Gli Estensi - Una dinastia per l'Europa
Francesco IV e V
Duca di Modena, Reggio, Guastalla (dal 1815), Massa Carrara (dal 1829) pretendente ai troni di

Francia, Inghilterra, Messico e Sardegna

Francesco IV

  Nel 1140 Corrado III assediò il castello del duca di Baviera Welf VI, a Weinsberg , spegnendo definitivamente le illusioni dei Welfen di diventare la dinastia "imperiale" germanica. Da questo ramo cadetto della famiglia Welf, avevano tratto origine gli Este che domineranno per oltre quattro secoli il nord Italia, stabilendo la sede del proprio governo prima a Ferrara e poi a Modena. Fu proprio Welf VI, battuto a Weinsberg da Corrado III, che ottenne da suo nipote Federico I, il Barbarossa, i possedimenti della Casa d'Este (Padovana).  A quasi un secolo dalla morte di Azzo II (996-1097), capostipite della famiglia, Obizzo I nipote di Azzo raccoglie nel 1184 l'eredità, materiale e politica degli Adelardi di Ferrara. Il primo figlio di Azzo II, (+1101) venne adottato dallo zio materno Guelfo (Welf) III al quale succedette come Duca di Carinzia, diventando nel 1070 Duca di Baviera. Ritornando al Barbarossa, gli estensi si qualificheranno come Guelfi (pro papa) contro i Torelli (Ghibellini pro imperatore) già nel 1240 ( http://www.italica.rai.it/rinascimento/parole_chiave/schede/1guelfo1.htm ). Altre terre verranno incluse nell’influenza della famiglia come la Tuscia e Spoleto ex Canossiane. Un altro rappresentante della famiglia, Enrico il Leone, fu spodestato nel 1180 sempre da Federico I il Barbarossa e confinato al dominio del ducato di Brunswick-Lünenburg, la cui linea dinastica salì al trono d'Inghilterra nel 1714 nella persona di Giorgio I di Hannover.

Francesco IV  Duca Habsburg-Este (d'Asburgo-Este) dal 1814 al 1846

  http://www.genmarenostrum.com/pagine-lettere/letterae/Este/ESTE-Linea di Montecchio.htm l'albero genealogico

Francesco V

Francesco V ultimo duca

  Matilda of Canossa married Welf V of Bavaria, from a family (the Welfs) whose very name was later to become synomynous with alliance to the popes in their conflict with the German emperors (see Guelphs and Ghibellines). This forced Henry to return to Italy, where he drove Matilda into the mountains. But again he was humbled before Canossa, this time in a military defeat in October 1092, from which his influence in Italy never recovered. The House of Welf (or House of Guelph) is a European dynasty that has included many German and British monarchs from the 11th century until the 20th century. ... Matilda's death of gout in 1115 marked the end of an era in Italian politics. She had no heirs and left her allodial property to the Pope, while Henry had promised some of the cities in her territory he would appoint no successor after he deposed her. In her place the leading citizens of these cities took control, and we enter the era of the city-states in northern Italy. In the 17th century her body was removed to the Vatican, where it now lies in St. Peter's Basilica. The story of Matilda and Henry IV featured in Luigi Pirandello's play Enrico IV.
     

- da Lezioni sulla storia di Modena tenute all'Univ. Popolare nell'anno 1905-1906 da Tommaso Casini -  note raccolte a cura di Vittorio Franchini  - tipo-lito-grafia Modenese, 1906

Casini Tommaso (Crespellano 1859- Bazzano 1917) ordinario di  Letteratura italiana presso l'Univ. di Padova e prima provveditore agli studi. (da Wikipedia: Tommaso Casini è antenato di Pierferdinando Casini)
 

L'Università Popolare
Il desiderio di diffondere il sapere tra i ceti meno abbienti, di non arroccarsi nei suoi propri privilegi, ma di fungere da stimolo propulsore per tutti coloro che desideravano ampliare le proprie conoscenze, è un tratto saliente della figura di F.L.P. L'impegno sociale e politico che P. profuse in quegli anni è testimoniato dal diretto coinvolgimento ad istituire e diffondere le Università Popolari. Se "i lavoratori del pensiero" dovevano prendere ad esempio i "lavoratori del braccio", come scriveva Pullè a proposito del Museo Etnografico, quasi a sancire una non diversità tra il lavoro intellettuale e quello manuale, a maggior ragione "i lavoratori del braccio" dovevano avere gli spazi e le possibilità di affinare le proprie conoscenze, in un inter-scambio continuo di cui beneficiava l'intera comunità. Le Università Popolari quindi come mezzo di divulgazione scientifica tra il popolo e di avvicinamento dell'alta cultura alla gente comune.
http://digilander.libero.it/fiammecremisi/approfondimenti/flpulleopere.htm

  Nicolò III, bastardo di Alberto I d'Este, gli succedette nel 1393 e morì nel 1441: per un intrigo che si collega al suo matrimonio con Giliola dei Carraresi, dovette restituire ai Bolognesi, i due castelli tanto contrastati di oltre Panaro, E dovette anche affaticarsi assai per domare frequenti ribellioni dei nobili di montagna: ma tutto ciò non valse a scuotere le basi del suo dominio, chè anzi dopo 5 anni di guerra, riuscì nel 1409 a riprendere Reggio (Emilia), compiendo così la restaurazione estense nell' Emilia e integrandola coll'aggiungervi i vicariati di Garfagnana e coll' ottenere nel 1433 dall'Imperatore Sigismondo III, una formale investitura di sovranità. Anche a Nicolò III, succedettero l'un dopo l'altro, tre suoi figlioli: Leonello, sino al 1450, principe umanista e gentil poeta d'amore; Borso, creato duca di Modena e Reggio dall'Imperatore Federico III nel 1452 e poi duca di Ferrara da Pio II nel 1471, l'anno stesso cioè della sua morte; ed Ercole I che nel lungo governo durato sino al 1505 sostenne una infelice guerra con Venezia perdendo Rovigo e conseguì almeno in parte la Signoria di Carpi. Con lui le sorti della casa d'Este entrano nei viluppi assai complessi della politica generale, e comincia per i suoi dominii una nuova storia. Tommaso Casini

