
F. L. P illustrò così le finalità
della sua raccolta: "Io non ho inteso di offrirvi oggetti di mera
curiosità, o freddi documenti della storia di religioni, di culture e di
arti esotiche. Intesi riportarvi le tracce rimaste impresse su quelle dal
genio civilizzatore degli avi nostri; e in pari tempo indicare le fila per
le quali il genio moderno degli Italiani potrà ristabilire la corrente
degli antichi scambi fecondi. Il richiamo, a voi Giovani, lavoratori del
pensiero, dell'esempio dei lavoratori del braccio, pionieri nostri sulle
vie dell'Oriente, valga a incoraggiarvi; insieme coll'esempio di
condiscepoli di poco preceduti, che a quella parte hanno rivolti i loro
studi e che fatti già benemeriti presso i dotti Indiani, ne ebbero
incarico di edizioni critiche dei testi sacri, e sono stati ora invitati
nell' India per andarvi a tenere insegnamenti sopra la loro medesima
letteratura." . F.L. Pullè, discorso inaugurale anno accademico 1911/12
"Annuario Università", 1911/12, pag. CV.
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Il Museo di
Etnografia Indiana
1935 "l'Università Italiana” articolo di
O. Assirelli dal titolo
"Francesco Lorenzo Pullè
nei ricordi di uno scolaro".
"Gli studenti della Facoltà di
Lettere (Bologna), uscendo dalla grande aula ancora risonante della voce di
Carducci, salivano le scale, per recarsi in un altra aula, più modesta,
quasi appartata, dove erano sicuri di venire accolti dalla cordiale,
signorile ospitalità del Prof. Pullè. [...] Ciò che spingeva i giovani a
seguire l'insegnamento di Pullè era la consapevolezza di poter accedere ad
un universo nuovo ed inesplorato: l'India, con la sua arcana e millenaria
sapienza. I giovani rimanevano affascinati, dalle prospettive aperte dal
risveglio di studi sull'India, iniziati in Germania e favoriti in Italia
dalle Opere di Pullè stesso" .
In questa atmosfera si svolgeva l'insegnamento di F. L. P a cui
si dedicava con slancio e minuzioso lavoro. Il desiderio di comunicare
agli altri il frutto della sua ricerca lo portò a creare durante l'anno
accademico 1907-1908 il "Museo di Etnografia Indiana", che fu aggregato
come una sezione al Gabinetto di Glottologia dell'Università di Bologna.
Nelle intenzioni di Pullè esso intendeva dedicarsi principalmente
all'illustrazione della storia delle religioni e dei culti, delle arti e
delle civiltà dell'Asia; in particolare dell'India. Il Museo si costituì
intorno al nucleo di oggetti, di inestimabile valore, portati da un suo
viaggio in India e Indocina, e di cui fece donazione, in larga parte,
all'Università. L'occasione per questo viaggio si era presentata nel 1902,
quando Pullè prese parte al XIV Congresso Internazionale degli
orientalisti, tenutosi presso l'appena sorta École Française d'Extrême-Orient,
in cui egli rappresentava ufficialmente l'Italia insieme al sinologo
Ludovico Nocentini. Intraprese questo e altri viaggi per un suo innato
bisogno di indagare i fenomeni nei luoghi in cui questi si manifestavano,
rivelando nella sua personalità un originale connubio tra cultura e
avventura. I pezzi più interessanti della raccolta sono costituiti da
testi sacri in pali, pracrito e altri dialetti sanscritici che gli erano
stati dati, in parte, da alcuni marana . impara il sanscrito
con noi
http://www.bifrost.it/Lingue/Sanscrito.html
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Uno dei problemi che Pullè
associa alla maturità dei tempi e degli eventi apportatrici inerenti ad
essa, è l'emigrazione, la quale ha rappresentato e rappresenta per
l'Italia forse l'episodio capitale della lotta per l'esistenza: "Lo stigma
dell'alfabetismo, segue il lavoratore italiano cui la dura necessità pone
in mano il bastone dell'emigrante". E aggiunge di fatti da lui veduti in
Asia, dove trovò
"gli esempi più stridenti del come nelle mani
dell'impresario straniero l'arma della inferiorità culturale distrugga
divorando tanta parte del frutto della assiduità, della parsimonia, della
genialità del lavoratore italiano".
