Alessandro La Marmora

 

ALESSANDRO FERRERO DELLA MARMORA - 1a parte

Portabandiera "Pajan", la Proposizione, Vayra: il primo, G.C. Abba

a Marchesa Raffaella Argentero Bersezio, vedova del Marchese Celestino Ferrero della MARMORA, aveva 35 anni e 12 figli viventi quando nella primavera del 1805 sollecita un'udienza da Napoleone. L'Imperatore, di passaggio a Torino, è diretto a Milano, per cingere la corona ferrea del Regno d'Italia. La Marchesa gli si presenta e dice (in francese): - Sire, ho sei figli maschi, Ve li do tutti. Fatene dei bravi soldati. -Napoleone la fruga con gli occhi, lui che viene da una famiglia numerosa, e sorride: - Sarà fatto-. In quello stesso anno, il primogenito Carlo Emanuele diciottenne entra col grado di sottotenente nel 26° reggimento dei cacciatori a cavallo (sarà principe di Masserano di Biella ex feudo della chiesa dal 24 marzo 1836 poi aiutante di campo di Carlo Alberto e senatore dal 14/10/1848); il secondogenito Alberto, 17enne, è ammesso alla scuola militare di Fontainebleau; e il terzo, il piccolo Alessandro nato il 27 marzo 1799, deve accontentarsi di entrare fra i paggi di palazzo del Principe Camillo Borghese cognato di Napoleone e Governatore del Piemonte. Per contrazione il cognome viene scritto La Marmora ma si conosce anche vecchie pubblicazioni dove compare Lamarmora. Nel 1814, alla caduta dell'impero Napoleonico, entra (15enne) nel reggimento delle Guardie come sottotenente. La famiglia La Marmora L'anno successivo il Piemonte (che si era ridotto alla Sardegna) non si schiera con la Francia, quando Napoleone fugge dall'Elba. Alessandro, che non è fra i designati (mobilitati), briga perché un subalterno, certo Pagliano, portabandiera già avanti con gli anni, gli ceda nascostamente il posto. - Portabandiera Pagliano (Pajan) alla testa della colonna - - Presente - Risponde subito La Marmora, mentre i suoi amici si tengono la pancia dal ridere. Partono per Grenoble per dare manforte alla coalizione antinapoleonica. Durante la campagna, lo scoppio di una mina lo ferisce agli occhi e gli stronca un dito. Non ne fa parola ad alcuno e ritorna, dopo una medicazione frettolosa e impropria, col soprannome di Pajan cucito addosso. Naturalmente tutti i dialoghi si svolgono in dialetto piemontese o in francese, poiché non c'era altro idioma ufficiale. Normalmente La Marmora scriveva e conversava in Francese. Ad una proposta di matrimonio così rispondeva. "…..Très volontiers, mais attends que j'aie perdu un bras à une grande bataille" - "Molto volentieri ma aspettate che io abbia perduto un braccio in una grande battaglia". Lo stesso Vittorio Emanuele III nel 1900 parlava ancora francese con la moglie Elena (Montenegrina), e dialetto a corte. La Marmora aveva una predilezione per la meccanica; il suo pallino era ottenere un fucile a retrocarica che sperava di costruire, nel congegno meccanico, al suo tornio. Nell'improvvisata officina, una pompa rudimentale gli scoppia tra le mani causandogli un'ulteriore ferita. Luogotenente nel 1817 e capitano nel 1823, si mantiene estraneo ai movimenti costituzionali di quegl'anni.

I FRATELLI http://www.lamarmora.net/

Nel lungo periodo di pace che contrassegnò i regni di Vittorio Emanuele I, Carlo Felice e Carlo Alberto, tre dei fratelli La Marmora si dedicano ad assidui studi di tecnica. Alberto alla archeologia , Alessandro alla modernizzazione della fanteria, e Alfonso, il più giovane, all'artiglieria. L'esercito piemontese era ricco di gloriose memorie e celebre per i suoi condottieri, ma l'epopea napoleonica ha sconvolto l'assetto delle armate e la loro preparazione. Così si esprime col fratello " Non sanno sparare, non sanno marciare, ne sanno di manovre. In compenso lucidano la divisa tutti i giorni".

presentazione di Vayra a Carlo AlbertoIl giovane Vittorio Emanuele, erede al trono, aveva invece così scritto (profeticamente):"Quando verrà il giorno di marciare, qualche corpo marcerà e verserà sino all'ultima goccia del suo sangue, ma i più, magari intere divisioni, si sbanderanno prima ancora di vedere il nemico. Allora, da lontano gli avvocati grideranno vendetta contro i generali e non penseranno per nulla che proprio essi siano la causa di tutto. Metà dei nostri ufficiali, tirati non so di dove, non sanno neppure salutare, onde i soldati ridono fra di loro e, padroni di fare ciò che vogliono, non si astengono dall'esprimere in pubblico le loro idee. L'indisciplina e la ribellione sono approvate: ecco lo stato del nostro esercito".

