IL TEMPO DI LAURA D'ESTE E
DELLA FIGLIA MARIA BEATRICE REGINA D'INGHILTERRA
Gli Estensi, le congiure Boschetti, "E ridendo l'uccise", i cardinali e le donne di casa d'Este, la monaca di Monza, il miracolo dei bagni e la Beata Maria Beatrice ex Regina
Alla morte del padre, Francesco I (1610/1658), le
redini del Ducato modenese vennero assunte dal figlio 26enne Alfonso IV
(1634/1662) subito
gratificato dal Re Sole, Luigi XIV di Francia, della nomina a generalissimo delle forze
francesi dislocate in Italia (in virtù del matrimonio contratto con la
nipote del Card. Mazzarino, Laura Martinozzi 1639/1687). La guerra Franco-Spagnola
(nota) seguita alla
guerra dei trent'anni continuava ma ormai la
fine era nell'aria e, prima ancora che la pace dei Pirenei
(7/11/1659), concludesse quella lunga serie di lotte, s'era
addivenuti fra Girolamo Graziani, segretario del duca, ed il regio
segretario Gorani per la parte spagnola ad un accordo che per gli
Estensi significava sì la rinunzia di Alfonso alla carica di
generalissimo delle forze francesi dislocate in Italia ma anche il si
alla sospirata investitura
di Correggio, al riconoscimento dei frutti della Dogana di Foggia
(credito verso la Spagna che non verrà mai liquidato per una alleanza a
suo tempo prestata) per una rendita annua di 32.000 ducati (dovuti) e il diritto di
conservare la propria neutralità. Gli estensi, dopo aver perso Ferrara
(1598) chiedevano la solita Comacchio, lascito imperiale
incorporato dal Papa e alla fine si accontentarono di vedere inserito al capitolo 99 della pace un impegno da
parte delle Corone di Francia e Spagna (l'impegno non costa niente) ad
insistere presso il papa per una sollecita definizione di quella
controversia (non verrà mai definita vedi nota a lato).
Nel novembre del 1660 moriva di malaria nell'isola di Paros il fratello
di Alfonso, Almerico, in una coalizione antimussulmana nella guerra di e
per Candia (Creta). La
Repubblica di San Marco (Venezia), memore del valore da lui dimostrato al suo
servizio, volle tributargli solenni esequie ed erigergli una bella
statua nella chiesa dei Frari (Santa Maria dei) a Venezia (da vedere). Alla morte del Cardinale Mazzarino,
avvenuta nel 1661, il compenso per Modena della perdita di un non
trascurabile sostegno presso la corte francese fu costituito
dall'elargizione per testamento alla nipote del cardinale Laura Martinozzi (figlia di Margherita Mazzarino e del Conte Girolamo Martinozzi da Fano), di una rendita annua di 40.000 lire di Francia
oltre a 150.000 scudi in contanti e 40.000 lire in mobili e gioie.
Alfonso IV, marito di Laura, morì il 16 luglio 1662 per gotta, quando non aveva ancora raggiunto i 28 anni e aveva regnato per 4. Si apriva un periodo difficile per la dinastia estense. L'erede, il figlioletto Francesco (II), aveva appena due anni e Maria Beatrice, l'altra figlia, solo quattro. La 23enne vedova Laura Martinozzi (ritratto a sinistra in alto), nominata tutrice dei due piccoli da testamento, assumeva anche la reggenza dello Stato cercando diplomaticamente di difendere la neutralità in un contesto da sempre di debolezza congenita del Ducato e coi pochi vicini amici come i parmensi (Ranuccio II Farnese si era sposato con le sorelle di Alfonso IV Isabella e, alla morte di costei, con l'altra sorella Maria). Buon per lei, per Laura, che a coadiuvarla fossero a Modena due valenti ed onesti ministri, il conte Girolamo Graziani e Bartolomeo Gatti, stimatissimo uomo di legge, nonché i due fratelli del duca Francesco I, il cardinale Rinaldo d'Este e quel principe Cesare che teneva il comando delle milizie ducali. Ma la maggiore influenza era esercitata dal confessore, il gesuita padre Garimberti. Se si tien conto della religiosità di Laura, quali che fossero le sue più concrete manifestazioni, della potenza di questi, cui praticamente facevano capo le risoluzioni più impegnative del governo, e della presenza di ecclesiastici in alcune cariche di primaria importanza, si ha un quadro significativo nella "clericalizzazione" di quella Corte (da sempre). Non erano comunque i preti a poter risolvere i problemi economici e politici del ducato con un tesoro sperperato in anni di guerre inutili (senza ritorni) e una popolazione quasi dimezzata anni prima dalla peste di Manzoniana memoria. Si cominciò quindi a stringere la corda, per necessità. Un altro grosso problema venuto avanti con gli anni era la nobiltà rissosa in special modo quella di S Cesario, oltre il Panaro, che non si riconosceva nemmeno nel Ducato, bensì nel confinante Stato della Chiesa (Bologna). Il rissoso Marco Pio di Savoia invece era stato "sistemato" anni addietro. |
Il 6 febbraio 1325 gli Estensi, a seguito di dedizione popolare, divennero signori di Comacchio e nel 1354 l'imperatore Carlo IV di Boemia legittimò con una investitura imperiale l'atto di dedizione del 1325. Nel 1264 il comune di Comacchio, dopo lo sfaldamento di una tardiva esperienza comunale, aveva fatto atto di sottomissione al comune di Ravenna e aveva accettato che la città fosse congiuntamente governata dalla magistratura collegiale locale e da un podestà ravennate. Nel 1512, in occasione della guerra della Lega Santa, Ravenna fu teatro di scempio e sangue per la prima grande guerra con armeria moderna mai subita prima e quindi passò sotto il controllo dello stato pontificio a cui rimarrà legata fino al 1859. Il dominio degli Estensi su Comacchio e sul Ferrarese fu però ininterrotto nel 1598, quando il ducato di Ferrara tornò alla Santa Sede e Comacchio ne seguì le sorti nonostante l'investitura imperiale. |
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da ...... passi e riassunti Non pare che la pia reggente si facesse scrupolo di ricorrere
all'opera dei sicari, quando una grave situazione richiedesse il
ristabilimento dell'autorità ducale. Anni di conflitti portarono proprio
a questo col Conte Orazio Boschetti di S. Cesario. Orazio e il fratello
Baldassarre ribelli alla Casa Estense circa il dominio sul feudo e sulla
giurisdizione di S. Cesario, che essi dicevano riconoscere dai monaci
Cassinesi, salvo il beneplacito Apostolico, avevano portato a Roma le
loro istanze davanti l'uditor Camerale perché fosse esclusa la
ricognizione del dominio di Casa d'Este. E furono esauditi ; in quanto
previa sentenza favorevole di Mons. Casanata, l'uditor Paluzio
Albertoni, allegando di aver rinnovata l'investitura ai fratelli Orazio
e Baldassarre, intimò al Duca di Modena di mantenerli e difenderli nel
loro possesso, e d'escluderne qualunque illegittimo detentore
(sentenza
priva di alcun valore non essendo lo Stato della chiesa un tribunale
internazionale). Questa
intimazione, lungi dal produrre alcun vantaggio ai due fratelli, fece si
che in Modena venissero dichiarati rei di lesa maestà e di nuovo
condannati alla perdita della loro giurisdizione, come era avvenuto il
9 febbraio 1654 per la ribellione sull’imposta del macinato evasa da 10 anni
(vedi
nota a lato).
Si pensò di passare quindi ai rigori della giustizia contro i Boschetti
mandando di notte guardie ai molini. L'uditore andò a S. Cesario, fece
arrestare quelli che si trovavano di notte a macinare nei mulini in
numero di sei, requisì grani e farine che portò a Modena coi rei confessi che
non ebbero problemi ad ammettere di aver sempre macinato dal 1644 senza bolletta,
non volendo i Boschetti padroni che la pigliassero, come non la presero
per non dar loro dispiacere. Fu pubblicato il processo e assegnato
termine per la difesa il 10 agosto 1653. La giurisdizione di S. Cesario
allora era divisa in tre parti. Tutti i Boschetti condomini dei tre
terzi di essa furono condannati.
Giacomo e Claudio però erano stati precedentemente assolti e riebbero
l'investitura, avendo prestato giuramento di fedeltà (Il marchese
Giacomo era anche stato investito nel 1646 del feudo di Montegibbio a
cui aggregò la matildica Montebaranzone, Pescarola e Varana).