Già nel Congresso tenuto dall'Istituto di Cultura Italiana all'estero
"Società Dante Alighieri" a Ravenna nel 1901 Pullè espresse la seguente
opinione: "La Società Dante Alighieri, estendendo il concetto della difesa
della italianità alle correnti della emigrazione, doveva nel cuore del suo
programma al termine di irredentismo sostituire quello di redenzione;
redenzione dal giogo della servitù intellettuale dell'uomo italiano
dovunque [...] la prima e più forte difesa dell'italianità all'estero si
deve fare in casa, altrimenti servo in patria, egli sarà ripetutamente
schiavo allo straniero". Francesco Lorenzo Pullè conclude il suo saggio
Vent'anni di vita delle Università Popolari riaffermando la sua
consapevolezza nel ritenere che, nonostante il perdurare dell'enorme
percentuale di analfabeti, la istituzione dell'Università Popolare fosse
destinata a una non effimera e sterile esistenza nella vita italiana.

Dal sito ufficiale delle Università
Popolari
Le Università Popolari, iniziarono
ad impegnarsi non soltanto istruendo un numero sempre crescente di
cittadini di ogni età e condizione sociale, ma anche coinvolgendo
professionisti ed illustri uomini di cultura che desideravano offrire
parte del loro tempo e delle loro competenze in questa impresa che
appariva loro come una sfida affascinante e, per l'epoca,
"anticonformista". Ricordiamo alcuni tra i nostri docenti di allora:
Giovanni Bovio, Gabriele D'Annunzio, Benedetto Croce, Ludovico Mortara,
Roberto Ardigò, Gioacchino Volpe, Luigi Einaudi, Gaetano Salvemini,
Francesco Pullé e molti altri.
Nel contempo venne fondata a Mantova nel 1901 la Rivista diretta
dall’anarchico Luigi Molinari fino al 1918. Nel 1906 si tenne il primo
congresso internazionale per l’educazione popolare, dove si confrontarono
le posizioni dei socialisti e degli anarchici. I primi
erano fautori
dell’intervento statale nell’istruzione, i secondi sostenevano che
l’educazione e l’istruzione dovevano essere completamente estranee al
controllo dello Stato.
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Il desiderio di diffondere il sapere tra
i ceti meno abbienti,
di non arroccarsi nei suoi propri privilegi, ma di
fungere da stimolo propulsore per tutti coloro
che desideravano ampliare
le proprie conoscenze, è un tratto saliente della figura di F.L. Pullè.
Ritorniamo, a questo proposito, alle parole del suo allievo
Oddone Assirelli:
"Il Professore sotto l'apparenza aristocratica della sua persona
nascondeva un cuore prodigo e bene affetto per gli umili e per il loro
elevamento morale ed intellettuale. In questo senso si spiegano le sue
simpatie al movimento sociale in sui primi del secolo, quando erano
moventi ideali e spirituali, non alieni e discordi dal sentimento patrio,
quelli che lo ispiravano; e l'Università Popolare, di cui egli fu anche
presidente, sembrò, e in parte fu, un mezzo efficace di divulgazione
scientifica tra il popolo e di avvicinamento dell'alta cultura all'anima
nazionale".
L'impegno sociale e politico che Pullè profuse in quegli
anni è testimoniato dal diretto coinvolgimento ad istituire e diffondere
le Università Popolari. Se "i lavoratori del pensiero" dovevano prendere
ad esempio i "lavoratori del braccio", come scriveva Pullè a proposito del
Museo Etnografico, quasi a sancire una non diversità tra il lavoro
intellettuale e quello manuale, a maggior ragione "i lavoratori del
braccio" dovevano avere gli spazi e le possibilità di affinare le proprie
conoscenze, in un inter-scambio continuo di cui beneficiava l'intera
comunità. Le Università Popolari quindi come mezzo di divulgazione
scientifica tra il popolo e di avvicinamento dell'alta cultura alla gente
comune. Riportiamo alcuni stralci di un discorso tenuto da Pullè in
qualità di Presidente Onorario, in occasione dei "Vent'anni di vita delle
Università Popolari", in cui egli illustra la nascita di tali istituti e
le motivazioni profonde che l'avevano accompagnata.
"Vent'anni sono passati. Nel tragico
'98 (quello di Bava Beccaris), a Firenze, un gruppo di giovani laureati e professionisti e di
geniali artisti fermò il proposito di costituirsi in società per
raccogliere e comunicarsi materiali di cultura, coi mezzi più moderni;
portando ognuno il contributo di sue speciali nozioni, delle sue ricerche, de' suoi viaggi, in conferenze illustrate dalla fotografia in proiezioni.
