Società

Dilemma territoriale (più che teologico) per gli ortodossi russi

Cosa c'è dietro l'ira del Patriarcato per la decisione del Papa di elevare a diocesi 4 amministrazioni  apostoliche


L’articolo commenta l’indignazione del Patriarcato di Mosca per l’istituzione di diocesi cattoliche, e ricorda alcuni dati: oggi ci sono poco più di 112.000 cristiani tra le parrocchie della Russia europea e quelle della Russia asiatica; nel 1915, erano 220.000 in quella europea e 140.000 in quella asiatica.

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Commento


Come si organizza la Chiesa di Mosca. Il confronto tra il modello "romano" e quello dei protestanti. Perché il Sinodo degli ortodossi assomiglia all'Onu e ogni nazione ha in linea di principio diritto a un episcopato indipendente che nomina il suo capo. Quali sono i problemi con Roma


Roma. Come mai la Chiesa ortodossa Russa dà in escandescenze per un atto apparentemente così innocuo come l'elevazione a diocesi vere e proprie delle quattro amministrazioni apostoliche cattoliche già esistenti nel territorio? Per la precisione, si tratta di un'arcidiocesi e di tre diocesi, come ha annunciato l'11 febbraio l'ufficio stampa della Santa Sede. L'Arcidiocesi della Madre di Dio di Mosca sarà affidata a monsignor Tadeusz Kondrusiewicz, che assume così la carica di arcivescovo metropolita. Vescovi saranno invece i suoi tre colleghi: monsignor Clemens Pickel della Diocesi di San Clemente di Saratov; monsignor Joseph Werth, vescovo della Trasfigurazione di Novosibirsk; e monsignor Jerzy Mazur, Vescovo della Diocesi di San Giuseppe di Irkutsk. Come indicano chiaramente i cognomi, sono diocesi in Russia, ma non per russi, se non in proporzione infinitesimale. Dal punto di vista etnico, infatti, i 112.799 fedeli ripartiti tra le 21 parrocchie della Russia europea e le 12 parrocchie della Russia asiatica sono essenzialmente polacchi, e poi soprattutto tedeschi, lituani, lettoni. Per lo più, sono "discendenti" di deportazioni antecedenti addirittura al comunismo, se si pensa che nel 1915 esistevano già nella Russia europea 80 parrocchie con 220.000 fedeli, e in quella asiatica 40 parrocchie con 140.000 fedeli. Come è noto, neanche il regime dello zar scherzava, quando si trattava di reprimere l'insurrezione di qualche etnia minoritaria.



Il nazionalismo non c'entra


Ma nell'ira del Patriarcato di Mosca il nazionalismo russo, in realtà, c'entra poco. E ancora meno la paura per il proselitismo, che nei confronti del "gregge ortodosso" è portato avanti soprattutto da gruppi protestanti, o di derivazione protestante. C'è di mezzo, invece, un sottile problema di concezione teologica dell'organizzazione ecclesiastica, che riguarda il modo stesso di concepirsi della Chiesa rispetto al territorio, e che ha portato a tre atteggiamenti diversi, riconducibili, però, allo stesso tronco del cristianesimo.


Della Chiesa cattolica, qualcuno ha scritto che è "il fantasma dell'Impero Romano seduto davanti alla sua tomba". Battute polemiche a parte, è comunemente accettato che la Chiesa "romana" si sia coscientemente ispirata al modello idealizzato dell'Impero degli Antonini, quando Impero e Senato collaboravano nella gestione del potere, e la successione avveniva attraverso l'adizione: l'imperatore "nominava" suo figlio il generale o funzionario più capace, e il Senato ratificava la scelta. Al posto dell'Imperatore dobbiamo solo mettere il Papa, al posto del Senato il Sacro Collegio dei Cardinali, e al posto di quell'idea di romanità basata sul diritto laico (che era poi l'ideologia dell'impero), la fede cristiana. In questa chiave, il celibato ecclesiastico è uno strumento essenziale per evitare che il meccanismo dell"`adozione" si inceppi per una preferenza data a eredi biologici indegni, come in effetti accadde per Marco Aurelio e Commodo, mandando il sistema in corto circuito. Appartiene all'Impero e alla Chiesa l'idea di rappresentare un potere tendenzialmente universale, e il basso Impero ha in comune con la Chiesa perfino il nome delle "province" territoriali in cui questo potere si articola, sebbene le "diocesi" ecclesiastiche siano amministrate da vescovi e non da prefetti. E "cattolico", d'altronde, in greco significa proprio questo: "universale".


