Da Daniele Cellamare la preparazione e la mobilitazione
dell'E.I. da Carabinieri.it.
http://www.carabinieri.it/Internet/Editoria/Rassegna+Arma/2006/2/Studi/04_Cellamare.htm
Un vero e proprio programma organico di
sviluppo dell'Esercito Italiano avrebbe dovuto svolgersi nel quadriennio
1909-1913 ad opera del Ministro della Guerra (Generale Spingardi) e del
Capo di Stato Maggiore (Generale Pollio) con un potenziamento
dell'Esercito e delle sue strutture, approvato sì dal Parlamento il 17
Luglio 1910, ma con una voce a bilancio decisamente inferiore a quella
necessaria. Agli inadeguati finanziamenti concessi - che costrinsero il
programma ad una più limitata e lenta applicazione - si aggiunsero le
costose operazioni necessarie per l'approvvigionamento del Corpo di
spedizione in Africa di 70.000 uomini, pari alla metà dell'Esercito
metropolitano sul piede di pace, in periodo di forza minima. Di
conseguenza, all'inizio del 1914 si sarebbe dovuto dare corso ad un nuovo
programma militare ma le condizioni imposte dal Tesoro permisero soltanto
la ripartizione negli esercizi successivi (sino al 1917) dei finanziamenti
necessari allo svolgimento del programma precedente. Queste, insieme ad
altre considerazioni … sulle lacune dell'Esercito indussero il Generale
Carlo
Porro a rinunciare alla carica di Ministro della Guerra.
Una situazione
decisamente difficile quindi quella che trovò il Generale Cadorna nel Luglio del
1914 alla sua nomina di Capo di Stato Maggiore (sottocapo Porro). .. Un promemoria dello
Stato Maggiore contemplava 26.000 Ufficiali e si calcolava che ne
mancassero 13.000 (ma secondo il sistema di computo seguito dallo Stato
Maggiore Tedesco, un Ufficiale ogni 10/12 uomini, all'Esercito Italiano
mobilitato con una forza di un milione di uomini, ne sarebbero stati
necessari 90.000) ed un numero del tutto insufficiente di Sottufficiali, a
causa delle ingenti perdite subite in Libia (senza contare le promozioni
ad Ufficiali ottenute nella stessa campagna). A queste sostanziali lacune
- nel senso che non avrebbero potuto essere colmate in breve tempo, anche
con la disponibilità finanziaria necessaria - si dovevano aggiungere
quelle relative al settore sanitario, ai carreggi ed al servizio
automobilistico, senza contare i sistemi difensivi necessari alla difesa
della frontiera del Nord. Pur essendo state approntate alcune opere di
fortificazione permanente sul solo versante Nord-Est del confine italiano,
non risultavano ancora soddisfacenti i collegamenti ferroviari nel Veneto
per il trasporto delle truppe e dei rifornimenti, argomentando
l'Amministrazione delle Ferrovie che a tali lavori avrebbe dovuto far
fronte il Ministero della Guerra. In effetti, già il 30 Marzo 1914, il
precedente Capo di Stato Maggiore (Generale Pollio) aveva presentato ad
Antonio Salandra un documento nel quale veniva riportata, con obiettiva
lucidità, la situazione dell'Esercito Italiano: "Se l'esercito italiano
dovesse essere portato all'altezza degli eserciti delle altre grandi
potenze europee, pur tenendo esatto conto della differenza numerica
esistente fra le relative popolazioni, occorrerebbe all'Italia compiere
uno sforzo grandioso" . Quella dei mancati finanziamenti era una cronica
recriminazione presente in quel periodo in tutti gli eserciti, senza
esclusione della Germania e dell'Austria, dove veniva costantemente
richiesto di provvedere alle manchevolezze del numero dei soldati, alla
qualità dell'addestramento ed alla tecnologia degli armamenti etc …La
convinzione che il nostro Esercito sarebbe stato in grado di far valere il
suo peso di valido strumento di guerra nell'ipotesi di un conflitto armato
dovette animare il Generale Cadorna quando - scontrandosi anche
apertamente con Antonio Salandra - si pronunciò, già nell'estate del 1914,
decisamente a favore dell'intervento in guerra.