LA MORTE DEL BOSCHETTI Non era un esercito, che non esisteva, a poter risolvere la situazione; meglio il classico sistema del minor rumore in un’epoca dove vivere o morire si equivalevano. La duchessa Laura, offesa dal precetto della Curia Romana che le impediva il corso d'alcuni suoi disegni politici sul Castello e sulla Signoria di S. Cesario, si risolse ad armare la mano di sicari. Il Conte Orazio di Luigi Boschetti, uscendo l’8 dicembre 1666 dalla Chiesetta di S. Anna, posta sulla via Emilia, col figlio Luigi ed accompagnato da due suoi fidi, certi Gatti e Giovanetti, fu ucciso da sicari travestiti da cacciatori. Per qualche tempo si fu all'oscuro di simile assassinio e sulla persona che lo aveva ordinato, poi si scoprì che proveniva dallo spirito iracondo di Laura Martinozzi. A delitto avvenuto il cadavere fu trasportato nella vicina cappella della Madonna degli Angioli, pure sulla via Emilia quindi traslato un anno dopo (29 gennaio 1668) nella Parrocchiale di S. Cesario e seppellito nell' arca di famiglia davanti l'altare del Crocefisso. Ma questo assassinio non era che l'ultimo atto di una lotta spietata fra Boschetti e Casa d'Este che si era aperta ben 150 anni prima quando la corte era ancora a Ferrara, regnante Alfonso I e la moglie Lucrezia Borgia figlia del Cardinale Rodrigo poi Papa Alessandro VI. |
La Guerra franco-spagnola (1635-1659) ebbe inizio allorché il Card. Richelieu decise di far entrare la Francia nella guerra dei 30anni, schierandola dalla parte dei protestanti contro l'impero e la Spagna Era infatti questa del macinato l’ennesima provocazione e sopraffazione di un ducato a corto di soldi. Francesco I già dal 1644 aveva emesso una grida per una imposta generale sopra la Macina. Le procedure del bando e la notifica e l’affissione non ebbero mai luogo in San Cesario per l’ostracismo di tutti i funzionari e nobili locali (popolo compreso debitore in primis). Nel 1653 ai 12 gennaio si ripeté altra grida con riduzione dell' imposta alla metà e venne a S. Cesario Matteo Canali, per assistere quel commissario, coi libri e le bollette necessarie da dare ai macinanti. Rispose il Commissario che era senza sbirri e perciò non poteva pubblicare la grida. Stimandosi questa una invenzione, i Fattori generali replicarono con minacce che ancora non ebbero nessun effetto. Finalmente venuto di nuovo a S. Cesario il notaro Manetti, riuscì a far pubblicare la grida il 19 gennaio. Ma non si poté ancora farla osservare. Qualcuno non volea pigliare la bolletta, i monaci del luogo fuggirono, di giorni i mulini stavano chiusi, di notte si macinava nascostamente, il deputato Canali stava ozioso a San Cesario, con spesa della Camera e con poco decoro dello stesso Principe che vedeva impedita l'esecuzione dei suoi ordini e delle sue gride. |
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Gli antichi governi erano, prima della rivoluzione francese, assoluti solo di nome, e di fatto vincolati d'ogni parte, dai senati e dalle camere dei conti o magistrati camerali, gelosissimi del loro potere di rifiutare la registrazione degli editti che, se non registrati, non contavano nulla, dai corpi locali privilegiati, auto-eletti per cooptazione dei membri in carica, dai patti antichi di infeudazione, di dedizione e di annessione, dalle consuetudini immemorabili. Luigi Einaudi da « L'Italia e il secondo risorgimento », supplemento alla Gazzetta ticinese, 17 luglio 1944, a firma Junius. |
E ridendo l'uccise (2005), l'ultimo film diretto da Florestano Vancini |
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LA CONGIURA DEI BOSCHETTI
Tutto
(150 anni prima) era cominciato con uno
“sberleffo”; il sequestro di un musicista, cosa che all’epoca doveva
avere gran valore, presumiamo. Giulio, fratellastro di Ferrante, di
Ippolito (poi cardinale) e di Alfonso erede al Ducato, contendeva
appunto un musico tale Don Rainaldo al giovane Ippolito (arcivescovo a 8
anni). Giulio scoprì dove Ippolito aveva sequestrato il musicista ed
insieme a Ferrante e ad altri uomini armati se lo riprese. Ragazzata
come si direbbe oggi, Ippolito si lamentò con Alfonso per quanto era
accaduto e il duca decise di esiliare a Modena Ferrante e a Brescello
Giulio. La cosa sembrava finita li ma il gioco era stato alzato questa
volta a livello di donne. Ippolito, che da religioso non doveva
disdegnare la compagnia femminile, questa volta venne in contrasto con
Giulio per una dama di compagnia di Lucrezia. Il 3 novembre 1505, mentre
stava tornando da una gita a Belriguardo, Giulio cadde in un'imboscata
organizzata dai servi di Ippolito e rimase gravemente ferito agli occhi.
Nel dicembre dello stesso anno comunque, Alfonso riuscì a far
formalmente riappacificare i fratelli. I tempi erano maturi per un salto
di qualità, dal gioco alla politica. Giulio in combutta con Ferrante
questa volta decise di puntare in alto ad Alfonso e al fratello
Ippolito per eliminarli. I cospiratori però, a causa della
disorganizzazione non riuscirono a portare a compimento il piano:
aspettando di notte in strada con pugnali avvelenati che il duca
passasse di lì, lo mancarono due volte. Scoperta la congiura i due
furono condannati al carcere a vita cosa ben diversa dai tre altri
cospiratori, Albertino Boschetti, Conte di S. Cesario, Gherardo Roberti
di Reggio, capitano di 25 balestrieri e Franceschino Boccaccio
da Rubiera, cameriere di Don Ferrante. Alla cella di Don Giulio fu
murata la porta, la finestra in alto venne munita di grosse sbarre di
ferro, mentre il cibo e gli oggetti indispensabili venivano calati da
un'apertura mediante una fune. Diciotto anni più tardi Don Giulio e Don
Ferrante ottennero di vivere insieme in una stanza della stessa torre.
