UCRONIA - E' TUTTA UN'ALTRA STORIA
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Fino a Custoza e Lissa (1866) ogni slavo che fosse riuscito ad arricchirsi ed istruirsi diventava italiano*, dopo anche gli italiani cominciarono a croatizzarsi** |
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Questa ricostruzione prende spunto dall'affermazione soprastante, tratta dal libro "L'esilio" di Enzo Bettiza per ipotizzare una evoluzione storica diversa da quella ufficiale. In giallo l'ipotesi storica . |
*in questo caso si intende di cultura italiana, cosa ben diversa dalla patria o nazione: la Serenissima Venezia repubblicana era cosa morta e lontana ormai da troppo tempo. D'altronde come non capirli gli italiani che viravano i cognomi in Serbo-Croato**. Dove s'era mai visto che una nazione, facente parte di una coalizione vincente, si comprasse le terre contese (1866), cos'era la guerra un warrant. L'Italia come stato era una scommessa (dal futuro incerto), a fronte di un impero e dinastia che esisteva da centinaia d'anni (e dal presente certo).
"L'esilio", storia della famiglia Bettiza a cavallo tra le due guerre mondiali.
Bettiza è spalatino di nascita, padre dalmata di famiglia
dell'elite culturale italiana, e madre serbo-montenegrina.
Il territorio della Repubblica di Ragusa, ora Dubrovnik, comprendeva dal 1358
una sottile fascia della costa dalmata lunga 120 km e larga appena 5-10 km, che
si estendeva dalla foce della Narenta alla Punta d'Ostro presso l'imbocco delle
Bocche di Cattaro. Da un punto di vista amministrativo, la Repubblica era divisa
in tre capitanati e sette contee (Ragusavecchia, Jagnina e Sabbioncello-Canali,
Breno, Slano, Stagno, Lagosta, Meleda, Giuppana, Isola di Mezzo). Con la firma
della pace del 26 gennaio 1699 lo stato raguseo costituì un'enclave in
territorio turco diviso da striscie a sud e nord che la separavano dai territori
della concorrente e pericolosa Serenissima.
da Wikipedia: la
Repubblica ragusea riuscì comunque ad assistere alla fine della rivale veneta
(1797) e, salvo un breve intervallo asburgico, a questa (provincia veneta
dalmatica) venne assegnata da Napoleone nel 1806, dopo un assedio di un mese da
parte della flotta franco-montenegrina. Per quasi 3 anni Ragusa fece parte del
napoleonico Regno d'Italia (1806-1809). Gli ultimi residui di autonomia
scomparvero infine con l'annessione alle Province Illiriche sempre franco
dipendenti (14 ottobre 1809). Assegnata definitivamente all'Austria con il
Congresso di Vienna (1815), Ragusa fu unita alla Provincia della Dalmazia e
rimase fino al 1918 sotto il dominio diretto degli Asburgo. Tra le lingue usate
a Ragusa nell'ultimo secolo il croato (un dialetto štokavo con qualche
caratteristica čakava), il latino e l'italiano (la lingua letteraria e il
dialetto veneto). Spesso gli stessi autori scrivevano sia in croato che in
latino o italiano.
Dopo la vittoria dell'alleanza
Italo Prussiana del 1866, l'influenza dell'Italia nel Mediterraneo e
nell'Adriatico era fortemente aumentata. Quando alla fine del 1870 la Germania
regolava i conti con la Francia, noi potemmo completare indisturbati l'unità,
con la fine del potere temporale del Papa. L'Italia allora non si estendeva fino
allo spartiacque del Brennero, perchè solo l'italiana
Trento ci era stata
data dopo le vittorie di Garibaldi del 66, e parte del Friuli fino a Gorizia con
confine l'Isonzo sempre nel 66.
Trieste, per l'importanza strategica che rivestiva
all'interno dell'impero Asburgico, restava per ora irredenta. Il milione di italiani che viveva da qui a Ragusa
in Dalmazia continuava ad essere soggetto all'Austria senza particolari
legislazioni garantiste di minoranza etnica e linguistica. Fiume, in
particolare, era di competenza della nuova corona d'Ungheria, la seconda gamba
o testa dell'aquila asburgica. In questi territori al partito
italiano facevano culturalmente capo le altre minoranze jugoslave, come ai
tempi della ex Serenissima. Le amministrazioni locali erano tenute da
Italiani che, nel contempo, erano rappresentati al
parlamento di Vienna.