Il ducato Ferrarese

Per tutto il secolo XVI il principato estense svolse la propria. azione, nella sede di Ferrara, come uno degli elementi più cospicui della vita pubblica italiana. Alfonso I, il marito di Lucrezia Borgia, tenne il ducato dal 1505 al 1534, orientando verso la Francia la politica di Casa d'Este: entrato nella lega di Cambrai contro Venezia, col fine prossimo di riconquistare Rovigo, vi restò contro il divieto di Giulio II che voleva staccarnelo; conseguenza immediata di ciò fu l'occupazione pontificia di Modena, la quale durò dall'agosto 1510 al giugno 1527, salvo una breve interruzione. quando nel 1511 ne ebbe il governo Vito de Furst, luogotenente imperiale. Questo periodo di dominazione pontificia, illustrato in una dotta monografia da Tommaso Sandonnini, va segnalato specialmente per la ferma e retta amministrazione del governatore Francesco Guicciardini, il grande storico, il quale, rimovendo abusi inveterati e frenando le violenze dei facinorosi, seppe affezionare alla Chiesa la popolazione Modenese in modo che questa fu sorda ai tentativi di Alfonso I, per riprendere la città. Meno buono fu il reggimento dell'ultimo governatore papale Filippo Nerli, sotto il quale le cose mutarono al punto che si ebbe un tentativo, non però riuscito, di restaurare 1'antico governo popolare, quando al grido di «trivelle, trivelle ». Benedetto Barbieri sommosse a questo fine la plebe. Era momento, ben triste per il papato, del sacco di Roma; e Alfonso I seppe cogliere l'opportunità venendo ad occupar Modena senza quasi incontrare resistenza: Carlo V. con la celebre sentenza del 1530 riconobbe solennemente la legittimità della dominazione estense su Reggio e su Modena. Ercole II succeduto al padre nel l534, marito di Renata fautrice anche tra noi di aspirazioni riformiste ed evangeliche, si destreggiò tra la Francia e la Spagna pure con più manifeste tendenze alla politica francese; e di Modena che visitò nel 1546, fu particolarmente benemerito per l'ampliamento della città mediante quella che fu detta addizione erculea e per le fortificazioni rappresentate dai sopravissuti bastioni (demoliti pochi anni dopo).

     

Laura Martinozzi

  - Borso    1450-1471 (Duke of Modena and Reggio from 1452, Duke of  Ferrara from 1471)
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Ercole I    1471-1505 (fratellastro) sposa Eleonora d'Aragona figlia del Re di Napoli
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Alfonso I   1505-1534 (figlio) sposa Anna M. Sforza poi Lucrezia Borgia
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Ercole II    1534-1559 (figlio) sposa Renata di Francia * figlia di Luigi XIII (sorella del Re Sole)
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Alfonso II   1559-1597 figlio sposa Lucrezia de Medici
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Cesare  1597-1628  cugino Cesare era figlio illegittimo e il titolo di Ferrara si trasmetteva solo per discendenza legittima. Ferrara quindi, come terra  non imperiale ritorna al Papato. Era figlio di Giulia della Rovere (figlia del Duca di Urbino Francesco). Ebbe 10 figli da Virginia de Medici
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Alfonso III 
(Ferrara 22 ottobre 1591-Castelnuovo Garfagnana, 24 maggio 1644)  figlio duca dal 1628 al 1629. Sposò a Torino il 22 febbraio 1608 Isabella di Savoia, figlia del Duca Carlo Emanuele I.  che amò sinceramente, tanto che alla sua morte per parto (ben il 14°) nel 1626 meditò di prendere i voti. L'11 dicembre 1628 morì il padre Cesare ed assunse il governo dello Stato, ma alla fine di luglio del 1629 dalla rocca di Sassuolo annunciò la sua abdicazione a favore del figlio Francesco I diciannovenne. L'8 settembre a Marano nel Tirolo svestì gli abiti ducali ed indossò il saio dei Cappuccini col nome di fra' Giambattista da Modena. I figli che sopravvissero oltre i 5 anni, Francesco (duca), Obizzo (1611-1644), Vescovo di Modena; Caterina (1613-1628), suora;Cesare (1614-1677); Carlo Alessandro (1616-1679); Rinaldo (1618-1672) Cardinale; Margherita (1619-1692), sposa di Ferrante III Gonzaga, duca di Guastalla, Filiberto (1623-1645); Anna Beatrice (1626-1690)

Renata di Francia -

 Ritratto di Girolamo Sellari

 

  Renata la calvinista: Non si sapeva o si voleva ignorare che Renata di Francia andata sposa a Ercole II il 28 giugno 1528 da anni coltivava la fede Luterana tanto da avere permeato di questo suo credo anche le figlie e molti dei cortigiani. Il feudo di Ferrara a differenza di quello di Modena era di investitura papale e alla fine di quel secolo verrà tolto agli estensi anche per altri motivi. Quando Da Roma si comprese il pericolo che presso una delle principali corti Europee che aveva dato e dava Cardinali alla chiesa si diffondeva il credo riformato si decise di intervenire subito. Nel 1551 Ignazio di Loyola mandava a Ferrara il rettore del Collegio romano, il gesuita Jean Pellettier, ma invano; nel marzo 1554 Renata - che da tempo non assisteva alle messe di corte - si oppose alla presenza delle figlie nelle cerimonie di celebrazione della Pasqua. Anche l'intervento dalla Francia non portò a nulla se non a un avvicendamento di pastori dell'una e altra fede quasi a sfidarsi in "singolar tenzone". Ad Ercole non rimaneva che chiudere la moglie in un'ala del castello e a fare formale abiura. Calvino cercherà invano di stabilire dei contatti con Renata mediante Ambrogio Cavalli: questi fu arrestato, condotto a Roma, processato e bruciato il 15 giugno 1556.
Dopo la morte di Ercole II, avvenuta nel 1559, Renata preferì abbandonare Ferrara per trasferirsi nel suo castello di Montargis in Francia; durante il viaggio, il 7 ottobre 1560 si fermò a Savigliano, presso la corte sabauda del duca Emanuele Filiberto, cercando invano di distoglierlo dall'intrapresa persecuzione dei valdesi. All'eretica, ancora viva nel 1570, verrà attribuita la disgrazia del terremoto che distrusse la città fra la fine del 1570 e l'inizio del 1571.
     

Laura Martinozzi (sopra) figlia di Laura Margherita Mazzarino sorella del Cardinale (sotto) sposa Alfonso IV d'Este. Per la sua bellezza era definita anche lei una "Mazzarinette". La bella figlia Maria Beatrice (più sotto) diverrà Regina d'Inghilterra anche se per poco tempo

