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Wasa!

 

Per poter meglio comprendere i motivi per i quali una grande nave come il Wasa forte di 64 bocche da fuoco, 57 metri di lunghezza tra le perpendicolari ed un albero maestro alto più di 50 metri dalla linea d'acqua possa avere avuto una vita così breve, sarà bene rammentare a quale livello tecnico ed organizzativo erano giunti i cantieri navali dei primi anni del XVII secolo.

Non esistevano ancora ne architetti navali ne regole codificate e la costruzione di una nave era affidata, qualunque ne fosse la grandezza, ad un maestro d'ascia.

Questo provvedeva ad impostare la chiglia seguendo le indicazioni base che venivano fornite dal committente che chiedeva una nave con le caratteristiche navali e potenzialità di fuoco superiori a quelle nemiche, che spesso erano semplici indicazioni di massima.

Sulla chiglia proseguiva edificando la nave e basandosi quasi esclusivamente sulla propria esperienza e su semplici calcoli empirici.

Non esisteva ancora l'uso di disegnare le navi e calcolarle e neppure l'abitudine, venuta in uso in epoca successiva, di costruirne il modello da sottoporre all'approvazione del committente.

Perciò il maestro d'ascia applicava le regole da lui conosciute per la costruzione di navi precedenti di una medesima categoria.

Quando poi, come nel caso del Wasa, si intendeva costruire una nave più grande o più veloce delle precedenti, mancava al maestro d'ascia anche l'esperienza fatta su navi similari e doveva pertanto procedere per tentativi.

Tutto ciò non deve in alcun modo sminuire la figura del maestro d'ascia il quale spesso aveva delle intuizioni sorprendenti e risolveva dei problemi costruttivi di considerevole complessità.

Anzi, oggi si solleva il dubbio che un architetto o ingegnere navale possa realizzare una costruzione navale senza l'ausilio del progetto.

E nel caso del Wasa si trattava veramente di una nave fuori del comune, considerando che nel 1637 veniva costruita in Inghilterra la Sovereign of the seas che costò una cifra notevole da costringere all'applicazione di una forte quanto impopolare tassa per il suo pagamento e che la Victory, costruita un secolo e mezzo più tardi, era lunga soltanto 10 metri più del Wasa, si avrà l'idea sufficientemente precisa delle dimensioni del Wasa rapportate alla sua epoca

La sua costruzione fu ordinata da Gustavo Adolfo II re di Svezia che, temendo una guerra da parte del Regno di Prussia, intendeva con questa grande nave con un elevato volume di fuoco dimostrare la propria supremazia e destare timore all'eventuale futuro nemico.

Quindi il Wasa era armata con 64 cannoni di bronzo, mentre per la sua costruzione erano stati impiegati legnami della migliore qualità ricavati con l'abbattimento di 16 ettari di foreste

Il gran velaccio di maestra raggiungeva la considerevole altezza di 50 metri dalla linea di galleggiamento, che in proporzione alle case molto basse del porto di Stoccolma, proponeva uno spettacolo impressionante.

La nave prevedeva 133 uomini di equipaggio e 300 fanti di marina. Dislocava 1400 tonnellate ed era riccamente decorata e per quell'epoca rappresentava non solo la più grande nave della flotta svedese ma anche una delle più grandi navi esistenti.

Il varo avvenne nel pomeriggio del 10 agosto 1628 sotto lo sguardo ammirato di tutta la popolazione di Stoccolma, il Wasa salpava le sue ancore accingendosi al suo primo viaggio in mare aperto.

Il Capitano di vascello Serin Hannson si accingeva alla cena soddisfatto di culminare la sua carriera al comando dell'ammiraglia della flotta di sua Maestà Re Gustavo Adolfo II mentre il Wasa randeggiava lungo il Sodermalm.

La navigazione procedeva tranquillamente, quando all'improvviso un colpo di vento più forte fece sbandare pesantemente la nave a babordo, il primo ufficiale Erik Jonsson si precipitò sottocoperta ordinando agli uomini di spostare i cannoni di babordo a tribordo e di chiudere i sabordi inferiori. Ma era ormai troppo tardi, l'acqua iniziò ad entrare in quantità tali fino a che in un brevissimo arco di tempo il Wasa si inabissò adagiandosi su un fondale di 32 metri di profondità.

Le imbarcazioni che sopraggiunsero poco dopo poterono recuperare soltanto pochi superstiti.

Fu una sciagura enorme per il popolo svedese che con la perdita di una così grande nave vide svanire le speranze di una sicura difesa.

Alcuni anni più tardi si svolse un processo per accertare le responsabilità, ma non fu provato nulla ed il comandante ed i pochi superstiti vennero assolti e lasciati liberi.