Nel Febbraio del 1540 moriva Don Ferrante, mentre, solo dopo 53 anni di
carcere, l'ormai 82enne Don Giulio, graziato, riacquistò la
libertà. Gli altri congiurati salirono il patibolo il 12 Settembre
del 1506, Sabbato:- "...Sabbato 12 detto il Conte Albertino Boschetti,
Gherardo de' Ruberti e Franceschino da Rubiera complici nel tradimento
contro il Duca, com'è narrato di sopra sono stati condotti tutti e tre
di Castello sopra una carretta con li confortadori in piazza e sopra un
tribunale grande, ove si lesse il processo, prima fu condotto
Franceschino e mentre era in piedi il manegoldo li legò li occhi con un
cendale negro e poi gli diede de una mannara sulla coppa, e caduto gli ne
dette un'altra botta, et incontinenti o tirò con la testa sopra un
legno, et gli tagliò con l'istessa mannara la testa, e subito sopra un
desco che era sopra detto tribunale lo squartò in quattro pezzi, et così
fece alli altri dui, prima al Conte Albertino e poi a Gherardo, le teste
loro sono poste sopra la Torre della Ragione in cima di tre lanze, e li
quarti alle porte di San Giovanni Battista, degli Angeli et di San
Benedetto. Li Giudici che hanno dato la sentenza sono Messer Giovanni
del Pozzo, uno dei giudici di corte, e Messer Gherardo del Sarasino
consultore della Camera Ducale." (dalla cronaca coeva di Paolo Zerbinati
). L'ASSASSINIO COME FORMA DI POTERE COMUNE A TUTTE LE CASATE Si incrocia con Cesare d’Este e l’assassinio di Marco Pio (a dx) un’altra storia tragica: quella di Marianna de Leyva, suor Maria Virginia, (dicembre 1575-Milano, 17 gennaio 1650) sorellastra di Marco Pio Savoia ricordata dal romanzo storico "I promessi sposi" di Alessandro Manzoni meglio nota come - |
Quegli anni tumultuosi in cui finiva il medioevo
1455 - Alfonso Borgia, zio di Rodrigo viene
eletto papa con il nome di Callisto III e chiama il nipote a Roma. |
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LA MONACA DI MONZA |
CESARE d'Este, duca di Modena e Reggio Riassunto da Dizionario Biografico degli Italiani – Treccani di TT. Ascari |
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Marianna de Leyva era figlia di Martino de Leyva e di Virginia Maria Marino. Virginia Maria, vedova dal 1573 del conte Ercole Pio Savoia, signore di Sassuolo, da cui ebbe un solo figlio maschio, Marco Pio, e 4 figlie femmine, il 22 dicembre 1574 sposò Martino de Leyva. Neanche un anno dopo aver dato alla luce la figlia Marianna, Virginia Maria morì di peste lasciando eredi universali in parti uguali i figli avuti dai due matrimoni e l'usufrutto al marito vedovo Martino de Leyva (che si risposerà e delle faccende italiane non ne vorrà più sapere). Da qui nacquero una serie di controversie legali e malversazioni finalizzate ad espropriare la piccola Marianna dell'eredità materna e anche per questo ella fu indotta a entrare nel convento di Santa.Margherita in Monza. Clelia Farnese (1556 ?–1613), figlia del Card. Alessandro Farnese il giovane (1520-1589 per distinguerlo dal nonno papa Alessandro Farnese al soglio Papa Paolo III), sposa in seconde nozze, il 2 Agosto 1587 a Caprarola, il giovanissimo Marco Pio di Savoia (1567-1599), ora signore di Sassuolo http://www.sassuolonline.it/cleliafarnese.htm .Dopo circa due mesi gli sposi giunsero a Sassuolo (sera del 28 Novembre 1587) in un tripudio di festeggiamenti. Purtroppo la vita matrimoniale per Clelia fu tutt’altro che felice, ebbe la sfortuna di dover subire percosse dal suo violento marito, mentre le continue partenze di Marco Pio per la guerra nelle Fiandre e successivamente in Francia, la costrinsero in reggenza alla amministrazione del piccolo stato, dimostrando di avere tra le altre doti, fermezza e severità soprattutto quando dovette fronteggiare una spaventosa carestia (1590-91), per la quale si adoperò non poco al fine di ottenere i rifornimenti di grano necessari. Il piccolo stato di Sassuolo era passato ai Pio di Savoia (titolo onorifico concesso) quando scambiò con Ercole II d’Este nel 1550 la metà di Carpi con Sassuolo e dipendenze (Fiorano, Montegibio, Montebaranzone, Nirano ecc). Il loro era comunque un vassallaggio (medievale) da cui con ben aggiustati appoggi ci si poteva anche sganciare. Nel 1599 Marco Pio tentò infatti di liberarsi di questo vassallaggio e fu assassinato. Dopo la morte di suo marito (27/11/1599), ucciso da una archibugiata mentre rientrava da una visita a Palazzo a Modena, la moglie senza figli decise di rientrare a Roma. La mancanza di eredi favorì il duca che si pigliò tutto e aprì anche un processo di fellonia per le trattative segrete intentate da Marco Pio presso l’Imperatore per sganciarsi da loro. La lite si concluse comunque con l’esborso di 215.000 scudi romani da parte degli Este agli eredi più diretti dei Pio.
Dopo la perdita di Ferrara (Il territorio del Ducato di Ferrara includeva oltre a Modena e Reggio e oltre all'attuale provincia di Ferrara, la Transpadana Ferrarese (oggi in provincia di Rovigo), e a fasi alterne la cosiddetta Romagna d'Este (oggi in provincia di Ravenna) l'importanza dello Stato estense nel quadro della vita politica italiana si era ridotta quasi a nulla, non solo per la diminuzione territoriale e demografica, ma anche per il disordine amministrativo e l'inefficienza militare. C., quando divenne duca, era privo di qualsiasi esperienza politica e lasciava la più ampia e incontrollata autorità al suo primo ministro, il Laderchi, e ai suoi funzionari, spesso incapaci e disonesti. Nelle campagne la popolazione era angariata dalle prepotenze dei feudatari, che il potere centrale non sapeva frenare. L'economia era impoverita. La rivalità fra i nobili ferraresi che avevano seguito il duca a Modena, e quelli modenesi, che ad essi si vedevano quasi sempre posposti, era un'altra causa di turbamento nella vita della corte e dello Stato. Il Laderchi, che morì nel 1618, era un buon giurista e un abile segretario, ma non aveva tutte le qualità che sarebbero state necessarie al ministro di un sovrano debole e irresoluto. Nel 1624 morì il cardinale Alessandro, che, da Roma e da Tivoli, dove abitualmente risiedeva, aveva sempre mandato al fratello accorti consigli; ma ormai da anni il principe ereditario Alfonso, uomo di carattere duro e deciso, aveva assunto una parte importante nel governo dello Stato. Egli voleva essere informato dagli agenti ducali di tutti gli affari e protestava se il duca prendeva qualche decisione importante senza consultarlo. La sua gelosa cura della "reputazione" di casa d'Este lo spinse ad ordinare l'assassinio di Ercole Pepoli, avvenuto a Ferrara nel dicembre 1617. I Pepoli, per vendetta, congiurarono contro di lui e per due volte, nel 1619 e nel 1620, tentarono di farlo uccidere. Il duca C., nella sua mitezza, avrebbe voluto venire a una pacificazione e solo quando fu ben certo della realtà e della pericolosità della congiura fece processare i colpevoli. Filippo e Cornelio Pepoli furono condannati a morte in contumacia e quattro loro complici furono decapitati nel novembre 1621. L'amministrazione negli otto governatorati in cui lo Stato era diviso (Modena, Reggio, Carpi, Rubiera, Brescello, Sassuolo, Sestola e Castelnuovo di Garfagnana) era divenuta più ordinata ed efficiente grazie al Principe. Di tutto ciò si era avvantaggiata l'economia. Il miglioramento delle condizioni interne andò creando il presupposto per quella ripresa di autonoma iniziativa politica che si ebbe col duca Francesco I.
