Ritorna all'HOMEPAGE
SCONFINANDO

MONDO MODERNO


Civilizzazione o genocidio?

Le grandi scoperte geografiche e la successiva conquista spagnola dell'America hanno suscitato un dibattito storiografico e politico che oggi è ancora vivo. Da una parte gli autori che si richiamano alle argomentazioni di J.G. de Sepulveda, dall'altra gli scrittori che condividono la dura condanna pronunciata da B. de Las Casas. Anche se con il passare del tempo le argomentazioni si sono fatte più complesse e meditate, rimangono comunque due schieramenti contrapposti: quello che vede nell'intervento degli ispano - portoghesi in America il criminoso sopruso di una civiltà ai danni di un'altra, e l'atteggiamento, invece, di chi sottolinea soprattutto il contributo al progresso che, nonostante tutto, quelle imprese rappresentarono. Si evidenziano, in breve sintesi, il pensiero di uno storico e teologo messicano, E. Dussel e le osservazioni del saggista italiano E. Galli della Loggia.

Secondo E. Dussel i protagonisti della conquista furono lo Stato spagnolo, il capitale monetario e la Chiesa. La corona ne fu senza dubbio l'attrice principale, forte dell'appoggio della nobiltà, dei proprietari latifondisti e degli hidalgos, gli esecutori materiali della conquista. Seguirono i mercanti, che offrirono i capitali per l'impresa e che ben presto si trovarono a dipendere dai grandi finanzieri europei. Subito dopo venne la Chiesa, un organismo che con il suo numeroso clero, i suoi potenti vescovi, la sua influenza sulle università, condizionava profondamente la vita quotidiana e la vita pubblica. Gli uomini inviati dalla Chiesa, i missionari, giocarono un ruolo essenziale nella conquista.

La conquista fu prima di tutto una " guerra di occupazione ", preceduta dalla " scoperta ", e protratta nella " colonizzazione " e nello " sfruttamento " propriamente detti. Piantare la croce su un'isola, su una spiaggia, in un paese era un atto di dominio: la proclamazione della sovranità dello Stato spagnolo. Contemporaneamente all'occupazione dei territori si procedette alla conquista economica, che iniziò con la rapina dei metalli preziosi e si concluse con il saccheggio dei prodotti tropicali.

Quando, già nel 1520, a Santo Domingo non si trovava più oro nel letto dei fiumi , si intraprese lo sfruttamento della canna da zucchero e si finì con il mercato degli schiavi neri.

E. Dussel scorge nell'opera di J. G. de Sepulveda la prima enunciazione di una " teologia della dominazione "; di una teologia, cioè, che considera la conquista e la riduzione in schiavitù come processi " civilizzatori". L'opera di evangelizzazione avrebbe dovuto giustificare la conquista: certamente conferì all'autorità ecclesiastica il pieno controllo della cultura. Gli indigeni e gli schiavi neri erano misconosciuti come soggetti storico - culturali, aventi diritti propri. Il teologo messicano riconosce che non è da ignorarsi l'azione di molti missionari che evangelizzarono in semplicità e povertà, differenziandosi dalla società spagnola dominatrice: aggiunge, tuttavia, che questi "cristiani sinceri " non furono mai egemoni, né nella Chiesa, né nella società.

Lo scritto di E. Galli della Loggia si pone sul versante opposto per la forte polemica che dispiega nei confronti di quanti, descrivendo l'impresa dei conquistadores con tinte soltanto negative, destoricizzano il passato e sostituiscono al giudizio storico quello morale. Galli della Loggia rifiuta il termine comunemente in uso di " genocidio ": ricorda che si dovrebbe usare lo stesso metro di giudizio nei confronti delle distruzioni materiali e culturali operate dai Vandali e dagli Unni; o anche a proposito di quel dominio arabo sulle popolazioni dell'Africa che fece ampio posto alla schiavitù di massa ed all'acculturazione forzata. Ricorda inoltre, che le stesse vittime degli Spagnoli, ad esempio gli Aztechi, avevano esercitato, a loro volta, sulle popolazioni assoggettate un dominio violento e crudele. Con argomenti storicisticamente più pacati e più congrui si sono espressi gli studiosi A. Tenenti e R. Romano, per i quali il merito dell'impresa non consiste certo nella conquista violenta e sopraffattrice, ma nell' " ir a valer màs "; cioè nella ricerca di " valer di più ", in ogni senso: economico, morale, sociale. Fu questa la prodigiosa " molla " dell'avventura spagnola in America, come in generale fuori dall' Europa. Osservano i due storici che il problema essenziale fu di vedere in che modo quel motto sia stato realizzato, e quali, allo stesso tempo, siano state per i paesi conquistati le conseguenze. Problema impegnativo e pericoloso perché è facile approdare, come conclusione, alla leggenda nera o alla leggenda rosa della conquista. Per la prima gli Spagnoli - uomini cattivi - avrebbero ucciso, torturato, rubato; per la seconda gli Spagnoli - uomini buoni - avrebbero diffuso la vera religione, e dunque la salvezza dell'anima, avrebbero introdotto la moderna tecnologia, avvicinato i popoli " selvaggi " alla " civiltà europea ". Il giudizio sull'incontro di due diverse forme mentali non si può risolvere con una formulazione globalmente netta: s'impone la distinzione. Solo l'introduzione di una serie di distinzioni può stabilire le responsabilità di ordine morale, ed insieme cogliere la genesi di situazioni tutt'oggi vive nei rapporti tra la comunità india dell'America centro - meridionale e la comunità bianca. Le conseguenze della conquista non sono ancora scomparse nel XX secolo.

A. Tenenti e R. Romano proseguono la loro argomentazione sottolineando che le stragi furono ingiuste ed ingiustificabili, ma che le stragi non possono da sole spiegare l'enorme contrazione demografica della popolazione india nel corso del Cinquecento: va considerato anche il fatto che gli Indios mancavano delle naturali difese immunizzatrici nei confronti delle malattie introdotte dagli Europei, e che furono sottoposti a condizioni di lavoro quasi insostenibili. I due storici concludono che non è giusto, d'altro canto, minimizzare la drammaticità dell'avventura degli Spagnoli in America: non si tratta tanto delle loro vittorie militari, ma della loro vittoria " contro le dimensioni smisurate di un mondo nuovo ".