Molti ardimentosi da ogni paese si recarono in Svezia per tentare il recupero del prezioso relitto ma ogni tentativo risultò vano. Soltanto nel 1663 un ex ufficiale dell'esercito svedese, certo Hans von Treileben, ottenne qualche risultato con la sua invenzione, che consisteva in una grande campana di piombo con all'interno una piattaforma e con questa poté immergersi usufruendo dell'aria immagazzinata all'interno della campana stessa.

Dopo 35 anni di permanenza sul fondale il Wasa si era completamente ricoperto di detriti e fango, ma i cannoni in bronzo erano ancora intatti e Treileben tentò con la campana il recupero di questi, durante il corso di un anno oltre alla campana della nave recuperò ben 50 cannoni su un totale di 64.

Successivamente a questo recupero nessuno si interessò più del recupero della nave e tutta la storia del Wasa si dimenticò fino a perdere addirittura la posizione del relitto.

Il recupero del relitto del Wasa, avvenuto 300 anni dopo, è frutto di una combinazione tra la perseveranza di Anders Franzen di Stoccolma ed il caso.

Franzen aveva sempre avuto la passione dei recuperi ed aveva trascorso innumerevoli ore su una lancia motore in cerca di qualche relitto. Fin da bambino rincorreva il sogno di recuperare il relitto di una nave.

Qualche anno dopo conobbe lo storico svedese Nils Ahnulnd che, durante le sue ricerche, si era imbattuto in un piccolo reperto del Wasa. Fu lui a spingere Franzen verso la ricerca di questa stupenda nave e gli indicò anche la posizione approssimativa del relitto o quella da lui presunta tale.

Dato che il Wasa era presumibilmente affondato all'interno del grande porto di Stoccolma, all'imbocco del lago Malaren, Franzen pensò che la temperatura piuttosto fredda delle acque non avrebbe consentito la sopravvivenza alla teredine e che pertanto il relitto sarebbe stato ancora in buone condizioni.

Dal 1952 al 1956 Franzen, aiutato da Per Falting capo sommozzatore della marina svedese, sondò i fondali in cerca di qualche traccia del Wasa, ma senza il minimo risultato che potesse incoraggiarlo a perseverare nelle ricerche.

Soltanto nel 1956 ebbe l'accortezza di consultare una vecchia mappa del porto, da questa rilevò una grossa protuberanza del fondo in prossimità dell'isola di Beckholmsudden e, successivamente, reperì una lettera inviata dal Consiglio del Regno al Re Gustavo Adolfo II nella quale si descriveva il disastro precisando che il Wasa si inclinò per un colpo di vento a Beckholmsudden.

Quindi Franzen, sempre aiutato da Falting, iniziò una serie di sondaggi sul punto dove esisteva la protuberanza scoperta sulla mappa.

Dopo tre mesi di sondaggi continui recuperarono un vecchio cuneo di quercia annerito. Franzen sapeva che la quercia impiega almeno 100 anni per annerire in acqua e considerò che soltanto le grandi navi del '500 e '600 venivano costruite con legnami tanto pregiati, perciò suppose che doveva trattarsi di un componente del Wasa.

Equipaggiati di attrezzatura idonea si recarono sul punto del ritrovamento del perno e Falting si immerse. Una volta immerso la visuale risultò scarsa a causa del fango rimosso, ma appena questo si depositò Falting intravide una serie di aperture quadrate disposte in fila e comunicò immediatamente in superficie la scoperta. Si trattava senz'altro di una nave da guerra perché proseguendo nell'esplorazione del relitto individuò un'altra fila di aperture quadrate e a questo punto comunicò a Franzen che era convinto che si trattasse proprio del relitto del Wasa.

La sensazionale notizia del ritrovamento del Wasa fece il giro del mondo. Infatti fino ad allora l'unica nave più vecchia della quale si conoscevano tutti i particolari era la Victory di Nelson conservata a Portsmouth. Il Wasa lo precedeva di quasi 150 anni.

Le operazioni di recupero durarono molti anni comportando spese notevoli.

Si scavarono sei gallerie al disotto dello scafo per consentire il passaggio dei cavi di recupero e si iniziò lo spostamento del Wasa portandolo ad un livello di pochi metri di profondità, in attesa che fosse pronta un'adeguata struttura che potesse consentire il mantenimento di un alto grado di umidità necessario alla conservazione dello scafo.

Nel grande edificio costruito all'epoca del suo ritrovamento il Wasa con la sua imponente bellezza è visitato da centinaia di migliaia di persone ogni anno che possono ammirare questa spettacolare opera prodotta dalle mani dell'uomo e oltre allo scafo anche tutti gli effetti personali compreso il servizio da tavola del comandante; una testimonianza unica di quella che era la vita dei marinai a bordo di una nave da guerra del '600.