Rapporti con l’Austria. Già nel
1894, dopo che in Istria era stato imposto l’uso della lingua croata nelle
iscrizioni, con protesta degli irredentisti, CRISPI scrisse a NIGRA,
ambasciatore a Vienna e a LANZA, ambasciatore a Berlino.
Al primo scriveva: “L’Austria avrebbe potuto essere più prudente. Impero
poliglotta, la sua potenza verrebbe dal rispetto di tutte le nazionalità, delle
quali si compone lo Stato. E poi mi pare che codesto Governo si fidi troppo
degli Slavi, i quali tengono fissi gli sguardi a Pietroburgo. Si aggiunga che
l’opera di annullare la lingua italiana nelle opposte sponde adriatiche è
difficile, e con la violenza diviene impossibile. E’ più facile italianizzare
gli Slavi che slavizzare gli italiani!! . Se ella potesse dire una buona parola
a KALNOKY, farebbe opera saggia. Accordino agli italiani gli stessi diritti
accordati alle altre nazionalità e conserveranno la pace dell’impero "
Al Lanza scriveva: “La condotta del Governo Austriaco nell’Istria manca di
buon senso .... Quell’agitazione rende nel popolo sempre più antipatica la
nostra alleanza con l’Austria, che non è amata nel paese .... non mi si ponga in
condizioni da essere obbligato a dimettermi. Veda subito l’imperatore Guglielmo
e lo scongiuri ad interporsi perché cessi codesta questione delle lingue e si
rispetti l’italiana come la slava’ "
La politica italiana
di espansione coloniale, che si era
indirizzata verso l'altopiano Etiopico, favorita da Ras insofferenti
dell'autorità dispotica del Negus, dopo l'aiuto dato all'Inghilterra
nella guerra al Mahdi, si era arrestata agli altipiani abissini, con la
conclusione di un nuovo accordo politico commerciale con il
Negus nel 1894.
Dopo tale data nessun attrito venne più a interferire nei nostri
rapporti con l'Impero Etiopico. I buoni
rapporti con l'Inghilterra non avevano per ora messo a rischio quelli
bilaterali
con la Germania.
Non eravamo entrati nè nella Triplice Alleanza, nè nell'Intesa anche a causa del tentativo Francese di annettersi la Tunisia. Tentativo sfumato dopo lo schieramento della nostra flotta al largo di Tunisi. La recente guerra doganale con la Francia aveva guastato di molto i rapporti.
Il punto dolente della politica estera restavano i Balcani, tutt'ora controllati dall'impero Ottomano, che si andava sfaldando nelle nuova nazionalità. Gli accordi con l'ortodosso Zar prevedevano di bloccare l'espansionismo austriaco nella zona, favorendo l'indipendenza totale dell'Albania e del Montenegro (ortodosso). Nel 1908 nei Balcani, oltre all'Austria-Ungheria, (nel parlamento austriaco sedevano oltre agli stessi austriaci (241) minoranze di: Sloveni -23-, Polacchi -80-, Croati -13-, Ruteni -34-, Cechi (e slovacchi)-97-, Rumeni -5-, Italiani -19-, Serbi -3-) la situazione era la seguente:
Stati indipendenti: Grecia, Romania, Bulgaria (protettorato ottomano), Serbia, Montenegro.
Nazionalità non riconosciute o non protette con differenti posizioni in: Macedonia, Albania, Bosnia (protettorato austriaco). Se si esclude l'Albania e la Bosnia sono tutte ortodosse.
