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SCONFINANDO

COLONIALISMO

LA TRATTA DEI NERI

STORIA DELLA TRATTA.
Gli schiavi neri dall'antichità al XV^secolo


GLI SCHIAVI
Oggetti non esseri umani


L'ORGANIZZAZIONE DELLA TRATTA

IL TRASPORTO VERSO L'AMERICA

CONSEGUENZE DELLE SCOPERTE GEOGRAFICHE

SFRUTTAMENTO ED ANNIENTAMENTO CULTURALE

LO SCHIAVISMO NEL PENSIERO ILLUMINISTICO

LA QUESTIONE MORALE
Schiavisti ed abolizionismo


QUESTIONI E PROBLEMI

LABORATORIO













LA TRATTA DEI NERI

Che cosa distingue il fenomeno definito " tratta dei neri " (la parola -tratta- indica l'acquisto o il rapimento di persone, il loro trasporto in altri territori e la loro vendita o il loro uso come schiavi) dalle precedenti forme storiche di riduzione in schiavitù ( a scopo di sfruttamento come forza -lavoro) di esseri umani? La schiavitù come istituzione è stata alla base dell'economia di tutte le civiltà antiche: molti storici ritengono che l'immobilismo tecnologico di Greci e poi di Romani sia stato la conseguenza della larga possibilità di utilizzo di una forza-lavoro intelligente e completamente asservita. La schiavitù è un fenomeno di assai lunga durata: in Europa scomparve solo verso l'VIII^ sec. d.C., anche se, comunque, dopo questa data i mercanti europei continuarono a commerciare in schiavi con l'Africa islamizzata; in altre regioni molto più tardi e ancora oggi essa è drammaticamente presente in nuove forme.. Nella lunga storia della schiavitù, la " tratta dei neri", che si sviluppò tra il XV ed il XVIII secolo ad opera delle Nazioni dell'Occidente, presenta almeno tre caratteri differenti:

1)Ha rappresentato un elemento essenziale del processo di colonizzazione del continente americano e,su scala più ampia, della costruzione di quella che lo storico I. Wallerstein ha definito "economia-mondo",ossia di quel vasto sistema di relazioni economiche internazionali controllate da un piccolo nucleo di Nazioni europee e, inoltre, è stata componente fondamentale dello sviluppo della moderna economia capitalistica.

2)La "tratta dei neri", così come la violenta colonizzazione delle Americhe, ha posto in discussione il sistema di valori ispirato al Cristianesimo al quale l'Europa si riferiva o, meglio, ha svelato, in maniera brusca e repentina, la contraddizione fra i valori e le esigenze ed interessi del modello politico ed economico che si andava affermando.

3)Ha provocato un esteso e violento rimescolamento etnico e culturale, che ha trasformato, in modo radicale, la realtà sociale di molti Paesi, ed ha segnato l'avvia di uno dei capitoli più ricchi di contrasti della storia moderna: la MULTIETNICITA'

STORIA DELLA TRATTA. Gli schiavi neri dall'antichità al XV sec.

Gli storici H.Deschamps e J.Meyer riportano testimonianze di schiavi neri, oltre che in Egitto, in Grecia e nella Roma repubblicana ed imperiale; tuttavia, la maggior parte degli schiavi presso questi popoli apparteneva ad altre etnie. A Roma possedere uno schiavo africano, come attesta lo scrittore satirico Giovenale, era una questione di moda: Tra la fine dell'epoca romana e l'Età moderna, mentre nell'area islamica gli schiavi neri, importati attraverso l'Africa sahariana, erano numerosi (Bilal, uno dei primi seguaci di Maometto è uno schiavo affrancato dallo stesso Profeta) ed il loro commercio costituiva una pratica regolare, in Europa la situazione era diversa: gli schiavi che,venduti nei mercati del Nordafrica, arricchirono i mercanti veneziani già a partire dall'XI sec., erano "pagani" europei. La parola SCLAVUM, cioè prigioniero slavo, è rivelatrice del commercio di uomini catturati sulle coste il liriche: Gli schiavi africani costituivano una interessante curiosità per le evolute corti europee.. I primi tentativi di organizzare una vera tratta furono esperiti, per la prima volta, dall'infante del Portogallo, Enrico il Navigatore.Dapprima furono rapimenti occasionali nel corso delle prime esplorazioni dell'Africa occidentale, ma nel 1448 Enrico inaugurò quella che,in seguito, diventerà una delle pratiche più diffuse. Scrive H.Deschamps: "Fece costruire un forte nell'isola di Arguin che divenne il centro degli scambi coi Mori. Le loro carovane dirette in Marocco compivano una deviazione portando ai portoghesi oro e schiavi neri. Rapidamente si giunse ad esportare 800 schiavi all'anno che erano scambiati contro cavalli, grano, tele e sete di Granada"