- Borso 1450-1471 (Duke of Ferrara from 1471) |
Cesare nacque il 1º ott. 1562, terzogenito di Alfonso d'Este marchese di Montecchio e di Giulia Della Rovere (ma la maternità di Alfonso di Montecchio venne disconosciuta e Cesare fu considerato “bastardo”): prima di lui erano nati Alfonso (morto nel 1587) ed Eleonora. Perdette la madre quand'era ancora infante; e molti anni dopo il padre si risposò con Violante Segni, dalla quale già aveva avuto due figli: Ippolita ed Alessandro, che fu poi cardinale. Nel 1581 ci furono trattative per dargli moglie. (queste poi si protrassero fino al 1586). Finalmente il 6 febbr. 1586 si ebbero le nozze con gli sposi (Virginia de Medici) che si stabilirono a Ferrara a Palazzo dei Diamanti, ceduto loro dal cardinale Luigi d'Este, che lo nominò anche erede universale. Morto nel 1587 Alfonso di Montecchio, C. restò il più prossimo parente di Alfonso II, che, perduta la speranza di avere figli, si preoccupava della successione nel ducato. Il suo diretto concorrente era Filippo d'Este marchese di San Martino in Rio che partiva già svantaggiato. Una consuetudine, se pur non sempre osservata del Papa, ammetteva alla successione solo i figli legittimi o legittimati per susseguente matrimonio. Ora, sebbene fosse opinione comune che Alfonso I avesse segretamente sposato Laura Dianti, madre di Alfonso di Montecchio, di tale matrimonio o non era mai esistito o era andato perduto l'atto autentico. Sicché la S. Sede aveva un fondato motivo per non riconoscere il diritto di C. alla successione e arrivare così all'incameramento di Ferrara. I tentativi di Alfonso II di ottenere dal papa, in deroga alla bolla di Pio V, una simile facoltà relativamente a Ferrara furono vani. Ciò nonostante egli, nel testamento del 17 luglio 1597 (morirà in capo a 3 mesi), nominò C. suo erede e successore. Ma a Roma, come vi giunse, il 1º novembre, la notizia della morte del duca, il papa Clemente VIII convocò il Sacro Collegio, manifestò l'intenzione di devolvere alla Chiesa il ducato e nominò una commissione di 19 cardinali, che lo assistessero e consigliassero. Dall'una e dall'altra parte cominciarono quindi manovre diplomatiche: l'imperatore tergiversava mentre il partito del papa si irrobustiva. Questa situazione ebbe su C., uomo di carattere irresoluto e fiacco, un effetto paralizzante. Alla fine Cesare rinunciò al dominio su Ferrara. Il giorno 23 dicembre 1597 Cesare era stato scomunicato. Dato il carattere religioso, anzi quasi bigotto, di C., la scomunica fu senza dubbio la più importante causa della sua resa. Lucrezia d'Este, duchessa d'Urbino, sorella del defunto duca si offerse come mediatrice per trattare le condizioni della resa e C. la nominò sua plenipotenziaria e il 13 gennaio i giochi erano chiusi. In compenso il papa, il 3 marzo 1599, fece cardinale Alessandro d'Este. La Modena che trovò Cesare era una suburra. Cesare perdeva Cento e Pieve concordate e in aggiunta Comacchio ad opera del cardinale Bandini, legato di Romagna. Il Cesare sconfitto avrebbe poi perso varie cause, per i beni allodiali, dagli altri eredi. Un piccolo ingrandimento del dominio estense si ebbe invece con l'incameramento di Sassuolo. Contro Marco Pio di Savoia, che ne era signore feudale per investitura estense, furono sparate da ignoti alcune archibugiate quand'egli era appena uscito dal castello di Modena la sera del 19 nov.1599. Riportato ferito in castello, vi morì giorni dopo. Era, tra i feudatari del duca, il più inquieto e facinoroso e dubbia era anche la sua fedeltà; perciò parecchi storici ritennero che C. fosse, se non mandante dell'attentato, almeno connivente. |
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Una scheda del film n. 61 è visibile al link http://digilander.libero.it/freetime1836/cinema/indicecinema.htmIL MATRIMONIO REGALE DELLA FIGLIA DI LAURA |
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MARIA BEATRICE L’isolamento modenese si rivelava velleitario e breve. Quando Luigi XIV, il Re sole, espresse la proposta di un matrimonio da combinarsi, fra Maria Beatrice, l'allora quindicenne figlia di Laura, e l'ormai attempato Giacomo Stuart, duca di York, erede del trono d'Inghilterra e orientato verso il cattolicesimo, a nulla valsero né le apprensioni sentimentali della madre né i relativi rifiuti della giovane intenzionata ad entrare in un chiostro (convento) !!!. Lo scopo del re di Francia era chiaro: collocare alla Corte inglese una principessa cattolica, per di più appartenente ad una casa vincolata al suo trono, e dare nel contempo a Modena l'impressione di un atto di alta benevolenza da parte sua. La partenza di Laura, con il cognato Rinaldo, alla volta di Londra, dove accompagnava la figlia alle nozze, avveniva il 5 ottobre 1673; a Modena restavano, accanto al figlio Francesco poco più che tredicenne tre tutori educatori !! appartenenti ad un ramo cadetto del Borso d’Este, fratello di Alfonso III., Luigi, Foresto e Cesare Ignazio. Erano questi figli di Borso (nato nel 1605 (non il primo più famoso Duca di Ferrara), Tenente Generale delle Armate di Francia (dal 1648) nella guerra di Spagna e morto d’infermità nel 1657. - Luigi, Marchese di Scandiano dal 1664 e Governatore di Reggio Emilia dal 1665 al 1695, - Foresto (1652+1725), 6° Marchese di Montecchio, Marchese di Scandiano, Capitano di Cavalleria nelle Armate Imperiali fino al 1672 (vedi nota a fianco), - Cesare Ignazio (1653, + Reggio Emilia 1713), 7° Marchese di Montecchio e - Angela Maria Caterina,(*1656+Bologna 1722 altra figlia di Borso) sposata a Racconigi nel 1684 col Principe Emanuele Filiberto di Savoia-Carignano, 2° Principe della linea dinastica dei Carignano detto il muto (*Moustiers 1628-+Torino 1709) che a partire da Carlo Alberto occuperà prima il titolo di Re di Sardegna poi quello d'Italia. Emanuele Filiberto era figlio di Tommaso Francesco capostipite del ramo e fratello di Eugenio Maurizio Conte di Soissons (*1635+1673), governatore del Borbonese e delle province di Champagne e Brie ed ambasciatore di Francia a Londra, Luogotenente Generale dell'esercito francese, marito di Olimpia Mancini (cugina di Laura) e padre del condottiero Eugenio di Savoia che militerà in altro ambito. |
Un avvenimento singolare e decisivo per San Cesario si ebbe nel 1712 dopo la morte di Luigi Boschetti ultimo del ramo modenese. Claudio di Gerolamo Boschetti (ramo Bolognese) addivenne a un riconoscimento formale degli Estensi con tanto di Rogito. Ne fu ricompensato col Marchesato di Magreta e Marzaglia. |
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http://www.genmarenostrum.com/pagine-lettere/letterae/Este/ESTE-Linea di Montecchio.htm | ||
Sei mesi durò la lontananza di Laura, ma in quel periodo si verificò un radicale mutamento nell'atmosfera modenese. Soprattutto Cesare Ignazio, irrequieto e audace, si diede attivamente ed accortamente da fare, lui avvezzo ai fasti della Parigi di Luigi XIV ed a quell'aria licenziosa e spregiudicata che vi si respirava. Il giovane Francesco dovette aderire compiaciuto a quelle novità e si dispose a riservare alla madre una non lieta sorpresa. Il giorno stesso del suo ritorno a Modena furono tributati a Laura onori e un solenne Te Deum fu cantato in Duomo, ma l'indomani, 6 marzo 1674, 14° compleanno del figlio, la duchessa apprese che Francesco II aveva assunto il governo degli Stati estensi. Il forte temperamento della donna lottò ancora per qualche tempo, ma inutilmente. Ormai la situazione era irreversibile: Cesare Ignazio, 21 enne aveva avocato praticamente nelle proprie mani le redini dello Stato e, quantunque non fossero avvenuti cambiamenti formali nel governo, a lui tutto faceva capo perfino i dispacci più rilevanti degli ambasciatori e gli affari di maggiore momento. Laura se ne andò nel 1676, per trascorrere il resto della vita a Roma, a Bruxelles, ancora a Roma, non tralasciando di visitare piamente i santuari di Padova e di Loreto e morendo poi a Roma nel febbraio del 1687. |
