Biospeleologia del Piemonte

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Biospeleologia - Cenni essenziali

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Evoluzione ipogea

Biogeografia


Evoluzione ipogea


Cos'è l'evoluzione?

La tematica sull'evoluzione è molto ampia; nel secolo scorso ha impegnato non poco i naturalisti dando alle scienze biologiche una forte trasformazione di pensiero ed uno straordinario sviluppo.

E' necessario soffermarsi anzitutto sul significato di evoluzione, definita come cambiamento storico, cioè nel tempo, dell'insieme delle istruzioni necessarie alla formazione di un organismo; questo cambiamento è dovuto alla variabilità genetica ed alla selezione ambientale, per cui i discendenti di una popolazione risultano diversi dai loro predecessori.

L'adattamento è il punto di partenza di tutte le teorie evoluzionistiche ed è l'aspetto principale che ogni teoria deve spiegare. Nell'adattamento è compreso il miglioramento dell'idoneità di un organismo al suo ambiente e quindi l'evoluzione deve essere la risposta ad un cambiamento ambientale.

Per esempio, se consideriamo due specie di Coleotteri derivati da uno stesso progenitore, ma ora viventi in habitat diversi, si può pensare che siano andati incontro a cambiamenti e adattamenti: differenze nella morfologia dell'esoscheletro, della lunghezza degli arti e delle antenne, differenze nella pigmentazione, ecc.


Le teorie evoluzionistiche. Esistono due punti di vista principali attraverso i quali si cercò di spiegare i meccanismi di adattamento all'ambiente.

1. La teoria di Lamarck presuppone l'esistenza di una tendenza innata negli esseri viventi ad un loro perfezionamento, per cui il "bisogno" di una determinata funzione sarebbe sufficiente ad indurre la comparsa degli organi e degli apparati necessari a compierla: "la necessità crea l'organo, l'uso di un organo tende a perfezionarlo, il disuso tende a farlo regredire". Questa teoria risultò però insostenibile. Sarebbe circa come supporre che un atleta, dopo aver perfezionato, mediante adatto allenamento, alcuni dei propri apparati muscolari, idonei all'esecuzione di alcuni tipi di esercizi, pretendesse di generare figli già forniti di quei medesimi vantaggi da lui acquisiti con la propria attività.

2. Secondo la teoria di Darwin l'evoluzione deve essere concepita come una conseguenza dell'adattamento degli organismi all'ambiente. Tale evoluzione si estrinseca mediante la lotta per l'esistenza con la distruzione degli esemplari meno adatti a tali condizioni ambientali e con la sopravvivenza degli individui che per caso possedevano alcune caratteristiche che li rendevano più idonei a quel determinato ambiente di vita.

Questo concetto di evoluzione che concede una preferenza alla sopravvivenza dell'individuo più adatto, costituisce uno dei più originali meccanismi che attraverso la selezione naturale premia, nel corso della riproduzione, da una parte gli individui di una popolazione che presentano combinazioni e caratteristiche più adatte a svilupparsi e moltiplicarsi in un dato ambiente nel tempo, mentre dall'altra, elimina i meno adatti a alla sopravvivenza in quelle condizioni ambientali. Così, gli esemplari meno adatti saranno destinati a soccombere prima di raggiungere l'età riproduttiva.

In sostanza la teoria di Darwin si fonda su questi tre fattori principali: variabilità individuale del tutto fortuita, selezione naturale delle caratteristiche più adatte, ereditarietà dei vantaggi conseguiti attraverso la selezione naturale.