L' inizio della" grande tratta "

La "grande tratta" ebbe inizio con la colonizzazione delle Americhe. Dopo una prima fase tumultuosa e non sistematica di spoliazione del continente, si sviluppò, nel corso del XVII sec., un'organizzazione stabile dell'economia coloniale, basata su un intenso sfruttamento della manodopera, dapprima per l'estrazione dei metalli preziosi e poi per il lavoro agricolo nei vasti latifondi dei conquistatori: le violenze incredibili commesse durante le guerre di conquista, gli estenuanti ritmi di lavoro, le malattie importate dagli europei, contro le quali gli indigeni non possedevano difese immunitarie, decimarono le popolazioni indigene. Nello stesso periodo si procedette alla colonizzazione del Nordamerica.. Nell'area nordorientale delle colonie inglesi, da cui i nativi erano espulsi o sterminati ,prevalevano la piccola e la media proprietà terriera, spesso a condizione quacchera, contraria alla schiavitù per motivi etici, perciò l'impiego degli schiavi fu molto limitato. Nell'area meridionale ,come in quella del Golfo del Messico, invece, furono create numerose grandi aziende analoghe a quelle dell'America Latina. Nel XVIII secolo, e in misura maggiore in quello successivo, in Europa crebbe la domanda dei cosiddetti " prodotti coloniali": caffè, cacao, zucchero e tabacco, il cui consumo diventò una moda che dalle corti si diffuse tra la borghesia .(la "bottega del caffè" di goldoniana memoria diventò un centro di trattative commerciali e di dibattito politico, filosofico e artistico, il vero cuore della nascente società borghese nelle capitali europee) Si affermo, così, in America Latina e nel sud di quelli che dal 1783 divennero gli Stati Uniti il sistema della piantagione: si trattava di una grande azienda agricola specializzata nella coltivazione di un unico prodotto destinato all'esportazione . Nella seconda metà del Settecento ,con l'inizio della Rivoluzione industriale, la richiesta di cotone, per le nascenti industrie tessili, diventò sempre più pressante. Il bisogno di manodopera a basso costo, non specializzata perché destinata ad un lavoro ripetitivo, soprattutto robusta ed adatta al clima tropicale, essenziale al sistema di piantagione, inaugurò l'epoca della "grande tratta", a partire dal 1670,secondo Deschamps, si cominciò a parlare di "fame di neri" per le grandi piantagioni. Fra il Seicento ed il Settecento si sviluppò il sistema del "commercio triangolare": un percorso che univa Europa, Africa ed America descrivendo una specie di triangolo con i vertici sulle coste occidentali dell'Europa, dell' Africa e su quelle atlantiche dell'America. Lungo questo percorso si muovevano le navi della tratta: salpavano dai porti del Portogallo, Spagna, Olanda, Inghilterra e Francia ,attraccavano lungo le coste del Golfo di Guinea dove scambiavano prodotti europei - armi, tessuti, liquori, utensili- con schiavi che erano, poi, venduti in America, dove le navi erano dirette e dove caricavano prodotti agricoli coltivati da altri schiavi e destinati ai mercati europei. Questo tipo di attività richiedeva forti investimenti e presentava alti rischi(naufragi, assalti, corsari, rivolte a bordo),ma assicurava vertiginosi profitti. In questo contesto lo schiavo africano era considerato un elemento essenziale: il suo costo era assai modesto, poiché in Africa il valore dei manufatti scambiati superava di gran lunga quello che possedevano sui mercati europei, considerato che gli Africani non erano capaci di produrli. In presenza di tali vistosi interessi, si può comprendere perché lo schiavismo e la tratta siano sopravvissuti all'ondata di critiche che si levò, dapprima da pensatori isolati, poi, sotto l'influenza del pensiero illuministico, da schiere di intellettuali, uomini politici, giornalisti, associazioni e se la Convenzione rivoluzionaria abolirà la schiavitù nel 1794 in Francia e nelle sue colonie, Napoleone Bonaparte la ripristinerà nel 1804. La battaglia abolizionista, così appena iniziata, si compirà nei Paesi occidentali solo dopo la metà del secolo XIX.