  - Francesco I, il figlio (Modena 6 settembre 1610 - Santhià 14 ottobre 1658) Fu Duca di Modena e Reggio dal 1629 al 1658. Francesco I si sposò tre volte: la prima nel 1631 con Maria Farnese (1615-1646), figlia di Ranuccio I Farnese duca di Parma da cui ha 9 figli ma viventi oltre i 6 anni solo Alfonso d'Este IV  (1632) prossimo duca, Isabella d'Este (1635-1666) che sposa Ranuccio II Farnese Duca di Parma, Almerico d'Este (1641-1660),  Eleonora d'Este suora, Maria d'Este (1644-1684) sposa Ranuccio II Farnese rimasto vedovo della sorella. Dal secondo matrimonio con la sorella della prima moglie, Vittoria Farnese (1618-1649) non ebbe figli viventi, dal terzo con Lucrezia Barberini (1630-1699) nacque Rinaldo, Cardinale poi successore al trono come Rinaldo III.
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Alfonso IV
 (Modena, 1634 - 16 luglio 1662) è stato duca di Modena e Reggio dal 1658 al 1662. Nel 1655 sposò la contessa Laura Martinozzi  vedi sopra a sx) (Fano, 27/5/1639 - Roma 19/7/1687) nipote del Card. Mazzarino da cui ebbe tre figli:Francesco (1657-1658) morto in tenera età. Maria Beatrice d'Este (1658-1718) che sposa Giacomo Stuart, Duca di York, poi Re d'Inghilterra (vedi sotto). Francesco II d'Este (1660-1694). Duca dal 1662 al 1694 ma fino al 1674 sotto la reggenza della madre.
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Francesco II  1662-1694. Nel 1673 la madre Laura partì per Londra ad assistere al matrimonio della figlia Maria Beatrice con Giacomo Stuart, futuro re d'Inghilterra, ed al ritorno il figlio 14enne Francesco aveva assunto i pieni poteri. Francesco morì nella reggia di Sassuolo, a soli 34 anni. Non ebbe figli
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Rinaldo III (Modena, 25 aprile 1655 - 26 ottobre 1737) fu Duca di Modena e Reggio dal 1695 al 1737. Il 21 marzo 1695 papa Innocenzo XII accettò le sue dimissioni dalla carriera ecclesiastica consentendogli di succedere al trono di famiglia per preservare la casata d'Este al trono di Modena.
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Il figlio Francesco III (1698 – 1780),
duca di Modena dal 1737, sposò nel 1720 Carlotta Aglae d'Orléans (1700-1761), figlia del duca Filippo II d'Orléans, Reggente di Francia.

Card. Giulio Mazzarino

  - Ercole III duca dal  1780- al 1796  muore nel 1803 (ultimo della casata Estense deposto da Napoleone Bonaparte all'atto della creazione della Repubblica Cispadana)

 

Charles II (The King - opposed the conversion, ordering that  James's daughters, Mary and  Anne, be raised as Protestants.  Nevertheless, in 1673, he allowed James to marry the  Catholic Mary of Modena, a 15-year-old Italian princess. Many of the  English, distrustful of Catholicism, regarded the new Duchess of York as an agent of the Pope.

Carlo  II  si opponeva alla riconversione del fratello ordinando che le figlie di primo letto restassero protestanti, nondimeno nel 1673 acconsentì che il fratello James (futuro Re) sposasse la 15 enne cattolica Maria di Modena. I protestanti anglicani inglesi comunque considerarono sempre la Duchessa di York un agente infiltrato del Papa.....( Re Charles II (aboli il parlamento nel 1679) non ebbe figli dalla moglie Caterina di Braganza figlia del re del Portogallo) e la discendenza degli Este rivendicherà il trono d'Inghilterra per anni).  

Mary of  Modena

    IL TEMPO DI LAURA E DI MARY REGINA DI INGHILTERRA, SCOZIA E IRLANDA -- Gli Este nel '500 e '600

l'altra nipote del cardinale Giulio Mazzarino Maria Mancini

 

 

I GIORNI NOSTRI

Francesco IV d'Austria-Este

l'altra Maria (Mancini) cugina diLlaura e figlia di Geronima Mazzarino

 

Ercole III d'Este (anche noto come Ercole Rinaldo d'Este) (1727-1803), fu duca di Modena e Reggio dal 1780 al 1796. Nato da Francesco III d'Este * e da Carlotta Aglae d'Orleans, figlia del reggente di Francia Filippo d’Orléans, sposò nel 1741 Maria Teresa Cybo Malaspina, che gli portò in dote il Ducato di Massa e Carrara, ingrandendo così i domini estensi e dando loro uno sbocco al mare. Da Maria Teresa ebbe due figli, ma il maschio (Rinaldo) morì poco dopo la nascita nel 1753. La femmina invece, Maria Beatrice Ricciarda (n 1750-m 1829), auspice il nonno Francesco fu promessa sposa all'età di 3 anni e sposò (15 ottobre 1771) l’Arciduca d’Austria Ferdinando Carlo Antonio (figlio di Maria Teresa d'Asburgo imperatrice d'Austria, duca di Brisgovia e Governatore della Lombardia, carica che dividerà con il Ducato Estense), che garantirà così la continuità dinastica con la nascita del figlio Francesco (il futuro Francesco IV d'Austria-Este 6-10-1779 + Modena 21-1-1846). Maria Beatrice Ricciarda d’Este e l’Arciduca Ferdinando d'Austria ebbero numerosi altri figli e figlie. La primogenita Maria Teresa Giovanna (1773-1832) fu regina di Sardegna, avendo sposato Vittorio E. I di Savoia, mentre l’ultima nata, Maria Luisa, fu moglie dell’Imperatore d’Austria Francesco I, morendo peraltro a meno di trent’anni, nel 1816. Una terza sorella, Maria Leopoldina (1776-1848), andò invece in sposa a Carlo Teodoro di Wittelsbach, Elettore di Baviera.

     

Maria Beatrice Vittoria di Savoia - Adeodato Malatesta Accademia Militare Modena

Maria Beatrice Vittoria di Savoia

  Quanto ai maschi, Carlo Ambrogio (1785-1809), nato a Milano, come l'erede al trono Francesco IV  (dove il padre era governatore), recante il nome dei due Santi più cari ai Milanesi, abbracciò lo stato ecclesiastico e fu primate d’Ungheria, morendo poi giovanissimo di tifo. Il fratello Ferdinando (1781-1850) entrò invece nell’esercito austriaco. Assunto nel 1809 il comando dell’armata incaricata di proteggere la Galizia, batté i Polacchi a Raszym, occupando poi la stessa Varsavia. Dopo la fine delle guerre napoleoniche, l’Arciduca fu chiamato a ricoprire diversi importanti incarichi, conseguendo nel 1836 il grado di feldmaresciallo dell’ Esercito Imperiale. La nuova casata d'Austria Este (imposta da Vienna con successione per via femminile) si proponeva quindi con ampie credenziali, tanto che alla morte di Vittorio Emanuele I di Savoia, mancando in Piemonte un erede diretto, rivendicò al 2° Congresso delle Grandi Potenze in Verona (1822) l'abolizione della legge salica (niente donne nella linea di successione) che avrebbe favorito l'ascesa a quel trono di Francesco e della moglie Savoia, figlia di sua sorella. Nel 1812 Francesco IV aveva infatti sposato la principessa Maria Beatrice Vittoria di Savoia, figlia del re Vittorio Emanuele I di Sardegna e sua nipote (come detto) in quanto figlia della sorella Maria Teresa Giovanna. La proposta (appoggiata da parte austriaca dove non vigeva !!! la legge salica) fu naturalmente bocciata dagli altri paesi europei. La casata vantava anche diritti sulla corona inglese per il matrimonio di Maria d'Este con l'ultimo Stuart (Giacomo) in analoga situazione senza eredi. 
     