Quella società prese il nome di Pro Cultura. Ma ecco scaturire l'idea che,
uscendo fuor di se stessa, la Pro Cultura potesse volgersi all'avanzamento
della educazione più larga del popolo. Non mi peritai accettare la
presidenza di una tale iniziativa, che in duro momento pur sotto l'incubo
degli stati d'assedio e dei tribunali militari poteva, al di là dei
sospetti e dell'odio di classe, segnare gli albori di nuovo ordine di
concetti di solidarietà sociali e umani. [...] A Bologna il terreno
trovavasi preparato da un precedente: la Lega per la istruzione del
popolo, alla quale avevano appartenuto i massimi luminari dello antico
Ateneo: Carducci, Ceneri, Filopanti e demofili come il Belluzzi, l'Altobelli
ecc. Di più essa si innestava sovra un tronco già robusto, d'onde essa
dovea trarre il suo felice rigoglio. Era il tronco del Comitato
d'istruzione della Società Operaia Maschile. La Società Operaia apriva i
suoi battenti alla Università Popolare, ponendo una condizione: che vi
dovesse
avere la sua
sede perpetua. [...] La istituzione doveva fornire due ordini di
conferenze, l'una pei soci, l'altra pel popolo. L'anno seguente 1899 la
Pro Cultura accoglieva nella sua sede 500 autentici operai fiorentini alle
conferenze che si succedevano in serie ordinate: ogni festa dal gennaio al
giugno".
Nello scritto Il primo congresso
internazionale delle opere di educazione popolare, (pubblicato sulla Nuova
Antologia, Roma, 1906) Pullè racconta del Congresso che si svolse a Milano
nel 1906 dove tenne una relazione nella quale dava motivo delle circa 70
Università, scuole libere ed associazioni pro-cultura popolare, che erano
sorte dall'inizio del secolo:
"Le Università Popolari debbono
conservare il loro carattere di istituti destinati a diffondere in tutte
le forme più libere e più largamente accessibili la cultura scientifica ed
estetica e la educazione morale e civile, indirizzando l'opera loro non
esclusivamente ad una determinata classe, sia pur questa demograficamente
la più vasta ed economicamente e moralmente la più bisognosa, ma a tutto
quanto il popolo, ossia a quella massa che, rispetto alla cultura, non
trova nei ristretti e privilegiati congegni dell'insegnamento e
all'educazione ufficiale il necessario soddisfacimento".
Nell'ottobre del 1908 si tenne a Parigi
il II Congresso Internazionale di Educazione Popolare. Una particolare
distinzione venne usata alla rappresentanza Italiana grazie ai buoni ricordi riportati a Milano nel 1906. Infatti, fra
i due Congressi, alcune delle principali Università Italiane avevano
ricevuto la visita delle consorelle francesi. A Parigi, dunque, nel 1908
fu proclamata la costituzione della Confederazione Internazionale delle UU.PP., e ne fu affidata la presidenza a Pullè. E' da notare l'assenza
della Germania da questa Società della Nazioni (SDN), che si costituiva
con lo scopo di creare una mentalità comune e un comune intento educativo
dei popoli. Sottolinea ancora F.L.Pullè:
"a completare l'azione internazionale
delle UU.PP. federate giova ricordare come ad esse si sia rivolto il
Comitato permanente di istruzione costituito nel seno di quei congressi
per la Pace, che dovevano resultare come una preparazione della Società
delle Nazioni. E similmente nel Parlamento Interalleato, che è stato
battezzato come il Parlamentino Europeo, durante la guerra fu proposta la
cooperazione della Università Popolare ne' suoi intenti di stabilire quei
legami di intellettualità sui quali, assai più presto che sulle
combinazioni diplomatiche, potrà contare la SDN per tradursi in una realtà
effettiva".
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Impegno politico e
sociale
F.L.Pullè, uno studioso eclettico, si interessò anche del rapporto
uomo-ambiente, profetizzando idee di estrema contemporaneità. Il suo
impegno nel sensibilizzare le istituzioni su problemi ambientali, al fine
di limitare i danni derivati da uno sfruttamento o incuria dell'uomo sulla
natura può trovare riscontro nell'articolo:
I Paesi che se ne vanno - Le
frane dell'Appennino modenese (pubblicato nella "Rivista d'Italia" nel
1901) che contiene intuizioni quasi profetiche: "Certo, l'aumento della
popolosità e i crescenti bisogni di una coltura intensiva, si opporranno
al quesito della silvicoltura nelle zone montane. Ma non dovrà suonare
strano alla saviezza di uno stato previdente che i milioni salvati dalle
spese per la difesa dei fiumi al piano e dei danni delle inondazioni,
vadano a compenso lassù dove alla loro origine si possono e si dovranno
impedire le cause dei mali. Il principio di una solidarietà amministrativa
tra regioni e regioni emerge dal sentimento evolventesi della solidarietà
umana".

