Giudizio:

 

Qualche consiglio per il vostro epitaffio


«Un matrimonio su tre finisce nel divorzio, un matrimonio su tre non è più celebrato in chiesa, un matrimonio su tre non si fa, rispetto a trent’anni fa. Le separazioni triplicano […]. Un bambino su tre non nasce grazie all’aborto e derivati, una coppia su tre non fa figli, una coppia su tre ha un solo figlio. E per finire in bellezza, un morto su tre è abbandonato senza sepoltura. […] Cosa unisce questa statistica ossessiva di uno su tre che saltella fra separazioni, gravidanze e sepolture? Ve lo dico io cosa le unisce. […] La solitudine vince alla grande e trionfa sui vivi, i nascituri e i morti. Soli, siamo soli. E ci prepariamo a un destino di solitudine. […] La vita è mia e me la gestisco io […]. Perchè crolla la famiglia? Perchè è un vincolo, perchè ci inchioda alla realtà e ci preclude la possibilità; fuori c’è la strada, il mare aperto, perchè rinchiudersi nella prigione di una famiglia?».

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di Marcello Veneziani,
Libero, 10.11.2006



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Giudizio: «Qualche consiglio per il vostro epitaffio. Un matrimonio su tre finisce nel divorzio, un matrimonio su tre non è più celebrato in chiesa, un matrimonio su tre non si fa, rispetto a trent’anni fa. Le separazioni triplicano […]. Un bambino su tre non nasce grazie all’aborto e derivati, una coppia su tre non fa figli, una coppia su tre ha un solo figlio. E per finire in bellezza, un morto su tre è abbandonato senza sepoltura. […] Cosa unisce questa statistica ossessiva di uno su tre che saltella fra separazioni, gravidanze e sepolture? Ve lo dico io cosa le unisce. […] La solitudine vince alla grande e trionfa sui vivi, i nascituri e i morti. Soli, siamo soli. E ci prepariamo a un destino di solitudine. […] La vita è mia e me la gestisco io […]. Perchè crolla la famiglia? Perchè è un vincolo, perchè ci inchioda alla realtà e ci preclude la possibilità; fuori c’è la strada, il mare aperto, perchè rinchiudersi nella prigione di una famiglia?», di Marcello Veneziani, Libero, 10.11.2006


 
Rassegnina  
  • «Cannabis, un inganno spacciato per libertà», Bruno Fasani, Il Giornale, 17.11.2006
    «Bisognerà, prima o dopo, che il ministro Livia Turco racconti agli italiani perché ha deciso di concedere il raddoppio di cannabis per uso personale. […] L’impressione è che dietro a tanto “largheggiare” di vedute si celi in realtà quel vietato vietare cresciuto con la generazione di chi governa e che ha prodotto la coscienza di una libertà tanto anarchica quanto favoleggiata. Un ripristino del vecchio mito illuminista, che non si decide né per il bene né per il male, perché nessun principio oggettivo, neppure quello che potrebbe venire dalla natura, può diventare limite all’esperienza dell’uomo».
     
  • Lettera di Livia Turco ad Avvenire, 18.11.2006
    «Caro direttore, nessun tema come quello delle droghe mi ha messo in discussione nella mia funzione di educatrice e di madre. […] Io adoro mio figlio e mi chiedo spesso se e quanto il mio amore gli sono sufficienti per salvaguardarlo dai mali di questa società. È in questo momento così duro e intimo che ho capito e capisco il significato profondo della funzione educativa. Ho capito che la vera forza di cui disponiamo e dispongo era dare a mio figlio fiducia e conquistare la sua. E così gli ho raccontato la distruttività della droga a partire dallo spinello. Mi sono fatta promettere che non si sarebbe lasciato tentare».
     
  • «Qualche consiglio per il vostro epitaffio», Marcello Veneziani, Libero, 10.11.2006
    «Un matrimonio su tre finisce nel divorzio, un matrimonio su tre non è più celebrato in chiesa, un matrimonio su tre non si fa, rispetto a trent’anni fa. Le separazioni triplicano […]. Un bambino su tre non nasce grazie all’aborto e derivati, una coppia su tre non fa figli, una coppia su tre ha un solo figlio. E per finire in bellezza, un morto su tre è abbandonato senza sepoltura. […] Cosa unisce questa statistica ossessiva di uno su tre che saltella fra separazioni, gravidanze e sepolture? Ve lo dico io cosa le unisce. […] La solitudine vince alla grande e trionfa sui vivi, i nascituri e i morti. Soli, siamo soli. E ci prepariamo a un destino di solitudine. […] La vita è mia e me la gestisco io […]. Perchè crolla la famiglia? Perchè è un vincolo, perchè ci inchioda alla realtà e ci preclude la possibilità; fuori c’è la strada, il mare aperto, perchè rinchiudersi nella prigione di una famiglia?».

 

Commento:

 


Livia Turco, come madre, è portata a sconsigliare a suo figlio l’uso di droghe, anche leggere; come ministro decide di raddoppiare la quantità detenibile di cannabis per uso personale. Ma l’uso di droga, comunque si voglia girare la frittata, e indipendentemente dai costumi dei propri elettori, è un tentativo di fuga dalla realtà. Per quale altra ragione altrimenti la Turco dovrebbe salvaguardare il figlio dai “mali” di questa società? Eppure che la droga sia un male è diventato impossibile dirselo. Il “vietato vietare” nasconde dunque un più letale “vietato giudicare”. Non si può più dire pubblicamente che cosa è bene e che cosa è male, avere un’idea della libertà diversa da quella della pura assenza di vincoli, che poi, come scrive Veneziani, significa soltanto che ci ritroviamo tutti più soli.

La posizione della Turco è l’emblema di una schizofrenia diffusa: quella tra opinione privata e giudizio pubblico, che copre l’incapacità a dar credito a ciò che si rende evidente nella propria esperienza. La prima e comune responsabilità che abbiamo di fronte a ciò che accade è allora quella “per il retto uso della ragione”, come ha detto di recente Benedetto XVI, a partire non da preconcetti, ma dall’esperienza che tutti facciamo di ciò che è più vero, più giusto, più buono. È di questo che bisognerebbe tornare a parlare, pure tra i politici. Perchè giudicare è l’inizio della liberazione. Anche dalla droga.

 

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