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Come
si organizza la Chiesa di Mosca. Il confronto tra il modello
"romano"
e quello dei protestanti. Perché il Sinodo degli ortodossi
assomiglia all'Onu e ogni nazione ha in linea di principio
diritto a un episcopato indipendente
che nomina il suo capo. Quali sono
i problemi con Roma
Roma.
Come mai la Chiesa ortodossa Russa dà in escandescenze per
un atto apparentemente così innocuo come l'elevazione a
diocesi vere e proprie delle quattro amministrazioni
apostoliche cattoliche già esistenti nel territorio? Per la
precisione, si tratta di un'arcidiocesi e di tre diocesi,
come ha annunciato l'11 febbraio l'ufficio stampa della
Santa Sede. L'Arcidiocesi della Madre di Dio di Mosca sarà
affidata a monsignor Tadeusz Kondrusiewicz, che assume così
la carica di arcivescovo metropolita. Vescovi saranno invece
i suoi tre colleghi: monsignor Clemens Pickel della Diocesi
di San Clemente di Saratov; monsignor Joseph Werth, vescovo
della Trasfigurazione di Novosibirsk; e monsignor Jerzy
Mazur, Vescovo della Diocesi di San Giuseppe di Irkutsk.
Come indicano chiaramente i cognomi, sono diocesi in Russia,
ma non per russi, se non in proporzione infinitesimale. Dal
punto di vista etnico, infatti, i 112.799 fedeli ripartiti
tra le 21 parrocchie della Russia europea e le 12 parrocchie
della Russia asiatica sono essenzialmente polacchi, e poi
soprattutto tedeschi, lituani, lettoni. Per lo più, sono
"discendenti" di deportazioni antecedenti
addirittura al comunismo, se si pensa che nel 1915
esistevano già nella Russia europea 80 parrocchie con
220.000 fedeli, e in quella asiatica 40 parrocchie con
140.000 fedeli. Come è noto,
neanche il regime dello zar scherzava, quando si trattava di
reprimere l'insurrezione di qualche etnia minoritaria.
Il
nazionalismo non c'entra
Ma nell'ira del Patriarcato di Mosca il nazionalismo
russo, in realtà, c'entra poco. E ancora meno la paura per
il proselitismo, che nei confronti del "gregge
ortodosso" è portato avanti soprattutto da gruppi
protestanti, o di derivazione protestante. C'è di mezzo,
invece, un sottile problema di concezione teologica
dell'organizzazione ecclesiastica, che riguarda il modo
stesso di concepirsi della Chiesa rispetto al territorio, e
che ha portato a tre atteggiamenti diversi, riconducibili,
però, allo stesso tronco del cristianesimo.
Della Chiesa cattolica, qualcuno ha scritto che è "il
fantasma dell'Impero Romano seduto davanti alla sua
tomba". Battute polemiche a parte, è comunemente
accettato che la Chiesa "romana" si sia
coscientemente ispirata al modello idealizzato dell'Impero
degli Antonini, quando Impero e Senato collaboravano nella
gestione del potere, e la successione avveniva attraverso l'adizione:
l'imperatore "nominava" suo
figlio il generale o
funzionario più capace, e il Senato ratificava la
scelta. Al posto dell'Imperatore dobbiamo solo mettere il
Papa, al posto del Senato il Sacro Collegio dei Cardinali, e
al posto di quell'idea di romanità basata sul diritto laico
(che era poi l'ideologia dell'impero), la fede cristiana. In
questa chiave, il celibato ecclesiastico è uno strumento
essenziale per evitare che il meccanismo dell"`adozione"
si inceppi per una preferenza data a eredi biologici
indegni, come in effetti accadde per Marco Aurelio e Commodo,
mandando il sistema in corto circuito. Appartiene all'Impero
e alla Chiesa l'idea di rappresentare un potere
tendenzialmente universale, e il basso Impero ha in comune
con la Chiesa perfino il nome delle "province"
territoriali in cui questo potere si articola, sebbene le
"diocesi" ecclesiastiche siano amministrate da
vescovi e non da prefetti. E "cattolico",
d'altronde, in greco significa proprio questo:
"universale".
