"L'INCREDIBILE ZIO CHECCO"
Francesco
Lorenzo Pullè era il mio prozio, fratello maggiore di mio nonno Felice e zio di
mio padre Frangiotto. La famiglia Pullè possiede da sempre una casa nella
campagna modenese, a San Venanzio di Maranello. Trattandosi di una famiglia
molto numerosa, ma molto unita, la casa di San Venanzio ne costituiva uno dei
luoghi comuni di incontro, particolarmente per i periodi estivi. Anni fa, nella
soffitta di questa casa di campagna, curiosando dentro a un baule, mi capitarono
fra le mani alcuni quadernetti. Erano i diari di guerra dello zio Checco: così
noi familiari chiamavamo Francesco Lorenzo Pullè. I diari erano scritti con la
sua caratteristica grafia di studioso: chiara, ordinata, minuziosissima. Aprirli
e trascorrere leggendoli un intero pomeriggio, fu per me normalissimo, tanto le
ore passarono veloci. La figura dell'incredibile zio Checco mi ritornava alla
mente, così come mi era stata raccontata dalla nonna Fanny, moglie di suo
fratello Felice. Ella definiva i fratelli "senza fissa dimora" e quando era
particolarmente risentita nei loro confronti, diceva che "avevano il fuoco là
dove lo avevano le lucciole", un modo colorito per definire il loro essere
sempre in movimento, il fare mille cose, l'avere infiniti interessi a cui
pensare. Questa "fregola", altro termine usato dalla nonna nel rivolgersi ai due
fratelli, è un elemento che contraddistingue chiaramente i diari. Lo zio Checco
lo troviamo difficilmente fermo per qualche giorno nello stesso posto, e dato i
tempi, gli anni '16-'18, lo spostarsi non era certo cosa facile. Avere sempre la
mente e il corpo occupati derivava dall'insegnamento familiare. Il loro impegno
professionale, culturale e sociale li portava a fare sempre nuove conoscenze di
persone, luoghi e cose. Non si rinchiudevano nella loro "torre d'avorio", spesso
erano al tavolino intenti ai loro studi, ma poi dovevano muoversi, camminare,
andare, fare, cercare un contatto con la natura, con le persone.
Conoscere per
imparare, cercando quell'impronta viva, che manca nelle pagine di un libro.
Tutto ciò non solo per accrescere il proprio bagaglio culturale, ma per
dispensare agli altri le proprie conoscenze, intese sia come insegnamento sia
come esempio. A differenza di Macchiavelli, per lo zio Checco l'essere e
l'apparire risultavano inscindibili. La pulizia esterna doveva rispecchiare la
cristallinità interna: l'ordine formale era lo specchio dell'ordine morale.
Concetto più volte ripreso nei diari a proposito delle truppe spesso trasandate
a causa del cattivo esempio degli ufficiali. Non può esserci rispetto per gli
altri, quando non c'è rispetto per se stessi.
Lina Barbara Pullè |
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