Brevissime note di sintassi della lingua piemontese (non certo esaustive!)
2) - Sintassi delle parti del discorso
una lingua neolatina indipendente

brevissime note di un dilettante ...
... per cui non si esclude la presenza di qualche errore (questo è un eufemismo)

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    Sintassi delle parti del discorso
Articolo
Nel piemontese classico l'articolo non si usa davanti ai nomi proprii (non sono dunque ammessi gli equivalenti di: il Mario, la Caterina etc. che in piemontese sarebbero semplicemente Mario, Catlin-a). Nelle campagne e nella zona orientale del Piemonte si incontra anche questo uso.
Qualche particolarità si ha con i nomi Po e Dora.
In generale i nomi dei fiumi hanno l'articolo, ma si ha che il Po prende, non necessariamente, l'articolo quando lo si intende come fiume vero e proprio. Se invece ci si riferisce al Po come ad un luogo, allora non accetta l'articolo. Esempio:
Il Po è un lungo fiume = Ël Po a l'é un fium longh
Vado al Po a prendere sole = I vado a Po a pijé sol
I fiumi Dora (tanto Baltea quanto Riparia) prende l'articolo quando sono chiamati Dòra mentre non lo prendono quando sono chiamati Dòjra. La parola dòjra significa anche ruscello, torrente in generale.
Ricordiamo, infine, che l'articolo serve a distinguere il numero con quasi tutti i nomi ed aggettivi maschili, che sono di solito invarianti al plurale, così come qualche nome femminile. Si è visto che gli aggettivi possessivi rifiutano l'articolo, salvo al plurale maschile. La ragione è questa distinzione di numero:
Il mio cane = mè can ; i miei cani = Ij mè can. Unica differenza è l'articolo.
Altro uso dell'articolo che è comune in piemontese e non in italiano è nell'introduzione del discorso diretto "Scusi, signore ... ; Senta, signore ..." etc. che in piemontese è: Ch'a dìa, lë sgnor .... e simili, quindi "Dica, il signore ... "

Sostantivo
In piemontese è possibile, sebbene poco frequente, l'uso del verbo al plurale quando il soggetto è un nome collettivo. Non è dunque errore dire La gent a capisso nen = la gente non capiscono anzichè La gent a capiss nen = la gente non capisce. Da notare, comunque, che articolo ed eventuale aggettivo rimangono al singolare, come ad esempio: La brava gent a capisso nen = la brava gente non capiscono, che vale la brava gente non capisce.

Abbiamo già visto l'uso dei nomi madama, madamin, tòta, mossù, sgnor, sgnora, sor, sora e rimandiamo per questo alla relativa pagina.

Un'altra particolarità piemontese sta nel modo di indicare le ore: Per l'una, le due ed a volte anche le tre, si usa la parola bòt (pron. \bot\), maschile, per le altre la parola ore (ron. \ure\), femminile. Si ricorda poi che in piemontese "due" può essere maschile (doi) o femminile (due). Attenzione: se ci si riferisce ad un intervallo di tempo, allora si usa sempre ore e mai bòt.
Sono le due = A l'é doi bòt (letteralmente È due ore)
Sono le due e mezza = A l'é doi bòt e més (letteralmente È due ore e mezzo)
Sono le quattro = A l'é quatr ore (letteralmente È quattro ore)
Sono le quattro e mezza = A l'é quatr e mésa (letteralmente È quattro e mezza)
Per arrivare ci vuole un'ora e mezza = Për rivé a-i và n'ora e mesa
Si nota che, il verbo è al singolare (è e non sono) e che quando l'ora non è completa la parola ora non si mette, mentre la parola bòt si mette). Inoltre con bòt si usa més (maschile), mentre quando è supposto ore, anche se non esplicito, si usa mésa (femminile).

