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Sempre nel precedente spirito, riportiamo le seguenti, poche, considerazioni. Il tentativo è quello di mettere in luce i punti
nei quali la sintassi piemontese si discosta da quella italiana, tralasciando quanto invece vi è in comune. Nelle lingue neolatine
la sintassi, spesso molto diversa da quella latina a causa, anche, dell'introduzione generalizzata delle preposizioni in sostituzione della declinazione dei nomi ed aggettivi, ha seguito una evoluzione molto simile. Si elencano tutti i punti esaminati (lungi da noi l'idea di completezza) e per ciascuno si indicano se e quali differenze esistano. Ricordiamo che qualche cosa che dovrebbe forse essere riportato come regola di sintassi, potrebbe invece trovarsi fra le frasi idiomatiche. Questo grazie alla nostra inesperienza nel campo.
Il pronome verbale soggetto Una prima particolarità del piemontese consiste nell'uso del pronome personale verbale in funzione di soggetto, ogni volta che nella frase è espresso esplicitamente il verbo, ad eccezione dei verbi all'imperativo (ed ovviamente nei modi impersonali). Questo significa che, quando esiste un soggetto esplicito, la frase ha due "elementi soggetto", che ovviamente si debbono riferire allo stesso "soggetto reale", che compie o subisce l'azione. Questo è evidente esplicitamente quando non vi sono pronomi complemento associati al soggetto, come nelle frasi: Mi i vado (soggetto esplicito mi, pronome verbale i) = io vado. I vado (solo pronome verbale soggetto i) = (io) vado. Ël can a mangia e peui a bogia la coa (nella prima proposizione Ël can è soggetto esplicito, a è il pronome verbale soggetto. Nella seconda proposizione appare solo a come pronome verbale soggetto) = il cane mangia e poi scodinzola. Si osserva la seguente eccezione possibile ma non necessaria. Se una frase principale è seguita da frasi correlate, unite dalla congiunzione e o da virgola e costituite dal solo verbo, e le azioni espresse sono anche logicamente associate in modo da costituire una sorta di verbo unico esprimente una azione multipla, allora il pronome verbale può essere omesso per i verbi successivi. Esempio: Ël can a mangia e bèiv (ma anche ël can a mangia e a bèiv) = Il cane mangia e beve. mentre diventa obbligatorio il pronome verbale se vi è un complemento, in particolare se riferito ad un solo verbo: Ël can a mangia e a bèiv ël lait (dove ël lait é complemento oggetto riferito a a bèiv) = Il cane mangia e beve il latte. Se le due o più azioni non sono in relazione tra loro, allora il pronome verbale soggetto ritorna obbligatorio: Un can a mangia, a cor, a deurm (dove le azioni sono generiche, e non correlate) = Un cane mangia, corre, dorme. Il pronome personale interrogativo (soggetto) Un'altra serie di pronomi personali che non esiste in italiano è quella dei pronomi personali interrogativi. Questi si mettono dopo il verbo e vi si uniscono con trattino. Quest'ultimo, a volte, può anche mancare e verbo e pronome formano allora una parola unica. (Naturalmente, per i dettagli rimandiamo alla Grammatica). Con il pronome èpersonale interrogativo, il pronome personale verbale non è più necessario, in quanto l'interrogativo ne fà le funzioni. A volte comunque si può trovare. Esempi: Còs veus-to? = Cosa vuoi? Còs veul-lo? = Cosa vogliono? Còs l'han-lo vorsù = Cosa hanno voluto? Andom-ne? = Andiamo? Còs l'has-to fàit? = Cosa hai fatto? Si nota che alla seconda persona singolare il verbo è sempre, in questo caso, nella forma terminante in s, e che nei tempi composti il pronome interrogativo segue l'ausiliare. Riprendiamo più sotto questa forma per notare