GLI SCHIAVI. OGGETTI NON ESSERI UMANI

Lo scrittore afro-americano Leroy Jones,analizzando la condizione sociale e psicologica degli africani trasformati improvvisamente in oggetti e trapiantati in una realtà del tutto nuova,sconosciuta,osserva (...)" Un africano fatto schiavo da africani,o se vogliamo un bianco occidentale fatto schiavo da un altro bianco occidentale rimane pur sempre un essere umano……..Per i Romani gli schiavi erano gente del volgo,oppure vinti senza diritto di cittadinanza. I Greci pensavano ai loro schiavi come gente sfortunata cui non era toccato in sorte di soddisfare intelletto e desideri (...)Invece agli Africani,tanto sventurati da trovarsi su veloci velieri diretti verso il Nuovo Mondo,non era concesso nemmeno di far parte della razza umana (...) Fra padrone e schiavo non c'era comunicazione a livello umano, c'era solo il rapporto che si ha con un oggetto che si possiede;giri la manopola di una radio e ti aspetti che emetta dei suon."

Per gli Africani destinati a diventare " pezzi d'India"(la definizione indica un maschio adulto,giovane,robusto e senza difetti fisici),la tragedia cominciava con il rapimento.

Nell'Africa precoloniale esistevano regni ed imperi dotati di vasti territori,strutture politico-amministrative complesse e forti eserciti : i Regni del Ghana e del Mali, l'Impero Songhai,il Regno Ashanti,sopravvissuto fino al 1896,il Regno Oyo degli Yoruba ,quello del Benin……In questi Stati la schiavitù era una pratica normale.Come si diventava schiavi? Sempre L.Jones: " In caso di carestia accadeva che i genitori vendessero i figli per procurarsi viveri.I debiti non saldati potevano,all'occasione,rendere schiavo il debitore. Alcuni crimini……..venivano puniti con la riduzione in schiavitù . La guerra (...). Lasciava dei prigionieri che spesso erano ridotti in schiavitù…….Infine i figli degli schiavi nascevano schiavi"Abbandonata ben presto la pratica del rapimento, i negrieri si inserirono in questo sistema diventando clienti di sovrani e di capi villaggio,per i quali le merci offerte costituivano un fortissimo stimolo a trasformare la pratica dell'asservimento in esportazione e, addirittura, ad incrementarla.

L'ORGANIZZAZIONE DELLA TRATTA

Le regioni africane che alimentavano la tratta erano soprattutto due:la più importante era compresa tra la foce del fiume Senegal ed il golfo di Benguela; l'altra si trovava nell'Oceano Indiano fra il Mozambico portoghese e l'isola di Madagascar: In queste zone gli Stati europei e le grandi compagnie costruirono veri e propri "depositi fortificati" dove gli schiavi,acquistati dai trafficanti africani,erano raccolti e poi spediti a destinazione o rivenduti ad altre compagnie negriere: era il metodo del deposito. Accanto a questo c'era quello del "mercato fisso": l'agente della compagnia europea contrattava direttamente con il re nella capitale ed era quest'ultimo che si occupava di far raccogliere e di consegnare gli schiavi. Le ditte minori,infine,per evitare il rincaro praticato dalle maggiori nei propri depositi,spesso facevano ricorso alla "tratta volante": la nave negriera costeggiava sostando frequentemente nei villaggi costieri per acquistare anche pochi schiavi per volta,fino a completare il carico. L'unità di misura era,per quanto concerneva gli schiavi,il già citato "pezzo d'India",al quale corrispondeva un numero variabile di donne e bambini: per esempio,nel Galan, quattro ragazzine fra gli 8 ed i 13 anni o sei bambini "purchè svezzati" Il controvalore di merci era calcolato in base ad un'unità di misura costituita da un "pacchetto" di merci denominato "barra" nel Senegal, "oncia" nel Dahomey, "perizoma" nella zona dei Fiumi dell'Olio e "pezzo" più a Sud. Nel 1762 un "pezzo d'India" nel Senegal corrispondeva a 35 "barre", cioè: 10 patacche,una pezza di tela blu,mezza libbra di cornalina,mezza libbra di polvere da sparo,una pezza di tela di lino,50 pietre focaie,8 spanne di carta,una pietra dura,un ottavo di drappo scarlatto ed un fucile. Prima della contrattazione,il medico di bordo della nave esaminava i prigionieri che,in seguito,erano marchiati a fuoco ed imprigionati in stive appositamente attrezzate.