Le prime chiese protestanti adottarono invece un modello di organizzazione nazionale abbastanza simile a quello ortodosso. In teoria anglicani e luterani lo adottano tutt'ora, nei paesi dove sono religione di Stato. Di fatto, però, tutte le chiese protestanti o di derivazione protestante sono state in misura diversa contagiate dalla rivoluzione congregazionalista, con l'idea della "gestione democratica", e da quella battista, con l'altra idea che l'adesione alla fede debba essere l'atto consapevole di un adulto. Quindi, assomigliano oggi piuttosto ad associazioni private, sindacati di credenti, si potrebbe dire.


Se la Chiesa cattolica si configura dunque come una specie di super-Stato mondiale con le sue articolazioni territoriali, le varie "alleanze" tra chiese protestanti assomigliano a internazionali di partito, se pensiamo alla Federazione Luterana Mondiale o all'Alleanza Mondiale Battista. Oppure, passando al campo nazionale, a "rassemblement" inter-partitici. Come la Federazione delle Chiese Evangeliche Italiane, che mette assieme valdesi. metodisti, battisti, luterani ed Esercito della Salvezza, in modo simile a come, in Italia, il Polo delle Libertà o l'Ulivo mettono insieme i loro partiti alleati.


Il Sinodo delle Chiese ortodosse, invece. sembra, mutatis mutandis, l'Onu. Tra i Patriarcati di Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme, Mosca, Serbia, Romania, Bulgaria e Georgia, gli Arcivescovati di Cipro e Creta, le Chiese autocefale di Grecia, Polonia, Albania e America, le Chiese autonome di Portogallo, Cechia e Slovacchia, Finlandia, Giappone, Sinai e Ucraina, i rapporti di precedenza sono puramente onorifici. Ma ogni "nazione" ha in linea di principio diritto a un episcopato pienamente indipendente che nomina il proprio capo. "Superiorem non recognoscens", come si dice nei manuali giuridici sulla sovranità degli Stati. Certo, possono sorgere, poi, problemi di determinazione concreta, dovuti alla mutevolezza dei confini politici umani. Così in Ucraina oggi litigano tre diverse gerarchie ortodosse: una dipendente da Mosca, una tornata dall'esilio, e una resasi indipendente in patria dopo la caduta del comunismo. Ma si può ricordare che Costantinopoli ha riconosciuto solo nel 1961 il Patriarcato di Bulgaria che si era ricostruito nel 1870: non tanto perché si era separato in maniera unilaterale, quanto perché pretendeva di "amministrare" i fedeli bulgari con proprie diocesi anche in territorio "greco". Per 91 anni, quella posizione fu definita eretica, destando uno sdegno analogo a quello che si è manifestato in questi giorni a Mosca.