il suo uso con pronomi personali complemento. Il predicato (verbale e nominale) e le sue concordanze Non vi sono differenze "logiche" tra italiano, francese, piemontese a questo proposito, in particolare quando la frase è "elementare" (senza complementi). Il predicato verbale concorda in persona e numero con il soggetto, il predicato nominale, quando applicabile, anche in genere (la concordanza in genere per soggetti plurali di genere diverso segue le regole italiane e francesi). Questo vale anche con il participio passato dei tempi composti del predicato verbale, quando sono intransitivi con verbo essere. Ad esempio: Mi i vado, chièl a l' é andàit, chila a l'é andàita. Mentre invece chièl a l'ha beivù, chila a l'ha beivù. Una osservazione deve essere fatta a proposito di predicato nominale e predicato verbale passivo (che però sottintende un complemento di agente). In piemontese spesso il participio passato non è anche aggettivo: Ad esempio in italiano la parola stretto è participio passato ed aggettivo, mentre in piemontese strenzù è il participio passato e strèit è l'aggettivo. La frase italiana L'anello è stretto può indicare lo stato dell'anello (soggetto, copula, predic. nomin.), oppure una azione subita dall'anello con agente sottinteso (soggetto, predic. verb. passivo). Si ovvia a questa ambiguità, qualora necessario, utilizzando come copula il verbo venire anzichè essere: L'anello viene stretto. In piemontese questo non è necessario ed è inopportuno. Infatti: L'anél a l'é strèit (sicuramente soggetto, copula, predic. nomin.) si riferisce ad uno stato dell'anello. L'anél a l'é strenzù (sicuramente soggetto, predic. verb. passivo) si riferisce ad una azione subita dall'anello. La frase L'anél a ven strèit indica che l'anello "diventa" stretto. (ancora predicato nominale, sebbene particolare). La frase L'anél a ven strenzù indica ancora l'azione subita, ma vi è ridondanza di informazione ed uso improprio del verbo venire. Ricordiamo che in piemontese esiste una unica forma di passato, che comprende il passato prossimo, il passato remoto ed il trapassato remoto. In effetti esiste il passato remoto, che però da circa duecento anni si usa solo eccezionalmente in poesia. (occorre comunque saper riconoscere il passato remoto negli scritti piemontesi fino a tutto il '700). Una particolarità La forma enfatica Sono io che .....!, in piemontese può essere tradotta in due forme equivalenti: I son mi che .....! oppure A l'é mi che ....! (letteralmente è io che ... ! in analogia al francese c'est moi que ... !). Questo si estende anche alle altre persone: a l'é ti ..., a l'é chiel ..., e così via. Questa seconda forma è la più correntemente usata (e la più piemontese). Attributi ed apposizioni Anche in questo caso non esistono grosse differenze rispetto ad Italiano e Francese. Di regola l'aggettivo qualificativo segue il nome a cui si riferisce, salvo alcuni aggettivi che sono di solito usati prima del nome. Questi sono aut, bon, brav, cativ, gram, pòver, sant (rispettivamente alto, buono bravo, cattivo, cattivo, povero, santo). Come si vede anche in Grammatica, alcuni di questi aggettivi si modificano secondo l'iniziale della parola successiva. Vale la pena soffermarci sulla parola pòver, che può essere aggettivo o sostantivo, con diverso comportamento. Come sostantivo maschile è invariante al plurale: Un pòver a l'ha nen vaire da stërmé = Un povero non ha molto da nascondere. Ij pòver a l'han pòch da rije = I poveri hanno poco da ridere. Come sostantivo femminile è pòvra, pòvre, ma è pochissimo usato, preferendosi associargli un nome ed usarlo come aggettivo (ad esempio pòvra dòna - povera