Meccanismi di ereditarietà. Ogni essere vivente, all'interno delle proprie cellule, presenta un proprio codice genetico che determina tutte le sue caratteristiche e che contiene tutte le informazioni genetiche nella molecola del DNA (Acido Desossiribonucleico) . Il DNA è una macromolecola formata da due lunghi filamenti avvolti l'uno sull'altro a formare una doppia elica e si presenta normalmente compattato nel nucleo di ogni cellula a formare i cromosomi mediante un fittissima spiralizzazione multipla del filamento principale. Una delle proprietà fondamentali delle cellule è la loro capacità di riprodursi. In linea di principio, tutte le cellule sono capaci di dare nuove generazioni di cellule subendo un processo di duplicazione. Esse però devono avere un meccanismo per duplicare il DNA al fine di fornire alte cellule figlie copie complete del proprio patrimonio genetico. Infatti, prima di ogni divisione cellulare, i due filamenti di DNA si dividono e ciascuno di essi provvederà a ricostruire un altro filamento complementare, riformando la doppia elica: si ottengono così due cellule figlie con un patrimonio genetico completo. I geni sono tratti di DNA che contengono tutte le informazioni che sono necessarie per riprodurre ben precisi caratteri. I cambiamenti nei geni sono detti mutazioni e sono modificazioni della sequenza delle informazioni nel DNA, che spesso provocano la comparsa di nuove proprietà negli organismi. Tali cambiamenti possono essere trasmessi alla discendenza. Le mutazioni geniche avvengono a caso all'interno di una stessa specie (microevoluzione) e possono anche essere nocive (mutazioni regressive). Complessivamente il materiale genetico di un organismo costituisce il suo genoma. Più esattamente il particolare insieme di geni che codifica un particolare individuo rappresenta il genotipo di quell'individuo. L'insieme delle caratteristiche fisiche con cui si manifestano i geni è detto fenotipo. Il fenotipo di un organismo non è influenzato unicamente dal genotipo (insieme dei geni nei cromosomi), ma anche dall'ambiente, in quanto le condizioni ambientali provocano in certa misura la comparsa di geni particolari. La variabilità dei differenti genotipi, e quindi dei fenotipi dei membri di una specie e fra specie differenti è ciò che rende possibile l'evoluzione. Buona parte dell'evoluzione avviene per azione della selezione naturale, cioè di quel fenomeno per cui le condizioni di vita di organismi, con genotipi e fenotipi differenti, portano alcuni di questi ad aver maggior successo nella riproduzione rispetto ad altri.

Si parla di mutazioni vantaggiose, se all'interno di una specie aumenterà il numero di individui e questi si diffonderanno in nuovi ambienti, e di mutazioni svantaggiose, se il loro numero si ridurrà anche fino alla scomparsa.

Fattori di selezione. I fattori di selezione sono molteplici, vediamone i principali:

- modificazioni ambientali temporanee (temperature minime invernali o massime estive, inondazioni, siccità, composizione chimica delle acque, glaciazioni, ecc.);

- azione di nemici, predatori, parassiti ed agenti patogeni;

- concorrenza nell'alimentazione, nello scegliere il territorio di insediamento (competizione);

- concorrenza nella scelta del partner per l'accoppiamento (selezione sessuale);

Tutti questi fattori possono agire in misura molto diversa ed in combinazioni molto varie; può inoltre prevalere la "pressione di mutazione" oppure la "pressione di selezione" a seconda se sia preponderanti le mutazioni casuali geniche che rendono adatti gli individui all'ambiente, ovvero siano i fattori ambientali ad avere preponderante azione selettiva su individui geneticamente stabili.

In conclusione, nella storia evolutiva di una specie vi sono stati una serie di adattamenti e di selezioni, sino a giungere con il passare dei millenni all'attuale fase evolutiva. Pertanto, non si deve pensare che la fauna ipogea sia entrata in grotta improvvisamente, ma attraverso un graduale adattamento durato anche milioni di anni. Inoltre in molte specie, non ancora specializzate alla vita ipogea, si possono notare periodi di transizione o addirittura di regressione.


Caratteristiche delle forme viventi ipogee

Le caratteristiche principali di un ambiente ipogeo sono:

1. assenza o riduzione di luce;

2. umidità relativa elevata e costante;

3. temperatura costante.

Queste sono condizioni estreme che non possono non avere conseguenze sul popolamento di una cavità. Infatti le condizioni limite di tale ambiente determinano svariati ed insoliti adattamenti.