Come un'ambasciata
 


Se oggi per ogni Chiesa vale il principio del "superiorem non recognoscens", ciò significa che le denominazioni "straniere" hanno diritto ad "aprire" chiese allo stesso modo con cui uno Stato straniero può aprire ambasciate e consolati, per assistere turisti e residenti all'estero Ma se quello Stato pretendesse, attraverso le ambasciate, di riscuotere tasse, arruolare nel proprio esercito, amministrare giustizia in territorio altrui, ciò sarebbe considerato casus belli. E questa è esattamente la posizione del Patriarcato di Mosca sulle diocesi cattoliche. Come gli ortodossi avevano ripetuto da tempo, "voi siete ospiti a casa nostra come noi a casa nostra". Certo, si può osservare che esistono una "Metropoli d'Italia" e un'"Arcidiocesi Russa in Italia" del Patriarcato di Costantinopoli. Ma è notorio che quella è un'avanguardia nell'ecumenismo ortodosso. Sia il Patriarcato di Mosca che quello di Romania non hanno in Italia che dei semplici "Decanati", proprio per non "interferire" oltre la cura degli immigrati, mentre Patriarcato di Serbia, Chiesa autocefala di Polonia e Patriarcato di Bulgaria si limitano a semplici parrocchie. Insomma, più che di un problema di teologia o di diplomazia, si tratta quasi di un problema di incomunicabilità.

Il Foglio, 14 febbraio 2002

Commento:

 

Dopo l’11 settembre si ha come l’idea che si stia mettendo a posto il mondo. Il mondo, invece, non è per nulla a posto: l’odio ribolle e si prepara a scoppiare. Sebbene non sia del tutto giusto paragonarle, due posizioni sono emblematiche.


La prima è esemplificata da Sgarbi: «Per vivere la vita bisogna dimenticarla», cioè «… se per un attimo ci arrestiamo e vediamo la vita scorrere davanti a noi che stiamo fermi, tutto ci appare diverso, insensato, folle. La vita per viverla bisogna dimenticarla. Nei momenti di pausa ci sentiamo come sull’orlo di un abisso» 


(V. Sgarbi, «Per vivere la vita bisogna dimenticarla», Il Giornale, 12 febbraio 2002).


La seconda posizione è quella del Papa, in occasione dell’inizio della Quaresima: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date (…). Amare i fratelli, dedicarsi a loro è un’esigenza che scaturisce da questa consapevolezza. Più essi hanno bisogno, più urgente diventa per il credente il compito di servirli (…). Sia così per ogni cristiano, nelle diverse situazioni in cui egli si trova»


(Giovanni Paolo II, «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date», L’Osservatore Romano, 6 feb.).


In effetti, se la volontà dell’uomo si impone di non guardare e di dimenticare, il suo cuore, posto di fronte alla drammaticità, non resiste a commuoversi e a sentire l’impeto del compito che il Papa descrive. Quanto si può e come si può: il minimo, per i cristiani, è una preghiera appassionata. Compito è anche tener desta la coscienza che l’11 settembre è sempre in agguato.


   
  • Maurizio Corsetti
    Nel cimitero cristiano di Kabul l’ultimo scempio dei Taliban
    La Repubblica, 10 febbraio 2002
    Quattro anni fa, il custode del cimitero cristiano di Kabul è stato fucilato dai talebani. L’attuale custode vive di elemosina, convive con la paura e racconta che lo scarico di una fogna è stato deviato in modo da riversarsi sul camposanto.

  • L’infanzia amputata una ferita indelebile
    Avvenire, 13 febbraio 2002
    Il dramma dei bambini costretti a combattere (che noi conosciamo attraverso Tracce) è denunciato da un ambasciatore dell’Onu, un sudanese, che a undici anni era stato costretto ad uccidere; e da un ragazzino della Sierra Leone, che racconta la sua storia al Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

  • Dilemma territoriale (più che teologico) per gli ortodossi russi
    Il Foglio, 14 febbraio 2002
    L’articolo commenta l’indignazione del Patriarcato di Mosca per l’istituzione di diocesi cattoliche, e ricorda alcuni dati: oggi ci sono poco più di 112.000 cristiani tra le parrocchie della Russia europea e quelle della Russia asiatica; nel 1915, erano 220.000 in quella europea e 140.000 in quella asiatica.

  • Maurizio Molinari
    Linciato a Kabul il ministro dei Trasporti
    La Stampa, 15 febbraio 2002
    Dopo essergli stato assegnato l’unico aereo disponibile, il ministro dei Trasporti afghano è stato linciato all’aeroporto di Kabul da pellegrini in attesa di un volo per andare in pellegrinaggio alla Mecca.

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