donna - ). Come aggettivo, se indica persona bisognosa, si usa di norma dopo il sostantivo, se invece è detto in senso di commiserazione (a volte canzonatoria) allora è sempre prima del sostantivo. Il maschile singolare ha tre forme pòver, pòvr, pòr, mentre al plurale è pòvri. Al femminile è pòvra, pòvre rispettivamente per il singolare ed il plurale. La forma maschile pòver è quella che si usa quando segue il nome. La forma pòvr si usa quando precede il nome e questo inizia per vocale. La forma pòr si usa quando precede il nome e questo inizia per consonante. Come per l'Italiano esistono aggettivi che cambiano significato se sono messi davanti o dietro al nome.: n'òm grand, un grand'òm (un uomo grande, un grande uomo). Altre particolarità sono viste in grammatica, oppure si trovano tra le espressioni idiomatiche piemontesi, oppure, se riferite a specifiche parole, si trovano direttamente nel vocabolario. Quando l'apposizione è un titolo quale Signor, Dottore, Maestro, Barone, e così via, vi è qualche particolarità nell'uso piemontese. - Signore è tradotto con Mossù, Sor, Sgnor, con significato diverso, mentre le parole Signor, Nosgnor sono riservate a Dio come Signore, Nostro Signore - Signora è tradotto con Madama, Madamin, Sora, Sgnora, con significato diverso - Signorina è tradotto con Tòta, Totìn-a, Matòta Osserviamo subito la differenza tra Madama e Madamin, che in italiano sono ambedue "Signora". Fino a qualche decina di anni fà, la moglie assumeva il cognome del marito. Se dunque il marito si chiamava Pautasso, la moglie diventava Pautasso. Ma anche la suocera, madre del marito, si chiamava Pautasso. La suocera, come padrona della casa (o per lo meno come la più "alta in grado") assumeva il titolo di Madama Pautass, mentre la nuora il più modesto, ma più giovanile titolo di Madamin Pautass. Una donna non sposata, a qualunque età restava Tòta. Gli appellativi Totìn-a oppure Matòta sono il primo per ragazzine molto giovani ma non più bambine, il secondo è sinonimo di Tòta. - Sor e Sora si usano solo associati a titoli o professioni, e non ai nomi. Sor dotor, Sor magister, Sor cont, Sor cavajer, Sora Baron-a, Sora profesorëssa rispettivamente Signor dottore, Signor maestro, Signor conte, Signor cavaliere, Signora professoressa. Nel discorso diretto (vocativo) sono senza articolo. Nel discorso indiretto hanno l'articolo: Signor maestro, posso uscire? = Sor magister, peul-ne seurte? . La signora baronessa vuole vedervi = La sora baron-a a veul vëddve. A proposito di questa frase e frasi simili, la costruzione corretta piemontese è Sora la baron-a a veul vëddve (ne riparleremo). - Sgnor e Sgnora sono essenzialmente usati o come aggettivi o come sostantivi, nel senso di persona con signoritità, non come appellativi nel discorso diretto ad eccezione di: Sì sgnor = sissignore, No sgnor = nossignore, Si sgnora = Sissignora, No sgnora = Nossignora. Si trovano in frasi come: Madama Pautass a l'é propi na sgnora. = La signora Pautasso è proprio una signora. - Mossù e Madama, senza articolo, sono usati con i nomi. Mossù Pautass, Madama Pautass. Se vengono usati associati a titoli, allora la costruzione è simile a quella usata in francese. Mossù l'avocat, dotor Pautass = Il signor avvocato, dottor Pautasso. Madama la baron-a = La signora baronessa e non si usa l'articolo davanti a mossù, madama. In piemontese, agli amici e parenti si dà del tu. Agli estranei si dà del lei. Alle persone di rispetto (anziani essenzialmente) si dà del voi. Si nota che in questo caso, rivolgendosi a singola persona, si dice voi e mai voiautri, mentre voiàutri si usa solo per riferirsi ad effettivo plurale.