Dei tre fratelli solo Cesare rimarrà accanto al Duca più a lungo. Giova qui dar conto di una vecchia relazione del 1893 a firma Alberto Gandini che descrive gli anni giovanili dei tre ragazzi durante la sua reggenza. Passi. … se da un lato la duchessa Laura trovava un aiuto, dall’altro le apportava grave disturbo la presenza in corte dei figli di Borso, che già grandicelli a poco a poco con male insinuazioni sovvertivano l’educazione del duca loro cugino. Le cose giunsero a tal punto, che il Cardinale, adducendo che non voleva che “questi tre principi marcissero nell’ozio della casa paterna” sono parole del Muratori, prese la risoluzione di inviare il Principe Luigi a militare nel Brunswick e gli altri due a Parigi… acciò cogli esempi loro non inducessero il giovinetto Francesco II all’infingardaggine e ai vizii”. In parole più povere partendo da Luigi si trattava di tre lavativi: Unica scusante l’età. Gli altri due fratelli Cesare-Ignazio e Foresto inviati in Francia, erano stati affidati dal Cardinale al Conte Antonio Zoppola personaggio capace, stimato e severo. A Parigi vi giunsero il 6 gennaio 1669. Dimorava allora a Parigi Maria di Borbone Soisson Principessa di Carignano, che vedova fino dal 1656 del Principe Tommaso di Savoia , aveva lasciato il Piemonte. Pei Principi estensi, che erano suoi nipoti, fu questa una vera fortuna, poiché la principessa, oltre l’interesse che prese alla loro educazione, non lasciava occasione per divertirli e spesso li voleva al suo palazzo o in giro per giochi, balletti e spettacoli. E quali fossero le opinioni del Conte Zoppola è presto detto “vego lo studio de signori Prencipi andare ogni giorno di male in peggio, come in ogni altra cosa, che riguarda il loro profitto et loro condizione”. Fatto è, che i Principi “non vedevano l’ora di sbrigarsi dalla scuola per andare all’accademia”. Era quest’accademia una palestra di esercizi cavallereschi pei giovani della più alta nobiltà e i Principi estensi vi stavano ogni giorno per lo spazio di tre hore ed ebbero pure un maestro di ballo, suggerito dalla Principessa di Carignano, Monsieur de la Motte maestro di corte. Da due anni i Principi si trovavano a Parigi, quando il Cardinale Rinaldo prese il partito di inviare almeno uno dei due, il Principe Foresto in Germania, sotto le armi, raccomandandolo a Raimondo Montecuccoli il condottiero, come già il Cardinale aveva fatto pel Principe Luigi, che poi non aveva voluto saperne. Ma il Principe Foresto accettò. La storia continua con la vicenda militare di Foresto, Capitano, dispendiosa per la corte di cui si circondava e per la personalità di alcuni di questi anche italiani. Sempre accompagnato dal Conte Zoppola, tollerato ma non amato, Foresto arrivò alla provocazione che fece abbandonare l’incarico al Conte. |
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Francesco II, e per lui Cesare Ignazio, volle subito sistemare adeguatamente il principe Rinaldo, ultimo figlio di Francesco I, cercando di procurargli quel cardinalato che avrebbe rappresentato la continuazione di una linea cardinalizia ormai consuetudinaria da due secoli in Casa d'Este. Da parte di Luigi XIV gli appoggi furono scarsi ed irresoluti; e cominciò di qui un approccio, anche se prudente e sotto forma non ufficiale, fra il residente spagnolo a Londra ed il marchese Felice Montecuccoli, inviato estense, chiaro indice di un tentativo di battere, da parte modenese, nuove strade sul piano dei rapporti e degli accordi diplomatici. Questo era il progetto ma passeranno ancora molti anni per l'attuazione. Il controllo dalla Francia fu molto stretto e assillante anche sul piano delle cose più minute, interne. Né il re di Francia si limitava a pretendere da Modena un ossequio di stretta osservanza alle sue direttive politiche, ma si permetteva di interferire nelle relazioni diplomatiche e perfino in quelle attinenti ai rapporti di convenienza, come quando fece sapere, in tono sostanzialmente perentorio, di non gradire l'invio da parte modenese di una missione a Madrid intesa a recare felicitazioni di quella Corte per le nozze di Carlo II di Spagna con Maria Luisa d'Orléans. Erano atteggiamenti dispotici ed arroganti, difficilmente sopportabili anche da chi, come i governanti estensi, era da tempo avvezzo alla sottomissione ed al compromesso. Il progressivo distacco di Modena dall'alleanza o addirittura dalla soggezione francese venne però ancor più chiaramente comprovato dall'atteggiamento indipendente e risoluto assunto dalla Corte estense quando vennero celebrate, se pur segretamente, le nozze della principessa Angela Maria Caterina d'Este, sorella di Cesare Ignazio, con l'ormai maturo Emanuele Filiberto di Savoia, principe di Carignano (sordomuto), contro tutti i non gradimenti e dinieghi francesi. I francesi mettevano becco anche in Piemonte che consideravano loro provincia. L'abate Rizzini, ambasciatore, venne ufficialmente informato del veto reale in merito al matrimonio, preceduto del resto da più di un avviso in forma più confidenziale e meno perentoria. Luigi XIV montò su tutte le furie: congedato bruscamente l'ambasciatore estense, intimò al duca Vittorio Amedeo II di Savoia lo scioglimento del matrimonio contratto da Emanuele Filiberto. A Torino, pur adottandosi la precauzione di allontanare per il momento dallo Stato gli sposi, non si disarmò; i teologi della Corte, esaminato il caso, conclusero sulla validità di quel matrimonio, che restava perciò indissolubile. A Modena le cose si presentavano più difficili e complicate. Nella vertenza stava certamente interferendo dall'Inghilterra la duchessa di York, Maria Beatrice, tutta intesa a scaricare ogni responsabilità del fratello Francesco sulle spalle di quel Cesare Ignazio da lei odiato come provocatore dell'esilio da Modena della madre Laura Martinozzi e come effettivo maneggiatore degli affari estensi; e con il fratello non aveva peli sulla lingua la buona duchessa di York: «Per parlarvi chiaro tutti credono in Francia che il principe Cesare vi meni per il naso, l'Ambasciatore di Francia medesimo me l'ha detto con frase più civile e questo vi è di gran danno...». Cesare Ignazio si autoallontanò (giugno 1685) convinto dell'inanità di una resistenza protratta già troppo oltre. I Carignano poi tornarono allo scoperto e così anche Cesare Ignazio che 18 mesi dopo era riaccolto a braccia aperte. | ||
Mary Beatrice Eleanor Anne Margaret Isabel Este Queen of England, Scotland and Ireland October 1658 – 7 May 1718) Early life |
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I rapporti con la Francia avevano subìto un colpo decisivo. Alla prima occasione favorevole l'asse della politica estense doveva spostasi altrove, e cioè nella direzione dell'Austria. Fu la Rivoluzione inglese ad allontanare nel tempo questa occasione: Giacomo II Stuart, cacciato insieme alla cattolica moglie Maria Beatrice d’Este, poteva essere aiutato per ora soltanto dal re di Francia e non era concepibile un diverso orientamento dello Stato estense non solo per i vincoli familiari con gli Stuart ma anche per l'appoggio efficace che a Modena ci si attendeva da quella parte in ordine a tutte le questioni pendenti (e la nomina di Rinaldo a cardinale, avvenuta il 2 settembre 1686, si doveva proprio all'intervento decisivo di Maria Beatrice, che aveva posposto lo zio ai vescovi inglesi nella sua opera di pressione con Roma, provocando l'indignazione più accesa nello stesso ambiente di stretta osservanza cattolica). La principessa estense alla Corte inglese dovette far leva sulle proprie capacità di ambientazione e di sopportazione, oltre che su di una solida formazione morale. Fu amata dall'attempato consorte, incapace peraltro di troncare le sue relazioni con le favorite Caterina Sedley ed Arabella Churchill, mentre cercava di mantenere i rapporti più cordiali con le figlie legittime di Giacomo, Anna e Maria. Fu Guglielmo d'Orange, statholder d'Olanda e genero del re come marito della figlia di lui Maria, a scatenare l'attacco contro gli Stuart. Maria Beatrice dovette riparare, col marito Giacomo II e col figlioletto Giacomo, in Francia sotto la protezione ospitale di re Luigi XIV. È interessante ricordare che le erano nati, prima dell'avvento al trono il 3 maggio del 1685 (la regina raccontava anni dopo come le tre corone poste sul capo del re in quell'occasione non andavano bene, rischiando ogni momento di cadergli di testa ed aggiungeva che quello era il giorno dell'Invenzione della Croce, simbolo e coincidenza tanto appropriati per lei, così infelice negli anni avvenire), ben cinque figli, tutti morti in tenerissima età per cause giudicate misteriose e sospette dai seguaci di quella dinastia. La nascita del sospirato erede, nel 1688, aveva dato luogo ad una ridda di versioni con lo strascico delle relative disgustose polemiche: si era perfino arrivati ad affermare che il bambino non fosse nato o che fosse morto e successivamente sostituito da altro, o ancora, che non fosse effettivamente figlio di Giacomo II. Una volta al potere, Guglielmo d'Orange si affrettò a far approvare dal Parlamento una dichiarazione di illegittimità nei confronti di Giacomo III, figlio di Giacomo II, allo scopo di escluderlo da qualsiasi possibilità di salire al trono. D'altra parte i tentativi militari e diplomatici dell'esule di rientrare