Aggettivo
Qualcosa abbiamo già detto prima a proposito di attributi. A complemento di quanto visto anche in grammatica aggiungiamo quanto segue, essenzialmente sui superlativi e sulle forme aggettivali:
Si è visto come in piemontese la forma del superlativo assoluto con desinenza in --issim (--issimo) sia poco accettata, sebbene grammaticalmente corretta. Vi sono allora espressioni con valore di superlativo, che possono essere, ad esempio, il raddoppio dell'aggettivo (come gia visto) o l'associazione di due aggettivi diversi, oppure comparativi a volte paradossali, ma di uso comune e come tali suonano come normale modo di dire le cose. Ad esempio:
A l'é andait për tèra long e tirà = è caduto per terra disteso (ma molto disteso) (letteralm. è andato per terra lungo e tirato)
Anfreidà com un can = molto raffreddato (letteralm. raffreddato come un cane)
Bòrgno coma 'n pom = completamente cieco (letteralm. cieco come una mela)
I due paragoni qui sopra, così come la prima associazione di aggettivi, non sono "estemporanei", o forme scherzose, ma sono forme generalmente usate.
Molto usato è l'aggettivo bel, bela, bej bele (bello / a / i / e ) per rendere il superlativo, anche nella forma (un) pì bél... (un più bello...) come:
A l'è bel véj = è vecchissimo (letteralm. è bello vecchio)
Na pì bela fija = Una ragazza bellissima (letteralm. una più bella ragazza)
Ancora, l'espressione dij béj, che letteralmente è: dei belli, vale "molti" in espressioni del tipo A-i na son dij béj = ce ne sono molti
Anche la parola "bin" come "motobin" serve a fare il superlativo.
Vedremo ancora tra le frasi idiomatiche qualche esempio del tipo di quelli visti sopra.
Per il superlativo relativo ricordiamo le due possibili forme: La più brava persona = La pì brava përson-a = La përson-a la pì brava.
Si noti l'espressione superlativa: a l'é d'un + aggettivo come ad esempio a l' é d'un brut (che) che vale è molto brutto, è tanto brutto che...
Due aggettivi particolari, che possono essere pronomi ed avverbi, sono motobin (molto) e pòch (poco) . Abbiamo già visto l'uso di motobin come avverbio associato ad un aggettivo per fare un superlativo. In questo senso l'uso è pressoché come in italiano, anche per pòch:
molto sveglio, poco sveglio = motobin degordì, pòch degordì
Nell'uso come aggettivo indefinito, queste parole tendono a reggere quasi sempre il partitivo (in particolare motobin). Non sono molto simili, in quanto motobin è invariante (e pertanto conferma il suo comportamento avverbiale - vedere qui sotto gli avverbi) mentre si ha pòch, pòchi, pòca, pòche. Si osservino i seguenti esempi:
molto pane = motobin ëd pan (letteralm. molto di pane)
ti sei fatto molti nemici = It ses fate motobin ëd nemis (letteralm. ti sei fatto molti di nemici)
Poichè motobin è invariante, l'uso in questo modo coincide con l'uso di un avverbio. Diverso è il discorso per pòch. Questo, se il partitivo seguente è al plurale, allora mantiene l'articolo indeterminativo singolare, ma concorda in genere e numero con il partitivo.
Un po' di capre = un pòche 'd crave
Un po' di mele = un pòchi 'd pom
Se il partitivo è al singolare, pòch, che ovviamente è al singolare, è maschile se il partitivo è maschile, può concordare o no nel genere se il partitivo è femminile un po' di latte = un pòch ëd lait
un po' di toma = un pòch ëd toma
un po' di toma = un pòca ëd toma
Naturalmente il discorso cade se si usa la forma contratta po'
Tra gli aggettivi indefiniti notiamo vàire (invariante in genere e numero) che di per sé significa molti, ma associato a che prende valore di quanto, quanti, e spesso (di preferenza, quando possibile) regge il partitivo, come nella domanda quanti anni hai? che di traduce con vàire d'agn che il l'has?. Oppure ancora: non sò quanti siano si traduce con i sai nen vàire che a sio.
Notiamo ancora l'aggettivo gnun (nessuno), che in italiano è usato quasi esclusivamente al singolare, mentre in piemontese è spesso al plurale. Questo risulòta evidente al femminile, data la quasi costante invarianza del maschile. a-i son gnun-e cirese vale non c'è nessuna cigliegia, ma letteralmente vi sono nessune cigliege.