I tentativi, dentro e fuori l'Austria, di istituire nei confronti della minoranza italiana una serie di benefici che comprendevano anche scuole superiori ed università di lingua italiana, fallirono completamente, giungendo anche a scontri di piazza. Nel 1908 il protettorato sulla Bosnia si trasformava in occupazione definitiva, con l'opposizione di Italia, Russia, Serbia e Inghilterra. Il forte riarmo tedesco, specialmente in campo navale, portò ben presto a screzi con l'Inghilterra, regina indiscussa dei mari decisa a mantenere la sua supremazia. Nel 1911 l'occupazione del Marocco da parte della Francia, ci lasciò mano libera in Libia nonostante la contrarietà della Germania. Il parere contrario si trasformò ben presto in appoggio evidente a bande ribelli ed esercito ottomano comandato addirittura da Generali Tedeschi. La nostra azione nelle isole del Dodecanneso per chiudere il confronto, incontrò ben presto la netta ostilità della Germania, che stava intessendo con i Turchi accordi strategici militari. La politica di espansione economica, che fino a questo momento la Germania aveva attuato in Italia, (banche, industria pesante, assicurazioni etc..) ebbe termine. In medioriente si giocava però (tutti protagonisti) la grande carta dei trasporti (le grandi ferrovie) e del petrolio aprendo inconsciamente il futuro scenario del sionismo. All'Austria, per superare il sempre crescente problema degli Italiani, non restava che il trialismo (divisione dell'Impero Asburgico in tre regni: Austria, Ungheria e Jugoslavia). Il progetto e/o la mancata realizzazione di un nuovo regno slavo della Corona, comprendente Slovenia e Croazia ma anche Bosnia e forse Montenegro, (tagliando fuori le nazionalità italiane) avrebbe ben presto portato allo scoppio della Guerra. L'assassinio dell'Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo (28 giugno 1914), da parte di Gavril Princip armato dai Serbi (Mano Nera), fu la causa scatenante del primo conflitto mondiale. L'Arciduca in visita era già sfuggito quella mattina ad un attentato che aveva ferito due ufficiali. Sul suo percorso erano ben sei gli attentatori che dovevano intervenire. Quando chiese di andare in ospedale a visitare i feriti, il percorso scelto sul momento rimise l'Arciduca sotto il tiro di Gavril Princip. Qualcuno senti a Vienna l'Imperatore profferire queste parole " Un potere superiore ha ristabilito l'ordine che io purtroppo non ero riuscito a preservare " L'Arciduca aveva sposato una donna al di fuori delle corti nobiliari europee ed era stato costretto per questo a giurare che i suoi figli non sarebbero mai saliti al trono. Ciò indusse diversi storici a dire erroneamente che tutto il complotto era a conoscenza della polizia, e che, per ragion di stato, si dovesse compiere. Per la quinta volta Francesco Giuseppe nominava un nuovo erede nella persona dell'Arciduca Carlo andato sposo a Zita di Borbone Parma. "E' stato un gran sollievo!!!" lo si sentì concludere.
Il patto di reciproca alleanza, stipulato anni prima fra Austria e Germania, paesi in cui la democrazia parlamentare latitava, generarono un conflitto da cui l'Italia si tenne per il momento prudentemente fuori, a condizione che non venissero toccati gli interessi italiani nei Balcani, ed in particolare non venissero effettuati blocchi navali nell'Adriatico. Vari tentativi da parte Austriaca di assicurarsi la nostra alleanza, con la cessione di alcuni territori irredenti non andarono a buon fine. Per motivi precauzionali l'Italia, alla fine del 1914, inviò un corpo di spedizione in Albania, a fronte di minacce da parte Austriaca di occupare oltre alla Serbia anche il Montenegro della Regina Elena.
Un nuovo accordo commerciale con la Francia, apre la strada alla nostra emigrazione, per rimpiazzare gli operai e i contadini francesi richiamati alle armi. Le sorti del conflitto nei due anni seguenti, vanno di male in peggio per l'Intesa. Allo scoppio della rivoluzione russa del Marzo 1917, le sorti della guerra pendono inevitabilmente a favore degli Imperi Centrali. Gli Stati Uniti, che fino a quel momento si erano limitati a forniture strategiche, vengono coinvolti dopo l'affondamento di navi con cittadini americani a bordo e, successivamente, di trasporti battenti bandiera americana. Nonostante l'afflusso massiccio di soldati U.S.A. e di coloniali Inglesi e Francesi, le sorti del conflitto non si erano risollevate, causa anche la rivoluzione d'ottobre dei soviet in Russia che aveva decretato la fine effettiva delle ostilità. A spedire in Russia Lenin quell'anno, su un treno blindato, era stata proprio la Germania, dove la dottrina marxista aveva messo profonde radici. Nella primavera del '18 la Russia capitolava e accettava gli accordi di pace della Germania.