in Inghilterra come sovrano sfumarono inesorabilmente. Alla morte di Giacomo II, avvenuta nel 1701, Maria Beatrice assunse la reggenza in nome del figlio tredicenne, che fece riconoscere da Luigi XIV come re d'Inghilterra, Scozia e Irlanda. Il pontefice Clemente XI aveva accolto Giacomo III e gli aveva permesso di risiedere in Urbino. Sono noti i particolari di una visita ufficiale, effettuata dal "pretendente" a Fano nel carnevale del 1718 a ricordo della nonna materna Laura. Ma già a Rijswijk, in occasione di quella pace nel 1697, il re francese aveva preso atto della nuova situazione e si era impegnato a non prestare più aiuto allo Stuart. Dopo la scomparsa dell'Orange (Guglielmo III), da un gruppo di Lords fedeli fu proposto a Beatrice il riconoscimento a favore del principe quale sovrano da parte del Parlamento inglese a condizione che abbracciasse, almeno formalmente, la fede protestante, ma Giacomo, chiamato anche il "Cavaliere di San Giorgio", oppose un netto rifiuto. Maria Beatrice, addolorata per la morte della figlia Luisa Maria, giovanissima, «bella come un fiore», l'anima del Castello di San Germano (San Germain en Laye) centro di vita mondana e nello stesso tempo del rivendicazionismo giacobita, finiva i suoi giorni nel 1718, un anno dopo la risoluzione del figlio Giacomo III di desistere da ogni rivendicazione attiva e di stabilirsi a Roma. Giacomo III, il Cavaliere di San Giorgio, sposò Clementina Sobieski, figlia del Re di Polonia e venne riconosciuto da re Luigi XIV come il "pretendente cattolico". Ebbe due figli, Carlo Edoardo, morto senza prole in Italia nel 1788, il quale aveva sposato nel 1772 con il nome di conte d'Albany quella principessa Luisa Stolberg, che poi si divise da lui e coltivò l'amore di Vittorio Alfieri, ed Enrico Benedetto, cardinale duca di York, morto a Frascati nel 1807, il quale lasciò in eredità i suoi diritti di successione al trono inglese ad Emanuele IV di Savoia (Gli Stuart dal loro esilio francese passarono definitivamente a Roma nel 1719 dove Papa Clemente XI riconobbe a Giacomo III ed alla moglie i titoli di re e regina di Inghilterra e di Scozia. Un figlio di questi Enrico Benedetto ebbe nel 1747 la porpora cardinalizia da Benedetto XIV. Alla morte del primogenito di Giacomo III Carlo Edoardo al fratello Enrico Benedetto, cardinale e vescovo di Frascati fu riconosciuto dai cattolici il titolo di re Enrico IX d’Inghilterra e I di Scozia). Orbene il povero Francesco II, uomo senza ombra di dubbio dalle visuali assai ristrette e dalla facile immaginazione, si era illuso, ai tempi della fuga degli Stuart in Francia, di portare loro aiuto, farneticando una sorta di crociata generale, da lui proposta al papa Innocenzo XI, allo scopo di ricollocarli sul trono perduto, ma dovette ben presto accorgersi dell'inanità e dell'inconsistenza dei propri sforzi in proposito. E decise per la neutralità, la più stretta e rigorosa, in realtà osservata solo quando fu possibile e non quando, per fare un esempio, gli venne ingiunto dall'Austria, la cui forza era assicurata da eserciti agguerriti oltre che da una formale autorità, di accogliere alcuni reggimenti imperiali a svernare nello Stato estense ed a sue spese, o quando dovette sborsare somme ingentissime a quella potenza, da cui ancora si richiamava - occorre non dimenticarlo -l'investitura dello Stato. Al duca si aggiungevano difficoltà non lievi nei rapporti familiari. La necessità di un rifiuto da parte dello zio cardinale della "Protezione di Francia", con quel che comportava in denaro sonante (ma le esigenze della sua linea politica lo richiedevano), gli rendeva ostile l'animo di Rinaldo, mentre il principe Foresto, fratello di Cesare Ignazio, non lo vedeva di buon occhio, e Luigi, l'altro fratello nominato governatore di Reggio, stava alienandosi la fedeltà di quei cittadini per il comportamento scandaloso di un'amante prepotente e profittatrice. E Francesco II dovette pensare anche a prender moglie. Essendosi vista rifiutare la mano di Madamigella di Blois, figlia illegittima e prediletta di Luigi XIV, ripiegò su Margherita Farnese, figlia di Ranuccio II, da lui sposata il 14 luglio 1692. |
A spiegare un tanto cambiamento nella condotta del Principe era stata la morte del Cardinale Rinaldo nel settembre del 1672 (vedi sotto elenco cardinali). Zoppola da la colpa a un certo Annibale Corgi nativo di Scandiano, che quantunque di buona famiglia, era capace d’ogni ribalderia. Costui era venuto all’armata raccomandato dal Principe Luigi. A nulla valsero le parole del Conte, che conoscendolo di fama, consigliò il Principe a dargli, se avesse voluto, una piazza fra i soldati della sua compagnia, ma non tenerselo appresso, che gli avrebbe messo in confusione la casa. In breve il Corgi divenne pel principe un confidente, un compagno indivisibile, pel Conte un accanito avversario: e n’ebbe persino soffrire il buon Mattias, servitore del Conte, cui un bel giorno toccò dal Corgi per brindisi un boccale di vino nella faccia. Non sappiamo se il Principe col suo compagno sia subito tornato a Modena, ma è da supporre, giacché la duchessa fece pratiche a Vienna perché fosse richiamato. Al Conte Zoppola, giunto a Modena, era finalmente serbata la soddisfazione di vedere pienamente approvata la sua condotta dalla Serenissima Duchessa e in benemerenza de’ suoi servigi e in compenso delle molestie, che questi gli avevano procurato, venne innalzato alla carica di Gentiluomo della Camera del Duca. Quanto al Corgi, si potrebbe supporre che nella descrizione dei fatti successi il Conte per sfogo di risentimento ne avesse esagerato le tinte. Ma a togliere qualunque dubbio, ecco una lettera, che il Corgi scrive quattordici anni dopo i fatti che abbiamo narrato. Sembra avesse abbandonato il servigio del Principe e fosse tornato a Scandiano, suo luogo natio, ove nuove imprese gli avevano procurato il bando. Prega quindi S. A. a fargli grazia adducendo a scusa, che la colpa della quale era stato ultimamente imputato, fra le tante commesse, era una delle più leggiere e in prova di quanto dice, non esita a confessarsi reo di omicidi, di furti e di tante altre nefandità. Ser.ma Altezza, So che è temerità, ma quanto V.a A.a S.ma avrà la bontà di credermi, l’assicuro ch’è statto, la necessità et la disperazione ch’a ciò m’à forzato, m’è caduto un techio o avuto un infermità che quasi m’à condotto al sepolcro, con bona gracia di V. A. m’è morto una vacha et per sigilo delle mie disgrazie mi sono molo un ginochio, vega con occhio di pietà V.a A.a in quante miserie m’à ridoto i miei pecati. Supplico genuflesso ad interpore la di lei autorità apresso il Ser.mo Padrone a ciò posi venire a Scandiano sono (stato) amaciatore, robatore, tradito Christo, in fine considera V.a A.a ch’è la minima di ciò ch’ò fatto. Ho alcune lite che so, che prestissimo le sbroliarei et mi buscharei cento scudi che in queste mie infelicità mi sariano di gran solievo, di nuovo dunque prostrato a Piedi di V.a A.a S.ma la Suplico et baciando ove colocha i Piedi, me li consacro. Di V. A. S.ma Ob. Fed.mo et Oss.mo Servo et Sud.o Anibale Corgi Non si può negare, che il Principe Foresto avesse mostrato d’essere sventato e leggero, se di costui s’era fatto un confidente. Ma dopo tutto, di questi esempi nella storia ne troviamo parecchi. Il principe, come abbiamo detto, non era d’animo pravo e infatti cogli anni s’andò a poco a poco emendando, così che, entrato nel 1698 dopo la morte del fratello Luigi nei diritti della Contea di Scandiano, sappiamo che i suoi vassalli ne facevano elogi. |
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LA POTENTE
LOBBY DEI CARDINALI D'ESTE Gli Este famosi per il mecenatismo e per il collezionismo anche con la veste talare non mancarono di contribuire alla cultura italiana con la famosa Villa D'Este di Tivoli patrimonio dell'Unesco. Riporto dal sito ufficiale ....Il cardinale Ippolito II d’Este, dopo le delusioni per la mancata elezione pontificia, fece rivivere qui i fasti delle corti di Ferrara, Roma e Fointanebleau e rinascere la magnificenza di Villa Adriana. Governatore di Tivoli dal 1550, carezzò subito l’idea di realizzare un giardino nel pendio dirupato della “Valle gaudente”, ma soltanto dopo il 1560 si chiarì il programma architettonico e iconologico della Villa, ideato dal pittore-archeologo-architetto Pirro Ligorio e realizzato dall’architetto di corte Alberto Galvani. Le sale del Palazzo vennero decorate sotto la direzione di protagonisti del tardo manierismo romano come Livio Agresti, Federico Zuccari, Durante Alberti, Girolamo Muziano, Cesare Nebbia e Antonio Tempesta. La sistemazione era quasi completata alla morte del cardinale (1572). Dal 1605 il cardinale Alessandro d'Este diede avvio ad un nuovo programma di interventi per il restauro e la riparazione dei danni alla vegetazione e agli impianti idraulici, ma anche per creare una serie di innovazioni all'assetto del giardino e alla decorazione delle fontane. Nel XVIII secolo la mancata manutenzione provocò la decadenza del complesso, che si aggravò con il passaggio di proprietà alla Casa d'Asburgo. Il giardino fu pian piano abbandonato, i giochi idraulici, non più utilizzati, andarono in rovina e la collezione di statue antiche, risalente all'epoca del Cardinal Ippolito, fu smembrata e trasferita altrove. |