Pronome
Abbiamo già parlato della posizione dei pronomi personali complemento e come questa sia diversa da quella della frase italiana (pagina precedente). In piemontese in molti casi è regola (non obbligatoria) la ripetizione pleonastica di un pronome dativo, quando vi è un complemento di termine esplicito:
Lo dico a mio padre = I-j lo diso a mè pare oppure I lo diso a mè pare, ma la prima frase suona meglio, sebbene con un elemento pleonastico.
Inoltre abbiamo parlato di pronomi personali verbali e pronomi personali interrogativi, assenti in italiano, nonché come questi formino svariate particelle pronominali, per combinazione con i pronomi personali complemento.
Abbiamo anche visto le particolarità del pronome relativo che. Riprendiamo brevemente quest'ultima questione.
Questo pronome, utilizzato senza preposizioni per i vari complementi, potrebbe dare origine a frasi ambigue. Contemporaneamente l'utilizzo, all'italiana, del pronomi qual, quala, quai, quale con le relative preposizioni, in piemontese suona come una strana forzatura. Nello stile piemontese, nel corso dei secoli, il problema è stato risolto diversamente. Già esiste in piemontese la tendenza ad aggiungere qualche pronome pleonastico, come abbiamo visto prima, e dunque il sistema più immediato è l'aggiunta di qualche particella pronominale o avverbiale alla frase in modo da renderla chiara e, contemporaneamente, spontanea. Allora se riprendiamo la frase : la persona a cui abbiamo parlato, in piemontese diventa corrispondente a la persona che abbiamo parlato a lui (parlatogli) ed in questo modo il senso è chiaro. In piemontese è anche scorrevole: la person-a che i l'oma parlaje.
L'espressione italiana quello che... può essere resa anche, a volte, con cosa, che cosa, forme che diventano obbligatorie nelle interrogazioni. Ad esempio: Cosa dici? - Quello che dico non ha importanza. In piemontese, tanto nella frase affermativa come in quella interrogativa si usa di preferenza l'espressione lòn che..., per cui quanto sopra si traduce in Lòn ch'it dise? - Lòn ch'i diso a l'ha nen d'amportansa. In questo caso l'interrogazione può essere Còs dis-to?.
Come ultima cosa diciamo che in piemontese le forme io sì, io no possono essere tradotte in modo semplice o rafforzato, rispettivamente:
io sì = mi sì oppure mi sì mi
io no = mi no oppure mi no mi
e si tratta di forme molto comunemente usate.
Notiamo infine che per il pronome indefinito gnun = nessuno, valgono le considerazioni fatte a proposito del relativo aggettivo indefinito.

