LA STORIA   

 Le piu antiche notizie storiche sono scarse e frammentarie, tuttavia abbiamo menzione per     la prima volta di S.Donato in un diploma del luglio 1100, con il quale il Duca Ruggero il    Normanno, figlio del Duca Roberto, nel riconfermare all' Abazia di S. Maria della Matina, in territorio di S. Marco, tutti i possessi e diritti avuti in donazione, include tra tali  possessi anche le chiese di S.Venere, S.Giovanni, S.Benedetto e S. Felice "  in territorio Castelli Sancti Donati ".                                                                                                        Apprendiamo pure che sotto la dominazione normanna signore di San Donato era Ugone che in un giudicato del 1153 della Curia di S. Marco ed in un altro del 1157 della Curia di Cassano si sottoscrive Ugone di S. Donato. Nel 1276 San Donato è infeudato successivamente ad Eduardo da Firmo ed a Filippo Breton o Bridone, conta 464 abitanti e paga alla Corte Angioina un tributo di once nove, tarì otto e grana otto. Una decina di anni piutardi San Donato è sotto la signoria di Baiamonte d' Arci il quale concede la figlia Adelasia e quindi la Terra di San Donato a Gerardo d'Arena, signore d'Altomonte .        L'esistenza di miniere di ferro nel territorio di S.Donato, già nota nei secoli passati, aveva richiamato l'attenzione di Giovanuccio e Guiduccio Passavante, del contado di Lucca , i quali ottennero da Roberto d'Angiò la licenza per lo sfruttamento di esse secondo gli accordi presi con Filippo Tordo di Pistoia , che nel 1310 era signore del Castello di San Donato, che passò nel 1936 al figlio Jacopo. Troviamo successivamente che San  Donato è una delle terre appartenenti al dominio feudale della famiglia Sangineto, conti di Altomonte e Corigliano, da cui passa alla famiglia Sanseverino per effetto del matrimonio, nel 1374, di Margherita Sangineto con Venceslao Sanseverino conte di Chiaromonte e Tricarico. Bernardino Sanseverino , Principe  di Bisignano, verso il 1510, concede in feudo ad un cadetto della sua casa, Francesco Sanseverino di Calvera, residente in Senise, la terra di San Donato e Policastrello . Nasce così il ramo dei Sanseverino di San Donato. Ma quando Francesco I di Francia ordinò al maresciallo Odet de Foix,  visconte di Loutrec, di procedere verso il sud d'Italia alla conquista di Napoli, il nostro Francesco Sanseverino fu tra i feudatari calabresi favorevoli ai francesi, e con lui il fratello Roberto, e ciò gli provocò la confisca del feudo in seguito alla rovina del prode e sfortunato sovramo (1528); egli fu espressamente escluso, perchè imputato di fellonia, dai successivi provvedimenti di indulto concessi da Carlo V dopo la restaurazione spagnola. Carlo V, tuttavia, con privilegio emesso il 2 Settembre 1532 in Ratisbona reintegra Pietro Antonio Sanseverino nel possesso dei feudi di San Donato e di Policastrello che furono del padre . Questo nuovo barone, che vive in mezzo ai suoi vassalli, promuove la costruzione della Chiesa della SS. Trinità, affiancata al palazzo baronale, e, fuori le mura, la costruzione del monastero dedicato alla Madonna del Soccorso.  A Pietro Antonio, deceduto nel 1569, succede il figlio Scipione come terzo barone di San Donato e Policastrello.  Questi sposa Isabella Caracciolo del ramo Pisciotta. Viene completata la costruzione della Chiesa SS. Trinità ed all' ingresso, sull' arco  di pietra tufacea, viene scolpito lo scudo partito con emblemi, tuttora visibili, dei Sanseverino e dei Caracciolo:  nel I°, d' argento alla fascia di rosso; nel II°, d'oro, al leone rampante d' azzurro.                                                                                                                             Scipione Sanseverino nel 1570 compra, per 30.000 ducati, la terra di Montesano, che apparteneva ai Loffredo, ed a Margaritando di Loffredo concede in matrimonio la figlia Artemisia. Al figlio primogenito Antonio Maria, di malferma salute (morrà il 6 Agosto 1580 a sette mesi di distanza dala morte del padre), lascia la casa di Napoli; erede nel testamento aperto 24.1.1580 risulta il figlio secondogenito Ippolito, sposato a Lucrezia Carafa, Marchesa di Corleto.  La signoria di Ippolito dura sette anni , durante i quali si abbatte sul suo feudo una grave carestia, che costringe gli amministratori della terra di San Donato a ricorrere ad un prestito, concesso da Marc' Antonio Giordano di S. Agata, di mille ducati " per convertirli in compra di vettovaglie per vitto di cittadini e remediare alla penuria che correva"; purtroppo a trenta anni di distanza il debito non era stato estinto e la misera condizione dei sandonatesi aveva lasciato arretrato anche il pagamento dei cento ducati annui di interesse dovuti, per cui nel 1615 doveva intervenire nella Questione il Consiglio Collaterale.  Ippolito Sanseverino, deceduto nel Settembre 1587, lasciava le figlie Livia e Isabella e la moglie incinta.  Nascerà il figlio Scipione junior.  L' amministrazione del feudo è assunta per il figlio minore da donna Lucrezia Carrafa, che donna energica e capace, seppe curare con eccellenza gli interessi del figlio. Intanto gli procura il titolo di Marchese ( ella era Marchesa di Corleto) nel 1598 e più tardi, con provvedimento di Filippo III , quello di Duca di San Donato, con estinzione di quello  i Marchese.                                                Nel 1605 donna Lucrezia acquista per il figlio il feudo di Roggiano e quello rustico di Larderìa;  l' anno successivo cadrà sotto il suo dominio anche il feudo di Altomonte, poi passato alla casa dell' Annunziata di Napoli. La figlia Livia nel 1603 và sposata ad un uomo di grande prestigio, don Pietro de Vera, presidente del Sacro Regio Consiglio e, rimasta vedova, nel 1609 sposa don Giorgio de Mendoza e Aragon, Vicerè e Governatore della Provincia di Calabria Citra. L' acquisto del feudo di Roggiano comporta in parte anche lo spostamento della residenza, per buona parte dell' anno, da San Donato a Roggiano della famiglia ducale, e i sandonatesi sentono più il peso fiscale affidato per la riscossione a gente di pochi scrupoli.  Don Scipione muore nel 1639 ed il ducato resta al figlio Francesco , sposato a donna Porzia Sanseverino di Marianello; questi hanno una sola figlia: Anna, nata nel 1645.   E' un periodo di grave malcontento per i sandonatesi,  che in concomitanza  e in conseguenza dei fatti successi nella capitale del Regno nel 1647, tumultuarono contro il loro signore, al quale tolsero ogni rispetto ed obbedienza "mettendo fuoco ai suoi magazzini di grano, ammazzandogli tutte le mandrie dei vari animali, facendo prigioniera la Duchessa, con morte di due sue femmine e del fattor econ tanti altri eccessi di crudeltà", come risulta da un dispaccio del Residente veneto a Napoli in data 6 Agosto 1647.                                     

             

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