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Secondogenito del duca Alfonso I d’Este e di Lucrezia Borgia (figlia del Papa Alessandro VI), Ippolito II d’Este, a soli nove anni viene nominato "Amministratore apostolico dell'arcidiocesi di Milano" (ma la curia così lo classifica Arcivescovo “mai residente”, tre volte “dimissionario con diritto di regresso” primo periodo 1519-1550 quindi a soli 9 anni); a 27 anni è inviato alla corte francese di Francesco I, grazie alla cui protezione otterrà la nomina a cardinale (1538), accumulando cariche e benefici ecclesiastici che faranno di lui uno dei porporati più ricchi dell’epoca. Giunto a Roma, dove tenterà ripetutamente la scalata al papato, il ritiro strategico della sua candidatura e l’appoggio fornito all’elezione del card. Del Monte (Giulio III) nel conclave del 1550 gli varranno, tra l’altro, il Governatorato di Tivoli dove allestirà la sua sontuosa dimora. Rampollo di una delle corti più raffinate e liberali del tempo, fin dagli anni della sua giovinezza Ippolito si dedicò alla ricerca e alla realizzazione di opere d’arte. I lavori per la realizzazione di questa dimora principesca, durati circa vent'anni a partire dal 1550, furono affidati all'architetto Pirro Ligorio, oltre che a un numero enorme di artisti e artigiani. Alla morte del cardinale Ippolito la villa passò di proprietà ai cardinali di Casa d'Este, che la arricchirono di nuove opere d'arte. Particolarmente significativo fu l'intervento di Gian Lorenzo Bernini, sotto il cardinale Alessandro. http://www.tibursuperbum.it/ita/monumenti/villadeste/IppolitoEste.htm il primo Ippolito http://www.italica.rai.it/rinascimento/parole_chiave/schede/esteippolitod.htm |
Il Parco più bello d'Europa |
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LA MORTE DI FRANCESCO II | - cardinale
Ippolito (I) d'Este (Ferrara 20/3/1479-3/9/1520) figlio di Ercole I, Duca di
Modena e Ferrara e della principessa Eleonora d'Aragona - cardinale Ippolito II d'Este (Ferrara 1509 –Roma 2/12/1572) figlio del duca Alfonso I e di Lucrezia Borgia (al terzo matrimonio) figlia del papa Alessandro VI. - cardinale Luigi d'Este (Arezzo 1538-Montegiordano 30/12/1586) ultimo figlio del duca di Ferrara Ercole II e di sua moglie la principessa Renata di Francia, figlia di Luigi XII di Francia e di Anna di Bretagna - cardinale Alessandro d'Este (Ferrara 5/5/1568 + Roma 13/3/1624) figlio di Alfonso d' Este, marchese di Montecchio e di Giuliana della Rovere - cardinale Rinaldo I d'Este (1618-1672) fu vescovo di Reggio Emilia poi cardinale (è questo il citato sopra) - cardinale Rinaldo d'Este (1655 - 1737) cardinale dal 1686 al 1695, duca dal 1694, sveste l’abito talare per succedere nel ducato e sposa Carlotta Felicita di Brunswick e Lüneburg (1671-1710) figlia del Principe Giovanni Federico di Brunswick-Lüneburg. |
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La gotta lo stava peraltro affliggendo tormentosamente. Nell'aprile
1694 sembrava che dovesse cedere alle sofferenze, si rinfrancò e,
recandosi a villeggiare a Sassuolo, si illuse di giovarsi di quell'aria
più salubre e temperata, ma il 6 settembre finì i suoi giorni, all'età
di appena trentaquattro anni, stroncato da un attacco acuto del male.
The marriage had urgent dynastic and political aspects. James had two Protestant daughters, Mary and Anne, from his first marriage to Anne Hyde. A son by James's second marriage would be king one day, a Roman Catholic king. Though Mary was beautiful and charming -Charles II quickly came round to her-the people of England disliked her for her Roman Catholicism. She was lampooned in broadsheets under the name "Madame East." Rumours spread that she was an agent of the pope, Clement X, who had pressed her case as a suitable bride. During the "Popish Plot" (1678), in which her secretary, Coleman, was involved, she and James discreetly went abroad. Their first male child was stillborn (1674), and numerous others died in infancy or early childhood. Breve traduzione: Il matrimonio era urgente sotto gli aspetti dinastici e politici. Giacomo ebbe due figlie (protestanti), Maria e Anna, dal suo primo matrimonio con Anne Hyde. Un figlio dal secondo matrimonio di James sarebbe stato per un giorno, un re cattolico. Anche se Maria era bella e affascinante, Carlo II scatenò intorno a lei, il popolo d'Inghilterra e la sua antipatia per il cattolicesimo romano. Era derisa in manifesti con il nome di "Madame Oriente". Voci diffuse dicevano che era un agente del papa, Clemente X, che aveva premuto per il suo caso come una sposa adatta. Il loro primo figlio maschio era nato morto (1674), e numerosi altri sono morti durante l'infanzia o nella prima infanzia. |
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Following James's accession to the throne in 1685, the
question of whether Mary would ever bear a son became more significant, because
such a child would be brought up in the Roman Catholic faith and would be heir
to the throne. In 1688, Mary finally gave birth to a living son, James. The
event caused much speculation. It was suggested that the child had been born
dead and a changeling smuggled into the room in a warming pan in order to
conceal the death, or that the Queen had never actually been with child.
Broadsheets depicting the queen stuffing pillows into her gown or cuckolding her
husband with her confessor were common. For political reasons, a royal birth was
a very public event, and many people would have had to be privy to this unlikely
conspiracy. Nevertheless the rumours were disquieting enough that James called
two extraordinary sessions of his Privy Council to hear testimony proving that
the young Prince of Wales was his son by the Queen, though James's daughters
disputed the child's legitimacy. Breve traduzione: In seguito alla ascesa al trono di James nel 1685, la questione se Maria partoriente avesse educato il figlio, l'erede al trono, nella fede cattolica romana, era diventata di fondamentale importanza. Nel 1688, infine, Maria diede alla luce un figlio vivo, James. Le voci che si diffusero ci specularono sopra dicendo che era nato morto, poi sostituito o che addirittura la regina non è mai stata incinta. Quotidiani a grande tiratura raffiguranti la regina imbottita con cuscini in vestaglia o che fa le corna al marito con il suo confessore erano comuni. Per ragioni politiche, una nascita reale è sempre un evento molto pubblico, e molte persone avrebbero dovuto essere a conoscenza di questa cospirazione improbabile. Tuttavia è abbastanza inquietante che James abbia convocato due sedute straordinarie del suo Consiglio privato per sentire la testimonianza e dimostrare che il giovane principe di Galles era suo figlio anche se le altre figlie di James avevano contestato la legittimità del bambino. Revolution Breve traduzione: A pochi mesi dalla nascita la rivolta. Mary riuscì a scappare in Francia mentre la figlia di primo letto di James Mary con il marito Statolder William III of Orange vennero invitati a prendere il potere. Esiliati a casa del re Sole nel castello di San Germain en Laye Maria darà alla luce un'altra figlia, Maria Luisa che morirà diciannovenne.
Later life
Breve traduzione: Quando James morì nel 1701, Mary tentò di farsi riconoscere lei e il figlio ancora minorenne come unici eredi legittimi al trono. La regina Maria d'Este morirà al castello per cancro al seno. La sua tomba si trovava nella abbazia di Chaillot che venne distrutta durante la rivoluzione francese |
Arabella Churchill (23 February 1648–30 May 1730) was the mistress (amante, concubina) of King James II, and the mother of four of his children. Arabella was the child of Sir Winston Churchill (an ancestor of the Prime Minister of WWII) and Elizabeth Drake, daughter of Sir John Drake. An older sister of John Churchill, 1st Duke of Marlborough, she began her relationship with James, then Duke of York, around 1665, while he was still married to Anne Hyde.