IL TRASPORTO VERSO L'AMERICA

Alex Haley,nel suo romanzo "Radici", descrive le condizioni di questi allucinanti viaggi:

" Pian piano si tastò il polso e la caviglia destra stretti da un cerchio di ferro.Sanguinavano.Tirò leggermente la catena;doveva esser collegata al polso ed alla caviglia sinistra dell'uomo con il quale poco prima aveva lottato.Alla sua sinistra era disteso un uomo incatenato a lui per le caviglie,che gemeva di continuo.Stavano così stretti che al minimo movimento si urtavano a vicenda.Con più cautela Kunta cercò allora di sollevarsi,ma non c'era nemmeno lo spazio sufficiente per stare seduto (...)Ascoltò invece le grida ed i lamenti che gli risuonavano intorno.Dovevano esserci molti uomini lì con lui,nell'oscurità:alcuni vicini,altri un po' più lontani,ma tutti in un'unica stanza,se era una stanza.Aguzzando le orecchie percepì altre voci,attutite,provenienti dal basso:da sotto il tavolino viscido sul quale era disteso."

E' più facile comprendere,dopo questa lettura,i motivi che spingevano i prigionieri,nonostante le catene,la violenta sorveglianza e la ferocia delle punizioni,a tentare delle rivolte che,quasi sempre,erano destinate a fallire miseramente.

SFRUTTAMENTO ED ANNIENTAMENTO CULTURALE

All'Arrivo nel continente americano,si svolgeva l'ultimo atto: la vendita degli schiavi ai proprietari delle piantagioni,preludio ad una vita miserabile,priva di avvenimenti eccetto un duro lavoro da svolgere dall'alba al tramonto e caratterizzata dalla denutrizione e dalla violenza di padroni e sorveglianti Nelle piantagioni degli Stati Uniti,la separazione fra padroni e schiavi ed il processo di annientamento culturale e psicologico furono,come sostenuto da Leroy Jones, molto più radicali che in America Latina,dove elementi della cultura africana sono presenti ancora oggi nelle forme del culto e dell'arte,anche se,comunque,la schiavitù comportava l'azzeramento di tutto ciò che formava l'identità degli schiavi neri. Alle esigenze economiche del padrone,per il quale lo schiavo era solo un oggetto da sfruttare fino all'esaurimento e da acquistare o rivendere senza alcun riguardo per i suoi legami familiari e per le sue esigenze fisiche e spirituali,si accompagnava un deliberato sradicamento dalla sua cultura d'origine,considerata inferiore e dai suoi riti pagani. Allo schiavo,però,non era consentito di accedere alla religione o alla cultura del padrone,naturalmente superiori e che gli furono a lungo precluse. Le motivazioni di una tale condotta possono essere rivelate da una lettera del Governatore della Martinica,Fénelon,del 1754: " La sicurezza dei bianchi,meno numerosi,circondati nelle abitazioni da questa gente(gli schiavi,appunto)esige che li si tenga nella più profonda ignoranza " Individui senza identità,senza cultura,né storia ,né religione,sono privi di energia interiore e,pertanto,poco.disposti alla ribellione. La legislazione sanciva questa condizione subumana degli schiavi: il CODE NOIR promulgato nel 1685 in Francia e rimasto in vigore fino al XIX secolo proibiva agli schiavi "la pratica di ogni religione,diversa da quella cattolica,apostolica e romana" "Agli schiavi non è consentito sposarsi senza autorizzazione del padrone,né possedere,né comprare o vendere merci,comprese le "derrate alimentari",portare alcun tipo d'arma d'offesa,né grossi bastoni,né fruste" Le pene per i tentativi di fuga vanno dall'amputazione delle orecchie alla morte. Le sporadiche norme a tutela dei più elementari diritti dello schiavo,compresi il riposo domenicale e la razioni quotidiane di cibo,erano spesso violate dai padroni. Il barone de Saint-Victor così scriveva a Santo Domingo nel 1782: " i tre quarti dei padroni non nutrono gli schiavi e tolgono loro quasi tutto il tempo dei pasti che le leggi sanciscono" Nonostante condizioni così drammatiche ed ostili,gli schiavi conquistarono col tempo un limitato accesso alla lingua ed alla cultura dei padroni,anche per l'interessamento di alcuni gruppi che contestavano tenacemente l'istituto della schiavitù,come i quaccheri,comunità religiosa molto numerosa in Pennsylvania che,già dal 1696,assunse precise posizioni antischiaviste. Attraverso un lento e sofferto processo di adattamento,queste masse di individui,non più africani e non ancora americani o latino-americani,riuscirono a produrre una cultura originale,trasferendo nelle lingua e nelle forme artistiche di civiltà assolutamente ostili,la propria esperienza umana e quanto erano riusciti a conservare delle proprie origini storiche,sociali,culturali,religiose etc.