"Operazione Camoscio"
Il Generale Cadorna chiese di effettuare subito la mobilitazione generale
con due imponenti progetti a Nord-Ovest e a Nord-Est del confine - senza
però sapere ancora su quale fronte l'Esercito si sarebbe battuto. Il
Generale Cadorna, sempre convinto delle capacità operative dell'Esercito,
inviò a Vittorio Emanuele III una "Memoria sintetica sulla radunata
italiana a Nord-Ovest e sul trasporto in Germania della maggior forza
possibile", proponendo l'invio di un Corpo di Spedizione in Germania (al
fianco dei nostri Alleati tedeschi) e contemporaneamente la difesa del
confine italiano nelle Alpi Occidentali.
Come abbiamo accennato, il
Generale Cadorna non era ancora stato informato sulle reali intenzioni del
Governo Italiano (gli erano infatti sconosciuti gli Accordi Prinetti-Barrère del
30/6/1902 con cui l'Italia si legava alla Francia,
svuotando di contenuto l'alleanza della Triplice)
!? e fu quindi colto di
sorpresa quando il 3 Agosto 1914 l'Italia dichiarò la sua neutralità.
Anche più avanti, nella primavera dell'anno successivo, il Generale
Cadorna venne a sapere solo casualmente degli accordi stipulati con le
potenze dell'Intesa (Patto di Londra, 26 Aprile 1915) e quindi sulle
definitive intenzioni del Governo italiano sulle modalità e sui tempi
dell'ingresso in guerra: "Dopo il discorso di guerra di Gabriele
D'Annunzio allo scoglio di Quarto, la sera del 5 Maggio del 1915, il
Cadorna, commosso e turbato dall'inno di guerra del poeta, ebbe la visita
del commendatore De Martino, Segretario Generale degli Esteri. Da questo,
soltanto perché, per caso, era andato a trovarlo, e perché egli, Cadorna,
chiese, seppe del Patto di Londra, e dell'obbligo per l'Italia di scendere
in campo a fianco degli alleati prima del 26 di Maggio (Ndr. Mancavano 20
giorni).
30 giugno 1902 (2
giorni dopo la firma della proroga di 12 anni della Triplice !! con
Austria e Germania) viene
concluso l’accordo segreto Prinetti-Barrère tra Francia e Italia sul Mediterraneo,
che amplia quello del gennaio 1901 (ma questo riconosce solo le zone
d'influenza in Africa tra Francia e Italia e vengono riconosciuti gli
interessi italiani in Libia). da
Italo Turkish Diplomacy and the war over Libya 1911/12 di Timothy Winston Remarkably, at the same time that Prinetti was negotiating the
renewal of Triple Alliance with Germany and Austria, and obtaining the
separate Austrian declaration of non-interference with possible Italian
designs on Ottoman North Africa, he apparently determined to strengthen
Ita1y’s position vis-à-vis France. Prinetti’s willingness to do this has
been interpreted as the result of a fit of pique induced by the refusal of
Italy’s allies to accede to her demands to incorporate her North African
ambitions more concretely into the text of the Triple Alliance. These
refusal prompted the inexperienced Prinetti more or less to succumb to the
blandishment of the wily French Ambassador, Barrère. To what did Prinetti
and Barrère agree? The conversation began on 8 May 1902, shortly after
Prinetti had reluctantly agreed to the renewal without modifications of
the alliance with Germany and Austria. Barrère attempted to persuade
Prinetti to promise that Italy would remain neutral in the event of a
Franco-German war (contrary to the stipulations of Article II of the
Triple Alliance), but was unsuccessful in this. However, Prinetti was
entirely amenable to agreeing to a redefinition of Italy’s and France’s
respective areas of influence and expansion in North Africa “and
guaranteeing their reciprocal neutrality in a war not provoked by them.”
