Dente del Gigante
Via normale, parete sud-ovest
E’ il terzo tentativo al Dente e finalmente va tutto bene. O meglio: arriviamo in cima, perché tutto bene non si può dire. Dopo un ritiro per sfinimento e uno sotto ad una nevicata, questa volta non abbiamo dato retta né al fortissimo vento né al freddo, né al ghiaccio in parete e alle condizioni tutt'altro che buone della via.
Avvicinamento regolare, addirittura comodo rispetto alle altre volte, perché la neve abbondante ha reso più semplici numerosi tratti della salita dal ghiacciaio alla Salle a Manger;
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Mirko, Andrea e Silvano cenano al rifugio Torino con risotto ai gamberetti e tovagliolini dalmati |
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l’unica nota stonata sono le cordate che ci hanno preceduto per un buon tratto e che ci hanno fatto ritardare non poco: si trovavano male sui tratti di vetrato e di roccia e si impicciavano spesso in strano modo. Se non altro siamo arrivati all'attacco meno stanchi e meno sudati.
All'attacco abbiamo incontrato quattro ragazzi - forse svizzeri - che ci hanno chiesto delucidazioni sulla via normale; abbiamo spiegato lo spiegabile, dall'inizio allo svolgimento della salita. Alla fine hanno deciso di seguirci, non prima di averci addirittura chiesto se ci avrebbe dato fastidio. Durante i preparativi prima dell'arrampicata ci hanno sorpassato due inglesi che si sono piazzati proprio sotto l'attacco a togliersi i ramponi e a sistemarsi; per fortuna li abbiamo sorpassati subito, per fortuna li abbiamo scavalcati e siamo partiti prima, perché durante la salita sono stati davvero molto lenti.
Siamo partiti intorno alle nove e siamo saliti direttamente per la scaglia normale fino al terrazzino di sosta, senza deviare per il solito canalino in discesa: molto meglio così, molto più facile e più veloce; altro che quel V grado dichiarato da quei tre signori l'anno passato. Nemmeno un III. Abbiamo iniziato che ci pareva di andare piuttosto lenti: Galis non riusciva ad arrampicare, quasi, per il freddo alle mani e si doveva fermare parecchie volte ad ogni tiro. Ad ogni modo abbiamo distanziato tutti fin da subito; inglesi in primo luogo: li avremmo incrociati in discesa, ad un ora abbondante dalla cima.
Il primo tiro è quello fino al terrazzino sopra la scaglia; il secondo è quello del traverso a sinistra; il terzo è quello nel canalino fino al terrazzo sotto alle placche.
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Mirko sta per raggiungere la vetta della Punta Graham |
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Abbiamo unito secondo e terzo per risparmiarci un po' di tempo in manovre. Andrea ha fatto una gran fatica per il freddo alle mani e il vento non ha risparmiato noie per tutto il tempo. Poi vengono le placche con le corde fisse, ovviamente ben incrostate di ghiaccio, sia placche sia corde. Solito freddo, solito vento, solito ghiaccio. Poi il traverso dove le placche diventano verticali e poi il primo caminetto, sempre attrezzato. E' solo a questo punto che la salita cambia faccia, perché proprio al termine del primo caminetto, nemmeno dieci metri di tiro, si può sostare su un terrazzo ampio e comodo, quasi riparato dal vento e finalmente con un bel sole. Andrea si ristabilisce, Silvano è sempre contento ed anch'io inizio a godermi un po' di più l'arrampicata. Ci manca il secondo caminone, lungo e faticoso, fino alla crestina prima della Punta Sella. Facciamo una sosta scomoda senza chiodo, su fettucce e spuntoni, perché io sono andato un po' troppo avanti per provare a trovare il termine della corda fissa sepolto sotto al ghiaccio. Poi un tiro di corda fino alla cima della Punta Sella, senza più corde fisse; bellina la placchetta finale, dicono di IV ma sembra meno, ovviamente ben ghiacciata. Precaria anche qui la sosta, ancora su spuntone. A questo punto Silvano si ferma: a quaranta metri in linea d'aria dalla Punta Graham è stanco e non ha più voglia di continuare, dice di essere già soddisfatto; preferisce restare dov'è e lascia andare me e Galis. Facciamo un tiro in discesa, in doppia, fino al centro dell'intaglio; sosta ovviamente su spuntone; lasciamo la doppia che vogliamo usare anche in salita come corda fissa; poi l'ultimo tiro fino alla cima; spettacolare l'attraversamento di pochi metri di cresta di nevaccia granulosa e ghiacciata, a cavalcioni del filo, fino all'ultimo canapone; il muretto terminale è elementare e finalmente siamo accanto alla Madonnina in vetta. Sosta su spuntone e un mare di fotografie: il panorama è spettacolare.
