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Scheda
Film
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Titolo:
Giordano Bruno (1973) |
Produzione:
Italia/Francia, Carlo Ponti |
Regia:Giuliano
Montaldo |
Sceneggiatura:
Lucio De Caro
Giuliano Montaldo
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Cast:
Gian Maria Volontè
Hans-Christian Blech
Mathieu Carrière
Charlotte Rampling
Renato Scarpa
Mark Burns
Corrado Gaipa
Massimo Foschi
José Quaglio
Angelo Guglielmi
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Musiche
originali: Ennio Morricone |
Fotografia:
Vittorio Storaro |
Costumi:
Enrico Sabbatini |
durata:
123' |
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Commenti
al film
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Lino
Micciché
(da
giordanobruno.info)
-
Davide
Tofani
(da
The Nolan)
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Commento
critico di Lino Micciché - Cinema
italiano degli anni '70 |
Narra la tragedia
greca che Atteone, educato alle virtù venatorie dal
centauro Chirone, recandosi un giorno a caccia con una
muta di 50 cani, sorprese e contemplò a lungo
ignuda la dea Diana restandone
per punizione trasformato in cervo e venendo quindi
"cacciato" e poi divorato dai propri stessi
cani. In De gli eroici furori, un’opera in
volgare scritta a 37 anni, Giordano Bruno reinterpreta
l’antico mito come un’allegoria dell’avventura
conoscitiva dell’uomo che, cercando la Natura, simulacro
corporeo di Dio nel conoscerla vi si identifica
raggiungendo il massimo grado dell’ascesi: la
trasformazione della realtà in se stesso nella realtà e
della realtà in se stesso: al culmine, cioè, di questa
lunga battaglia per la conoscenza, cui si è spinto da un
"eroico furore", l’uomo raggiunge
"il fonte de tutti li numeri, de tutte specie, de
tutte ragioni, che è la monade, vera essenza
dell’essere, de tutti"; e fissando "l’occhio
de l’eternitade" supera la propria contingente
esistenza accettando, come una farfalla verso la luce, di
dissolversi, riconoscendovisi, nell’infinità del
tutto.Se credessimo alla preveggenza, potremmo dire che
nel 1585, vagando tra la corte inglese di Elisabetta e
quella francese di Enrico III, Giordano Bruno previde le
ragioni della propria morte, avvenuta quindici anni dopo,
a Roma, a conclusione di sette anni di prigione e di
pratiche processuali e dopo che il filosofo nolano aveva
sdegnosamente rifiutato alla Santa Inquisizione ogni
abiura delle proprie teorie e dei propri scritti. La realtà,
né magica né mitica, è che tra il 1580 e il 1590 – il
decennio durante il quale videro la luce la maggior parte
delle didattiche letterarie, scientifico-matematiche e
filosofico-morali di Bruno- l’ex frate domenicano andò
delineando, forse più ancora che una filosofia, le basi
teoriche e le indicazioni morali di una pratica
esistenziale caratterizzata da una dionisiaca vitalità
conoscitiva e da una febbricitante religione della natura.
Se dunque come filosofo egli si caratterizzò – e
tuttora occupa un posto rilevante nella storia della
filosofia – per una fiera polemica antiaristotelica e
una scelta, invece, neoplatonica, che esclusero tuttavia
un culto del trascendente ed ebbero forti accentuazioni
panteistiche, fino a sfiorare vere e proprie posizioni
materialistiche (egli accettò dal neoplatonismo il
concetto dell’inconoscibilità di Dio identificandone
però nella Natura l’essenza oggettiva e la virtù),
come intellettuale e come uomo, testimoniò con lucido ed
esemplare coraggio l’autonomia del pensiero davanti al
potere e la coerenza di un progetto morale vissuto anche,
e fino in fondo, come progetto esistenziale. In questo
senso, e anche oltre i limiti della sua ricerca, Giordano
Bruno è tra i maggiori "eroi del pensiero"
dell’evo moderno. Una figura per certi versi
paragonabile quanto ad esemplarità a quella di Socrate
nell’evo antico.Tuttavia la piena comprensione di tale
eroismo e della sua tuttora attuale esemplarità non può
venire evidenziata separando in due distinti momenti
l’attività speculativa di Bruno e la sua disavventura
politica-religiosa e, vedendo l'unità di questi due
aspetti, unicamente nel rogo conclusivo su cui ambedue
finirono; ma soltanto invece considerando come
profondamente compenetrati ed inseparabili i due momenti,
poiché la grandezza di Bruno consiste nell'averli vissuti
ambedue integralmente, l'uno come ragione dell'altro.
Sfuggirebbe altrimenti, se commettessimo l'errore di
separarli, che la peculiarità della morte che Bruno
scelse pur potendola evitare, sta nel fatto che morendo
per un’astratta questione di principio egli la rese
concreta; e soprattutto che, se la storia dell’umanità,
dal cristianesimo primitivo alla resistenza, è piena di
uomini che seppero morire per testimoniare la propria
fedeltà ad un ideale comune ad altri uomini, il caso di
Giordano Bruno, è particolarmente eccezionale perché
egli seppe morire in assoluta solitudine per un ideale che
era soltanto suo, esemplificando quindi una coerenza con
se stesso ed un rigore incomparabilmente assoluti.Quanto
dicevo sopra va tenuto in qualche modo presente di fronte
al film Giordano Bruno del regista Giuliano
Montaldo. In Giordano Bruno ha inteso evidentemente
proseguire sulla strada di un cinema civile, capace di
comunicare allo spettatore con l’esempio di ieri, una
maggiore coscienza dell’oggi.