The agreement was signed on 3° June 1902, in an exchange of letters in
which Prinetti stated that, with regard to Italian ambitions in
Tripolitania-Cyrenaica and French ones in Morocco, each Power “ can freely
develop its sphere of influence in the abovementioned regions at the
moment it deems opportune and without the action of one of them being
necessarily subordinated to that of the other”. Observers have disagreed
over the significance and importance of the Prinetti-Barrère Accords of
1902. At one end of the scale, Bosworth dismissed Prinetti’s
accomplishment as no more than building on a “paper structure” At the
other, an Italian, Peteani, writing just before the Second World War at
the height of Italy’s imperialist career, somewhat glowingly characterized
the policy of Italy in 1902 as one of friend-ship towards France and
England and alliance with Germany and Austria, the whole edifice concerned
with the resolution of “one vital problem, the Mediterranean problem, . “
Albertini, in a more balanced assessment, asked whether the agreement was
really of any advantage to Italy; his conclusion was that while Italy had
obtained France’s consent, this was not very useful in the absence of
equally explicit agreement with the Central Powers and with England. It is
clear that, from Italy’s point of view at least, the Prinetti-Barrère
Accords of 1902 were an improvement over the Visconti Venosta-Barrère
Accords of 1901. Whereas the 1901 agreement was couched in terms of
Italy’s, going to Libya after France went to Morocco, the 1902 exchange
saw Prinetti insisting, and Barrère accepting, that this could take place
without the action of the other. Timothy Winston
Sconfitto per 2
volte in Italia (ma a più grave motivo dai "cugini" Tedeschi) e dilaniato
da problemi interni alla Corona (successione e disgrazie in famiglia)
l’Esercito Austriaco dimostrava di non essere più lo strumento che aveva
permesso in coalizione di bilanciare lo strapotere Napoleonico 100 anni prima.
L’alleanza coi tedeschi ormai obbligata sarà
infatti la causa della loro disfatta che si concretizzerà per ben due
volte nel '900. Potevano essere imprevidenti i Savoia ma mai come gli
Asburgo. Più in alto si sale più si fa rumore quando si cade. L'arciduca
Francesco Ferdinando aiutato validamente dal capo di Stato maggiore,
generale Conrad von Hötzendorf cercò di porvi rimedio col risultato di
cadere dalla padella nella brace se è vero che avevano progettato un
attacco all’Italia all’indomani della tragedia di Messina.
Come è noto, l'Austria-Ungheria possedeva tre eserciti: l'esercito comune
austro-ungarico, la milizia territoriale austriaca (Landwehr) e la milizia
territoriale ungherese (Honvéd). Infine c'era la Landsturm, composta da
truppe scarsamente istruite, meno dotate di artiglieria e poco adatte alle
grandi operazioni in linea. L'esercito mobilitato era forte di 6 armate
(Galizia (Prima Gen. Dankl, Seconda Gen. Böhm-Ermolli, Terza Gen.
Brudermann e Quarta Gen. Auffenberg), il comando della Sesta Armata nei
Balcani Gen. Potiorek (da cui dipendeva anche la Quinta Gen. Frank), 16
corpi d'armata, 49 divisioni di fanteria, 9 divisioni di cavalleria e
alcune brigate da montagna e di Landsturm non individsionate. In complesso
1.094 battaglioni di fanteria, 425 squadroni di cavalleria, 483 batterie con 2.610 pezzi, per un
totale di circa 1.400.000 combattenti.
Nel 1914 l'Autria-Ungheria aveva
una popolazione di 52 milioni di abitanti (contro i 171 milioni della
Russia, i 66 milioni e 1/2 della Germania, i 4,5 della Serbia e i 516.000
del Montenegro). Di questi, solo i 12 milioni di austriaci, i 10 milioni
Magari e i Polacchi erano fedeli. Questi ultimi due comunque con problemi di
nazionalismo spinto.