Notiamo che in base alle lettere con cui terminano le parole precedenti ed iniziano le parole seguenti, i pronomi personali complemento possono essere tonci oppure atoni. I pronomi personali complemento tonoci sono uguali a quelli soggetto (a differenza di quanto accade in Italiano per le prime due persone singolari, che hanno particolare comportamento anche in Francese). Un dettaglio su questi pronomi viene dato in Grammatica. Qui vengono solo sottolineate alcune differenze di sintassi. Particelle di unione tra pronome verbale e pronome complemento Se esistono pronomi complemento associati ai pronomi verbali soggetto, questi possono fondersi dando origine ad una sola particella pronominale, che comunque contiene il pronome verbale. Ad esempio: Chièl am dis (am contiene il pron. verb. sogg. a (lui) ed il pron. pers. compl. di termine ëm (mi, a me)) = Lui mi dice. togliendo il soggetto esplicito la frase diventa: Am dis (dove il pronome verbale soggetto a è comunque presente) = Mi dice. Scrivere chièl a ëm dis, chiel a më dis, chièl a'm dis sarebbe comunque errato. Una lista completa di queste particelle, che contempla tutti i casi, viene data in Grammatica. Complementi oggetto e di termine Mentre nelle frasi affermative con verbo semplice (tempi che non implicano l'uso di ausiliare) non vi sono differenze "logiche" nella costruzione della frase che contiene questi complementi, nei tempi composti vi è una differenza che si riscontra non solo con litaliano, ma anche con le altre lingue neo-latine. Questa stà nella posizione della particella complemento. Se riprendiamo la frase precedente Lui mi dice e la portiamo al passato, Lui mi ha detto diventa: Chièl a l'ha dime. Se alla stessa frase aggiungiamo un complemento oggetto: Lui me lo dice, in piemontese, al presente, abbiamo Chièl am lo dis, mentre al passato Lui me lo ha detto diventa: Chièl a l'ha dimlo. Si nota quindi che i pronomi personali complemento, nei tempi composti, passano in coda al participio passato e vi si uniscono, lasciando il pronome verbale semplice prima del verbo. Il gruppo pronominale in coda al verbo può essere accusativo, dativo, o comprendere accusativo e dativo, come di solito capita anche in italiano. Altra nota: il gruppo pronominale in coda al verbo (che in questo caso termina con un participio passato), può modificare la finale del verbo stesso (nell'esempio dit diventa di-). Ho detto, lo ho detto, gli ho detto, glelo ho detto diventano in piemontese rispettivamente I l'hai dit, i l'hai dilo, i l'hai dije, i l'hai dijlo. Forma negativa con complementi Notiamo le seguenti frasi, a titolo di esempio: Non lo vuoi? = lo veus-to nen? Non lo hai voluto? = l'has-to nen vorsùlo? Non glielo diamo? = I-j lo dom-ne nen? Si nota che il verbo perde, se ce l'ha, la vocale finale, sostituita dal pronome interrogativo (vedere Grammatica per dettagli). Nel terzo esempio rimane il pronome verbale, assieme a quello interrogativo, per motivi eufonici, ma in questi casi è più frequente l'interrogazione senza l'uso dei pronomi interrogativi. Qualche nota e particolarità Tutte le note e le particolarità sono viste in modo sistematico in Grammatica. Qui si evidenzia solo qualche punto significativo. Tra i pronomi personali complemento vi sono le particelle riflessive, le quali possono anch'esse collassare in un'unica particella, con il pronome verbale. Ad esempio: Io mi muovo = Mi i ëm bogio = Mi im bogio. Qualche attenzione serve per la seconda persona singolare. Tu