il casino che i nostri compagni di stanza ci hanno fatto sopportare la notte.

Il Rimpfischhorn poco prima dell'alba

Il piumoncino che abbiamo come coperta è praticamente impossibile da piegare, specie al buio e senza potersi alzare dal letto. Riesco a mettere insieme una specie di cubo sbilenco che ha più l'aspetto di un ectoplasma che di una coperta. Galis quando gli punta contro la pila frontale si spaventa e poi si mette a ridere. Silvano rinuncia del tutto e lo butta tutto appallottolato in un angolo; fuori dalla stanza, poi, Michele ci chiede: "perché? bisognava piegarlo?". Non male come sveglia.
Facciamo colazione mentre ci prepariamo nella stanza d'ingresso del rifugio; colazione per modo di dire, fatta con del tè gelato preparato la sera prima con un po' di polvere solubile e con un minuscolo pezzettino di una barretta energetica. Odio le colazioni fatte così di fretta; soprattutto odio bere quel tè freddo al sapore di medicinali, appena sveglio: il modo migliore per bloccarti lo stomaco fin da subito. Il punto è che in queste condizioni bisogna scegliere tra uno stomaco congelato che richiede alcune decine di minuti per sistemarsi, durante il cammino, oppure uno stomaco completamente vuoto che alla lunga si fa sentire: mancanza d'acqua e di energie sono un fattore piuttosto critico in certi momenti. Mi viene un principio di nausea al pensiero che quel tè sarà la nostra unica bevanda per tutta la giornata. Devo ricordarmene per le settimane future

L'edificio sommitale del Rimpfischhorn

(peccato che ci stia pensando solo adesso, dopo che di settimane ne sono già passate altre due, entrambe su montagne di 4000 metri). Devo ricordarmene, dicevo: portarmi da bere, e conservarlo fino alla giornata seguente, cioè quella della salita, qualcosa di veramente buono, qualcosa che sia piacevole da sentire e da ingoiare; ho capito che il tè con l'enervitene è energetico e fa bene al fisico, ma penso che preferirei di molto non dover litigare con la nausea ad ogni sorso, non doverci pensare sempre due volte prima di bere, e non finire ogni volta a bere troppo poco per le mie necessità ed arrivare al rifugio semidisidratato. Oggi mi va tutto sommato benino, perché ho nella borraccia personale ancora un po' di tè portato da casa, quello fatto con le bustine, quello che bevo normalmente a colazione, quello 'vero'.
La sveglia è stata buona; ho dormito bene, anche gli altri pare, soprattutto Silvano che si è addormentato un minuto dopo essersi sdraiato e si è svegliato quando l'ho chiamato io questa mattina. Solo Michele, probabilmente per la quota, non ha riposato bene, è stato sveglio parecchio, infastidito dalle pulsazioni troppo accelerate del cuore. Comunque partiamo in buone condizioni di morale, siamo parecchio allegri, mi fa molto piacere. E' bello una volta tanto partire per un'ascensione senza la minima preoccupazione sull'esito della giornata, senza la minima preoccupazione per i pericoli inesistenti. Formiamo due cordate: io sto con Michele, Galis con Silvano. Io e Galis stiamo primi quasi tutto il tempo (solo Galis e Silvano si alternano per qualche minuto). Alla partenza sono davanti io, con Michele, poi passano Galis e Silvano che sono più veloci e a tratti ci devono aspettare. Il sentiero parte semplice, sulle roccette davanti al rifugio, che ci devono condurre al ghiacciaio, qualche decina di metri più in basso. Troviamo un piccolo nevaio da attraversare, ma appena Michele ci mette piede la neve gli cede, perde l'appoggio e inizia a scivolare; ci va bene che siamo a corda molto corta e dopo pochi metri si ferma: io stando davanti non vedo niente, ma appena sento il rumore che non mi piace della scivolata e Michele e Galis insieme che mi chiamano con aria preoccupata capisco immediatamente la situazione, mi blocco punto i piedi e pianto il manico della piccozza in pochi centimetri di neve schifosa; lo strappo è quasi inesistente, mi sarei aspettato di peggio, e le cose finiscono lì. Appena mi giro vedo Michele quattro metri sotto; risalendo mi ringrazia.
Sul ghiacciaio camminiamo con apparente lentezza; davanti Galis e Silvano vanno più spediti, ci stanno davanti fin dal momento della scivolata di Michele e a tratti si fermano ad aspettarci. Noi due andiamo più lenti:

La cresta nord del Rimpfischhorn dalla cima

io, davanti, devo continuamente moderare il passo, obbediente alla tensione della corda che il passo più corto di Michele tira in continuazione. In definitiva mi fa piacere avere una cordata davanti che segue la strada e me la indica, insieme ai crepacci più grossi - molto pochi, per la verità - e Michele dietro, che mi costringe a camminare piano e a non stancarmi. Piano, poi, per modo di dire, perché alla fine impieghiamo due ore e mezza a raggiungere l'Allalinpass. Breve sosta e poi ripartenza verso il Rimpfischhorn.
Ora l'Allalinhorn è in vista, insieme alla via che dovremmo seguire e possiamo valutare meglio il da farsi. La via sembra parecchio incrostata di neve e il dislivello proibitivo. Non è molto, per la verità, ma cerco di immaginare come mi apparirà una volta tornati dal Rimpfischhorn, tra qualche ora. L'ipotesi di salire solo sulla prima delle due cime pianificate si fa sempre più concreta e verosimile. Diventa unanimemente accettata poco dopo: il lungo traverso discendente dall'Allalinpass verso il Rimpfischhorn e la risalita verso il Rimpfischsattel si rivelano molto faticosi, specialmente per via della neve pessima che cede ad ogni passo: c'è molto caldo nonostante la quota superiore ai 3600 metri; questa mattina alle due, alla partenza, il termometro al rifugio, a 3000 metri quasi esatti segnava 7 gradi; secondo me siamo ancora sopra lo zero. A metà della risalita, intorno alle 6, Silvano si dichiara troppo stanco per proseguire e decide di fermarsi ad aspettarci; è qui che decidiamo definitivamente di arrivare al Rimpfischhorn e di ritornare al rifugio per la stessa via dell'andata, senza passare per l'Allalinhorn. Anche il resto della salita al colle è molto faticoso, specie per Galis che traccia la pista in neve brutta. Ora siamo in tre in un'unica cordata: Galis, Michele e io, per ultimo. Arriviamo al colle molto lentamente, soprattutto per Michele che deve rallentare parecchio; ma anche io e Galis non siamo al massimo della forma. Al colle anche Michele si ferma e decide di aspettarci lì; al massimo farà un salto fino all'anticima che da lì è a poco più di dieci metri di dislivello.
Durante l'avvicinamento in salita al colle cercavamo di immaginarci come sarebbe stato quel famigerato canalino a 50 gradi che ci doveva condurre in direzione della cima, cercavamo di intuirne la posizione e la ripidità, confrontata ai pendii di ghiaccio che vedevamo sul versante ovest che ci avevano sovrastato per parecchio. Solo ora, però, possiamo constatare cosa realmente ci aspetta: l'unico tratto lievemente tecnico, un po' impegnativo, della salita ci sta davanti; duecento metri di dislivello che iniziano con un breve canalino ghiacciato a 50 gradi di inclinazione (dichiarati, ma in realtà sembrano meno) e che continuano con una crestina rocciosa di secondo grado; II+ in un paio di punti. Non ci impressiona, ma anche quella è parecchio incrostata di neve e ghiaccio e il passaggio dal canale alla cresta non è facilmente intuibile dal basso e l'unico punto che sembra abbordabile pare offrire come passaggio obbligato un diedrino liscio e verticale di un paio di metri.

Andrea in cima al Rimpfischhorn

Non è incoraggiante ma penso che come al solito le cose da vicino saranno meglio di come ci appaiono ora. Saliamo molto lentamente verso il canale; io sto davanti e sono davvero stanco; anche Galis, mi dice. Il canale inizia facile e ben innevato, ma più aumenta la pendenza e più presenta del ghiaccio vivo. Di canale vero e proprio non ci sono più di una cinquantina di metri e solo gli ultimi dieci o quindici impegnativi per via del ghiaccio. Abbiamo qualche problema solo al momento del passaggio dal canale alla cresta: una crosta di ghiaccio sottile ricopre delle placche rocciose inclinate e lisce, appena si tocca il ghiaccio si rompe e i ramponi non fanno presa sulla roccia; ci dobbiamo adattare ad una bella spaccata dal ghiaccio ad un piccolo gradino di roccia incastonato al limite del canale. Poi la cresta. La stanchezza è sempre più pesante, saliamo molto lenti; cerchiamo di arrampicare sempre il più vicino possibile al filo di cresta perché è dove si trovano le rocce più pulite. A tratti è evidente che la via giusta non passa dal filo ma si tiene sul versante sinistro, ma la neve, il ghiaccio e gli infidi e scivolosi traversi ci consigliano di restare dove ci troviamo; preferiamo affrontare un terzo grado su roccia pulita piuttosto che l'esposizione dei pendii ovest. Arriviamo alla cima dopo un'ora e un quarto dal colle, un tempo ignobile, dei bambini avrebbero fatto meglio, ma siamo sfiniti. In cima trovo appena le forze per fare qualche fotografia e non riesco a godermi il panorama che in questa splendida ed assolata mattina è magnifico.
La discesa verso il colle ci prende ancora più tempo della salita; la stanchezza è meno pressante, ma cerchiamo di fare le cose con più sicurezza, così facciamo spesso assicurazione con spuntoni e scaglie di roccia e sempre meno strada in conserva pura. Il canale, poi, lo facciamo in doppia. Prima di tutto una doppia di una ventina di metri dal limite della cresta fino nel centro del canale, per evitare rischi sul tratto superiore ghiacciato; prima scendo io, poi sistemo una sosta con le piccozze ed un chiodo totalmente inutile, poi scende Galis. Per gli altri cinquanta metri io resto su, calo Galis a corda semplice fino ad un isolotto roccioso all'inizio del canale e poi scendo io con due piccozze, senza assicurazione, ma per fortuna le difficoltà sono sufficientemente contenute per non dare problemi alla mia stanchezza. Dopo un minuto raggiungiamo Michele.