Maria Beatrice Ricciarda copia di Adeodato Malatesta. Modena, Accademia Militare

 

LA VENDITA DI DRESDA
 

  La prima figlia Maria Teresa Beatrice sposa il conte di Chambord Enrico V d'Artois capo dei Borbone Francia, eredi al trono francese (da qui forse l'astio degli Estensi verso Napoleone III, definito l'usurpatore, che non verrà mai riconosciuto e che lui ricambiò vedi sotto). Dopo la parentesi napoleonica, la sua politica di repressione portò nei moti del 1821 e 1831 a diverse condanne a morte tra cui quella di Ciro Menotti. Sua la proposta di costituire in Italia un Ispettorato di Polizia, una specie di Interpol soprannazionale, poi fallita. Dal 1829, con la morte della madre, venne l'acquisizione di Massa e Carrara che garantiva quello sbocco al mare che era stato perduto nel 1598, con la devoluzione di Ferrara allo Stato della Chiesa. Si trattava di una dozzina di chilometri di costa, le cui difese furono potenziate nei primi anni '30 da Francesco IV con la costruzione dei fortini “Maria Beatrice”, “San Francesco” e “Speranza”, questi ultimi due ancora oggi in parte conservati. L’accesso al mare determinò anche la formazione, a partire dal 1841, di una piccola flotta mercantile, composta di legni di limitato tonnellaggio ed impegnata principalmente nel trasporto del marmo. Nel 1857 la marina mercantile estense contava una quarantina di unità, per una stazza complessiva di 1392 tonnellate.
*Il padre di Francesco, Rinaldo (ex cardinale e figlio di una Barberini), gli organizza, in vista  di un accostamento alla Francia, il matrimonio con l’esuberante e capricciosa Carlotta Aglae figlia del potente reggente di Francia Filippo d'Orleans. Le nozze furono quanto di più inopportuno potesse combinare. Carlotta, costretta a lasciare la  brillante vita di Parigi e i suoi avventurosi amori, si trovò soffocata dall‘austero grigiore della corte modenese. Si succedettero inevitabili malumori, liti, tempeste, e il severo Rinaldo isolò la coppia a Reggio Emilia, nel cui territorio tuttavia Carlotta riuscirà a costruire la splendida reggia di Rivalta, una mini Versailles, ora praticamente scomparsa. Sprazzi di sereno si aprono ad intervalli, specie con la nascita di una bella nidiata di figli, fino al ritiro in Francia della duchessa: una specie di “divorzio all‘italiana” vivacizzato anche dalle amanti di Francesco. Prima però, quando questo subentra al padre (1737), anima di feste e di ricevimenti anche la corte di Modena, con brio e novità di moda squisitamente francesi. Francesco III nondimeno, oltre a continuare gli abbellimenti del Palazzo Ducale (si deve a lui la commissione del Salottino d’oro) apre agli studiosi la biblioteca, ricca di preziosi codici miniati e di libri rari. Durante la guerra di successione austriaca, per rinsanguare le finanze dello Stato vende per 100 mila zecchini d’oro il fior fiore della sua quadreria ad Augusto III Grande Elettore di Sassonia e re di Polonia. Prendono così la via di Dresda Correggio, Tiziano, Veronese, Rubens e tanti altri grandi maestri (100). http://www.sassuolonline.it/dominioestense.htm 

1598: il duca Cesare d’Este è costretto a cedere Ferrara al Papa e si ritira a Modena che diviene la nuova capitale. Inizia così la lenta dispersione poi ricomposizione dell’enorme patrimonio artistico accumulato in due secoli a Ferrara. Spettò a Francesco I, al governo dal 1629 al 1658 il ricomporre le collezioni avvalendosi di consiglieri esperti. Fece ricostruire e ampliare il vecchio castello di Modena per mano di Bartolomeo Avanzini e costruire la reggia estiva di Sassuolo. Commissionò e ricercò sul mercato dipinti dei maggiori artisti come Reni, Guercino, Albani, Salvator Rosa. E pur di ampliare e rendere più prestigiosa la sua collezione non esitò a depredare le chiese in cui si trovavano dipinti di valore come la celeberrima Notte del Correggio, sottratta alla chiesa reggiana di San Prospero e La fuga in Egitto dalla chiesa di San Francesco. La Galleria Ducale raggiunse a metà 600 il massimo del suo splendore ospitando capolavori pittorici di artisti quali Correggio, Dosso, Garofalo, i Carracci, Rubens, Veronese, Tiziano. Per merito di Cesare Ignazio d’Este, consigliere del duca e fervido appassionato d’arte, nel 1681 fu comprata la quadreria del conte Prospero Toschi, fra cui si contavano altre tele del Guercino. Sotto Francesco III, duca dal 1737 al 1780, Antonio Consetti allestì la quadreria nei modi propri delle raccolte principesche europee. Nel 1712 un estimatore di cose d’arte, Augusto II di Sassonia (detto Il Forte per il vizio delle donne), visitò la Galleria Estense e ne conservò "invidiosi ricordi" e a distanza di anni il figlio avviò le trattative per acquisirla almeno in parte, potendo contare sui debiti che gravavano ora su Francesco III d'Este. Il grande elettore di Sassonia (Dresda) si era arricchito con la scoperta della porcellana europea che aveva mandato letteralmente sul lastrico diversi regnanti. Fu così che "li 6 luglio 1746 cinque carrozzoni, coi 100 quadri più famosi, abbandonarono l’Italia, e s’incamminarono verso Dresda", ceduti in cambio della ragguardevole cifra di 100.000 zecchini d’oro. La vendita di Dresda rappresentò la perdita più tragica e dolorosa nella storia della Galleria e dell'Italia. Ercole III, duca dal 1780 fino all’invasione francese, perlustrò chiese, palazzi e castelli dei suoi stati e la collezione finì per ricontare circa 400 dipinti, una cospicua quantità di cammei, medaglie, bronzi, circa 300 disegni e 10.000 stampe, ma non del valore della vendita. Questa volta era il turno dello spedizioniere Napoleone e le opere lasciarono di nuovo Modena per il Louvre (Parigi). Alcuni dipinti furono poi restituiti (in altri termini è la rappresentazione locale di un declino rapportabile ad oggi ad un paese che perde i suoi pezzi migliori senza bisogno che glieli rubino e men che meno che li paghino). Nel 1803 il casato ereditò gran parte della collezione del marchese Tommaso Obizzi, discendente di una famiglia aristocratica rimasta fedele agli Estensi; il patrimonio in parte finì nella Galleria Estense, in parte andò a Vienna. Era destino. Nel febbraio del 1945 quando il bombardamento alleato di Dresda rase al suolo la città molte opere non si salvarono e altre sparirono all’arrivo dei soldati Russi. Il destino non si ferma mai.

Adelgonda Augusta Carlotta di Baviera, Adeodato Malatesta. Modena, Galleria Estense.