ti muovi a prima vista potrebbe sembrare Ti it boge, ma questo significa: Tu muovi. La forma riflessiva è Ti it ët boge, Ti it't boge. La pronuncia diventa solo appena percettibilmente diversa. La situazione cambia nei tempi riflessivi composti Tu ti sei mosso diventa in piemontese Ti it ses bogiate Si nota che i verbi esse ed avèj (essere ed avere) hanno nella loro coniugazione particelle eufoniche, che in particolari combinazioni con particelle pronominali possono mutare. In alcuni casi vengono introdotte ulteriori particelle eufoniche, ed in altri casi è richiesto l'uso del trattino. Per tutto questo si rimanda alla Grammatica, sezione relativa ai pronomi personali e sezione relativa ai verbi ausiliari. Un'ultima nota sulla concordanza del participio passato nei tempi composti.: In italiano si dice ad esempio Pietro la ha spaventata per dire Pietro ha spaventato lei. Le due proposizioni sono ambedue corrette, ma nella prima il participio passato del verbo (tempo composto) assume il genere del complemento oggetto la. Nella seconda rimane invariante rispetto al genere, in quanto anche se a spaventare fosse stata Maria, ancora sarebbe stato: Maria ha spaventato lei. Se quindi il complemento oggetto pronome precede il verbo, questo "vede" il soggetto per persona e numero, ma "vede" il complemento oggetto per adattare il genere del participio passato. In piemontese, nei tempi composti il complemento passa dopo il participio e vi si unisce: Pero a l'ha sburdìla il participio rimane invariante, il pronome complemento lo segue. In piemontese quindi, grazie ad una diversa costruzione della frase con i tempi composti, non vi è questa variazione di concordanza. Il pronome relativo "che" come complemento In piemontese il pronome che è usato al nominativo, genitivo, dativo, accusativo ed ablativo, singolari e plurali, senza preposizioni. Quando possibile, però, genitivo, a volte dativo e nel complemento di moto da luogo utilizzano il pronome invariante dont. Questo uso, molto fluente in piemontese, può suonare strano a chi ha in mente la sintassi italiana. In effetti, esistono come parole piemontesi i pronomi qual, quala, quai, quale con uso simile a quello italiano, ma con essi la frase piemontese diventa innaturale e non scorrevole. Nell'uso piemontese di che, a volte, per evitare ambiguità, si usa qualche pronome personale in ridondanza. Spesso la frase è organizzata (questo viene spontaneo, naturalmente) in modo da non utilizzare il pronome relativo. Quanto detto è illustrato nei seguenti esempi: La persona di cui ti ho parlato ---> La person-a dont i l'hai dite Il luogo da cui siamo venuti ---> Il luogo da dove siamo venuti ---> Ël leu da andova i soma vnù ---> Ël leu dont i soma vnù Il bambino a cui abbiamo dato le caramelle ---> La masnà che i l'oma daje le caramele Un paese in cui non sono mai stato ---> Un pais che i son mai staje ---> Un pais andova i son mai stait Questo è un ciarpame di cui non puoi fare nulla ---> Sòn a l'é na ciarafa che it peule nen fene gnente Purtroppo questa è una cosa a cui non puoi fare nulla ---> Belavans sòn a l'é na còsa che it peule nen feje gnente Questa è una idea che vale la pena combattere ---> Costa a l'é n'idèja che a val la pen-a ëd combatla Questa è una idea per cui vale la pena combattere ---> Costa a l'é n'idèja che për chila a val la pen-a ëd combate Le ultime due frasi ci introducono nell'uso piemontese delle preposizioni nei complementi indiretti, ed al loro uso più in generale.