Cinque anni prima della guerra mondiale Francesco Giuseppe aveva
rinunciato al comando supremo dell'esercito, che era stato assunto
dall'arciduca Francesco Ferdinando e delegato al capo di S.M. Franz Conrad
von Hötzendorf dopo l'assassinio dell'arciduca a Sarajevo. Conrad era stato
nominato capo di S.M dell'esercito nel 1906, su proposta
dell'arciduca ereditario e di fatto aveva sempre gestito il potere
assoluto. Conrad incitò alla guerra contro l'Italia anche nel 1911,
durante la guerra di Libia, tanto che il ministro Aerenthal, esasperato,
ne chiese ed ottenne l'allontanamento dalla carica. Alla morte dell'Aerenthal,
però, nel 1912, Conrad fu richiamato. Premessa indispensabile per ottenere
buoni risultati era giudicata dal Conrad il più rigido mantenimento
dell'ampia sfera di autonomia di cui godeva il Comando Supremo (la stessa
cosa succederà in Italia). Ogni qualvolta interferenze esterne cercavano
di limitare quella sfera, anteponendo interessi politici o addirittura
privati a quelli d'ordine strettamente militare - dai quali ultimi
dipendevano le sorti delle operazioni e i destini stessi della Monarchia - Conrad reagì con la massima decisione. Conseguenza di ciò fu che, durante
la guerra, l'imperatore, il ministro degli Esteri, Bilinski, i due governi
austriaco e ungherese e perfino il ministro della Guerra, barone Alexander
Krobatin, furono quasi tenuti all'oscuro dal C.S. circa lo
svolgimento delle operazioni. Ciò attirò sul capo di S.M
l'ostilità di molte personalità politiche e militari. Il militarismo
autoritario alla “tedesca” aveva contagiato anche Vienna.
Nell'impero vi era quindi una popolazione di Cechi e di Slovacchi che
assommava complessivamente ad 8 milioni, una sud slava di 7 milioni (fra
Sloveni, Croati e Serbi), una ucraina (rutena) di ben 4 milioni; 3 milioni
erano i Romeni e circa 750.000 gli Italiani, mentre un altro milione era
costituito da nazionalità diverse e divenne
un problema gestirle separatamente. Tutti questi popoli avevano, oltre i
confini della Monarchia, la loro patria spirituale fra Stati che parlavano
la loro stessa lingua e avevano le stesse tradizioni. L'aver dichiarato
guerra alla Serbia e alla Russia aveva posto l'Impero austro-ungarico in
una posizione politico-morale insostenibile. I tedeschi andavano fuori da
confini per cercare altri tedeschi in Austria era il contrario.
SI PARTE
L'attentato di
Sarajevo (28 giugno 1914) s'era compiuto andando oltre la volontà di guerra dei
singoli contendenti.
Il governo serbo non ne era direttamente responsabile ed era impensabile
che pensasse, anche con l'aiuto della Russia, di risolvere con la guerra i
suoi problemi territoriali contro il gigante asburgico.
Tutti ora,
a frittata fatta, sembravano decisi a fare un passo
indietro. A Vienna il 19 luglio si stese un ultimatum in 15 pesanti punti che avrebbero condizionato la politica serba negli anni a
venire. Un esempio:
cessazione
delle ingerenze serbe in Bosnia, condanna della propaganda antiaustriaca,
commissione d'inchiesta congiunta e corte mista per la condanna dei
responsabili.... (Churchill così si espresse: il documento più insolente che mai
fosse stato scritto).
L'ultimatum presentato il 23 fu
invece (incredibile per Churchill) parzialmente
accolto, contestando solo la corte mista ed accettando il giudizio del
tribunale internazionale dell'Aja. Il Kaiser stesso così si esprimeva
il mattino del 28 luglio. " Sono convinto che le richieste siano state
complessivamente soddisfatte, le poche riserve possono essere tutte
superate attraverso negoziati". Si trattava
però, a suo dire, di una
capitolazione fra le più umilianti (ma la Serbia era una mosca in
Europa) che rimuoveva qualsiasi motivo di
guerra. Neppure un'ora dopo, confidando in un conflitto limitato e di
breve durata, l'Austria dichiarava guerra alla Serbia. La Russia che aveva
ordinato una mobilitazione parziale a fronte di minacce austriache in
Galizia, avrebbe anche fatto
marcia indietro, se nel frattempo anche la Germania non avesse ordinato
la conseguente contromobilitazione ai piani russi. I piani di mobilitazione e attacco dei grandi generali (si
giustificheranno dopo) partivano con giorni di anticipo e non potevano
essere fermati in itinere. Il 1° agosto era la volta della Germania che
dichiarava guerra alla Russia. Il giorno dopo la Germania ordina con un
ultimatum al Belgio di lasciare passare le proprie truppe e il 3 apre il
conflitto con la Francia. A ideare il piano di invasione della Francia e
della rapida caduta di Parigi era stato Alfred von Schlieffen nel
lontano 1891 !!!. L'Inghilterra, che aveva cercato fino all'ultimo di tenersi
fuori, sulla base del trattato del 1839 !!! che garantiva al Belgio la
neutralità, alle 23 del 4 agosto dichiara guerra alla Germania. Il giorno
6 è l'Austria a dichiarare guerra alla Russia. L'11 Francia e
Inghilterra dichiarano guerra all'Austria, con il nemico già sul suolo
francese. Il 2 agosto Salandra, in risposta a insinuazioni
Austriache, dichiarava la nostra "una neutralità vigile ed armata".