Nonostante l'Italia non fosse entrata nel conflitto, migliaia di italiani di cittadinanza austriaca, già combattevano da tre anni sulle navi e sui fronti Austriaci, come era loro obbligo o in campo avverso nella Legione Straniera Francese (17.000 uomini circa). I disertori, sempre più numerosi, o si rifugiavano in Italia o si davano prigionieri al nuovo regime sovietico. Le offerte da parte dell'Intesa e degli Usa con la Francia in prima fila (Restituzione di Nizza e Savoia) di riannessione dell'intero litorale dalmata fino a Ragusa, dei confini allo spartiacque del Brennero, di benefici territoriali nei Balcani, nonchè la spartizione delle colonie tedesche in Africa e di royalties nell'ex impero Ottomano, indussero gli italiani ad esaminare l'ingresso nel conflitto al fianco dell'Intesa entro la fine del 1917. Il 24 Ottobre del 1917, dopo che le forze austriache erano passate al contrattacco nell'Albania settentrionale, l'Italia dichiarava guerra all'Austria. L'esercito italiano, rafforzato dalla mobilitazione generale attuata per tempo, dallo sviluppo dell'industria militare sotto controllo inglese da due anni e dall'esperienza di tre anni di guerra dei nostri alleati, varcava i confini dell'altopiano carsico triestino per il primo obiettivo naturale: il porto di Trieste. La nostra marina blocca intanto i flussi navali nell'Adriatico, ed attacca le basi di Pola, Fiume e Buccari. Gli agitatori neutralisti, interventisti, irredentisti, nazionalisti, fra cui figurava un certo Mussolini, erano già stati ospiti per brevi periodi delle patrie galere e si preparavano, in cambio della libertà, a vestire la divisa. Mussolini, che dopo aver fondato un proprio giornale nel 1914, era ritornato a fare lo strillone all'Avanti, venne arruolato e ferito subito dopo. Al termine del conflitto tutte le richieste dell'Italia vennero soddisfatte. A Monaco di Baviera, la grande crisi economica seguita alla fine della guerra era stata causa di agitazioni fomentate da un austriaco, tale Adolf Hitler, pittore a tempo perso. Il pronto intervento della polizia e della legge avevano per ora chiuso il problema.
HITLER VIVE
Un'altra incredibile Ucronia sul post II
conflitto mondiale con due Italie e i bersaglieri che presidiano il confine
Toscano-Marchigiano della R.S.I
... Germans managed to stop
the Allied advance to outskirts of Monte Cassino,
and the frontlines in the mountains became stable. After various setbacks and
mounting casualties the Allies sifted their focus to the planning of the
upcoming invasion of Western Europe, a change of policy strongly demanded by the
Americans. Meanwhile the development of the new army of RSI faced many problems.
The extreme wing of fascists led by Ricci demanded a purely political fascist
army. He was opposed by Graziani who represented the conservatives royal to
Mussolini. In the end a compromise was reached when the regular army was
supplemented by the National Guard, Guardia Nazionale Repubblicana. This force
of 150 000 blackshirts was responsible for the internal security duties and
anti-partisan warfare.
In spring 1944 Civil War broke out in Italy. The communist Red Brigades
increased their recruitment efforts in Northern Italy and protested against the
RSI by strikes. Luckily for the RSI it´s enemies were too divided to form a
unified front since the power struggles soon turned to internal fighting between
the different anti-fascist factions. The Marxist Garibaldists fought not only
the Fascist ”Black Brigades” but also waged war against Socialistic ”Matteottes”
and Liberal ”Giustizia”-units. In July 1944 the Western Allies supported by
Italian partisans and ”Badoglite" volunteers managed to capture Rome. This
proved to be their last success in the Italian theatre of operations - after the
Treaty of Kirovograd the Allies soon lacked necessary numerical superiourity to
advance further northwards. The following summer was a repeat of the previous
one – again the partisans manned the hills and established numerous small ”free
states” to the countryside, and held out for few weeks or months until put down.
The cold winter and lack of supply were a serious challenge to many partisan
groups and often these volunteers ultimately simply returned to their villages
without making any fuss about it.
The frontlines remained stable and by the time of the armistrice in 1946 the
Western Allies were still in the Apennines in front of the solid German field
fortifications. In the peace of Zürich Vittorio Emanuele III gave up his crown and
Badoglio became the first Prime Minister of Democratic Republic of Italy. Yet he
refused to acknowledge the independence of RSI, and the Italian question was
left unsolved. The divided Italy became the symbol of the cold war....
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