*Carlo aveva sposato Zita di Borbone Parma,  figlia di Roberto I ultimo duca di Parma e di Maria Antonia di Braganza,  ed avevano avuto 8 figli. Il primogenito Francesco Giuseppe Otto subentra al padre nel titolo imperiale (in esilio) mentre il terzogenito Roberto Carlo nato nel 1915 gli subentra in quello di Parma.  La successione completa nella SCHEDA CARNEADE DI "ZITA DI BORBONE L'ULTIMA IMPERATRICE"

 

Francesco V (Modena 1-6-1819 + Vienna 20-11-1875)

Arciduca d'Austria, Principe Reale d'Ungheria e Boemia, per la grazia di Dio, Duca di Modena, Reggio, Massa Carrara, Guastalla, Principe di Carpi, Mirandola e Concordia. 

Francesco V nato a Modena regnò dal 1846 al 1859, morendo poi esule a Vienna. E’ sepolto nella cripta dei Cappuccini di Vienna. ( Kaisergruft (Kapuzinergruft) http://www.kaisergruft.at/ ancor oggi meta di omaggi floreali dei suoi ex sudditi). Francesco V sposa Adelgonda Augusta Carlotta di Baviera figlia di Luigi I, dalla quale ebbe solamente una bambina, Anna, morta a un anno nel 1849. Appassionato viaggiatore, visitò la Germania, l’Olanda, la Terrasanta. Non minore era la passione del Duca per lo scrivere e una notevole competenza in campo militare che gli derivava dall’aver comandato in prima persona, nel triennio 1843-46, l’Esercito ducale anche coi servigi dello zio Ferdinando, che tra l’altro si occupò del riordinamento dell’esercito modenese dopo le campagne dallo stesso sostenute nel 1815, prima contro i Napoletani di Murat e poi in Francia. E fu proprio l’Arciduca ad affrontare, nelle tempestose giornate del 1848, la delegazione rivoluzionaria capeggiata da Giuseppe Malmusi che reclamava l’immediata costituzione della Guardia Civica. Francesco V, dopo aver abbandonato Modena il 21 marzo 1848 rientrò in città il 10 aprile 1849, quando gli austriaci ritennero, dopo la sconfitta di Custoza, che la situazione si fosse normalizzata. Ristabilitosi il governo estense, nel 1849, alla ripresa della lotta tra Austria e Piemonte, Francesco V si rinserrò a Brescello e dopo la sconfitta delle armi piemontesi a Novara recuperò dal governo rivoluzionario della Toscana le vecchie terre che questi si era riannesso nel maggio 1848. Il sovrano emanò anche alcuni provvedimenti costruttivi, ma il concetto di Unità d'Italia e le idee libertarie ormai andavano radicandosi non solo nel cuore delle popolazioni ma anche in coloro che detenevano cariche pubbliche. Francesco V cercò anche di dare concreta attuazione alle sue idee confederali, già fallite nel 1848, avviando nuove trattative nel 1850-51 con i vari governi della penisola. Ma qui trovò nette opposizioni dalla stessa Austria. Francesco V allargò ulteriormente il ducato con una serie di acquisizioni: nel 1850 furono acquisiti Rolo e parte del territorio di Gonzaga, ceduti dall’Austria a fronte della limitazione della giurisdizione ducale sul tratto di Po prospiciente lo Stato Estense, la quale in precedenza si estendeva fino all’opposta sponda lombardo-veneta ostacolando i progetti imperiali di libera navigazione sul fiume. Prima (1847) vi era stata l'acquisizione di tre vicarie garfagnine già lucchesi e le terre lunigiane di Fivizzano, Calice, Albiano e Terrarossa, in base al trattato di Firenze del 1844 (anche dette "Frazioni territoriali distaccate" del Compartimento Pisano del Granducato di Lorena), e Guastalla il 7-1-1848 da Parma. Nei tredici anni del suo regno, in complesso alquanto più travagliato di quello del padre, l’ultimo Duca di Modena affrontò con scrupolo e decisione le diverse crisi cui si trovò a dover far fronte. Si giunse così al fatidico anno 1859. Il duca Francesco V che non aveva saputo cogliere il mutare degli eventi si trovò in balia di se stesso e non trovò di meglio che disporre le poche truppe fedeli a parziale difesa con scarso concorso di quelle austriache. Le forze alleate ebbero però il sopravvento a Magenta e il duca spaventato abbandonò Modena la mattina dell'11 giugno 1859 alla volta di Mantova accompagnato dalla sua Brigata (oltre 3500 soldati fedeli ) prima che gli austriaci facessero saltare i ponti sul Po. Modena rimasta libera passò nelle mani di Luigi Carlo Farini governatore straordinario di Vittorio Emanuele II.

I PLEBISCITI E LA GESTIONE COMMISSARIALE (decisi a tavolino)

La "Brigata Estense". 4 anni dopo (24 settembre 1863), si scioglieva a Cartigliano, nel Veneto: ben 1.111 uomini (156 ufficiali e 955 militari di truppa) su 2.722 effettivi chiesero ed ottennero di entrare a far parte dell'Imperial Regia Armata. I rimanenti furono congedati e molti rientrarono nel territorio dell'ex Ducato. A Francesco V, disoccupato, venne anche offerta la corona del Messico che rifiutò (fu una fortuna perché Massimiliano d'Asburgo vi verrà poi ucciso). Francesco nominò erede suo cugino l'arciduca Francesco Ferdinando erede al trono viennese che fu assassinato a Sarajevo il 28 giugno 1914 ed i suoi diritti dinastici, sia dell'Impero che del Ducato di Modena non furono trasmessi ai figli di Ferdinando perché nati da matrimonio morganatico. L'imperatore Francesco Giuseppe trasmise allora i diritti estensi all'arciduca Carlo *(futuro Imperatore) con brevetto datato 31 ottobre 1914. Diventato Imperatore dopo la morte di Francesco Giuseppe (21 novembre 1916) Carlo si trovò in una delle condizioni previste da Francesco V (avere altri incarichi) per la perdita dei titoli estensi che trasmise quindi, al terzogenito arciduca Roberto ed alla sua morte (7 febbraio 1996) passarono per successione diretta al figlio arciduca Lorenzo, de jure attuale Duca di Modena.