Richiamate le classi 1889/1890 l'esercito italiano poteva contare su
soli
900.000 uomini. Una inezia rapportata ai 6 milioni della Russia, ai 4,5
della Germania, ai 4 della Francia, ai 3 dell'Austria-Ungheria (ma sul
fronte italiano ce n'erano pochissimi). Gli
Inglesi che avevano ancora un esercito professionale non potevano
schierarne più di 100.000 !!!!. Per il loro intervento utile sarebbero
occorsi non meno di due anni fra mobilitazione ed addestramento. Se ne
occuperà il vecchio Kitchener, richiamato dall'Egitto dove era console
generale, che riuscì in breve a mettere in campo quasi settanta divisioni
(molte territoriali) ma altrettanto faranno le sue colonie. Toccava
ai francesi resistere e vendere cara la pelle, sperando nella
continuazione della nostra neutralità (a che prezzo ?).
GUERRA A CHI ?
Il 5 agosto i primi soldati tedeschi
dilagavano in Belgio. Nei giorni a seguire sul ponte del Reno di Colonia
transitarono treni ogni 10 minuti, 550 al giorno che portarono al fronte
occidentale oltre 2 milioni di soldati. La prima ad essere attaccata fu Liegi
in Belgio che
cadde il 7. Fu quindi la volta di Anversa (Porto del Belgio sul mare del Nord)
che si barricò dietro le sue mura e resistette un mese e di Namur e Mons lungo la direttrice che portava in Francia. L'avanzata delle
armate tedesche era ormai contrastata solo da cecchini e la reazione non
si fece aspettare. -Herve: la piazza è piena di cadaveri, ovunque c'è
odore di bruciato. -Linsmeau: fucilati 11 uomini. -Ardenne:
Von Bulow "..con la mia autorizzazione il comandante
la piazza ha ridotto in cenere la città e fatto fucilare 110 persone. -Seilles: 50 morti. -Tamines: 384.
-Dinant: 612.
Al termine della guerra furono celebrati 45 processi per crimini di
guerra. Non risultano condanne a morte. Il 12 l'esercito Austriaco invade la Serbia. A Sabak
gli abitanti di un paese intero vengono messi al muro
ma il 19 gli Austriaci sono costretti a riattraversare la Sava.
Il 20 agosto cade Bruxelles, il
23 Mons (Gli Angeli
di Mons l'isteria collettiva), il 25 i Tedeschi sono in Francia sulla strada più corta per
Parigi; il 3 settembre a
40 Km da Parigi mentre le pattuglie avanzate sono a 13 !!!. Il 5 settembre i Francesi
decidono di sferrare l'ultima controffensiva sulla Marna. Entrano in
linea i soldati che venivano vestiti ed armati sul momento; fra gli
altri 5.000 Marocchini ed altrettanti Tunisini coloniali che vengono accompagnati
al fronte dai taxisti di Parigi. La battaglia dura 4 giorni ed alla fine
il fronte si solidifica 100 km più indietro. I Tedeschi, che hanno
ormai perso i collegamenti con le retrovie, hanno esaurito la spinta
offensiva. Sulle trincee faranno la comparsa, d'ora in poi, gas ed agenti chimici
di varia natura.
La propaganda
Da un opuscolo edito dalla
associazione nazionale Trento e Trieste nel 1912 (approvato e sostenuto
dal Governo) sul Diritto del Trentino ad appartenere al Regno D’Italia.