Le prime chiese protestanti adottarono invece un modello di
organizzazione nazionale abbastanza simile a quello
ortodosso. In teoria anglicani e luterani lo adottano
tutt'ora, nei paesi dove sono religione di Stato. Di fatto,
però, tutte le chiese protestanti o di derivazione
protestante sono state in misura diversa contagiate dalla
rivoluzione congregazionalista, con l'idea della
"gestione democratica", e da quella battista, con
l'altra idea che l'adesione alla fede debba essere l'atto
consapevole di un adulto. Quindi, assomigliano oggi
piuttosto ad associazioni private, sindacati di credenti, si
potrebbe dire.
Se la Chiesa cattolica si configura dunque come una specie
di super-Stato mondiale con le sue articolazioni
territoriali, le varie "alleanze" tra chiese
protestanti assomigliano a internazionali di partito, se
pensiamo alla Federazione Luterana Mondiale o all'Alleanza
Mondiale Battista. Oppure, passando al campo nazionale, a
"rassemblement" inter-partitici. Come la
Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane, che mette
assieme valdesi. metodisti, battisti, luterani ed Esercito
della Salvezza, in modo simile a come, in Italia, il Polo
delle Libertà o l'Ulivo mettono insieme i loro partiti
alleati.
Il Sinodo delle Chiese ortodosse, invece. sembra, mutatis
mutandis, l'Onu. Tra i Patriarcati di Costantinopoli,
Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, Mosca, Serbia, Romania,
Bulgaria e Georgia, gli Arcivescovati di Cipro e Creta, le
Chiese autocefale di Grecia, Polonia, Albania e America, le
Chiese autonome di Portogallo, Cechia e Slovacchia,
Finlandia, Giappone, Sinai e Ucraina, i rapporti di
precedenza sono puramente onorifici. Ma ogni
"nazione" ha in linea di principio diritto a un
episcopato pienamente indipendente che nomina il proprio
capo. "Superiorem non recognoscens", come si dice
nei manuali giuridici sulla sovranità degli Stati. Certo,
possono sorgere, poi, problemi di determinazione concreta,
dovuti alla mutevolezza dei confini politici umani. Così in
Ucraina oggi litigano tre diverse gerarchie ortodosse: una
dipendente da Mosca, una tornata dall'esilio, e una resasi
indipendente in patria dopo la caduta del comunismo. Ma si
può ricordare che Costantinopoli ha riconosciuto solo nel
1961 il Patriarcato di Bulgaria che si era ricostruito nel
1870: non tanto perché si era separato in maniera
unilaterale, quanto perché pretendeva di
"amministrare" i fedeli bulgari con proprie
diocesi anche in territorio "greco". Per 91 anni,
quella posizione fu definita eretica, destando uno sdegno
analogo a quello che si è manifestato in questi giorni a
Mosca.
Come
un'ambasciata
Se
oggi per ogni Chiesa vale il principio del "superiorem
non recognoscens", ciò significa che le denominazioni
"straniere" hanno diritto ad "aprire"
chiese allo stesso modo con cui uno Stato straniero può
aprire ambasciate e consolati, per assistere turisti e
residenti all'estero Ma se quello Stato pretendesse,
attraverso le ambasciate, di riscuotere tasse, arruolare nel
proprio esercito, amministrare giustizia in territorio
altrui, ciò sarebbe considerato casus belli. E questa è
esattamente la posizione del Patriarcato di Mosca sulle
diocesi cattoliche. Come gli ortodossi avevano ripetuto da
tempo, "voi siete ospiti a casa nostra come noi a casa
nostra". Certo, si può osservare che esistono una
"Metropoli d'Italia" e un'"Arcidiocesi Russa
in Italia" del Patriarcato di Costantinopoli. Ma è
notorio che quella è un'avanguardia nell'ecumenismo
ortodosso. Sia il Patriarcato di Mosca che quello di Romania
non hanno in Italia che dei semplici "Decanati",
proprio per non "interferire" oltre la cura degli
immigrati, mentre Patriarcato di Serbia, Chiesa autocefala
di Polonia e Patriarcato di Bulgaria si limitano a semplici
parrocchie. Insomma, più che di un problema di teologia o
di diplomazia, si tratta quasi di un problema di
incomunicabilità.
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