Il 20 di dicembre del 1858 il Conte di Cavour aveva chiamato in segreto convegno Garibaldi e gli comunicava in confidenza questo disegno: un'insurrezione era preparata nei ducati (modena): verso il 1o di aprile Massa e Carrara inizierebbero il movimento; due bande di volontari irromperebbero contemporaneamente da Lerici e da Sarzana: Garibaldi doveva spalleggiare la rivolta e capitanarla. Nello stesso tempo un battaglione di bersaglieri, dei migliori elementi della guardia Nazionale di Genova, si doveva organizzare in quella città, e sarebbe il primo nucleo delle forze popolari destinate a fiancheggiare colla rivoluzione l'esercito regolare. Garibaldi applaudì alla proposta e diede senza restrizione la sua adesione; e lieto che ormai la guerra dell'indipendenza era davvero imminente, si ridusse di nuovo nella sua isola di Caprera. Ma l'accalcarsi crescente dei volontari in Piemonte, consigliò il Conte di Cavour di pensare ad altro mezzo per potere più efficacemente trar profitto di Garibaldi. Infatti il 2 marzo 1859 il generale fu chiamato a Torino dal Re. Le parole di quel dialogo tra il Re Galantuomo e l'eroe popolare andarono perdute; ma il senso ne fu presto palese. Gli si volle dare una parte più diretta ed importante sul teatro della guerra. Tornato Garibaldi a Genova, convocò i suoi più intimi, Medici, Sacchi, Bixio e diede loro quest'annunzio: "Ho veduto Vittorio Emanuele; credo che il giorno di ripigliare le armi non sia lontano; state pronti; io spero di poter fare ancora qualche cosa con voi"! Fu deciso di ordinare tutta quella valorosa gioventù—che da ogni regione della penisola conveniva in Piemonte—in corpi speciali, che stessero a fianco dell'esercito, come rappresentanti dell'elemento popolare e rivoluzionario di Italia, disciplinati in ordinata milizia, ubbidienti al suo capo, e soggetta al Comando supremo (erano i Cacciatori delle Alpi comandati da Garibaldi). dalle memorie di Augusto Elia

LETTERA DEL CONTE CAVOUR AL GEN. ALFONSO LA MARMORA, MINISTRO DELLA GUERRA E MARINA DEL RE DI SARDEGNA
Baden 24 luglio 1858
Caro amico
Ho creduto debito mio il far conoscere senza indugio il risultato delle mie conferenze coll'imperatore al Re. Ho quindi redatta una lunghissima relazione (40 pagine circa) che spedisco a Torino ad un
addetto alla Legazione del Re a Berna. Desidererei molto che il Re se la facesse leggere, giacché mi pare di avere in essa riferito quanto di notevole mi disse l'Imperatore in una conversazione che durò poco meno di otto ore.
Non ho il tempo di ripeterti ogni cosa: tuttavia in massima ti dirò che si è stabilito:
l° Che lo Stato di Massa e Carrara sarebbe causa o pretesto della guerra;
2° Che scopo della guerra sarebbe la cacciata degli Austriaci dall' Italia: la costituzione del Regno dell'Alta Italia, composto di tutta la valle del Po, delle Legazioni e delle Marche;
3° Cessione della Savoia alla Francia. Quella della contea di Nizza in sospeso ......

Ci sedemmo dalla parte del torto, perché da quella della ragione non c’era più posto  (B. Brecht)

Lettera di Cavour a Vittorio Emanuele
...."La mia posizione diventava imbarazzante, perché io non avea più nulla di ben determinato da proporre. L’Imperatore (dei Francesi) venne in mio aiuto, e noi ci ponemmo a percorrere insieme tutti gli Stati dell’Italia, per cercarvi questa cagione di guerra così difficile a trovarsi. Dopo aver viaggiato inutilmente in tutta la Penisola, giungemmo senza badarci a Massa e Carrara (Estensi): e là scoprimmo quello che cercavamo con tanto ardore. Avendo io fatto all’Imperatore una descrizione esatta di quel disgraziato (?!) paese, del quale per altra parte egli aveva un concetto assai preciso, noi restammo d’accordo che si provocherebbe un indirizzo degli abitanti a V.M. (Vostra Maestà) per chiedere protezione, ed anche per reclamare l’annessione di quei Ducati alla Sardegna. [...] Vostra Maestà non accetterebbe la proposta dedizione; ma, prendendo le parti delle popolazioni oppresse, rivolgerebbe al Duca di Modena una nota altera e minacciosa. Il Duca (Modena), forte dell’appoggio dell’Austria, risponderebbe in modo impertinente, in seguito a ciò V. M. farebbe occupare Massa, e la guerra incomincerebbe. Siccome il Duca di Modena ne sarebbe la cagione (!!!), l’Imperatore pensa che la guerra sarebbe popolare non solamente in Francia, ma anche in Inghilterra e nel resto dell’Europa; poiché quel Principe a torto o a ragione, è considerato come il capro emissario del dispotismo. D’altra parte il Duca di Modena, non avendo riconosciuto alcun Sovrano di quelli che regnarono dopo il 1830 in Francia, [...] l’Imperatore ha meno riguardi da osservare verso di lui che non verso qualsiasi altro Principe.

Adelgonda Augusta Carlotta di Baviera

  (era chiaramente in punta di diritto una guerra di aggressione da parte piemontese neanche troppo bene mascherata)   

 

La bandiera: è costituita dal grande stemma Austro-Estense che a sua volta è divisa nel seguente modo: 1° partito Ungheria Antica e Moderna, 2° Boemia 3° Milano e Venezia, 4° Galizia e Lodomiria, lo scudetto centrale Austro-Estense.

LA BRIGATA ESTENSE

Gli eserciti dell’800, lo sappiamo, erano su base volontaria e anche un grande impero come l’Austria non poteva permettersi di schierare formazioni illimitate. Se a questo si aggiunge che ai soldati era anche demandato il mantenimento dell’ordine pubblico nelle lontane province si desume che le masse manovrabili erano molto ma molto limitate ed un concentramento contro un pericolo imminente richiedeva diversi mesi. Non sorprende quindi che anche di fronte al piccolo Piemonte la prima reazione fosse quella di chiudersi in difesa o dentro fortezze in attesa, se ci passate la parola, di certezze. Nel 1859 quando Napoleone III scese dalla Francia gli Austriaci ebbero tutto il tempo per mettere insieme una armata, ma non sufficiente da battere Italiani e Francesi uniti, poiché le frontiere, le etnie e i minacciosi vicini ( Russia, Turchia e Germania) andavano presidiati. Il ducato di Modena, suo satellite non faceva differenza. Gli uomini disponibili a malapena coprivano la bisogna e non erano di alcuna utilità nei grandi conflitti. Quando nell’estate del 1859 venne steso il preliminare dell’armistizio, voluto da Napoleone III, l’accordo era che i Duchi di Toscana e Modena tornassero sui loro troni. Unica limitazione, non con la forza e con una amnistia generale. Tutto questo nei preliminari, poiché nella versione definitiva ciò era sparito. I piemontesi erano stati compensati dalla mancata acquisizione del veneto con il Ducato di Parma e Piacenza e la cosa doveva finire li. Ma dai primi di maggio al 4 giugno della Magenta francese era intercorso un mese, durante il quale anche il piccolo esercito modenese aveva preso a muoversi  nell’ambito di una incerta strategia austriaca. Gli austriaci subito entrati in Piemonte (arrivarono a 50 km da Torino) non cercarono mai lo scontro col grosso dei piemontesi che aspettavano i francesi. Una parte dei francesi sbarcati a  Genova con volontari raccolti in Lunigiana e Garfagnana aveva intanto preso la strada degli Appennini costringendo il Duca a sbarrare le valli padane del Secchia e del Panaro per intercettarli, ma mai venendo allo scontro fisico vero e proprio, per deficienza della forza. Ad un primo aiuto consistente susseguì il completo abbandono da parte di quei pochi battaglioni austriaci inviati.

