L' INDUSTRIA MINERARIA      

San Donato venne soprannominato dal Saraceni ("Terra Mia" - pag. 175) "Conca dei Metalli" e "La California d' Italia" . 

 Mario Dottore , in una pubblicazione dal titolo "La Calabria e i suoi tesori", afferma che nel territorio di San Donato di Ninea si  trovano giacimenti di oro, rame, ferro, combustibili fossili, e precisamente nella località "Bocca della Cava", Rosaneto, Tavolaro, Monte Mula. Nella stessa opera si può leggere che nella ferriera di San Donato lavoravano gli Austriaci e che la Zecca di Napoli per la miniera di San Donato dava una percentuale di 67 libbre di rame in un cantaro e 30 rotoli di roccia verde (Cantaro=a 89.0997 Kg. ; Rotolo= a 0.890 Kg.).        

Il Dito scrive che nell' anno 1471 il governo Aragonese disponeva che, avendo scoperto nel territorio di San Donato alcune vene di acciaio, oro e cinabro, venisse concesso di potervi scavare a loro spese, esenti per tre anni da ogni contibuzione. Dopo i tre anni si concedettero queste miniere per altri dieci anni, col diritto di vendere e trafficare l' acciaio, l' oro e il cinabro, senza alcun pagamento ma con l' obbligo della decima al governo e di una provigione al credenziere governativo per il relativo controllo.   

  

                              

                          

                                             ( Ubicazione della cava )

 

                                       

                                     

                                                ( Casino della cava )

                                                       

Don Roberto Capolongo, riportando al Barrio, al Mandolfi e al Fiore, scrive che a San Donato vi sono miniere di sale naturale di ferro di cinabro, di vetriolo, di rame, di carbon fossile, e che nel monte Mula si trovano i birilli, il cristallo ed il sale terrestre.    

Nel 1700 Gaetano Boccia, Giuseppe Martinelli e Nicola Fera ottennero in feudo dal governo le miniere di San Donato, con la facolta di estendere gli scavi di esse sino alla circonferenza di 20 miglia. Questi concessionari ne presero possesso nel 1705 estrendone fino al 1706 oro, argento, rame, mercurio e cinabro.  Nel 1706 furono aperte due grotte, e fu costruita una fonderia per il lavoro delle materie metalliche in contrada "Logge".     

 A causa dei  sopravvenuti mutamenti politici, nonchè della infedeltà degli impiegati e della ingordigia del Duca di San Donato, i lavori vennero sospesi nel 1737. 

 Da " Quadro Statistico sulle Miniere della Calabria Citeriore", Cosenza 1853, si ha notizia che:  la miniera di cinabro fù riaperta nel 1851 dal chimico napoletano Gaetano Marra, ma dopo alcuni anni abbandonò l'attività . Tale miniera fù acquistata nel 1890 da una società fiorentina, rappresentata dall' ingegner Barbarano. I lavori di escavazione furono iniziati in contrada " Bocca della Cava " e si constatò che il cinabro era di ottima resa. Purtroppo nel 1892 morì il Barbarano e i lavori vennero abbandonati. 

Nel 1912, per interessamento di Don Roberto Campolongo, vennero a San  Donato l' ingegnere Carolo Plafter da Milano e l' ingegnere Peretti da Napoli, i quali, dopo alcune ricerche, confermarono l' esistenza del cinabro e del rame, del ferro e del carbon fossile. 

Molti sono i motivi per cui l' industria mineraria in passato non riuscì ad affermarsi in San Donato: le difficoltà dei trasporti allora molto accentuata; l' imperfezione degli impianti; le eccessive pretese dei sovrani. Sicuramente queste ultime furono quelle che provocarono la  decadenza dell' industria mineraria nell' intera regione calabrese, decadenza che ebbe inizio verso il 1270 con l' ingordigia della corte Angioina.

 

 

L' URANIO A  SAN DONATO

Nell' estate del 1958 quattro periti minerari dell' Ufficio Ricerhe del Centro Nucleare di Roma, effettuarono, per più giorni la ricerca di uranio sulle montagne di San Donato.  Si sa per certo che l' apposito strumento, maneggiato da uno dei quattro ricercatori, segnalò l' esistenza di uranio nella zona boschiva " Piano di Lanzo " . La notizia, che si propagò oltre i confini di San Donato, suscitò l' interesse della stampa .  La "Gazzetta del Sud", il 2 Agosto 1958, esce con un articolo a quattro colonne dal titolo: "La sete dell' uranio ha tolto la pace agli abitanti di San Donato" ; sul "Giornale d' Italia" dell' 11 Settembre 1958 si legge: "Minerali pregiati nel sottosuolo calabrese - Esiste anche uranio a San Donato di Ninea"  . Sull' esito delle ricerche  effettuate dai quattro periti non si è avuta alcuna notizia da parte del  Centro Nucleare di Roma. Comunque nessuno dubita più sulla presenza dell' uranio nel territorio di San Donato, una volta che il Notiziario delle tre Comunità Europee, Euratom, Ceca e Cee, nel numero 2 del Febbraio 1959, ha riportato San Donato sulla cartina indicante la posizione dei principali impianti di uranio .

Notate bene che l' uranio non è dannoso all' uomo se lasciato nel sottosuolo; esso diventa  pericoloso soltanto se usato in reazioni nucleari che danno luogo al cosiddetto " uranio impoverito".

Le notizie sono state tratte da "San Donato di Ninea" di Vincenzo Monaco    

 

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