Verbo
Innanzitutto si veda quanto è già stato detto a proposito del predicato, nella pagina precedente.
Abbiamo già visto e commentato l'assenza del passato remoto. In realtà è meglio considerarlo presente ma non usato.
Prima si è accennato ai tempi continui, che in italiano suonano, ad esempio:
io sto facendo, tu stai facendo,...etc.
io stavo vacendo, tu stavi facendi, .... etc.
e così via. Il modo più "normale" per tradurre in piemontese i tempi continui è l'utilizzo della locuzione, coniugata, esse ancamin che ...+ verbo coniugato e dunque si avrà:
io sto facendo = mi i son ancamin che i faso.
tu stavi facendo = ti it j'ere ancamin che it fasìe.
Anche la forma tipo italiano è presente nella lingua piemontese, e quindi si dice anche mi i stago fasend, ti it ëstasìe fasend ma è meno comune.
La forma optativa si esprime in piemontese con il congiuntivo, al quale viene associato il pronome personale interrogativo. Questo ne costituisce un altro uso, come già accennato.
Andasse a quel paese per davvero = andèiss-lo a col pais dabon (riferito a maschile)
Una costruzione simile si ha nella simile situazione:
fosse pure la padrona del vapore, per me che vada a farsi friggere = fuss-la bele la padron-a dël vapor, për mi ch'a vada a fesse frise
anche in questo caso, essendo presente il pronome personale interrogativo, non è richiesta la presenza del pronome personale verbale.
Azioni immediatamente consecutive. In piemontese vengono espresse in una forma che ricorda l'ablativo assoluto latino. La forma è usata anche in italiano (almeno dai piemontesi), ma in piemontese è la più comune. Ad esempio:
Subito dopo averlo pagato lo ha rotto = pagà ch'a l'ha avulo, a l'ha rompùlo (pagato che ha avuto-lo, ha rotto-lo). Naturalmente l'italiano non usa posporre il pronome complemento al participio passato).
Costruzioni molto usate, simili a quelle francesi. Riportiamo un paio di costruzioni che in piemontese sono molto usate, in quanto vengono naturali, e che assomigliano molto alle corrispondenti costruzioni francesi per frasi di uguale significato:
Sono io che .... = A l'é mi che.... (é io che .... ) in francese: c'est moi que ....
Cosa vuoi, cosa è che vuoi? = lòn che a l'é ch'it veule? (quello che è che tu vuoi?) in francese qu'est ce que tu veules?
Particolari forme assumono in piemontese le forme bisogna, si deve, aver bisogno, importare (avere importanza - a me importa ... etc. - ). Delle prime abbiamo già visto a proposito dei verbi difettivi. Dell'ultima forma diciamo che in piemontese viene usato il verbo fare o una sua modificazione, rispettivamente fé, anfé in modo impersonale (3^ pers. sing.) associato alla particella partitiva na. Dunque:
mi importa poco = am na fà pòch, am n'anfà pòch (egli a me ne fà pòco)
a loro non importava = a lor a-j na fasìa gnente (a loro egli (a) loro ne faceva nulla) si osservi la ripetizione del dativo.
Infine senza pretese di essere stati completi, citiamo qualche verbo piemontese che può essere transitivo o intransitivo, con due significati diversi. Questo meccanismo c'è anche in italiano, ma con verbi diversi. Ad esempio:
Rusé intrans. = litigare ad esempio A ruso për gnente = litigano per un nonnulla.
Rusé trans. = sgridare ad esempio A l'ha rusà sò fieul = a sgridato suo figlio.
Rasoné intrans. = ragionare ad esempio A rason-a bin = ragiona bene.
Rasoné trans. = far ragionare ad esempio A-i é gnun bon a rasonélo = nessuno riesce a farlo ragionare. letteralm. non c'è nessuno buono a ragionarlo

Preposizione
Abbiamo già detto qualcosa delle preposizioni a proposito dei complementi. Fra le particolarità non ancora viste nell'uso delle preposizioni notiamo:
1) - Il gerundio (tanto presente quanto passato) viene spesso preceduto dalla preposizione an = in. Allora si dirà tanto essend andàit (essendo andato) quanto an essend andàit. Come pure a ven nen, an pairanda nen = non viene, non potendo. Qui si nota anche che a volte, per motivi eufonici, il gerundio prende una a finale.
2) - In complementi di luogo, la preposizione principale su ( e derivate articolate) viene spessissimo preceduta dalla preposizione an (in). Ad esempio Sul tavolo = An sla tàula
3) - Si è già visto che la preposizione (di) in piemontese è molto usata, in quanto il partitivo è molto usato (vedere anche qui sopra gli aggettivi). Qui notiamo che vi sono alcuni casi in cui questa preposizione di raddoppia, come nelle espressioni:
Di qua, di là =dë 'd sà, dë 'd là (di di quà, di di là)
4) - La congiunzione viene preposta a volte anche al complemento oggetto, esprimendolo come partitivo. Ad esempio:
Suonare il piano = Soné dël piano
5) - Si usa la preposizione an, che in presenza di articolo diventa ant seguita dall'articolo, per indicare verso, circa più o meno, quando sono riferiti a tempo, come nel seguente esempio:
Ant ël mesdì = verso mezzogiorno (letteralm. nel mezzogiorno).
6) - Con ansema (assieme) non si usa mai con ma sempre (quando serve) a.
Notiamo che la preposizione viene usata a volte associata ad altre preposizioni, ancora con valore partitivo, come ad esempio "con altre persone, da altri posti che devono essere tradotte con d'àutre person-e, da d'àutri pòst"
Infine notiamo che quando i verbi vëdde, savèj, sente = vedere, sapere, sentire reggono un infinito, in piemontese questo di solito è preceduto dalla preposizione a. Ad esempio sò nuotare bene = i sai a noé bin, oppure non sò dirti = i sai nen a dite oppure lo ho visto partire = i l'hai vistlo a parte oppure la sento arrivare = i la sento a rivé.