LA QUESTIONE MORALE: schiavisti ed abolizionisti

Lo schiavismo, violazione scoperta e radicale della dignità umana, pose alla coscienza europea,soprattutto nell'età del pensiero scientifico ,del diritto naturale e dell'Illuminismo, la sentita necessità di rinvenirne una giustificazione etica.Le argomentazioni più utilizzate dagli schiavisti furono efficacemente riassunte da un "philosophe" illuminista in un saggio abolizionista del 1770:
"I neri sono una razza di uomini nati per la schiavitù. Sono limitati falsi e cattivi (...)questi schiavi sono stati presi in guerra e senza di noi sarebbero stati sgozzati (...)si trattava di criminali degni della morte (...)essi sono più felici in America."
Alcune di queste argomentazioni erano sostenute anche dagli africani, solitamente dai capi che si arricchivano notevolmente dal traffico dei neri. Deschamps informa che un re africano, all'epoca dell'abolizione della tratta, abbia esclamato: "Che cosa accadrà di noi con tante donne e bambini da allevare? Che fare di coloro che seguono la via del male, se non li possiamo vendere?" Si ritornava a sottolineare, come già al momento della conquista dell' America, che i selvaggi avessero ricavato indubbi vantaggi(vedi scheda civilizzazione o genocidio?) dal contatto con la "vera fede" e con una "superiore cultura"Queste fragili osservazioni subirono un duro colpo dal movimento di rinnovamento culturale europeo: il "mito del buon selvaggio" ridimensionò il concetto di "civiltà superiore", la critica anticlericale quello della "vera fede" e così via..
La mentalità collettiva fu più incisivamente influenzata da quello spirito pragmatico ed utilitaristico che trovò espressione teorica nel liberalismo ottocentesco: l'intima convinzione che la vita, da una parte, debba essere quasi una lotta o una competizione in cui i deboli sono destinati a soccombere e che esistono leggi economiche dalle quali non si può prescindere e, dall'altra, il profondo e diffuso scetticismo nei confronti della dimensione spirituale della vita stessa, danno ragione di alcune contraddizioni, altrimenti incomprensibili, fra le idee filosofiche e morali ed i comportamenti degli schiavisti: è sufficiente ricordare che gli armatori di Nantes nel Settecento,in onore dei pensatori illuministi allora più famosi,battezzarono le navi negriere con nomi come Voltaire, "Contrat Social" , Revolution che un capitano inglese. Thomas Phillips, a proposito degli schiavi che trasportava, così si esprimeva: "Non posso pensare che esista un valore intrinseco in un colore più che in un altro, né che i bianchi siano migliori dei neri (...)I neri dicono che il diavolo è bianco e così lo dipingono"Un'altra efficace sintesi dell'ideologia schiavista è espressa dalle parole del negriero americano Richard Drake: "Bisogna pure acquistare e vendere degli schiavi: Qualcuno deve farlo, perché non riporre il fieno mentre il sole brilla?"