Notiamo subito che vi sono verbi che in italiano hanno significato intransitivo e che in piemontese esprimono lo stesso concetto in forma transitiva. In questi casi, quello che in italiano è un complemento indiretto, in piemontese diventa complemento oggetto. Esistono poi verbi, come ne esistono in italiano, che possono avere significato transitivo o intransitivo, ed in questo caso le due forme esprimono due concetti diversi. - Verbo neuse (nuocere) in piemontere è transitivo: gli ha nuociuto = a l'ha nosulo e non a l'ha nosuje - Verbo rusé transitivo = sgridare - Verbo rusé intransitivo = litigare In italiano "litigare" viene usato anche in forma transitiva riflessiva come: litigarsi qualcosa, mentre in piemontese si litiga sempre për quaicòs. In piemontese si usa spesso la preposizione dë con quello che nella logica della sintassi italiana è complemento oggetto, mentre in piemontese è partitivo o usato come tale. Vedere in proposito qui di seguito. : Partitivo In piemontese vi è un uso alquanto simile a quello francese del partitivo: Avere informazioni = avèj d'informassion (avere d'informazioni). Chiedere informazioni = ciamé d'informassion (chiedere d'informazioni). Ho visto altri posti = I l'hai vëddù d'àutri leu (ho visto d'altri posti). Suonare l'organo = soné dl'òrgo (suonare dell'organo) ma in questo caso, anche soné l'òrgo. A proposito di quest'ultimo esempio, si usa la forma partitiva più per indicare una azione abituale, che non per focalizzare l'azione del momento. In particolare il partitivo è sempre usato nelle espressioni che in italiano sono costruite: molto/a + [entità singolare], molti/e + [entità plurale] e che in piemontese sono tradotti con molto (avverbio) + di + [entità singolare o plurale] e cioè motobin ëd ....... Notiamo che questa è la stessa costruzione che si ha nel francese beaucoup de ...... Ad esempio: Molto pane = motobin ëd pan = beaucoup de pain Molte mele = motobin ëd pom = beaucoup de pommes Complementi di luogo Sono da notare alcune particolarità. La prima riguarda non una particolare forma, ma due particolari posti Asti ed Alba (Ast e Alba). I complement di luogo riferiti a questi due posti, utilizzano la congiunzione in = an (in piemontese), per il complemento di stato in luogo e di moto a luogo, mentre il complemento di moto da luogo aggiunge comunque la congiunuzione an sono ad Alba = I son an Alba vado ad Asti = I vado an Ast vengo da Asti = I ven-o da 'n Ast Altre località inizianti per "A" non si comportano allo stesso modo. Ancora riferito all'abbondante uso della preposizione dë in piemontese, si nota che questa si trova, in modo ridondante ma comunque sempre presente, associata alla preposizone da nelle seguenti espressioni: da 'd sà, da 'd là = di qua, di là e che letteralmente sarebbero da di qua, da di là. È da considerare un partitivo all'interno di un complemento di moto da luogo l'espressione: A riva da d'àutri pòst = arriva da altri posti (letteralmente arriva da di altri pòsti) e frasi simili, dove il complemento di luogo è plurale ed indeterminato.
A l'ha gnun amis an càusa a sò spatuss = non ha nessun amico a causa della sua boria (letteralm. non ha nessun amico in causa a sua boria) L'espressione a causa di... viene tradotta, salvo diversi italianismi, peraltro usati, con in causa a... I son ancamin che i lo faso = lo stò facendo (letteralm. sono in cammino che lo faccio). L'azione continua viene espressa dalla locuzione an camin che... oppure da una espressione molto particolare (e meno usata) costituita dal verbo ten-e (tenere), coniugato, seguito dal participio passato del verbo esprimente l'azione, ad esempio I lo ten-o fàit = lo stò facendo (letteralm. lo trengo fatto). A parla su chièl coma se a fussa un gadan = parla di lui come se fosse un fesso (letteralm. parla su lui come se fosse un fesso) In questa espressione, parlare di... viene tradotto parlare su... A fussa mach ëd chièl i sarìo mal ciapà = fosse solo per lui, saremmo mal messi (letteralm. fosse solo di lui saremmo mal presi) e così via. Queste espressioni non sono molto usate oggi (salvo la seconda, usata in esclusiva) a causa dell'introdursi delle costruzioni italiane piemontesizzate. Sono comunque parte della lingua piemontese, e la parte più autentica. |
Rocca Provenzale
Ancora una bellissima inquadratura della Valle Maira e delle sue montagne (foto B. Garmondi)