Girando per l'Europa a proprie spese, La Marmora si accorge che stanno formandosi corpi di fanterie leggere per scontri sciolti in terreno vario (come quello piemontese montuoso e ricco di corsi d'acqua). Le denominazioni erano Alpen/ Kaiser/ Feld/ Land - jaeger (cacciatori), Schuetzen, Riflemans tutti da impiegare fuori dal tradizionale quadrato di fanteria. Dopo la soppressione dei cacciatori della guardia (vedi costituzione del corpo), anche da noi era  apprezzabile tale nuova formazione. 

Il nuovo corpo doveva esprimere la spigliatezza e l'impeto latino e accoppiare alla abilità del tiro la massima mobilità. La bellezza di chi corre senza tregua e senza stanchezza verso una meta raggiante, di vittoria e di sacrificio, che vive dell'orgoglio d'arrivar sempre primo; e vi arriva cantando allegramente, come un soffio di primavera, mentre le trombe squillano e i ritornelli segnano il ritmo. 

Nasceva così la proposizione. Sul cadere del 1835, Il maggiore dei Granatieri Guardie Alessandro La Marmora, presenta il programma e il suo furiere VAYRA  nella nuova divisa ottenendone un primo benestare. La sua creatura vede la nascita il 18 giugno 1836 con una prima compagnia. A chi giunge primo nella corsa dà uno scudo, di suo ed egli stesso, cacciatore e gran camminatore, non esita dal mettersi in gara.

Da un brano di letteratura una delle origini della corsa dei Bersaglieri: Giuseppe Cesare Abba poeta e narratore nato a Cairo Montenotte (uno dei primi campi di battaglia di Napoleone in Italia):

"Un collegio nelle Langhe a mezzo 1'Ottocento" cosi diceva in Cronache …Ma altre cose si udivano poi verso il Quaranta… novità lieta fu l'udire che era stata creata una compagnia di soldati vestiti così e così, col cappello piumato, armati di carabine perfette, capaci essi di arrampicarsi fino ai tetti delle case e i loro superiori quasi di volarvi. E ognuno si gloriava che di quei soldati, scelti in tutto l'esercito, molti fossero delle Langhe, chi del tal paese, chi del tal altro, e con orgoglio si nominavano. Presto si narrò che quei soldati avevano avuto l'abilità di fare la loro mostra in piazza San Carlo, a piè del cavallo di bronzo, mentre passava Carlo Alberto che partiva in carrozza per Genova, e poi di correre, di volare, per vie traverse a Moncalieri, per mostrarsi al Re un'altra volta. Era vero, e v'erano riusciti così bene, che il Re, sorpreso, aveva detto d'aver permesso che di quei soldati se ne fosse formata una compagnia, e che non sapeva chi si fosse fatto lecito di formarne due. I volghi chiamavano abbracciaglieri quei soldati, storpiatura innocente che faceva sorridere le ragazze.
In seguito in una giornata sfavillante di sole i bersaglieri, usciti dalla Caserma Ceppi di Via d'Angennes sfilano correndo per le vie di Torino. Marciano in testa dodici trombe e corni suonando allegre musiche; seguono La Marmora, gli ufficiali e un centinaio di soldati tutti vestiti di nero per il matrimonio della duchessa di Savoia. Gli elogi per il nuovo corpo si sprecano da parte dei principi intervenuti. Da allora La Marmora poté lavorare con più tranquillità e si ebbe una terza e quarta compagnia. Nel 1840 intanto è promosso Tenente Colonnello e sei anni dopo Colonnello. Siamo ormai alla Prima Guerra d'Indipendenza al battesimo del fuoco.

2a parte il battesimo del fuoco http://digilander.libero.it/fiammecremisi/fileimmagini/pontegoitop.htm -3a parte la Crimea e la morte http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/mortemarmora.htm

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