LO SCHIAVISMO NEL PENSIERO ILLUMINISTICO

La questione etica fu sollevata da quegli stessi intellettuali a cui erano state intitolate le navi negriere. Montesquieu così scriveva: " Poiché tutti gli uomini nascono uguali, bisogna dire che la schiavitù è contro natura" Rousseau, nello stesso tempo, affermava: " Nel vedere la quarta parte dei miei simili mutata in bestie al servizio degli altri, ho pianto del fatto di essere uomo"

Voltaire, invece, evidenziava la cinica contraddizione tra le parole ed i fatti che spesso ci lascia indifferenti: " Diciamo loro che sono uomini come noi, che sono stati riscattati dal sangue di un Dio morto per essi; e poi li facciamo lavorare come bestie da soma; vengono nutriti molto male ; se fuggono e vengono ripresi gli si taglia una gamba e li si costringe a produrre zucchero dopo avergli dato una gamba di legno. Dopo tutto ciò, osiamo parlare del diritto delle genti! "

Louis de Jaucourt(il più fecondo dei collaboratori dell'Encyclopédie, di cui redasse più di 17.000 articoli condannava inequivocabilmente la brama di ricchezze che induce a calpestare la dignità e la vita degli altri,tanto più se ridotti in schiavitù: " Si dirà forse che queste colonie andrebbero rapidamente in rovina se si abolisse la schiavitù dei negri. Ma quand'anche ciò accadesse, bisogna concluderne che il genere umano dev'essere orribilmente leso per arricchirci e fornirci il lusso? E' vero che le borse dei ladri di strada sarebbero vuote se il furto fosse assolutamente soppresso."

Allo spirito illuministico si ispirarono i primi interventi concreti degli abolizionisti europei delSettecento: l'inglese Gramville Sharp nel 1769 ottenne una sentenza che decretava illegale il possesso di schiavi in territorio inglese e nel 1787 fondò Freetown, la città della Sierra Leone destinata al rimpatrio degli schiavi liberati. L'inglese Thomas Clarkson fondò, nello stesso anno,il Comitato per l'abolizione della tratta dei neri,per la maggior parte formato da quaccheri e coinvolse, poi, nella sua azione, uomini politici come i deputati Hartley e Wilberforce, ed ottenne nel 1789 che il primo ministro William Pitt sostenesse,sia pure senza risultato, la causa dell'abolizione.

Clarkson fondò poi a Parigi la "Società degli amici dei neri" a cui diedero appoggi e consensi illustri pensatori, scienziati e personalità di rilievo della futura Convenzione: Condorcet, Lavoisier, Lafayette, Mirabeau e lo stesso Robespierre. Nel volgere di pochi anni si ottennero i primi decreti ufficiali: nel 1792 quello della Danimarca di abolizione della tratta, entrato in vigore nel 1803; nel 1794 quello della Francia che non solo stabiliva l'abolizione della schiavitù, ma anche l'estensione della cittadinanza agli schiavi affrancati.

Devono, infine, essere ricordate le rivolte degli schiavi. " La storia della schiavitù è costellata di rivolte" sostiene J.Meyer: "una delle prime ribellioni organizzate di cui si ha notizia avviene in Carolina del Sud già nel 1526 (...)Molte ribellioni si registrano anche alle Antille ed in Brasile…..Nelle piantagioni si diffondono leggende che raccontano la storia della repubblica dello Zambia o quella della città di Palmarès, nella foresta amazzonica, dove, nel corso del Seicento, si costituì una comunità autosufficiente di schiavi fuggiaschi, in grado di resistere per quasi un secolo ai tentativi di repressione armata dei piantatori e del governo brasiliano. "

La più famosa delle rivolte del periodo fin qui esaminato fu quella del 1793 avvenuta a Santo Domingo, colonia francese, guidata dallo schiavo Toussaint Louverture, che riuscì a costituire uno Stato indipendente ed a mantenerlo in vita fino al 1802: fu proprio questo episodio ad offrire agli abolizionisti francesi l'occasione per presentare alla Convenzione il decreto del 1794.

I riferimenti testuali possono essere reperiti al seguente indirizzo:

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