Riepilogo del libro verde del 1866
….. Gli argomenti e i sentimenti di Visconti Venosta (min. Esteri) e di
Menabrea (nel 1866) sono stati dopo da allora dimenticati e disprezzati
dalla nostra diplomazia. Non importa qui dire se fu un errore o una
fatalità. Senza recriminare sul passato crediamo sia giunto il tempo,
anche per la diplomazia, di uscire da quell’oblio e di mutare quel
disprezzo in un vigile interessamento. L’Italia oggi può parlar alto: essa
non è più la Cenerentola della Triplice, ma per le prove che ha dato, è
divenuta una preziosa alleata. Nel giuoco delle competizioni
internazionali essa non deve quindi più rassegnarsi a una parte passiva,
ma porre a giusto prezzo il valore della sua fedeltà.
E nel momento in cui le nazionalità balcaniche si risvegliano, e le grandi
potenze, dopo aver tentato di galvanizzare quel cadavere che è la Turchia,
si apprestano a dividersene le spoglie, a noi pare di compiere opera
patriottica ricordando che oltre ai nostri interessi sull’altra sponda
dell’Adriatico, che naturalmente vogliamo difesi, noi abbiamo anche degli
interessi sulle Alpi, che vogliamo siano anch‘essi energicamente fatti
valere. Questa nostra volontà viene
non solo dal nostro pensiero, ma anche
dal nostro sentimento: e non ci sembra di diminuirci confessandolo. Se
finora il pubblico scettico ha accompagnato i1 nostro sogno coll’ironia, o
ci ha chiamati sentimentali, noi possiamo ora rispondergli dimostrando che
erano sentimentali, al pari di noi, uomini che si chiamavano Visconti
Venosta e Menabrea. Ciò che questi uomini vollero ma non poterono
ottenere, deve volere e può ottenere l’Italia d’oggi.
IL MINISTRO D’ITALIA PARIGI AL
MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI DI FRANCIA
NOTA VERBALE - Parigi 30 luglio 1866
Consentendo all’armistizio il
Governo italiano si è riservato di trattare nei negoziati di pace la
questione dei confini. Sotto questo titolo il Governo italiano farà,
valere i suoi reclami relativamente al Trentino Il Governo del Re spera
che l’imperatore (di Francia) e il suo Governo vorranno appoggiare questa
domanda. La riunione del Trentino al Regno è essenziale per l’Italia. Quel
territorio appartiene alla penisola etnograficamente geograficamente,
storicamente e militarmente (Uti possidetis)
L’Italia non domanda tutta
quella parte del Tirolo italiano che era annessa all’antico Regno d’Italia
sotto la denominazione di Dip. (alla francese)
dell’Alto Adige. Le sue domande si limitano esclusivamente alle
popolazioni italiane. Già nel 1848 Lord Palmerston in una lettera al sig.
Hummelhauer, proponeva di fissare il confine tra l’Italia e l’Austria in
una linea da tracciare tra Bolzano e Trento. Quelle popolazioni hanno le
stesse aspirazioni nazionali delle altre popolazioni del Veneto. Esse
parlano la medesima lingua. E’ dall’Italia che case traggono le loro
risorse. Se esse fossero separate da1 Regno d’Italia, si troverebbero
poste, come già la Savoia, tra una barriera di dogane al sud ed una
barriera di montagne al nord, e non troverebbero nelle loro gole rinchiuse
e poco fertili le stesse risorse che le popolazioni della Savoia trovavano
in un territorio più esteso e più fecondo.
Malgrado la cessione del Trentino l’Austria avrebbe ancora in sua mano le
migliori posizioni del versante meridionale delle Alpi, mentre quel
territorio permetterebbe tutt’al più all’Italia di fortificare Verona dal
lato della Germania a scopo di difesa Infine, l’Austria padrona del
Trentino, minaccia contemporaneamente il Veneto, Brescia e Milano, e si
mantiene sul lago di Garda.
La bandiera austriaca, continuerebbe a mostrarsi sulle rive di Salò e di
Desenzano come davanti a Peschiera. Questa questione è dunque estremamente
importante. Dal modo nel quale essa sarà risolta dipenderà in gran parte
lo stabilirsi di rapporti definitivamente amichevoli tra l’Italia e
l’Austria. (eravamo infatti arrivati fino qui alleandoci a
loro in rapporti comunque amichevoli benché la questione fosse stata
regolata diversamente)
E se fosse stata tutta un'altra
storia
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/schede/maneggifrancesi.htm -
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/sfera2.htm
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