Assenza di luce. Una conseguenza è l'anoftalmia (assenza di occhi o cecità). A seconda dell'adattamento più o meno marcato all'assenza di luce, si possono individuare in alcuni Coleotteri morfologie diverse : nei Trechus gli occhi funzionali assumono ancora una configurazione semisferica, nei Duvalius la riduzione dell'organo visivo diventa molto più evidente e nel genere Agostinia, l'occhio è totalmente scomparso.

Esempi simili in artropodologia sono tanti, ma sono molti meno in animali superiori: per esempio in alcuni pesci ossei la stessa famiglia comprende sia specie cavernicole che abissali.

L'organo visivo nei cromosomi occupa una buona parte di potenziale genetico; l'eliminazione di questo organo, che in grotta non serve, rappresenta quindi un risparmio a livello cromosomico non indifferente.

In seguito alla riduzione degli organi visivi, che può portare alla totale anoftalmia, si riscontra nei cavernicoli veri un maggior sviluppo di altri organi sensoriali. In questi animali infatti si perfeziona di regola la sensibilità tattile, o comunque meccanica, come è dimostrato dal particolare sviluppo che assumono gli specifici recettori, siano essi ì tricobotri (setole) degli Pseudoscorpioni oppure i peli sensoriali dei Coleotteri o di altri insetti. Si può osservare anche l'allungamento delle antenne e di speciali setole che rendono questi animali sensibilissimi anche alle minime correnti d'aria.

Le zampe sono talvolta allungate, mentre le ali membranose degli insetti troglobi sono ridottissime o mancano del tutto. I pipistrelli, nel buio assoluto, si orientano con gli ultrasuoni generati dalla laringe che rimbalzano sugli ostacoli e vengono recepiti da un apparato uditivo specializzato ( un sistema simile al sonar detto ecolocazione). In alcuni insetti cavernicoli più specializzati compaiono anche nuovi organi di senso come l'organo di Hamann che si trova sulle antenne di alcuni Coleotteri Cholevidi e che sembra deputato alla percezione delle variazioni di umidità atmosferica (igrorecettore).

Altro effetto dato dall'assenza totale di luce è la depigmentazione (perdita di colore). Molti animali appaiono bianchi o con colori molto chiari (avere l'esoscheletro di colore rosso o blu nell'ambiente ipogeo serve ben poco). Per alcuni Crostacei acquatici come i Niphargus la luce può essere addirittura letale. Anche in questo caso si ha un risparmio energetico.

Umidità. L'esoscheletro di molti Artropodi è costituito da chitina, una sostanza ammino-polisaccaridica, che lo rende coriaceo e alla cui formazione concorre la luce solare. Per un Artropode vivente in ambiente epigeo un esoscheletro contenente molta chitina è spesso un vantaggio perchè lo difende dai parassiti, da predatori e da innumerevoli agenti fisici esterni che in grotta sono assenti. Negli Artropodi cavernicoli l'esoscheletro appare spesso ridotto; questo è un ulteriore esempio di risparmio energetico, ma comporta vantaggi e svantaggi; alla riduzione di chitina nell'esoscheletro consegue un indebolimento degli stigmi tracheali (aperture delle trachee), i quali non possono più trattenere l'umidità interna dell'organismo. Gli insetti, infatti, non hanno i polmoni e la loro respirazione avviene attraverso le trachee, piccoli canali aerei che conducono ossigeno a tutti gli organi attraverso fini ramificazioni. Un insetto epigeo, posto in ambiente con ridotta umidità relativa, sarebbe esposto ad una letale disidratazione se non avesse particolari adattamenti dei fori di entrata delle trachee che sono muniti di curiosi ciuffi di peli e strutture microscopiche capaci di trattenere l'umidità interna. Tuttavia in diversi insetti cavernicoli queste strutture non sono più funzionali e per questo nei rami fossili di un sistema ipogeo (con mancanza d'acqua e quindi con umidità poco elevata), raramente si incontrano forme di vita: ne consegue che l'ambiente fossile può essere anche azoico.