…. il "Bollettino Ufficiale della guerra", N. 8, in data 30 aprile, inserito il 2 corrente nella "Gazzetta Piemontese", foglio ufficiale di quel Regno, dichiarava essere state quelle forze spedite contro una colonna di truppe estensi che minacciava quelle popolazioni, ed averlo fatto, perché il Governo del Re "si considerava in istato di guerra col Duca di Modena".

 
     

IL VECCHIO STEMMA DEL DUCATO

  Il Duca precisò "Consci dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini di non aver mai fornito alcun legittimo pretesto al Governo sardo di ammettete per parte sua una così fatta -considerazione, dopo averla constatata ingiusta, dobbiamo anche dichiararla contraria ad ogni analoga consuetudine internazionale. I rapporti infatti tra il nostro Governo ed il Governo del Re sussistevano ancora come per lo passato: il Ministro Plenipotenziario di Sardegna non aveva cessato di essere accreditato presso di Noi; le Convenzioni di Commercio postale e telegrafica erano sempre osservate da una parte e dall'altra; la pace adunque non era rotta per alcun modo, e lo stato di guerra non esisteva quando il Governo del Re di Sardegna inviava i propri Commissari e le proprie truppe sul territorio estense. …. Di fronte quindi a un così aperto attentato contro il diritto delle genti, a una così flagrante violazione dei Trattati, alla usurpazione a mano armata ed in piena pace di un territorio che ci appartiene per diritto di eredità ed in forza dei Trattati, dobbiamo a Noi stessi, dobbiamo ai nostri sudditi fedeli, e a quelli ancora che perfidamente fossero stati traviati, il protestare altamente, come effettivamente protestiamo colle presenti, contro ogni atto del Governo sardo e de' suoi agenti dal giorno 28 dello scorso aprile in poi, giorno della loro violenta intrusione nel Nostro Stato. Protestiamo inoltre contro le conseguenze tutte deducibili degli atti stessi, e contro le qualsivogliano usurpazioni ulteriori, che fossero per proseguirsi in danno nostro e dei nostri fedeli sudditi. … facciamo un franco appello alle Potenze amiche e segnatarie dei trattati del 1815, perché nella loro giustizia e nel comune interesse dell'osservanza dei patti solenni d'Europa, portino sulla situazione da Noi segnalata ogni più pronto ed efficace provvedimento. Da Modena, 14 maggio 1859.

Lo stemma dei Ducato di Modena, costituito dall’arma originaria di Casa d’Este e da altri simboli aggiunti nel corso dei secoli, é inquartato: nei 1 e 4 doro all’aquila bicipite di nero (Sacro Romano Impero); nel 2 e 3 di azzurro a tre gigli d’oro (Regno dl Francia) con la bordura inchiavata di rosso e d’oro; sul tutto un palo di rosso col gonfalone dl Santa Romana Chiesa d’oro; sul tutto del tutto uno scudetto d’azzurro, all’aquila col volo abbassato d’argento, rostrata, membrata e coronata d’oro (che è l’antica arma degli Estensi).
I gigli di Francia, racchiusi da un bordo dentato metà di rosso e metà di oro usato come brisura, furono concessi agli Estensi, come simbolo dl particolare favore, dal re Carlo VII con diploma del l gennaio 1431, e furono originariamente posti nel 1 e 4 quarto. Di lì a pochi anni, però, il duca Borso d’Este ottenne anche la concessione dell’aquila imperiale (18 maggio 1452) e la pose ai posto del gigli, spostandoli nel 2 e 3 quarto. Nel 1471, poi, l’arma dl Casa d’Este si arricchì ulteriormente per la concessione che il pontefice Sisto IV fece al duca Ercole I delle insegne della Chiesa (le chiavi sormontate dal Triregno), poste dapprima nel capo e poi in un paio attraversante sull’inquartato. Cosi, avendo dovuto far posto via via a tante importanti concessioni, l’aquila estense si ritirò nel centro dello scudo, venendo posta sopra tutte le armi di concessione., e tale posizione mantenne fino alla fine dello Stato Estense nonostante l’innesto di sangue Asburgo che non alterò lo stemma tradizionale ma vi aggiunse solo le insegne del Toson d’Oro Austriaco.

 

Le minacce dell’alto comando imperiale di ritirare poi l’unico ponte di barche su Po affrettò la marcia della Brigata da tutte le caserme verso il Po. Un provvedimento di 5 anni prima aveva allargato il numero dei coscritti con una leva semiobbligatoria. La forza ufficiale doveva essere di 13.000 uomini ma nessuno toccò mai con mano questa consistenza. Queste leve prolungate (6 anni) richiedevano comunque mezzi e denaro difficilmente reperibile nelle economie d’allora. La provincia ducale, in mano a quel Farini, che verrà poi dichiarato pazzo, non fece molti progressi in senso risorgimentale. Si disse che molte carte di stato portate come accusa a carico di dispotismo e malgoverno finissero per documentare un buon governo difficilmente reperibile in Italia in quel momento e in futuro. I giovani cadetti dell’esercito modenese venivano preparati in una nuova scuola accademia (1852) che diverrà poi l’istituto ufficiale del regno d’Italia. La minaccia di un rientro armato rimase sospesa per diversi mesi, tanto da convincere non pochi giovani modenesi ad attraversare il Po per andare ad ingrossare le fila della Brigata. Con il plebiscito delle legazioni emiliane della primavera del 1860 il  caso era chiuso. Nel volgere di pochi anni i fondi austriaci vennero a mancare e lo stesso duca doveva pagare di tasca propria i soldati. Il termine ultimo del 31 ottobre 1863, concesso per lo scioglimento, venne anticipato di un mese. Il duca, nella cerimonia avvenuta in Cartigliano Veneto, decorò ognuno dei suoi fedeli soldati con la cosiddetta medaglia dell'emigrazione coniata in bronzo e raffigurante da un lato la sua effige e dall'altro l'iscrizione: FIDELITATIS ET CONSTANTIAE IN ADVERSIS. Nel pomeriggio del 24 settembre 1863 in Bassano, il generale Agostino Saccozzi comandante della brigata, molti ufficiali ed un reparto composto da granatieri del 1° e 2° Battaglione di linea si recarono nella casa dove alloggiavano il Duca Francesco V e la Duchessa Adelgonda per consegnare nelle mani del Sovrano le bandiere che come disse avrebbe conservato sempre con se senza perdere la speranza di poterle dispiegare nuovamente un giorno fra i suoi fedeli soldati. Questo fu l'ultimo atto ufficiale dell'esercito del Ducato di Modena. Degli uomini, che neanche con l’ultima amnistia del 1866 rientrarono, si persero le tracce e diventarono probabilmente capostipiti di quelle decine di ufficiali col nome così tipicamente modenese e italiano che troveremo sui fronti della grande guerra

VIA DAL DUCATO

Ordine del giorno

Soldati!