Avverbio
Da quanto visto a proposito degli aggettivi, possiamo dire che motobin (molto) si comporta sempre come avverbio e spesso regge il partitivo. Allo stesso modo si comporta (più), che segue le stesse regole, come ad esempio:
Voglio più pane = I veulo pì 'd pan (voglio più di pane)
Ripassiamo quanto detto a proposito delle affermazioni e negazioni piemontesi:
Vi sono tre particelle affermative piemontesi che sono: sì, é, òi. Le prime due sono equivalenti, la terza ha valore rafforzato.
La particella negativa piemontese corrispondente è no
Le particelle per negare le azioni (verbi al negarivo) sono due nen, pà. La seconda è negazione rafforzata, ma può essere usata in sostituzione della prima.
L'uso di nen, pà, è diverso dall'uso francese e dall'uso italiano. Vi sono molte espressioni avverbiali particolari, per le quali rimandiamo alle forme idiomatiche piemontesi. Si ricorda che moltissimi avverbi piemontesi sono composti da due parole (di solito preposizione e nome).
Uso rafforzativo di "pro" Questo è un avverbio che di per sé vale "a sufficienza", ma ha un uso molto comune con valore approssimativo di certo che ...., sicuramente, sì che... come può essere dedotto dai seguenti esempi:
I-i vado pro = Sì che ci vado, certo che ci vado
I l'hai pro dijlo = Glielo ho ben detto, certo che glielo ho detto
A sarìa pro bel = Sarebbe bello sì..., certo che sarebbe bello
I l'hai pro mandalo al col pais, ma chièl a l'é pà bogiasse = L'ho mandato sì a quel paese, ma lui non si è mosso
Nei tempi semplici segue immediatamente la voce verbale che lo regge, nei tempi composti stà fra ausiliare e participio. Spesso in frasi seguite da "ma ...", esplicito o implicito, come dire certo che sì ... , però ...". Questo è l'uso più comune. La parola italiana come nel senso di in quale modo, viene spesso resa in piemontese con coma che..., com che...., in particolare, ma non solo, nelle forme interrogative. Ad esempio: come ti chiami? si traduce in coma ch'at diso? (che letteralmente si traduce come che ti dicono?) oppure coma ch'it ës-ciame?.
La stessa parola italiana come nel senso di in che modo, quanto, in frasi esclamative come : Quanto/come fa freddo!. Come/quanto sei fessacchiotto!, in piemontese suona: che e dunque: Ch'a fa frèid!, ch'it ses gadan! (letteralmente : che fa freddo!, che sei fessacchiotto!

Congiunzione
Si nota un uso particolare della congiunzione che nelle espressioni:
Dire di sì, dire di nò = Dì che 'd sì, dì che 'd nò (dire che di s', dire che di nò)
Qualche particolare modo di rendere alcune congiunzioni sarà visto nelle espressioni idiomatiche. Qui notiamo ancora che spesso, in piemontese si associano due congiunzioni equivalenti (cosa che in italiano è errata, in piemontese no). Ad esempio di dice ma però, peui dòp, siché donca = ma però, poi dopo, cosicche dunque etc.
Facciamo ancora una considerazione sulla congiunzione përchè (perchè). Quando si trova in frase negativa con il senso perchè non...., in piemontede di solito si spezza nelle sue due parti për e che e la negazione si introduce fra esse. Ad esempio:
Te l'ho detto perchè tu non vada = I l'hai ditlo për nen ch'it vade.

Esclamazioni
Vi sono, in Piemontese, locuzioni esclamative che vengono costruite in modo differente da quanto si fà in Italiano, come da quanto segue.
Espressioni italiane del tipo:Quanto sei scemo !, oppure Come era bello !, e così via, in Piemontese utilizzano o la costruzione alla francese, oppure una simile. Rispettivamente Ch'it ses fòl, Ch'a l'era bél oppure S'it ses fòl. S'a l'era bél.




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  Lago di Saretto  Ancora una bellissima inquadratura della Valle Maira (foto B. Garmondi)