La vetta del Rimpfischhorn

Ci riposiamo pochissimo, mettiamo occhiali e crema solare e quindi ci incamminiamo verso il posto in cui avevamo lasciato Silvano. Un gruppetto di tre sciatori francesi ci supera in discesa; Galis ci scambia qualche parola. Raggiungiamo Silvano alle dodici e un quattro, con più di due ore di ritardo sulle previsioni. Non è arrabbiato e preoccupato come temevo sarebbe stato.
Da qui ancora un po' di discesa e poi il lungo, interminabile, traverso in salita fino all'Allalinpass; la neve è sempre peggiore e camminarci è molto faticoso. Io e Galis siamo comprensibilmente i più stanchi. Procediamo in un'unica cordata e a battere la pista inizia Galis per pochi minuti, poi rinuncia e lascia il compito a Silvano che se la cava egregiamente per parecchio, poi passa Michele che però è molto lento ed io sono parecchio preoccupato di non fare in tempo a raggiungere la funivia per l'ultima discesa. All'inizio del traverso sono troppo stanco per poter pensare di riuscire a raggiungerla in tempo ma poi, poco per volta, la quota ormai ridotta e il camminare su orme già ben pressate mi permette di riposare e la seconda metà del traverso la batto completamente io, ormai ristabilito. Sono contentissimo quando raggiungo il passo; primo perché mi rivedo in forma e poi perché non ho più paura del ritardo: so che arriveremo in tempo alla funivia.
Il resto della discesa è prevedibilmente lungo; davanti resta sempre Silvano, perfettamente in forze, noi seguiamo alla meglio. Ci fermiamo per alcune brevissime soste, ogni tanto, per un sorso d'acqua o per riprendere fiato. La neve è bruttissima ma in discesa non infastidisce più di tanto. Anche i crepacci non danno problemi, ancora più chiusi di quanto non ci saremmo aspettati. Arriviamo in vista del rifugio quando i nuvoloni neri che nelle ultime ore si erano addensati alla nostra destra accennano ad avvicinarsi ed inizia a tuonare. Per ora non è ancora pericoloso, ma dobbiamo tenerli d'occhio. Speriamo di raggiungere il rifugio prima del temporale. Attraversiamo l'ultimo tratto di ghiacciaio sotto poche rade e finissime goccioline di pioggia; poi il traverso che risale al rifugio, lungo sentieri fangosi e qualche nevaio. La pioggia aumenta un po' di intensità ma non è fastidiosa; solo i tuoni ci preoccupano ma ormai siamo arrivati.

Ci rintaniamo nel rifugio che non sono ancora le due e mezza; abbiamo tutto il tempo per sistemare la nostra attrezzatura, cambiarci - chi vuole cambiarsi, io resto come mi trovo - e riposarci. Alle tre ripartiamo. La pioggia è cessata e in mezz'ora di semplice cammino raggiungiamo la funivia, con notevole anticipo sull'ultima discesa. Ora che ci penso abbiamo preso la funivia in discesa esattamente alla stessa ora in cui ieri l'avevamo presa in salita. Seduti nella cabina ci possiamo finalmente rilassare e lasciarci andare ai sogni. Il mio sogno, in questo momento, è un hamburger al McDonald di Brig. Diamo fondo alle nostre ultime energie nell'attraversare Saas Fee fino al parcheggio e quindi ci avviamo con calma, non con la fretta di ieri, verso la nostra cena. Abbiamo deciso di rinunciare alla Festa dell'Unità di Cabiate, per questa sera, per via dell'orario e della stanchezza; sarà per la prossima settimana. Per ora ci riposiamo con hamburger e coca cola a Brig. Va bene comunque.


Mirko Sala Tesciat
1999

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