L'umidità, infatti, rappresenta un fattore ambientale di importanza critica per quasi tutti i cavernicoli terrestri, che si trovano in condizioni di disagio non appena vengono allontanati da un ambiente quasi saturo di vapore acqueo; ciò è dovuto anche alla marcata stenoigria (minima sopportazione di piccole variazioni di umidità) di questi organismi. Proprio in rapporto a ciò si sarebbe evoluta la pseudofisogastria di alcuni Coleotteri, per lo più Cholevidi. Per esempio, in Leptodirus hohenwarti, il primo Coleottero Cholevidae cieco scoperto nel 1831 da un naturalista austriaco, le elitre, saldate tra loro non servono tanto per ricoprire un addome molto sviluppato, ma per trattenere una bolla d'aria molto umida da utilizzare nei brevi periodi in cui è costretto ad attraversare zone con bassa umidità relativa.

Tutto nell'ambiente ipogeo è rivolto a un risparmio energetico. Se si osserva una cavalletta di superficie, questa presenta antenne e zampe assai diverse da una cavalletta ipogea. Infatti la fauna ipogea ha indirettamente rinunciato a diverse "agevolazioni" proprie di quella epigea (occhi, volo, colori, ecc.). Questo risparmio genetico è stato usufruito nelle mutazioni con "agevolazioni" idonee a condurre vita ipogea: l'allungamento delle antenne e delle zampe è un classico esempio.

Quando in casa ci si trova al buio viene spontaneo allungare le braccia per tastare l'ambiente che ci circonda; la lunghezza degli arti e delle appendici quindi è senza dubbio un vantaggio, anche perchè molto spesso le antenne ed palpi di molti artropodi ipogei sono muniti di sensilli, cioè strutture specifiche atte, per esempio, ad individuare biochimicamente la vicinanza di cibo o di altri individui. Altri sensilli possono essere i peli setigeri disseminati in punti ben precisi sull'esoscheletro di molti Coleotteri come nel Doderotrechus (Coleottero Carabide).

Alcuni insetti sensibili anche alle più deboli correnti d'aria sono dotati di setole circondate da cellule pronte ad avvisarli in caso di pericolo di disidratazione. Anche il senso dell'olfatto è molto sviluppato. La velocità con cui non solo i Leptodirini, ma anche organismi acquatici, giungono alle esche odorose, anche da distanze considerevoli, ne è un chiaro indizio.

In una grotta si possono distinguere predatori, detritivori, saprofagi e limivori. L'alimentazione è ovviamente il principale problema di un essere vivente ed ogni individuo, per la nicchia ecologica che occupa, ha un suo apparato boccale: basti pensare alle mandibole dei Carabidi od all'apparato succhiatore dei Ditteri e dei Lepidotteri.

Altra modifica morfologica, riscontrabile in molti insetti, è l'atterismo (assenza di ali); nel caso dei Coleotteri non è però possibile notarlo direttamente perché le ali membranose sono coperte da elitre chitinose che le coprono. Nei ditteri, invece, con ali membranose esterne, si nota chiaramente l'atterismo dei cavernicoli, come in Chionea alpina.



Va ricordato inoltre che anche a profondità di 800-900 m si possono incontrare Ditteri epigei, segno che questi insetti hanno dei particolari organi che permettono loro di orientarsi al buio per grandi distanze.

Anche nell'ambito del metabolismo la fauna cavernicola ha subito delle modifiche. Per esempio diminuisce il consumo di ossigeno rispetto alla fauna di superficie: la vita nelle grotte è molto meno movimentata, ci sono meno predatori, meno rischi ambientali, ecc.

Mancando la luce svaniscono anche i ritmi nictemerali e stagionali; tutto il ritmo biologico subisce un rallentamento, secondo alcuni autori dovuto anche ad un regime alimentare scarso e sporadico.