Restiamo parecchio tempo, anche se Silvano è sull'altra cima ad aspettarci, perché siamo comunque in vista, possiamo chiacchierare tutti insieme senza problemi e perché vediamo che nessun altro sembra avere voglia di raggiungere la “vera” cima del Dente: tutte le cordate che vediamo e che sentiamo arrivano sotto alla punta Sella e si fermano con l'eco di assurdi commenti: "non ne vale la pena", "oramai siamo qui", "che cos'è quella?", "ah, ma siete stati anche di la?". In effetti in tutta la giornata io e Galis siamo stati gli unici ad arrivare sulla cima del Dente. Vabbè,tralasciamo commenti in proposito; solo mi chiedo come mai quando l'anno passato io e Galis eravamo arrivati stanchi morti e completamente demotivati sotto alla Sella ed eravamo tornati in dietro, entrambi l'avevamo presa come una sconfitta bruciante...
Il ritorno è d'ordinaria amministrazione
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Silvano poco sotto alla Punta Sella - Mirko in cima al Dente del Gigante; Silvano saluta dalla cima della Punta Sella |
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fino all'intaglio e poi fino alla Punta Sella, ma poi inizia il cinema perché ci sono troppe cordate che si intrecciano in salita e in discesa e fanno un gran casino di corde e accavallamenti. Davanti a noi, in particolare, ci sono cinque persone che devono fare doppie sulla stessa corda e la discesa del primo ci mette tristezza per l’impaccio e la lentezza: siamo preoccupati di non raggiungere in tempo l'ultima funivia di discesa e perciò siamo costretti a darci al cinema anche noi e a fare calate in contemporanea al gruppo che ci precede. Io scendo per primo e alterno le soste: cerco di non usarne in comune con gli altri e di calcolare per quanto possibile la lunghezza delle calate di sosta in sosta. Alla fine la cosa ci da ragione perché arriviamo in tempo per la penultima funivia. La prima calata è dalla Punta Sella fino all'inizio dei camini: quasi 23 metri; la seconda calata copre tutti i camini, fino alla sosta su chiodone e spit, più in basso di quella dell'altra cordata: 25 metri al filo, mi avanza mezzo metro di corda quando mi assicuro al chiodone; la terza calata ci porta in diagonale tra i traversi fino all'inizio della grande placca: 25 metri precisi anche questa, appena arrivato faccio un nodo al termine delle corde e le fisso al canapone ad un metro da me; le due successive calate sono da cinquanta e abbiamo bisogno di entrambe le corde: la prima attraverso le placche fino al terrazzo, la seconda attraverso il canalone; poi il traversino - lo faccio assicurato da Galis su un pezzo di corda residuo mentre Silvano sta ancora facendo la doppia - e poi l'ultima doppia di sei o sette metri che attrezzo mentre Silvano sta facendo il traverso assicurato da Andrea. In tutto una gran corsa, in discesa, ma abbiamo fatto le cose giuste e siamo arrivati in tempo. Alle quattro e un quarto siamo alla base del Dente; ci manca la discesa, delicata, lungo il pendio oramai rovinato dalla neve troppo molle e instabile, e poi il ghiacciaio, slegati: io vado avanti un po' velocemente per arrivare con qualche minuto di anticipo e avere il tempo di recuperare il materiale che abbiamo lasciato al rifugio prima di partire, la mattina. Tutti e tre siamo al rifugio con parecchio anticipo sull'ultima discesa, ma tra una coda e l'altra, per prendere la funivia, arriviamo appena in tempo per la penultima.
Mirko Sala Tesciat
1997
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