Dirò che il Giordano Bruno di Montaldo mi sembra
in questo senso un film incontestabilmente utile. E non
soltanto per la divulgazione che esso è destinato a
compiere di una vicenda storica conosciuta dai più per
sommi capi; ma anche perché di quella vicenda vengono
sufficientemente messe in luce e sottolineate, se non
tutte le ragioni, almeno alcune: quelle fondamentali per
darne un giudizio di massima e collocarla tra le pagine più
vergognose della storia.Tuttavia il film è in buona parte
caratterizzato proprio da quella mancata compenetrazione
tra i due aspetti della figura di Bruno cui facevo più
sopra accenno.
Mi rendo certamente conto che fare un film su un filosofo
è compito improbo e che, forse più improbo ancora, è
fare un film su un filosofo che afferma la grandezza della
propria ricerca morendo per essa. Va certamente dato atto
a Montaldo di avere frenato al massimo la banalizzazione
del tutto in mero spettacolo, cercando in tutta la prima
parte di costruire una dialettica presentazione del
personaggio, mediante una struttura ad incastro,
linguisticamente assai mossa e fin troppo ricca di
materiale.
Rimane il dubbio che questo film, pur utile e dignitoso e
destinato probabilmente a restare tra i più apprezzabili
di questo scorcio di stagione, risulti sotto certi aspetti
eccessivamente allusivo per quanti già conoscono la
materia e ed eccessivamente cifrato per quanti non la
conoscono. E che, insomma, non sia del tutto agevole
cogliere in esso che Bruno scelse la morte con
"eroico furore" nella certezza che quello era il
prezzo per identificarsi con la verità in coerenza con
quanto quindici anni prima aveva scritto: "Quei
furori de quali noi raggioniamo e che veggiamo messi in
execuzione in queste sentenze, non sono oblio, ma una
memoria: non son negligenze di se stesso, ma amori e brame
del bello e del buono con cui di procura farsi con
trasformarsi ed assomigliarsi a quello". (2
dicembre 1973).
fonte:
giordanobruno.info |
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COMMENTO
AL FILM
(di Davide Tofani) |
Il
23 Maggio 1592 Giordano Bruno viene consegnato
all’inquisizione veneta e incarcerato a San Domenico di
Castello. Da quel momento inizia per il filosofo una dura
battaglia legale che durerà fino alla sua esecuzione
avvenuta nel 1600. Sono gli anni presi in considerazione
dal bel film di Giuliano Montaldo, gli anni di lotta
contro la Chiesa del tempo.
L’8 febbraio 1600 viene letta a Bruno la sentenza di
condanna che non ci resta se non in una copia mutila.
Le imputazioni a suo carico furono ben trenta e tra le più
gravi, come ci suggerisce il film, si devono elencare: la
negazione della transustanziazione, l’aver negato la
verginità di Maria, l’aver scritto lo Spaccio contro il
Papa, l’aver vissuto in paesi eretici senza frequentare
regolarmente le messe, l’aver sostenuto l’esistenza di
mondi innumerevoli, la metempsicosi, che Cristo fu mago e
non crocifisso ma impiccato, che la Bibbia è un libro di
favole, che prima di Adamo sono esistiti i pre-adamiti.
All’alba del 17 febbraio legato con un morso nella bocca
che gli blocca la lingua per non farlo bestemmiare, è
portato a Campo de Fiori, a Roma, denudato, legato a un
palo e arso vivo. Una statua eretta al centro della famosa
piazza ne ricorda e ne suggella la memoria nei secoli.
Naturalmente il film di Montaldo, uno dei pochissimi sulla
figura del grande filosofo di Nola, esemplifica per ovvie
esigenze cinematografiche la visione speculativa, ma
l’interpretazione di Volonté vale da sola la visione di
una pellicola riconosciuta dalla critica davvero valida.
Nel film di Montaldo è chiaro il tentativo di
attualizzare le eresie di Bruno; le sue argomentazioni
sono infatti puramente filosofiche: negare l’infinità
dell’universo, ad esempio, significa in sostanza negare
l’infinità di Dio. Dal film appare evidente però il
dibattito che ruota ancora oggi intorno alla figura del
filosofo che si concentra sulla valutazione della
potenziale modernità del suo pensiero e, di contro, sulla
sua concezione del mondo legata ancora saldamente alla
magia.
Il grande merito di Montaldo, però, è quello di aver
evidenziato la grande sensibilità dell’uomo prima che
del filosofo, apportatore di concreti problemi che si
porranno all’attenzione dell’intellighenzia europea un
secolo dopo con l’Illuminismo. Bisogna anche ricordare
che tra gli eretici che compaiono nel film c’è anche
Angelo Guglielmi, critico letterario e futuro direttore di
Rai 3.
La fotografia è di Vincenzo Storaro e le musiche di Ennio
Morricone.
Per concludere da segnalare è l’interpretazione di
Charlotte Rampling che, grazie a questo film, ha fatto
gioire molti suoi fan.
fonte:
The Nolan |
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