Una sfida per i laici «Beati i seguaci della dogmatica tecnoscientista, se non vengono scossi nelle loro incrollabili certezze nemmeno al cospetto del bimbo fiorentino. […] Ma se la laicità è dubbio e non dogma, spirito critico e non fideismo, attenzione alla realtà e non rigidità dottrinaria, come può un laico non capire che anche i più recenti fatti di cronaca pongono dilemmi etici schiaccianti cui (“laicamente”) non si può far fronte muniti arrogantemente di risposte preconfezionate, perfettamente allineate in una nuova, seppur profana forma di catechismo? È da tempo ormai che i laici sono sulla difensiva […]. Come se discutere della natura di un embrione, fino a negarne aprioristicamente ogni caratteristica di persona sia pure in nuce, costituisse un cedimento alle ragioni del nemico all’offensiva […]. Ma cosa deve fare un laico: ignorare che quel bambino non è più un feto ma un neonato e che la scienza e la tecnica non sono lontane dal traguardo di tenerlo in vita? Cancellare per decreto l’inquietudine che il riconoscimento di una “vita umana” in uno stadio sempre più precoce dell’esistenza biologica, persino nell’embrione, possa frenare il cammino della ricerca scientifica? Soprattutto non può arroccarsi in un negazionismo preconcetto, fare spallucce per neutralizzare gli attacchi dell’avversario, eliminare il problema per sguarnire le difese».
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Pierluigi Battista,
Corriere della Sera, 10.03.2007 Per leggere l'articolo fai clic qui: 20070310_battista_sfida_laici.pdf
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Aborto: «Una sfida per i laici», Pierluigi Battista, Corriere della Sera, 10.03.2007. «Beati i seguaci della dogmatica tecnoscientista, se non vengono scossi nelle loro incrollabili certezze nemmeno al cospetto del bimbo fiorentino. […] Ma se la laicità è dubbio e non dogma, spirito critico e non fideismo, attenzione alla realtà e non rigidità dottrinaria, come può un laico non capire che anche i più recenti fatti di cronaca pongono dilemmi etici schiaccianti cui (“laicamente”) non si può far fronte muniti arrogantemente di risposte preconfezionate, perfettamente allineate in una nuova, seppur profana forma di catechismo? È da tempo ormai che i laici sono sulla difensiva […]. Come se discutere della natura di un embrione, fino a negarne aprioristicamente ogni caratteristica di persona sia pure in nuce, costituisse un cedimento alle ragioni del nemico all’offensiva […]. Ma cosa deve fare un laico: ignorare che quel bambino non è più un feto ma un neonato e che la scienza e la tecnica non sono lontane dal traguardo di tenerlo in vita? Cancellare per decreto l’inquietudine che il riconoscimento di una “vita umana” in uno stadio sempre più precoce dell’esistenza biologica, persino nell’embrione, possa frenare il cammino della ricerca scientifica? Soprattutto non può arroccarsi in un negazionismo preconcetto, fare spallucce per neutralizzare gli attacchi dell’avversario, eliminare il problema per sguarnire le difese». |
Rassegnina |
INTERRUZIONE
VOLONTARIA DELLA RAGIONE
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Dopo
l’ennesimo caso in cui i medici hanno mostrato la loro fallibilità, si è
tornati a parlare di aborto e di legge 194. A Firenze, infatti, un
errore nella diagnosi su un feto ha condotto i medici e la madre a praticare
un’interruzione di gravidanza alla ventiduesima settimana. Il bimbo è
sopravvissuto e non aveva alcuna malformazione. Provava dolore, piangeva e
respirava autonomamente. Era perfettamente vivo e per questo forse ha dato
così tanto fastidio e ha suscitato così tante domande. I dottori lo hanno
rianimato, sebbene in ritardo. È riuscito a rimanere in vita per sei giorni.
Per evitare il “rischio” che altri feti resistano all’aborto, Veronesi propone di abbassare il limite massimo per l’interruzione volontaria di gravidanza da ventiquattro a ventidue settimane. Il San Camillo di Roma invece avanza l’ipotesi di far firmare alla donna un consenso informato, per rinunciare alle cure nel caso il piccolo sopravviva, in modo da raggiungere l’obiettivo: la soppressione del feto. L’approccio alla vita e alla morte è dunque ridotto a un mero tecnicismo legislativo o relegato alla decisione soggettiva della madre, che sollevi i medici da ogni responsabilità. Soluzioni comode che non impegnano la ragione nella fatica di riconoscere l’evidenza: la vita di quel feto di ventidue settimane non è un’opinione, non appartiene all’esercizio della dialettica, ma è una realtà visibile a tutti. Negli hospice statunitensi questo è chiaro, addirittura nel caso di feti malformati. Le famiglie con bambini malati e destinati alla morte poco dopo la nascita sono accompagnate nel portare a termine la gravidanza e nel compiere così un’esperienza incomparabilmente più umana. Non si tratta di difendere l’ideologia del pro life, ma quell’uso ampio della ragione che non censura nessun aspetto della realtà. Anche se doloroso. |