Gli adattamenti fisiologici più studiati riguardano comunque la riproduzione:

- diminuzione della fecondità;

- aumento correlato del volume delle uova e delle riserve vitelline;

- diminuzione del numero di uova;

- allungamento della durata di sviluppo embrionale e postembrionale nonché della vita adulta e dell'intero ciclo biologico con modificazioni del ciclo larvale (come nel ciclo contratto dei Leptodirinae)

- caduta della periodicità riproduttiva o, più frequentemente, un cambiamento della stagionalità determinato dalle caratteristiche della grotta.

Nell'ambiente ipogeo ogni azione è basata sul risparmio energetico; mettere al mondo troppi figli significherebbe dare vita a tanti individui destinati a morire di fame: non ci sono tanti predatori come nell'ambiente epigeo, non c'è bisogno di selezione in un ambiente già molto selettivo ed inoltre non ci sarebbe sostentamento sufficiente per una prole numericamente abbondante.

Gli animali meno prolifici, d'altro canto, sono in genere quelli che riservano alla prole le cure parentali maggiori, e ciò avviene anche per alcuni tra gli insetti cavernicoli più specializzati.

Per esempio i Cholevidi con le elitre a palloncino maturano un solo uovo alla volta, due o tre nel corso della loro intera esistenza, ma in compenso evitano ogni problema esistenziale alle larve figlie: la maggior parte dell'accrescimento giovanile avviene all'interno del corpo materno e la larva, contrariamente a quanto succede nella stragrande maggioranza degli insetti, non conduce vita attiva, ma subito si trasforma in pupa e quindi in adulto.

Gli organismi cavernicoli adottano come strategia di sopravvivenza la K-selezione che prevede un ritardo della maturazione, cucciolate piccole, abbondanti cure parentali e nascita in stadi avanzati.

Un caso curioso ci viene dato dalla riproduzione dei pipistrelli: l'accoppiamento avviene alla fine dell'estate o meglio in autunno, poi segue il letargo; sarebbe improprio portare avanti una gestazione da parte di una femmina che non si nutre; infatti gli spermatozoi vengono trattenuti nell'utero durante tutto l'inverno ed alimentati da un secreto nutritivo dell'epitelio uterino e la fecondazione ha luogo solo in primavera poco dopo l'inizio dell'attività normale.

Nell'ambiente epigeo la scelta dei partner viene fatta "alla luce del sole": ci sono corteggiamenti, livree nuziali molto colorate, dimorfismo sessuale ben visibile.

Nell'ipogeo "si fa tutto al buio", così si hanno richiami sessuali soprattutto biochimici, ossia ormoni secreti da ghiandole specializzate. Per esempio, le femmine di certi Diplopodi lasciano come richiamo un sottilissimo filo, una bavetta che il maschio al buio percepisce e segue per raggiungere la femmina, sperando di non trovarla già occupata.

Tutti questi meccanismi hanno fatto sì che l'evoluzione negli ambienti sotterranei sia avvenuta in modo assai differente che non alla luce del sole e non dimentichiamoci che, in un certo senso, i mammiferi sono il prodotto di una selezione avvenuta nell'oscurità per centinaia di milioni di anni, di notte o in tane e cavità naturali, al tempo in cui la superficie terrestre era calcata dai voraci dinosauri; questo ha permesso loro di sviluppare sensi e caratteristiche, quali, non secondariamente, l'intelligenza, che ne hanno fatto gli organismi di maggiore successo evolutivo durante l'era terziaria, dopo il declino dei grandi rettili.





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BABEL ALTA VISTA - TRADUTTORE ON LINE

Attualmente sono in corso studi che tenderebbero a rivalutare in parte la teoria di Lamarck, almeno a livello molecolare, per cui l'ambiente influenzerebbe la formazione di determinate molecole che poi favorirebbero l'organismo nella lotta per la sopravvivenza ed i geni che permettono la sintesi di tali composti sarebbero geneticamente trasmissibili (teoria olistica).