Arabella became the duchess's lady-in-waiting in that year, and gave birth to two children during Anne's lifetime. Some time after 1674, she married Charles Godfrey and had three more children. The connection between Arabella Churchill and James II ended after Catherine Sedley became the king's new mistress . |
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James was born on October 14, 1633, in London, the second surviving son of King Charles I and his consort, Henrietta Maria. After the execution of his father, he was taken to the Continent, and in 1657 he entered the Spanish service in the war against England. At the restoration of the monarchy in 1660, his brother became king as Charles II, and James was made Lord High admiral of England. That year he married Anne Hyde,daughter of Edward Hyde, Earl of Clarendon. In 1672, a year after Anne's death, James publicly professed his conversion to the Roman Catholic faith.The next year the English Parliament passed the Test Acts disqualifying Catholics from holding office, and James resigned as Lord High admiral. Shortly after, he married Mary Beatrice of Modena, a Roman Catholic. In 1679 the House of Commons unsuccessfully attempted to bar James from the throne. On the death of Charles II in 1685, James became king. The birth of his son, James Francis Edward Stuart, on June l0th, 1688, seemed to ensure a Roman Catholic succession. Soon afterwards the opposition leaders invited James's son-in-law, William of Orange, later William III, to take the English throne, touching off the Glorious Revolution. James was defeated in battle at the Boyne and fled to France, where he remained ill Saint-Germain-en-Laye until his death on September 16th, 1701. | ||
Miracle of Miracles - I bagni
di Bath |
Sequenza dei fatti |
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Breve traduzione e commento: Il conte di Melfort, tre mesi dopo la nascita dell'erede (10 giugno 1688) commissionò, poi fece erigere, la Croce Melfort sul luogo. Descrittivamente è quasi una metafora della pala d'altare (trittico) dell'Annunciazione Merode di Robert Campin. Il monumento in costoso marmo rosa scaturisce da un piedistallo e sostiene una cupola, sormontata da una croce con una corona di spine. Intorno alla cupola stanno tre cherubini che reggono una corona, uno scettro e un globo. Una colomba, chiaramente rappresentante lo Spirito Santo, scende tra le colonne verso il bagno, il che implica la concezione miracolosa della regina Maria, presto madre di un re di tre regni. Manomesso nel tempo dalla maggioranza protestante fu comunque mantenuto da una associazione. Un lento processo di smantellamento si è concluso nel 1783. La fama di Bath è da sempre legata alle sue sorgenti termali, da cui deriva il nome. La leggenda che siano miracolose nacque 2000 anni fa quando un principe venne guarito dalla lebbra. L'acqua sgorga da una riserva sotterranea naturale a una temperatura di 47°C. Quando i Romani conquistarono l'Inghilterra, costruirono nei pressi delle sorgenti la città di Aquae Sulis. Sulis era una dea celtica della salute. Grazie alla loro esperienza in materia e alle loro competenze tecniche, i Romani riuscirono a utilizzare al meglio le acque solforose. Costruirono infatti stabilimenti termali con sauna, bagno turco (calidarium), piscina e palestra. Quando i Romani lasciarono l'isola, le terme vennero abbandonate fino all'epoca vittoriana, quando si reimpose la moda della vacanza termale. L'altro grande periodo di fulgore della città è stato quello georgiano, quasi due secoli prima, quando Bath divenne famosa per il gioco d'azzardo e la bella vita. Molti degli edifici più belli della città risalgono proprio al '700. Puzzolenti o no, le acque di Bath si erano dimostrate molto utili, soprattutto, si credeva, per il concepimento delle donne. Una cliente speciale era Maria di Modena, seconda moglie di Giacomo II, che diede alla luce un figlio nel 1688, otto anni dopo però di aver preso le acque a Bath. Il re era alla disperata ricerca di un figlio per la successione dopo due figlie femmine (è sicuramente opera dello Spirito Santo) . |
10 June 1688 Birth of James Francis Edward Stewart sparks panic among
Protestants 7 maggio 1718 - morte di Maria Beatrice. Quando morì le damigelle trovarono nel suo corpo un cilicio, segno di penitenza e umiltà. Nel 1793, durante la rivoluzione francese, alcuni fanatici violarono le tombe dei due sovrani e dispersero i resti di entrambi |
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MARIA BEATRICE D'ESTE MARTIRE E SANTA ? Sarebbe questa sotto e a lato, secondo le ultime notizie, l'inizio di una procedura di beatificazione !!! |
dal sito: monastero della Visitazione Santa Maria in Baggiovara di Modena - |
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- Lei (Noel Mc Farran della
Associazione dei Giacobiti cattolici scozzesi) è venuto a Modena per
partecipare alla conferenza di apertura della raccolta di firme in
favore della beatificazione di Maria Beatrice d'Este. In quell'occasione
ha fatto un intervento per spiegare come la discendenza legittima al
trono d'Inghilterra passi per il Ducato di Modena. Ci può brevemente
spiegare questo collegamento? - Certo. La discendenza diretta di Giacomo II e Maria Beatrice si estingue dopo due generazioni, con i nipoti Enrico IX e Carlo II. A dire il vero quest'ultimo ebbe una figlia illegittima, Carlotta duchessa d'Albany, la cui sepoltura si trova nella chiesa della SS Trinità a Bologna, ma la sua pretesa al trono non fu reputata lecita. - Quindi. .. - Quindi per trovare un legittimo erede si dovette ricorrere alla discendenza della sorella di Giacomo II, Enrichetta Anna duchessa d 'Orleans. La figlia di questa, Anna, sposò il duca di Savoia per cui, alla morte di Enrico IX, i diritti passarono a Carlo Emanuele IV di Savoia e quindi al di lui fratello Vittorio Emanuele L E qui arriviamo ai duchi di Modena, infatti Vittorio Emanuele trasmise i diritti a Maria Beatrice Vittoria che divenne poi moglie di Francesco IV d'Austria-Este. - E poi i diritti al trono inglese passarono, secondo i giacobiti, al loro figlio primogenito Francesco. - Certo, per cui l'ultimo duca di Modena, Francesco V, era, per i legittimisti, anche re d'Inghilterra. - E, per curiosità, adesso chi sarebbe il legittimo re d'Inghilterra? - Attraverso il matrimonio della nipote di Francesco V, la figlia del fratello Ferdinando, i diritti sono passati alla casa reale di Baviera. - Mi tolga una curiosità, lei pensa che il trono inglese nel futuro possa cambiare di mani? - Come le ho già detto i giacobiti si impegnano esclusivamente su un piano culturale ... però, come diceva qualcuno, "del doman non v'è certezza" ... da una intervista di Matteo Maria Bonghi su Il Ducato Terre Estensi n.40/2008 |
Nel 2007 si è costituito a Modena un comitato per ottenere dall'autorità ecclesiastica l'introduzione della causa di canonizzazione della regina Maria Beatrice, ravvisando nella vita della regina "tutti gli elementi che contraddistinguono la santità", cioè una condotta di vita moralmente irreprensibile e inattaccabile e la virtù della rinuncia: "Maria Beatrice è stata capace di rinunciare a un trono in nome della propria Fede, seguendo il motto: "non si può barattare il Regno dei Cieli con un regno terreno, per quanto grande esso sia". In un mondo dove il motto dominante è "fai ciò che vuoi" e dove ogni più piccola rinuncia a beni materiali sembra insopportabile, Maria Beatrice costituisce un esempio di vita, un vero e proprio faro. I contemporanei dicono di lei che fu di bell'aspetto, gentile e regale nel portamento, affabile, sempre di buon umore e religiosissima per cui anche sotto gli abiti eleganti indossati portava un cilicio e prima di coricarsi pregava lungamente e devotamente in ginocchio sul pavimento freddo. Lo storico inglese Martin Haile che per primo l'ha studiata e descritta nell'opera "Queen Mary of Modena. Her life and letters" pubblicata nel 1905, afferma che "più leggiamo le sue lettere e conosciamo il suo carattere sempre più cresce in noi la stima e l'ammirazione per lei". |
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