"La campagna prevista da qualche tempo è incominciata. Il vostro Sovrano è colle fedeli sue truppe per dividere con esse la sorte della medesima, e per difendere i diritti suoi più sacri contro l’indegna violenza d’uno straniero conquistatore, e della rivoluzione di cui si fece capo.

"Soldati! Voi mi avete dato nei mesi scorsi in mezzo a mille tentativi di seduzione prove della più inconcussa fedeltà; alcuni indegni tra voi hanno mancato al loro dovere: voi avete veduto in un paese vicino mancarne altri in maggior numero e divenire spergiuri; ciò non ostante voi siete rimasti fedeli.

"Verrà giorno in cui il mondo vi renderà giustizia esso pure; la vostra coscienza e la parte più onorata della società ve la rendono fin d’ora.

"Soldati! Io confido dunque doppiamente in voi nei presenti giorni, che sono di prova bensì, ma che potranno essere insieme giorni di gloria.

"Cedendo al numero, ci ripiegheremo intanto sul Po, pronti a combattere l’inimico, dove le circostanze l’esigessero, a fianco della fedele e prode I. R. armata austriaca, nostra alleata.

"Accompagnati dai voti di ogni uomo onesto, potremo, a Dio piacendo, in breve riavere il perduto, e voi, dopo sostenute onorate fatiche godere in seno dei vostri della quiete e dell’ordine, al ristabilimento del quale potrete gloriarvi di aver contribuito a costo ancora del vostro sangue.

"Modena, 10 giugno 1859.

"Francesco".

Il giorno successivo , l'11  Giugno 1859 Francesco V° all'alba lasciava le terre del Ducato di Modena 

"Soldati!
"Il nemico minaccia di penetrare nel Nostro Stato dal lato dell’Abetone, ove ha spinto la sua avanguardia.
"Il 1° battaglione del reggimento di linea con una sezione d’artiglieria e un distaccamento di dragoni a cavallo avrà l’onore di affrontarlo pel primo, ov’egli si avanza.
"Soldati! Voi meritate fin d’ora la mia fiducia, ed aspetto che in quest’occasione non smentirete le qualità che fanno il vero soldato, cioè valore unito alla fermezza, ed inconcussa fedeltà al giuramento e alle vostre bandiere. Voi formerete l’estrema avanguardia di un corpo che fra pochi giorni vi sosterrà efficacemente in queste pianure, e che sarebbe, se verrà il caso, testimonio della vostra bravura, della vostra fedeltà e della vostra disciplina. Io voglio che siano i soldati estensi che affrontino pei primi lo straniero invasore del Nostro territorio che è pure Nostra e vostra patria. Esso sarà forse preceduto da masnade rivoluzionarie. Se pur doveste ripiegare in buon ordine dinanzi al primo, permetterò che non si contino i secondi, dei quali vi lascerò fare buona giustizia.
"Modena, 2 giugno 1859.
"Francesco."

  da Associazione legittimista Italica: L'Associazione legittimista Italica è un movimento politico e cultuale che non divulga soltanto la verità storica/sociale, ma punta a realizzare il suo scopo in maniera reale e concreta
  I rinforzi Austriaci , richiesti, per fronteggiare l'invasione dalla Toscana, giunsero presto, ma in quantità sufficiente solo a ritardare l'occupazione, non a fermarla. Nella mattina del 4 Giugno arrivarono a Modena tre battaglioni Austriaci comandati dal Generale maggiore Barone di Jblonsky, mentre un altro battaglione si era fermato a Carpi. Compreso il reggimento (Battaglione) Giulay, che già si trovava a Modena , si trovavano quindi nello Stato Estense cinque battaglioni Austriaci. Il 5 Giugno il battaglione Giulay era sulla strada del Frignano , un altro battaglione Austriaco era diretto a Reggio e il giorno successivo una compagnia avanzava fino a Puianello. Tutto ciò aveva trasmesso alla maggioranza fedele della popolazione "le più lusinghiere speranze" che tuttavia vennero presto disattese dalla tragica notizia della sanguinosa battaglia di Magenta….L'esercito di Giulay aveva perso, fra morti e feriti, oltre 10.000 uomini. Controllava ancora la via di accesso a Milano , ma i suoi uomini erano stanchi e demoralizzati. Giulay temeva che non sarebbero stati in grado di proseguire la battaglia e, durante la notte, abbandonò Milano ritirandosi come era stato impartito da Vienna sul Mincio, nei pressi di Mantova dove le sue posizioni sarebbero state difese dalle solide fortezze del Quadrilatero.

Francesco V° venne informato degli avvenimenti di Parma il giorno stesso (9 giugno-la duchessa Luisa Maria lascia Parma) da un telegramma del Casoni. Il giorno successivo il Duca apprese che, nella notte, le truppe Ducali avevano abbandonato totalmente Parma, per cui il nemico poteva transitare attraverso il Parmense senza essere intercettato: Francesco V° comprese così che gli sarebbe stato impossibile rimanere a Modena. Alle cinque del pomeriggio riceveva inoltre dal Q:G: Austriaco l'avviso ufficiale che l'Armata Imperiale si ritirava oltre il Mincio. Le truppe Austriache abbandonavano cioè la città di Modena e lo Stato Estense. Lo sgombero delle Legazioni Pontificie delle Romagne, che erano state oggetto di sovversioni organizzate del tutto simili alle finte insurrezioni citate, "era sinonimo della vittoria della rivoluzione in quelle provincie", si legge nel Giornale della Reale Ducale Brigata Estense e si leggeva ancora "Ogni ulteriore esitazione sarebbe stata inutile e forse fatale".

Consapevoli di governare un piccolo Stato con un piccolo esercito, da sempre gli Estensi di fronte alla minaccia dell'invasione straniera preferivano ritirarsi dalle loro terre, onde evitare guerre civili o inutili spargimenti di sangue. Il mite Francesco V° poi era particolarmente avverso alla guerra e alla violenza, così lasciò spontaneamente il trono di fronte alla minaccia dell'invasione Piemontese. Qualcuno ritiene che, se non lo avesse fatto, giusta la fedeltà del popolo estense, sarebbe riuscito a mantenere il potere. E' di questo parere ad esempio Filippo Curletti, l'agente segreto di Cavour che al termine del processo risorgimentale scrisse le sue confessioni, rivelando peraltro vari aspetti oscuri e scandalosi del cosiddetto risorgimento. Secondo il Curletti, Francesco V°, lasciando le sue terre, avrebbe fatto suo malgrado il gioco del nemico: "Nel mentre che si compivano le rivoluzioni di Firenze e di Parma, Francesco V° Duca di Modena, abbandonava i suoi Stati, lasciando così il campo libero ai Zini e ai Carbonieri; maravigliati di un successo così inaspettato. La condotta del Duca in questa occasione è inconcepibile, se non si suppone che egli sia stato ingannato sulla vera situazione delle cose. Io sono convinto, per mia parte, che sarebbe bastato un colpo di fucile per mandare a vuoto la cospirazione di Modena, come del pari quella di Firenze e di Parma".

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