Le origini aristocratiche non gli impedirono quindi di professare idee
progressiste, ma il suo impegno nel sociale non fu solamente teorico, come
racconta il Dr. Landi nel volume Sestola storia di una rocca tre volte
millenare. Pullè acquistò nel 1907 la Rocca o Forte di Sestola di cui
concesse gratuitamente per un trentennio al governo la parte più alta per
mantenervi il Regio Osservatorio Meteriologico. Nell'edificio detto
Carcere Nuovo fondò una colonia estiva per una trentina di bambini
rachitici, arrivati poi fino a 200, dell'Istituto Umberto I di Modena,
mentre in un'altra palazzina, posta entro il Forte stesso, costituì una
Colonia Climatica permanente per l'Opera Nazionale Maternità e Infanzia.
Piantò inoltre le conifere dell'attuale bosco che circonda
la Rocca.
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GABINETTO DI GLOTTOLOGIA A PISA
Dopo il breve periodo napoleonico l’École
Normale Supérieure di Pisa viene riaperta il 15 novembre 1847. Anche
questa sua breve vita è legata agli avvenimenti risorgimentali che la faranno,
dopo 13 anni, confluire nelle nuove scuole del Regno. Nel 1890 alle
facoltà esistenti viene aggiunto l’Istituto di Glottologia, con il nome di
Gabinetto di Glottologia Sperimentale, primo in Europa, su iniziativa di
Francesco Lorenzo Pullè, che lo diresse fino al 1899, affiancando la
Geografia e l’Archeologia. I tre Istituti compaiono ufficialmente
costituiti nell'Annuario 1898-99; ma non ebbero vita facile. "Archeologia stava confinata in
due stanze a pianterreno e Geografia in una stanza della Biblioteca. Sorte
migliore, se possiamo dire, l’ebbe il Gabinetto di Glottologia
sperimentale, al cui direttore Pullè - vero martire del metodo storico -
sono dedicate, nell’Annuario ’98-’99 le seguenti righe di sapore amaro:
«Questo gabinetto, il primo del genere, fu istituito dal professore
suddetto nel 1891, avendo ottenuto dal Ministero un primo assegno di L.
1.000 e successivamente nel 1892 di L. 350 e nel 1896 di L. 250.
L’Università ha fornito i locali e il mobilio. Per il resto è mantenuto a
cura e spese del professore suddetto».
CONCLUSIONI
Nonostante il loro grande valore documentaristico, i diari in generale
rimangono soprattutto scrittura personale: appaiono cioè piuttosto come
strumento attraverso il quale esorcizzare la paura e la solitudine dello
scrittore, che non come documento da trasmettere ai posteri. Nel diario di
Francesco Lorenzo Pullè sono peraltro evidenti entrambe le
caratteristiche: da un lato, egli utilizza ampiamente abbreviazioni e nomi
in codice, comprensibili solo da chi scrive; dall'altro, riporta in modo
rigoroso stralci di discorsi tenuti da senatori e generali, certamente
cosciente dell'importanza storica di tali affermazioni. Inoltre, l'autore
annota sul diario le cifre relative alle proprie entrate e uscite
finanziarie, usandolo come promemoria per i suoi affari personali; ma vi
annota anche dati relativi all'esercito: ad esempio, dati e numeri
inerenti ai rifornimenti o ai capi di vestiario. Da sottolineare anche le
numerose fotografie e cartine che arricchiscono (anche oltre i limiti
consentiti dalle norme per la sicurezza militare) di precise testimonianze
iconografiche il testo, già importante di per sé. Il Pullè registra con
cura i suoi spostamenti repentini da una città all'altra: da Bologna, dove
segue l'attività accademica, a Laveno, Sestola e San Venanzio, dove cura
gli interessi di famiglia, a Roma, per l'impegno al Senato, e ancora tanti
altri e diversi luoghi connessi alla sua partecipazione alla guerra. Nelle
pagine del diario, Pullè non manca di evidenziare l'insofferenza che prova
di fronte al clero, a qualsiasi livello gerarchico. Del resto la sua
appartenenza alla massoneria pregiudica ogni valutazione sugli uomini di
chiesa. Dalle pagine ingiallite di questi 14 quadernetti emerge la figura
di un uomo che ha affrontato con impavida compostezza, degna della propria
estrazione sociale, lo scontro bellico, noncurante dei pericoli e della
paura, perchè sicuro di combattere per una causa nobile: l'unità della
Nazione e delle sue genti. |