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ATTENZIONE che, per importanza sociale, subito dopo il legame affettivo che si instaura all'interno di una famiglia, viene quello che si instaura fra il professore e i suoi alunni, e che turbare entrambi i rapporti può essere carico di conseguenze (sabato 31° gennaio 2004, il professore).
1) La digitalizzazione delle immagini
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Per rendere una informazione comprensibile ad un computer è necessario esprimerla sotto forma di una sequenza di bit ovvero sotto forma di 0 e 1.

 

Consideriamo il semplice caso di un disegno in bianco e nero come quello che vediamo nella figura che segue:



Per estrarre la sequenza di bit che rappresenti il suddetto disegno possiamo procedere in questo modo:

 

- per prima cosa dividiamo il disegno in quadratini molto piccoli, chiamati pixel, sovrapponendogli una griglia

 

- ad ogni quadratino della griglia diamo il colore nero se il contenuto di nero al suo interno supera quello del bianco, e viceversa diamo il colore bianco se il contenuto del bianco al suo interno supera quello del nero.

 

La successiva figura rappresenta proprio la nuova immagine che otterremo dopo aver portato a termine la suddetta operazione.



A questo punto, ad ogni quadratino o pixel della griglia associamo uno 0 se il suo contenuto è il bianco e 1 in caso contrario.

 

In tal modo otterremo una lunga sequenza di 0 e 1 che codifica l’immagine della lampadina in formato digitale.

 

La nostra immagine di partenza, dopo questa operazione si è dunque trasformata in una sorta di mappa composta di 0 e 1, ed infatti il nome tecnico che si usa per descrivere questa sequenza di bit è proprio bitmap.

 

Ovviamente, più fitta è la griglia che sovrapponiamo all’immagine e più la nostra rappresentazione digitale risulterà fedele all’originale.

 

D’altra parte, una griglia più fitta significa un maggior numero di pixel e quindi un maggiore numero di bit che dovranno essere utilizzati per descrivere digitalmente l’immagine.

 

Per un’immagine di partenza viceversa a colori, per ogni quadretto, o meglio per ogni pixel, anziché utilizzare solo uno 0 ed un 1, utilizzeremo una combinazione di 0 e 1 in base a una tabella di codifica dei colori.

 

La successiva tabella di codifica dei colori è ad esempio composta di 64 colori, e quindi ad ogni pixel potremo assegnare un numero da 0 a 63 in binario che individuerà uno solo dei colori della tabella stessa.



Dato che per esprimere in binario numeri fino a 63 sono necessari sei bit, vorrà allora dire che ad ogni pixel dell’immagine corrisponderà una combinazione di sei bit.

 

Ovviamente serviranno tanti più bit quanti più colori utilizziamo.

 

Se infatti usiamo 8 bit per ogni pixel, i colori che possiamo utilizzare nella nostra immagine saranno 256.

 

Se invece usiamo 16 bit per ogni pixel, i colori che possiamo utilizzare nella nostra immagine saranno 65536, e così via.

 

La maggior parte delle schede grafiche utilizza ormai 24 bit per ogni pixel o addirittura 32 bit per ogni pixel.

 

Le immagini codificate pixel per pixel con il procedimento appena visto, danno corpo, come si è già accennato, ai cosiddettti file bitmap, ed appunto caratterizzati dall’estensione .BMP

 

I dispositivi fisici per digitalizzare le immagini sono: lo scanner e la fotocamera digitale.



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